L'etica protestante e lo spirito del capitalismo
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L'etica protestante e lo spirito del capitalismo

  1. 416 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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L'etica protestante e lo spirito del capitalismo

Informazioni su questo libro

Scritta nel 1905, L'etica protestante e lo spirito del capitalismo è un'opera fondamentale per comprendere le caratteristiche essenziali della società capitalistica moderna, le sue radici culturali e il suo destino. Lo sforzo intellettuale realizzato da Weber consiste nel mettere in relazione un particolare fenomeno culturale – la Riforma protestante – con un fenomeno di natura prettamente economica, quale è appunto il sistema capitalistico. E proprio in questo senso la disciplina dell'individuo di fronte alla fede, l'idea di professione come vocazione e il culto del lavoro – caratteri paradigmatici dell'etica protestante – rappresentano altrettanti elementi fondamentali del cosiddetto spirito del capitalismo.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2012
Print ISBN
9788817168083
eBook ISBN
9788858626320
Categoria
Sociologia

II. L’ETICA PROFESSIONALE DEL PROTESTANTESIMO ASCETICO

1. I FONDAMENTI RELIGIOSI DELL’ASCESI INTRAMONDANA

Gli esponenti storici del protestantesimo ascetico (nel senso dell’espressione usato qui) sono principalmente di quattro specie: 1) il calvinismo, nella forma che ha assunto nei principali territori dell’Europa occidentale dove ha dominato, specialmente nel corso del secolo XVII; 2) il pietismo; 3) il metodismo; 4) le sette nate dal movimento battista.1 Nessuno di questi movimenti era separato dagli altri in assoluto, e anche la separazione dalle Chiese riformate non ascetiche non era rigida e rigorosa. Il metodismo è nato solo verso la metà del secolo XVIII all’interno della Chiesa di Stato inglese, secondo le intenzioni dei suoi fondatori non si proponeva di essere tanto una nuova Chiesa quanto un risveglio dello spirito ascetico entro la vecchia, e si separava dalla Chiesa anglicana solo nel corso del suo sviluppo, specialmente quando si diffondeva in America. Il pietismo è sorto dapprima in Inghilterra e specialmente in Olanda sul terreno del calvinismo, rimase legato all’ortodossia da mediazioni impercettibili e poi, verso la fine del secolo XVII, fece il suo pieno ingresso nel luteranesimo con l’attività di Spener – in parte con diversi fondamenti dogmatici. Rimase un movimento nel seno della Chiesa, e solo la corrente collegata a Zinzendorf e condizionata anche da riper-157 cussioni di influenze hussite e calvinistiche persistenti nella comunità dei Fratelli Moravi, solo questa corrente — gli «Herrnhuter» –, come il metodismo, fu spinta, controvoglia, a formare una setta di specie peculiare. Calvinismo e battismo all’inizio dei loro sviluppi erano nettamente contrapposti, ma nel battismo della fine del secolo XVII erano vicinissimi, e all’inizio dello stesso secolo la transizione dall’uno all’altro movimento avveniva già, gradualmente, nelle sette indipendentistiche dell’Inghilterra e dell’Olanda. Come mostra il pietismo, anche il passaggio al luteranesimo ha luogo gradualmente, e la stessa relazione si verifica tra il calvinismo e la Chiesa anglicana, affine al cattolicesimo e nel suo carattere esterno e nello spirito dei suoi fedeli più coerenti. Quel movimento ascetico che fu chiamato «puritanesimo» nel senso più ampio di questo termine polivalente2 attaccava bensì, con la massa dei suoi seguaci e specialmente con i suoi paladini coerenti, le basi dell’anglicanesimo; ma, anche qui, i contrasti si inasprirono solo poco a poco, nel corso della lotta. E, anche se dapprima lasciamo interamente da parte quei problemi di costituzione e organizzazione che per il momento non ci interessano, lo stato di cose resta lo stesso, anzi, lo rimane più che mai. I dissensi dogmatici, persino i principali, come quello sulla dottrina della predestinazione e della giustificazione, si combinarono tra loro nelle maniere più svariate e molteplici, e già all’inizio del secolo XVII impedirono il mantenimento della comunità delle diverse Chiese, di regola – non però senza eccezioni. E, soprattutto: i fenomeni per noi importanti della condotta di vita etica si ritrovano in uguale maniera nei seguaci delle denominazioni più diverse, derivino essi da una delle quattro fonti prima indicate oppure da una combinazione di alcune di esse. Vedremo come massime etiche analoghe potessero essere unite a basi dogmatiche diverse. Anche gli influenti sussidi letterari