Il sangue dell'Azteco
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Il sangue dell'Azteco

  1. 356 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Il sangue dell'Azteco

Informazioni su questo libro

La biografia di Cristóbal, in un intreccio tumultuoso di assassinii, tradimenti, amore e viltà. Appassionante come L'Azteco. Dopo che i conquistadores di Cortés hanno assoggettato il popolo azteco, i potenti signori spagnoli governano come sovrani assoluti trattando i nativi con inaudita brutalità. Iniziano così le vicende di Cristóbal, un ragazzo di sangue misto, costretto a fuggire dopo la morte violenta del prete a cui era stato affidato. Una giovane e nobile donna spagnola lo sottrae alla cattura, ma le sue avventure si susseguono senza tregua fino a quando un incontro decisivo gli cambierà la vita…

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2012
Print ISBN
9788817108157
eBook ISBN
9788858625873

Dedica

A Joyce Servis


E con riconoscenza a
Junius Podrug e Robert Gleason,
editor di Gary Jennings

Parte Prima

Spesso, l’accusato non aveva il minimo sentore del pericolo che correva finché la spada della giustizia non calava su di lui... Rinchiuso in totale solitudine, completamente isolato dagli amici e dagli affetti rimasti all’esterno, privato del possibile conforto di una visita o di una comunicazione, egli veniva abbandonato a rimuginare nella dispera zione, in preda ai tormenti del dubbio, ignaro perfino dell’accusa che gravava su di lui.

Maggiore Arthur Griffiths, In Spanish Prisons
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Capitolo 1

A Vostra Eccellenza Illustrissima don Diego Velez de Maldonato y Pimentel, conte de Priego, marchese de la Marche, cavaliere di Santiago, viceré della Nuova Spagna per volontà di Sua Maestà Cattolicissima l’Imperatore Filippo, Nostro Signore e Re.


