
- 300 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Emma
Informazioni su questo libro
È un errore considerare la scrittura elegante e razionale di Jane Austen come una conversation piece. La Austen è una scrittrice politica. Però sotto le righe. La misura dei suoi dialoghi contiene una forza sovversiva: Emma è un romanzo sulla manipolazione degli altri, sul potere che ci vuole a sua immagine e somiglianza. Ma allo stesso tempo (e qui si vede la grande narratrice) è la storia di una donna sola, troppo intelligente per essere felice in una società senza aperture. Caterina Bonvicini
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Informazioni
eBook ISBN
9788858627884EMMA
traduzione di Bruno Maffi
dp n="838" folio="" ? dp n="839" folio="" ? LIBRO PRIMO
CAPITOLO PRIMO
Bella, intelligente, ricca, con una casa fatta per viverci bene e un’indole felice, Emma Woodhouse sembrava riunire alcuni dei beni più preziosi della vita; e, in realtà, era vissuta quasi ventun anni nel mondo al riparo da grosse noie o fastidi.
Era la minore di due figlie d’un padre pieno d’affetto e d’indulgenza; e, in seguito al matrimonio della sorella, da molti anni ne reggeva la casa. Sua madre era morta da troppo tempo perché le restasse più che un ricordo confuso delle sue carezze; e ne aveva fatto le veci un’ottima donna assunta come governante ma che, in affetto, le era stata quasi madre.
Sedici anni Miss1 Taylor era vissuta in casa Woodhouse, meno governante che amica, affezionatissima alle due ragazze ma specialmente a Emma. C’era fra loro due qualcosa dell’intimità fra sorelle. Anche prima di lasciare le mansioni ufficiali di governante, la mitezza del suo carattere le aveva vietato d’imporre una rigida disciplina; e, scomparsa da tempo anche l’ombra dell’autorità, erano vissute insieme come amiche devote, ed Emma faceva quel che voleva, altamente apprezzando il giudizio di Miss Taylor ma lasciandosi prevalentemente guidare dal proprio.
In realtà, il guaio vero della situazione di Emma erano la possibilità di fare un po’ troppo a modo suo e una certa tendenza a pensare un po’ troppo bene di se stessa – due svantaggi che minacciavano ormai di turbare i suoi molti diletti ma che, il pericolo essendo ancora inavvertito, non avevano peraltro assunto l’aspetto di malanni.
Un dispiacere venne – mite dispiacere – ma non sotto forma di sensazione sgradevole: Miss Taylor prese marito. Fu la perdita di Miss Taylor a portarle il primo dolore, e fu il giorno delle nozze della diletta amica che, per la prima volta, Emma sedette a lungo immersa in pensieri cupi. Compiuta la cerimonia e partiti gli sposi, suo padre e lei rimasero a cenare soli senza la prospettiva di un terzo a rallegrare la lunga serata. Dopo cena, come al solito, il padre si appisolò, e a lei non rimase che sedersi a meditare su quanto aveva perduto.
L’avvenimento racchiudeva ogni promessa di bene per l’amica. Il signor Weston era un uomo di carattere irreprensibile, facoltoso, dell’età giusta e dai modi piacenti, e v’era una punta di soddisfazione nel riandare con quanto disinteresse, con che generosa amicizia ella avesse sempre desiderato e favorito quell’unione. Tuttavia fu un giorno nero, per lei: la mancanza di Miss Taylor si sarebbe fatta sentire ogni ora di ogni giorno. Ricordava la sua passata tenerezza – la tenerezza, l’affetto di sedici anni – e come, dall’età di sei anni, l’avesse istruita e avesse giocato con lei, e come si facesse in quattro per cattivarsela, e svagarla quando stava bene, e come la curasse durante tutte le malattie dell’infanzia. Aveva nei suoi riguardi un grosso debito di riconoscenza; ma un ricordo ancor più tenero e caro era la dimestichezza – il vivere da pari a pari e senz’ombra di reciproco riserbo – degli ultimi sette anni seguiti al matrimonio di Isabella, quando erano rimaste abbandonate l’una all’altra. Era stata un’amica e compagna come pochi ne possiedono: intelligente, colta, servizievole, gentile, al corrente di tutte le abitudini della famiglia, partecipe di tutte le sue ansie e piena d’interesse soprattutto per lei, per le sue gioie, per i suoi progetti – una donna alla quale poteva dire tutto ciò che pensava così come le nasceva nella mente, e che aveva per lei un affetto non destinato a morire.