destinati alla cura delle anime, soprattutto i compendi casuistici delle diverse confessioni, nel corso del tempo si influenzarono mutuamente, e vi si riscontrano grandi analogie, nonostante la differenza notoriamente grandissima delle condotte di vita concretamente praticate. Dunque potrebbe quasi parere che la cosa migliore fosse ignorare interamente le basi dogmatiche nonché la teoria etica, e invece tenere conto puramente della prassi etica, nella misura in cui può essere assodata. Tuttavia le cose non stanno così. È vero che le differenziate radici dogmatiche dell’eticità ascetica perirono, dopo lotte terribili. Tuttavia l’originario ancoraggio a quei dogmi non ha solo lasciato tracce imponenti nella successiva etica «non dogmatica», ma soltanto la conoscenza del contenuto di pensiero originario permette di capire il modo in cui quell’ eticità fosse connessa con quel pensiero dell’aldilà che dominava, in assoluto, negli uomini più spirituali di quell’epoca, come la forza trionfante di quel pensiero fosse necessaria affinché fosse attuato quel rinnovamento etico che avrebbe influenzato seriamente la vita pratica. Poiché, ovviamente, a noi non interessa ciò che era insegnato in forma teorica e ufficiale nei compendi etici del tempo, per esempio (anche se sicuramente queste cose avevano un’importanza pratica attraverso l’influenza esercitata dalla disciplina ecclesiastica, dalla cura delle anime e dalle prediche),3 a noi interessa qualcosa di completamente diverso: l’accertamento di quegli impulsi psicologici creati dalla fede religiosa e dalla prassi della vita religiosa i quali indicavano la direzione della condotta di vita, e vi mantenevano l’individuo. Ma tali impulsi scaturivano anche in larga misura dal carattere peculiare delle rappresentazioni della fede religiosa. Allora l’uomo almanaccava intorno a dogmi apparentemente astratti in una misura che, a sua volta, diventa comprensibile solo se riconosciamo la loro connessione con interessi religiosi pratici. Sono inevitabili alcune considerazioni di argomento dogmatico,4 che non potranno non apparire faticose al lettore non teologo da un lato, e affrettate e superficiali a chi abbia una cultura teologica dall’altro. Ora noi possiamo solo procedere presentando i pensieri religiosi in una serie consequenziale composta secondo un «tipo ideale» che nella realtà storica poteva accadere solo raramente di incontrare. Poiché proprio a causa dell’impossibilità di tracciare confini netti e precisi, nella realtà storica, solo a condizione di esaminare le sue forme più coerenti possiamo sperare di incontrarne gli effetti più specifici.
Ora la fede5 per cui furono condotte le grandi lotte politiche e culturali nei paesi civili sommamente sviluppati dal punto di vista capitalistico – Paesi Bassi, Inghilterra, Francia –, nei secoli XVI e XVII, e che perciò consideriamo per prima, è il calvinismo.6 Si riteneva, allora, e in genere si ritiene anche oggi, che il suo dogma più caratteristico fosse la dottrina della predestinazione degli eletti, o dell’elezione per opera della grazia. Si è bensì discusso sul punto se essa sia il dogma «più essenziale» della Chiesa riformata, o solo un’«appendice». Ma o i giudizi sull’essenzialità di un fenomeno storico sono giudizi di valore e di fede – e lo sono precisamente se si riferiscono a ciò che soltanto abbia di «interessante» o di durevolmente «valido» – , oppure si intende ciò che ha un significato causale, per via del suo influsso su altri eventi storici: e allora si tratta di giudizi di attribuzione storica. Se, ora – come deve avvenire qui –, si muove da questo secondo punto di vista, e dunque si chiede quale importanza debba essere attribuita a quel dogma, in considerazione degli effetti da esso esercitati sulla storia della civiltà, ebbene, tali effetti sono sicuramente molto rilevanti. 7 Il Kulturkampf condotto da Oldenbarneveldt naufragò contro di esso, la scissione nella Chiesa inglese sotto Giacomo I divenne insuperabile, da quando la Corona e il puritanesimo differirono anche dogmaticamente — appunto per questo dogma –, e, in genere, proprio tale dottrina fu considerata come l’elemento del calvinismo più pericoloso per lo Stato, e combattuta dall’autorità.8 I grandi sinodi del secolo XVII, soprattutto di Dordrecht e di Westminster, con numerosi sinodi minori, incentrarono i loro lavori sulla sua elevazione al rango della dignità canonica; tale dottrina è stata il fermo sostegno di innumerevoli eroi della «ecclesia militans», e nel secolo XVIII, come nel XIX, ha provocato scismi, e ha fornito il grido di battaglia in grandi movimenti di «risveglio». Non possiamo trascurarla; cominciamo invece ad apprenderne il contenuto autentico (poiché oggi non è più lecito presupporre che ogni persona colta lo conosca), considerando gli articoli della «Confessione di Westminster» del 1647 – la quale, in questo punto, è stata semplicemente ripetuta dalle professioni di fede sia delle Chiese indipendenti che dei battisti:9