In qualità di capitano della Guardia presso il carcere di Vostra Eccellenza Illustrissima, fu mio dovere esaminare un certo Cristóbal, noto ai più come Cristo il Bastardo, famigerato bandito, capopopolo e seduttore di femmine.
Come Vostra Eccellenza ben sa, questo Cristo è un sangue misto, appartenente alla categoria che la legge definisce mestizo poiché il padre era uno spagnolo e la madre un’india azteca. In quanto sangue misto, egli non gode della protezione che la legge garantisce a indios e spagnoli, pertanto non ci furono impedimenti legali alla sua tortura né alla sua condanna a morte.
L’esame di questo ladro e assassino dalle origini incerte e dal sangue impuro non fu piacevole né proficuo. Le istruzioni da Voi impartitemi furono di carpire dalle sue labbra il nascondiglio dell’enorme bottino accumulato in grazia del suo brigantaggio, tesoro che rappresenta un insulto a Sua Maestà Cattolicissima Filippo, a Voi e agli altri cittadini della Nuova Spagna, di tutto ciò legittimi proprietari.
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Mi fu altresì ordinato di estorcere dalle labbra di costui le indicazioni necessarie a trovare l’india azteca conosciuta come sua madre. Pare che la donna abbia pubblicamente negato di aver dato alla luce il Bastardo, ma non è dato sapere se questo risponda al vero o se la donna abbia concepito una simile storia a causa del di lui sangue misto; almeno fino a quando essa non verrà rintracciata e non avrà assaggiato i metodi con cui sappiamo arrivare alla verità nelle segrete di questa prigione.
Debbo confessare, Vostra Eccellenza, che il compito da Voi assegnatomi si rivelò più arduo e odioso dell’erculea fatica di ripulire le stalle del re Augia. Dover interrogare questo mezzosangue figlio di puta come una qualsiasi persona protetta dalla legge invece di impiccarlo fu oltremodo ripugnante. Tuttavia, poiché i morti non parlano, mi vidi costretto a ignorare il mio fervido desiderio e a cercare le informazioni attraverso la tortura invece di spedire costui da el diablo, suo signore e padrone. L’interrogatorio ebbe inizio con il sistema delle corde bagnate. Come Vostra Eccellenza sa bene, delle corde annodate vengono strette intorno alle membra del prigioniero e torte con una barra. In genere cinque giri sono sufficienti per estorcere la verità, ma con questo pazzo non si ottenne altro che una risata. Si decise allora di procedere con le torsioni e di bagnare le corde per aumentarne la stretta, ma di nuovo dalla bocca del prigioniero non uscì una sola parola di confessione né di pentimento. Si decise inoltre di non usare la corda sulla testa, per timore che gli occhi potessero schiz zare fuori dalle orbite, impedendo al Bastardo di condurci al suo tesoro.
La cura delle corde bagnate funziona bene su donne e bottegai, ma evidentemente non altrettanto su un farabutto ostinato come questo Bastardo. Vero è che le segrete della nostra piccola colonia non dispongono delle attrezzature comunemente utilizzate nelle grandi prigioni e che già innumerevoli volte richiesi per gli interrogatori di terzo grado strumenti più adeguati di quelli a nostra disposizione. In particolare, nutro un certo interesse per qualcosa che ebbi modo di osservare ai tempi della mia giovinezza, allorché prestavo servizio di guardia nel Saladero di Madrid, la più famosa fra tutte le prigioni. Mi riferisco al cosiddetto «toro di Falaride» la cui semplice minaccia scioglie anche le lingue più silenziose.
Si racconta che la tortura fu inventata per l’appunto da un certo Falaride, tiranno della siciliana Agrigento, il quale fece fondere un grande toro in bronzo dall’interno cavo. Gli inquisiti venivano introdotti nel toro attraverso una botola e ivi lasciati arrostire per mezzo di un fuoco acceso sotto l’animale, mentre le loro urla tuonavano dalla bocca del toro dando l’impressione di un ruggito. Pare che Perillo, artefice materiale del malefico trastullo, fu il primo a sperimentarlo, per volere di Falaride. E che lo stesso tiranno finì per essere arrostito nel suo toro.
Ma sono certo che Vostra Eccellenza già conosce questi fatti. Forse, nel prossimo dispaccio per Madrid dovremmo richiedere uno di questi tori, affinché il suo muggito possa rimbombare nella nostra piccola prigione e ammansire anche i criminali più ostinati.
Comunque sia, poiché mi sembrò di capire che questo Cristo il Bastardo non è un delinquente comune ma una sorta di demonio, con il Vostro permesso, Eccellenza, cercai un uomo di provata esperienza nell’esaminare coloro i quali hanno le labbra sigillate dal re delle tenebre. Le mie ricerche mi condussero a frate Osorio, un domenicano di Veracruz che acquisì grande competenza nel campo eseguendo interrogatori di ebrei, mori, streghe, stregoni e altri blasfemi per conto del Sant’Uffizio dell’ Inquisizione.