Come sopportare il cambiamento? È vero che la sua amica andava a stabilirsi ad appena mezzo miglio; ma Emma si rendeva ben conto che altro è una signora Weston ad appena mezzo miglio di distanza e altro una Miss Taylor in casa; e, con tutti i suoi punti di vantaggio naturali e domestici, correva gran rischio di soffrire di solitudine intellettuale. Amava teneramente il padre, ma questi non le era compagno e, nella conversazione seria o scherzosa, non si sarebbe certo ritrovato con lei.
Il guaio della loro differenza d’età (e il signor Woodhouse non si era sposato giovane) era sensibilmente aggravato dalla sua indole e dalle sue abitudini, giacché, essendo sempre stato cagionevole e non avendo mai esercitato spirito e corpo, era molto più vecchio di modi che d’anni e, per quanto benvoluto da tutti per la cordialità e il carattere amabile, non aveva a raccomandarlo doti intellettuali di sorta.
La sorella, sebbene il matrimonio non l’avesse allontanata che di poco – giacché abitava a Londra, a distanza di appena sedici miglia – era alquanto fuori del raggio dei quotidiani contatti; e molte, lunghe sere faticate erano necessarie, a Hartfield, prima che Natale portasse la visita di Isabella, del marito e dei bimbi, a riempire la casa e a ridarle un po’ di compagnia piacevole.
Highbury, il grosso villaggio popoloso, quasi una città, al quale Hartfield apparteneva nonostante il prato e l’arboreto e il nome, non le offriva persona del suo grado. Qui i Woodhouse erano primi fra tutti, ognuno li guardava con rispetto, ed Emma aveva bensì molte conoscenze, perché suo padre era affabile con chicchessia, ma nessuna che si potesse accettare nemmeno per mezza giornata in luogo di Miss Taylor. Era un cambiamento malinconico; ed Emma non poteva che sospirarci sopra, e desiderare cose impossibili, finché il padre si svegliò e fu necessario mostrarsi di buonumore. Il suo stato d’animo chiedeva sostegno. Era un uomo nervoso, facile ad abbattersi, attaccato a tutte le persone alle quali era avvezzo, e restio a separarsene – restio a qualunque cambiamento. Il matrimonio, come fonte di cambiamento, era sempre spiacevole; ed egli non si era ancora adattato al matrimonio della figlia – né poteva mai parlarne senza una punta di compassione, sebbene fosse stato un perfetto matrimonio d’amore – che già doveva separarsi anche da Miss Taylor; e dalle sue abitudini di dolce egoismo, dall’incapacità di supporre che altri potesse mai provare sentimenti diversi dai suoi, era fortemente portato a ritenere che Miss Taylor avesse fatto una triste cosa per sé non meno che per loro, e sarebbe stata mille volte più felice se avesse trascorso a Hartfield tutto il resto della vita. Emma, per distrarlo da quei pensieri, sorrideva e chiacchierava con la maggior spigliatezza possibile; ma, al tè, il padre non poté trattenersi dal dire esattamente quello che aveva detto a tavola:
«Povera Miss Taylor! Vorrei fosse ancora qui. Un gran peccato che il signor Weston se ne sia invaghito».
«Non posso convenirne, papà; lo sai che non posso. Il signor Weston è un uomo così cordiale, amabile, eccellente, che merita senz’altro una brava moglie, e tu non pretenderai che Miss Taylor vivesse in eterno con noi e sopportasse tutti i miei ghiribizzi, quando poteva aver casa propria.»
«Casa propria! Ma che vantaggio c’è ad aver casa propria? Questa è tre volte grande, e tu ghiribizzi non ne hai mai avuti, mia cara.»
«Quante volte andremo a trovarli, e loro verranno a trovar noi! Ci vedremo sempre. Spetta solo a noi cominciare; dobbiamo andar prestissimo a fare la visita d’obbligo.»
«Ma, cara, come posso andar così lontano? Randalls non è a una distanza da poco, e, con le mie gambe, mi fermerò a metà strada.»
«No, papà; nessuno pensava che ci andassi a piedi. Andremo in carrozza, naturalmente.»