Capitolo 9 (Del libero arbitrio). N. 3: L’uomo, con la sua caduta nello stato di peccato, ha perduto interamente ogni capacità di volere alcunché di spiritualmente buono e tale da comportare la beatitudine, tanto che un uomo per natura è interamente deviato dal bene e morto nel peccato, e quindi incapace di convertirsi o anche solo di prepararsi alla conversione.
Capitolo 3 (Dell’eterno decreto di Dio). N. 3: A rivelazione della sua sovranità, Dio, con la sua decisione, ha predestinato (predestinated) alcuni uomini [...] alla vita eterna, e altri ne ha predestinati (foreordained) alla morte eterna. N. 5: Quelli del genere umano che sono predestinati alla vita Dio, prima che fosse posto il fondamento del mondo, li ha eletti, in Cristo, allo splendore eterno, secondo il suo disegno eterno e immutabile e la risoluzione misteriosa e la libertà della sua volontà, e questo puramente per libera grazia e amore, e non perché – come si potrebbe forse credere – sia stato indotto dalla previsione della fede o delle buone opere o della perseveranza nell’una o nelle altre, o infine da qualsiasi faccenda delle creature, come da condizione o da causa; ma tutto a maggior gloria della sua grazia sovrana. N. 7: Piacque a Dio, secondo l’insondabile consiglio della sua volontà, secondo cui elargisce la grazia oppure la nega, come gli piace, trascurare il resto del genere umano, a glorificazione del suo illimitato potere sulle sue creature, e destinare costoro al disonore e alla collera per i loro peccati, a magnificazione della sua giustizia sovrana.
Capitolo 10 (Della chiamata efficace). N. 1: Piace a Dio chiamare efficacemente con la sua parola e col suo spirito tutti coloro che ha destinato alla vita, e solo loro, al tempo opportuno da lui stabilito [...] lo fa togliendo loro il cuore di pietra e donandone loro uno di carne, in quanto rinnova la loro volontà e, con la sua forza onnipotente, li fa decidere per ciò che è bene per loro [...].
Capitolo 5 (Della Provvidenza). N. 6: Per quanto concerne gli uomini malvagi ed empi, che Dio, nella sua qualità di giusto giudice, acceca e indurisce a causa di peccati precedenti, non solo toglie loro la sua grazia, che avrebbe potuto illuminarne l’intelletto e conquistarne i cuori, ma, talvolta, li priva anche dei doni che già avevano, e li mette in rapporto con oggetti di cui la loro corruzione fa occasioni di peccato, e inoltre li abbandona alle loro proprie voglie, alle tentazioni del mondo e alla potenza di Satana, onde accade che essi stessi induriscano il loro cuore, persino con gli stessi mezzi di cui Dio si avvale per addolcire il cuore di altri.10
«Potrei anche andare all’inferno, ma un Dio del genere non estorcerà mai la mia considerazione» – fu il noto giudizio che Milton espresse sulla dottrina.11 Ma a noi, qui, non importa una valutazione, bensì la posizione storica del dogma. Non possiamo indugiare a lungo sul problema: come sorgesse tale dottrina, e in quali contesti del pensiero della teologia calvinistica si inserisse. Erano possibili due strade. Il fenomeno del sentimento religioso della redenzione si congiunge, proprio nei più attivi e appassionati di quei grandi oranti che la storia del cristianesimo ha ripetutamente visto, da sant’Agostino in poi, con il sicuro sentimento di essere debitori di tutto all’azione esclusiva di una potenza oggettiva, e assolutamente di nulla al proprio valore. Il possente stato psichico di lieta sicurezza in cui si scarica, in loro, l’immane tensione del senso di peccato, in apparenza irrompe in loro nel modo più immediato, annullando ogni possibilità di ritenere che questo immenso dono della grazia potrebbe essere comunque dovuto a una propria cooperazione, o essere connesso con prestazioni o qualità della propria fede e del proprio volere. A quel tempo della sua somma genialità religiosa in cui...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. INTRODUZIONE
  4. INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE
  5. NOTA A QUESTA EDIZIONE ITALIANA
  6. NOTA PRELIMINARE
  7. I. IL PROBLEMA
  8. II. L’ETICA PROFESSIONALE DEL PROTESTANTESIMO ASCETICO
  9. L’ETICA PROTESTANTE E LO SPIRITO DEL CAPITALISMO. - La storia di una controversia di Ephraim Fischoff