Sicuramente Vostra Eccellenza ha già sentito parlare di questo frate. Da giovane, fu uno degli inquisitori di don Luís Rodriguez de Carvajal, il famigerato giudeo falsamente convertito bruciato sul rogo insieme alla madre e alle sorelle di fronte alla folla e all’insieme dei notabili della nostra fedelissima Ciudad de México.
Si racconta che questo frate Osorio udì l’abiura dei Carvajales e che personalmente strangolò ognuno di loro sul palo del rogo prima che fossero divorati dalle fiamme. Come Vostra Eccellenza ben sa, il condannato dopo esser stato legato al palo ha ancora facoltà di pentirsi, nel qual caso gli si chiude intorno al collo un collare di ferro che poi viene stretto con un meccanismo a vite finché morte non sopraggiunga. Garrotare coloro che si pentono sul rogo non è pertinenza di un uomo di Chiesa, ma con il suo gesto il frate mostrò grande pietà e misericordia, poiché lo strangolamento uccide prima delle fiamme.
All’epoca ero da poco al servizio del viceré, ma posso testimoniare che quanto si narra corrisponde a verità, poiché avevo l’incarico di montare la guardia durante l’esecuzione.
Frate Osorio rispose alla nostra petición di assistenza e graziosamente lasciò il suo incarico presso il Sant’Uffizio dell’Inquisizione di Veracruz per interrogare il Bastardo che risponde al nome di Cristóbal. Il buon frate segue i precetti di san Domenico, fondatore dell’ordine dei domenicani, che nel trattare blasfemi ed eretici suggeriva di combattere il male con il fuoco e ricordava ai suoi seguaci che «dove le buone parole falliscono, le maniere forti possono giovare».
Dapprima il frate cercò di sciogliere la lingua del prigioniero con i colpi del gato desollar, un tipo particolare di gatto a nove code composto da corde di canapa intrise in una soluzione di sale e zolfo e tempestate di piccole schegge acuminate di ferro, strumento che può rapidamente ridurre pelle e carne in poltiglia. ¡Qué diablos! Alle prime carezze delle velenosissime code la maggior parte degli uomini si pente e implora pietà; invece, fustigare questo adoratore del diavolo diede solo la stura a un torrente di dichiarazioni blasfeme e sovversive.
Il prigioniero insultò altresì l’intero regno di Spagna sbraitando di andar fiero del suo sangue misto. Una simile affermazione da parte di un mestizo è già motivo sufficiente per la condanna a morte immediata. Come noi tutti sappiamo, a Ciudad de México ancor più che nel resto della Nuova Spagna, la mescolanza del puro sangue spagnolo con il sangue degli indios si concretizzò in questa piaga dei sangue misti generando una sudicia e perniciosa deformità di carattere, del tutto evidente in questi pidocchi che infestano le nostre strade, in questa lebbra che chiamiamo léperos, paria stupidi e pigri che hanno come unica ragione di vita il furto e l’elemosina.
I sangue misti sono sin razón, senza ragione, e tuttavia questo Bastardo sostiene di aver praticato le arti mediche e, in conseguenza di ciò, di sapere che i mestixos e gli altri sangue misti sono più forti nel fisico di coloro che possono vantare la purexa de sangre, cioè la purezza di sangue posseduta da quanti di noi occupano nella società posizioni di riguardo. Sotto i colpi della frusta, quest’uomo gridò che l’unione del sangue spagnolo e di quello azteco generò uomini e donne più resistenti a malattie europee come il vaiolo e il mal francese, che uccisero nove indios su dieci, e più resistenti anche alle febbri tropicali che si presero tanti dei nostri amici e parenti spagnoli.
Il Bastardo bestemmiò inoltre che un giorno tutta la Nuova Spagna sarà governata dai mestizos, che non saranno più considerati al pari di lebbrosi ma domineranno fieri sulla loro terra.
¡Dios mío! Come può un paria dei bassifondi coltivare simili idee? Pur non intendendo dare ascolto all’insensato delirio di questo pazzo, rimasi testimone delle sue ignobili esternazioni per poterne riferire a Vostra Eccellenza o all’Inquisitore del Sant’Uffizio.
Procedendo nelle sue operazioni, frate Osorio si procurò dello zolfo dai fabbricanti di polvere da sparo e lo sparse sulle ferite e sotto le ascelle del prigioniero. Quindi bruciò detto zolfo e fece issare l’uomo a testa in giù, appeso per la gamba sinistra, con le mani legate dietro e la bocca imbavagliata, e mentre era in questa posizione, gli fu versata dell’ acqua nel naso.