«In carrozza! Per così poca strada, James non avrà nessuna voglia di attaccare i cavalli; e dove se ne staranno, le povere bestie, mentre noi siamo in visita?»
«Nella scuderia del signor Weston, papà. Lo sai che abbiamo già combinato tutto. Ne abbiamo parlato giusto l’altra sera, col signor Weston. Quanto a James, puoi star certissimo che sarà sempre contento di andare a Randalls, per via della figlia che vi sta a servizio. Se di qualcosa dubito, è che ci porti mai altrove. Opera tua, babbo; sei stato tu a procurare a Hannah quel buon posto: nessuno ci pensava, a Hannah, prima che tu la nominassi; e James te ne è così profondamente grato!»
«Sono ben lieto d’aver pensato a lei. È stata una vera fortuna, giacché per nessuna ragione al mondo avrei voluto che il povero James si sentisse trascurato; e ho la certezza che ne verrà fuori una domestica coi fiocchi perché è una ragazza ammodo e io ne ho gran stima. Ogni volta che la incontro mi fa l’inchino e, con molto garbo, mi chiede come sto; e quando viene qui da noi a cucire, osservo sempre che gira la maniglia al modo giusto e mai sbatte la porta. Non dubito che si dimostrerà un’eccellente domestica; e per la povera Miss Taylor sarà un sollievo avere intorno una persona nota. Ogni volta che James andrà a trovare sua figlia, avrà nostre notizie. James potrà sempre dirle come stiamo.»
Emma non risparmiò sforzi per mantener vivo questo più sereno stato d’animo, e, con l’aiuto della tavola reale, contava di far passare al padre una discreta serata e di non lasciarsi assalire da altri rimpianti che dai suoi. La tavola reale fu messa, ma subito dopo una visita la rese superflua.
Il signor Knightley, uomo posato sui trentasette o trentott’anni, non era soltanto un vecchissimo e intimo amico di famiglia, ma le era particolarmente legato come fratello maggiore del marito di Isabella. Abitava a circa un miglio da Highbury, veniva spesso a trovarli ed era sempre bene accetto – tanto più ora che arrivava fresco fresco dai comuni parenti di Londra. Era tornato a cena tardi dopo qualche giorno di assenza, e veniva a dire che, in Brunswick Square, stavano tutti bene. Fu una combinazione fortunata, che per qualche tempo rianimò il signor Woodhouse. Knightley aveva modi vivaci che esercitavano su di lui un’azione benefica; e le molte domande sulla «povera Isabella» e i suoi bambini trovarono risposte più che esaurienti. Chiuso questo capitolo, il signor Woodhouse osservò, con gratitudine:
«È stato molto gentile da parte sua, signor Knightley, venire a farci visita a un’ora così tarda. Temo che non sia stata una passeggiata allegra».
«Tutt’altro. È una bella notte di luna, e così mite, che devo allontanarmi dal vostro bel fuoco.»
«Ma deve aver trovato molto fango e molta umidità. Non vorrei che si buscasse un raffreddore.»
«Fango, signore? Guardi le mie scarpe: non uno schizzo!»
«Bah, è davvero strano, perché qui da noi c’è stata una gran pioggia e, per mezz’ora, mentre eravamo a colazione, è venuta a scrosci. Volevo farli rimandare le nozze.»
«A proposito, non vi ho fatto i miei rallegramenti. Rendendomi conto del genere di allegria che dovete provare tutti e due, non ci ho messo nessuna fretta; ma spero che tutto sia andato bene. Come ve la siete sbrigata? Chi ha pianto di più?»
«Oh, povera Miss Taylor, è ben triste!»
«Poveri signori Woodhouse, se vi garba; ma “povera Miss Taylor” non direi davvero. Ho la massima considerazione per lei e per Emma, ma quando si arriva al problema d’essere o no indipendenti... Comunque, meglio doverne accontentare uno che due.»
«Soprattutto quando uno dei due è una creatura così capricciosa e difficile,» disse Emma, celiando. «È questo che lei ha in mente, lo so... e l’avrebbe detto, non ne dubito, se non ci fosse stato mio padre.»
«Credo sia proprio vero, cara mia,» disse con un sospiro il signor Woodhouse. «Temo d’essere molto capriccioso e difficile, qualche volta.»
«Papà carissimo, non penserai che volessi alludere a te, o che a te potesse alludere il signor Knightley! Oh, no, pensavo unicamente a me stessa. Il signor Knightley si diverte a trovar da ridire sul mio conto... così per scherzo: solo per scherzo, capisci? Siamo abituati, noi, a dirci tutto quel che ci passa per la testa.»
In realtà, il signor Knightley era uno dei pochi che riuscissero a trovare dei difetti in Emma Woodhouse, e il solo che mai gliene parlasse: ed Emma, sebbene ciò non andasse particolarmente a genio neppure a lei, sapeva che ancor meno sarebbe andato a genio al padre, e non desiderava lasciargli nemmeno intravedere il fatto inaudito che qualcuno potesse non trovarla perfetta.
«Emma sa che non l’adulo mai,» disse il signor Knightley, «ma io non intendevo criticar nessuno. Miss Taylor era abituata ad aver due persone da accontentare, e ora non ne avrà che una. Tutto lascia prevedere che ci guadagnerà.»
«Be’,» fece Emma, ansiosa di cambiar argomento, «voleva sapere delle nozze; e io sarò felice di parlarne, perché ci siamo comportati tutti a meraviglia. Tutti puntuali, tutti della miglior cera; non una lacrima, non un muso lungo. Oh, no, sentivamo tutti che appena mezzo miglio ci avrebbe separati ed eravamo certi che ci saremmo visti ogni giorno.»
«La cara Emma sopporta così bene ogni cosa,» disse il padre. «Ma, signor Knightley, è davvero molto addolorata di perdere la povera Miss Taylor, e son sicuro che le mancherà più di quanto lei non pensi.»
Emma girò la testa, divisa fra lacrime e sorrisi.
«È impossibile che Emma non senta la mancanza di una compagnia simile,» disse il signor Knightley. «Non le vorremmo il bene che le vogliamo, signore, se potessimo supporlo; ma sa quanti vantaggi abbia, per Miss Taylor, il matrimonio; sa che sollievo debba essere, all’età di Miss Taylor, sistemarsi in casa propria, e quanto sia importante per lei la sicurezza di una vita tranquilla; non può quindi permettersi di provare più pena che piacere. Chiunque è amico di Miss Taylor deve rallegrarsi che si sia accasata così felicemente.»
«Ha dimenticato un motivo di gioia per me,» disse Emma, «e non da poco: che il matrimonio sono stata io a combinarlo. L’ho combinato io, infatti, quattro anni or sono; e vederlo compiersi, e sentirmi dar ragione quando tanti sostenevano che mai il signor Weston si sarebbe risposato, può ben consolarmi di tutto.»
Il signor Knightley scrollò la testa. Il padre di Emma rispose, teneramente:
«Oh, cara mia, vorrei che tu non combinassi matrimoni né leggessi l’avvenire, perché tutto quel che dici finisce prima o poi per accadere. Non combinarne altri, te ne prego!».
«Ti prometto di non combinarne per me, papà; ma per altri bisogna pur che lo faccia. È il più gran divertimento di questo mondo! Dopo un successo simile, poi! Tutti dicevano che Mr Weston non si sarebbe mai più risposato. Oh, no, guai al cielo! Mr Weston, ch’era stato per tanto tempo vedovo e sembrava così perfettamente a posto senza moglie, continuamente assorbito dagli affari in città o dagli amici qui da noi, sempre il benvenuto dovunque si recasse, sempre cuor contento; Mr Weston non aveva nessun bisogno di passare senza compagnia una sera dell’anno, se non ne aveva voglia. Oh, no, Mr Weston non si sarebbe certo risposato. Qualcuno parlava addirittura di una promessa alla moglie sul letto di morte; altri del figlio e dello zio, che non glielo lasciavano fare. Un monte di solenni stupidaggini si dicevano, in materia; ma io non ne ho mai creduta una sola. Fin dal giorno (circa quattro anni fa) che Miss Taylor ed io lo incontrammo in Broadway Lane e, poiché s’era messo a piovigginare, lui ebbe la galanteria di correre da mastro Mitchell a farsi prestare due ombrelli per noi, da quel giorno la mia decisione fu presa. Da allora progettai quel matrimonio, e non vorrai credere, caro papà, che smetterò di combinarne dopo che, in questo caso, mi ha arriso un tal successo.»