Quando tutti i sistemi per sollecitare la sua memoria e per arrestare l’emorragia delle sue bestemmie e delle nauseanti dichiarazioni fallirono, si passò allo schiacciadita. Trattasi di uno strumento di persuasione tra i preferiti poiché con minimo sforzo produce terribili tormenti. I pollici e le dita vengono infilati fra due tavolette munite di nervature le quali vengono progressivamente abbassate per effetto di un meccanismo a vite. L’operazione proseguì fino a che il sangue non schizzò da pollici e dita.
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Ma la persuasione più opportuna è spesso quella che produce più angoscia, quella che farebbe rabbrividire qualsiasi uomo. Questa che vado a descrivere è una delle mie favorite, da me adottata fin dai tempi del Saladero, incredibilmente semplice ma straziante oltre ogni dire. Nella notte i miei carcerieri raccolsero dal pavimento dei sotterranei ogni specie di bestia infestante e rovesciarono il loro raccolto sul corpo del prigioniero, che giaceva legato e pertanto non poteva grattarsi né scacciare le bestiole.
Ho il piacere di riferire che mai ebbi a udire musica più celestiale delle urla prodotte da quest’uomo mentre gli insetti strisciavano sul suo corpo nudo e si insinuavano nelle ferite aperte.
Tutto questo fu eseguito sul prigioniero il primo giorno. Ma ¡ay de mí! Vostra Eccellenza, la cura non sortì alcuna confessione.
Dopo che tutti i sistemi per sciogliere la lingua del Bastardo non produssero altro che insulti, frate Osorio tentò con altri e svariati metodi di persuasione, imparati in oltre tre decenni di attività presso l’Inquisizione. Sono dolente di informarvi, Vostra Eccellenza Illustrissima, che dopo sette giorni della più dura persuasione, il mestizo non ha rivelato dove si trova il suo enorme bottino, né il mal hombre ha fornito indicazioni sulla cagna azteca dal cui ventre fu partorito.
Tuttavia, sono lieto di riferire che un accurato esame fisico rivelò legami del tutto evidenti fra il mestizo e il diavolo. Infatti, quando l’uomo fu denudato per essere immerso nell’olio bollente, frate Osorio non si lasciò sfuggire che il suo membro virile non solo aveva dimensioni abnormi ma era anche deforme, nel senso che il suo prepuzio era stato reciso in modo assai sgradevole alla vista.
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Per quanto nessuno di noi avesse mai personalmente osservato una simile alterazione dell’organo virile, avevamo sentito parlare dell’esistenza di tale pratica blasfema, e subito capimmo che l’orrenda deformità poteva solo essere un segno della più abietta depravazione.
Dietro consiglio del buon frate, richiedemmo pertanto un esame delle parti virili dell’uomo da parte di un officio del tribunale dell’Inquisizione con particolare competenza in materia. In risposta alla nostra richiesta, frate Fonséca, un padre assai erudito ed esperto nello smascherare protestanti, ebrei, mori e altri adoratori dell’arcidiavolo Mefistofele dalle sole sembianze fisiche, fu inviato qui alle segrete per eseguire ulteriori indagini.
Si issò pertanto Cristo il Bastardo con le braccia legate dietro la schiena e si illuminò a dovere il luogo per consentire a frate Fonséca di procedere allo scrupoloso esame delle parti virili dell’uomo. Durante l’operazione, il prigioniero rovesciò sul buon frate uno sproloquio ininterrotto delle più volgari parole, oltretutto accusandolo di manipolargli il pene per il puro piacere e non allo scopo di condurre la sacra indagine.
Il Bastardo poi ci oltraggiò tutti vantandosi delle più odiose imprese, e gridando che le mogli, le madri e le figlie spagnole ebbero tutte ad assaggiare il suo smisurato membro virile in ogni orifizio del loro corpo.
Giuro sulla tomba di mio padre, Vostra Eccellenza, che quando il Bastardo gridò che la mia stessa moglie aveva ansimato di piacere sentendo entrare in lei il suo pene, ci sono voluti quattro uomini del corpo di Guardia per impedirmi di affondare il mio pugnale nel cuore di costui.
In verità, Vostra Eccellenza, le indagini di frate Fonséca confermarono le nostre valutazioni, e cioè che la deformità delle parti virili è prova dell’influenza di Satana. Trattasi esattamente del genere di mutilazione che mori ed ebrei praticano sui loro figli. Il buon frate sospettò tuttavia che il pene dell’uomo non fu intenzionalmente deformato da una lama, com’è usanza tra i miscredenti, ma che la condizione del Bastardo sia piuttosto un segno di Caino che lo rivela inequivocabilmente un adoratore di Satana.
Frate Fonséca trovò il caso particolarmente insolito e significativo, e perciò richiese che alla conclusione dell’interrogatorio il prigioniero fosse trasferito da lui e frate Osorio, in modo che potessero procedere a un ulteriore e più accurato esame delle parti virili sospette.
Poiché questo mestizo né rinnegò il Maligno, né r...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Il sangue dell'Azteco