«Non capisco che cosa lei intenda per “successo”,» disse il signor Knightley. «Il successo presuppone l’applicazione, e se, negli ultimi quattro anni, lei si è sforzata di condurre in porto questo matrimonio, ha speso degnamente e in modo assai gentile il suo tempo: occupazione degna, per la mente di una giovinetta! Ma se, come piuttosto immagino, il fatto di aver combinato il matrimonio, per dirla con le sue parole, non significa che averlo progettato, che essersi detta, in un giorno ozioso: “Penso che per Miss Taylor sarebbe un’ottima cosa se Mr Weston dovesse sposarla”, ed esserselo ripetuto di quando in quando – perché, allora, parlare di successo? dov’è il suo merito? di che si vanta? Ha avuto buon fiuto: ecco tutto.»
«E lei non ha mai conosciuto il piacere, anzi il tripudio, di aver visto bene? La compiango. La credevo più intelligente, perché, mi creda, non è solo questione di fortuna; un briciolo d’intelligenza c’è sempre, nel buon fiuto. Quanto alla povera parola «successo» sulla quale lei arzigogola, non so se non ho proprio nessun diritto di rivendicarla. Lei ha disegnato due bei quadretti; ma credo possa essercene anche un terzo – qualcosa di mezzo fra chi-combina-tutto e chi-non-combina-nulla. Se non avessi incoraggiato le visite qui da noi del signor Weston, e date e ridate piccole spinte e appianate diverse faccenduole, forse non si sarebbe mai approdato a niente, in fin dei conti. Credo che lei conosca Hartfield abbastanza bene per capirlo.»
«Un uomo aperto e deciso come il signor Weston e una donna con la testa sulle spalle come Miss Taylor si può tranquillamente lasciarli sbrigare i fatti loro. Mettendosi di mezzo, è probabile che lei abbia fatto più male a sé, che bene a loro.»
«Emma non pensa mai a se stessa, se può far del bene altrui,» ribatté il signor Woodhouse, comprendendo il discorso solo a mezzo. «Ma, cara, ti prego di non combinare più matrimoni; sono sciocchezze, e aprono nel nostro cerchio di famiglia dolorose fratture.»
«Un altro solo, papà; solo per il pastore Elton. Povero Mr Elton! A te è simpatico, e io devo cercargli moglie. A Highbury non c’è nessuna che lo meriti – è qui da un anno, e ha messo su una casa tanto carina, che sarebbe una vergogna che restasse scapolo; e oggi, mentre univa le mani di quei due, ho pensato che aveva tutta l’aria di desiderare che lo stesso dolce rito si celebrasse per lui! Ho davvero una grande opinione del reverendo Elton, e non vedo quale altro modo avrei di rendergli un servizio.»
«Il reverendo Elton è un simpatico, ottimo giovane, ne convengo; e ne ho molta stima; ma, se vuoi mostrargli un’attenzione, cara mia, invitalo qualche giorno a pranzo: sarà molto meglio. Oso credere che il signor Knightley sarà così gentile da voler essere della partita.»
«Con molto piacere e quando più le aggrada,» disse ridendo il signor Knightley. «Sono pienamente d’accordo con lei che sarà molto meglio. Lo inviti a cena, Emma, e gli serva la parte più buona del pesce e del pollo, ma, quanto alla moglie, lasci che se la scelga da sé. Mi creda, un uomo di ventisei o ventisette anni è in grado di provvedere da solo ai casi suoi.»
CAPITOLO SECONDO
Il signor Weston era nato a Highbury da una rispettabile famiglia che, nelle ultime due o tre generazioni, si era procacciata un titolo nobiliare e terreni. Aveva ricevuto una buona educazione, ma, ereditata da giovane una discreta fortuna, aveva perso ogni interesse per le più umili attività alle quali i suoi fratelli si erano dedicati, e aveva soddisfatto una mente agile e aperta e un temperamento socievole entrando nella guardia nazionale appena costituita nella contea.
Il capitano Weston era il beniamino di tutti, e quando le vicende della sua carriera militare lo portarono a contatto di Miss Churchill, di una grande famiglia dello Yorkshire, e la signorina se ne innamorò, nessuno se ne fece meraviglia a eccezione del fratello e di sua moglie, che non l’avevano mai visto ed erano pieni di una superbia e di un’importanza che quel matrimonio avrebbe offes...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE
- BIBLIOGRAFIA
- EMMA