Quando il cielo si divide
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Quando il cielo si divide

  1. 300 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Quando il cielo si divide

Informazioni su questo libro

Sotto il ghiaccio che ricopre un lago nel Montana due sciatori scoprono il corpo di una ragazza assassinata. È Abbie, giovane figlia di una ricca coppia della borghesia di New York, fuggita da casa per unirsi a un gruppo di ecoterroristi responsabili di una serie di attentati e dell'uccisione del dirigente di una compagnia petrolifera. I genitori di Abbie, Ben e Sarah, separati da quattro anni, si ritrovano per riconoscere il corpo della figlia, e il mistero della tragica morte di Abbie appare da subito legato a quello della fine improvvisa del grande amore che per decenni li aveva legati. Nicholas Evans costruisce uno straordinario avvicendarsi di colpi di scena, un romanzo nero che non si limita a una semplice inchiesta, ma che esplora i bisogni, le speranze, le disillusioni che uniscono e dividono gli uomini e le donne, i tanti modi in cui possiamo tradire chi amiamo, e l'imprevedibilità delle nostre reazioni alle prove della vita.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2012
Print ISBN
9788817013390
eBook ISBN
9788858625842

Seconda parte

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Capitolo 6

Il Divide sembrava voler rimanere segreto. Era come appollaiato, nascosto in fondo a una vallata tortuosa e frastagliata, che discendeva verso un’altra molto più imponente, dove l’autostrada seguiva le anse del fiume Yellowstone. Accanto a questa autostrada, per quelli che erano in grado di individuarlo e di riconoscerlo, c’era una sorta di cartello. Ma il pioppo nodoso su cui, ormai molto tempo addietro, era stata fissata l’insegna, era del tutto consunto, e le parole sembravano buchi scavati dai parassiti nella corteccia. All’incirca trenta metri più avanti, una stradina di ghiaia si diramava dall’autostrada, costeggiando un torrente, e l’unico indizio del fatto che portasse da qualche parte era una cassetta della posta di latta ammaccata.
Il torrente Lost, che scorreva parallelo alla stradina di ghiaia, era perfetto per il nome che portava, «torrente perso». In estate si prosciugava, o nella migliore delle ipotesi si trasformava in un rigagnolo. Sugli argini crescevano ciliegi selvatici e salici, con le foglie ricoperte dalla polvere bianca che si sollevava dalla strada. L’acqua era riservata ai prati di foraggio che si estendevano su entrambe le sponde e, più a monte, agli abbeveratoi per il bestiame, dove il terreno cominciava a inerpicarsi e il pascolo si riempiva di salvia.
Persino quando in primavera si scioglievano le nevi, persino nei tratti in altura, il torrente Lost non riusciva mai a trovare veramente se stesso. Ma il gemello, che scorreva al di là dello spartiacque di rocce ricoperte di pini che dava il nome al ranch, era molto più impetuoso. Il torrente Miller, il cui nome era dovuto a qualche esuberante pioniere ormai dimenticato, traboccava e precipitava per otto spettacolari chilometri di anse, massi, cascate e laghetti vorticosi e ricchi di trote.
Ci volevano quindici minuti per raggiungere la vallata dall’autostrada, e il ranch si svelava solo negli ultimi ottocento metri. Proprio quando la pendenza cominciava a essere troppo severa e la foresta diveniva tetra e invadente, la stradina usciva di colpo dagli alberi e sbucava in un anfiteatro di pascoli rigogliosi, su cui lucenti cavalli Quarter Horse si muovevano lenti, pascolavano e agitavano languidamente le code per scacciare le mosche. Dietro di loro, su un lembo di terra più in alto e più arido, si trovava un gruppo di stalle costruite con assi imbiancate, un’arena di sabbia rossa, e recinti con le palizzate di legno scolorito. E sopra tutto questo, circondato da aiuole e prati, con la montagna che incombeva maestosa alle sue spalle, si ergeva il ranch.
Era un edificio di tronchi lungo e basso, costeggiato per tutta la lunghezza della facciata da una veranda profonda circa tre metri, con tavoli e sedie dove gli ospiti amavano trascorrere le serate guardando lontano oltre le cime degli alberi e ammirando le montagne che sul lato orientale della vallata catturavano gli ultimi bagliori ocra del sole al tramonto. I torrenti si separavano dietro la casa e la cingevano come un fossato. Su entrambi i lati, semplici ponticelli conducevano ai prati ovali strappati alla foresta. Lungo il loro perimetro, collocati con discrezione tra gli alti pini, c’erano due campi da tennis, una piscina e venti chalet di legno, ognuno con la propria veranda.
Nel Montana c’erano ranch più lussuosi, che offrivano una cucina più raffinata e avevano ospiti più appariscenti. Ma ne esistevano pochi così belli. Il Divide non faceva pubblicità, non reclamizzava la propria esistenza, perché non ne aveva bisogno. Gli ospiti arrivavano grazie al passaparola e ci tornavano più volte. Era stato così anche per i Cooper. La famiglia Cooper prenotava sempre gli chalet numero sei e otto per le ultime due settimane di giugno. Questo era il quarto soggiorno, e sarebbe stato anche l’ultimo, la vacanza che avrebbe cambiato per sempre le loro vite.
Quel giorno era il quarantaseiesimo compleanno di Ben. Era stato strappato dal mondo dei sogni dalla peggiore interpretazione di Tanti auguri a te che avesse mai udito. Aveva la testa annebbiata dalle troppe birre e dal poco sonno, e il canto stonato vi si era conficcato come un cavatappi arrugginito. Aprì un occhio e vide Sarah che gli sorrideva dal cuscino accanto al suo. La moglie si avvicinò e lo baciò sulla guancia.
«Buongiorno, festeggiato» disse.
«Allora è questo che stanno cantando.»
Il sole penetrava attraverso le tende rosse e bianche e proiettava una scacchiera di luce sul pavimento spoglio e sui piedi nudi di Ben, che ora si trascinava verso la porta infilandosi l’accappatoio. Abbie e Josh, insieme a un coro squinternato di coetanei, si erano radunati nel prato, appena sotto la veranda dello chalet, e lo accolsero con grida di incitamento, quando lui, coprendosi gli occhi per proteggerli dal sole, uscì all’aria aperta.
«Oh, siete voi, ragazzi» disse. «Pensavo che fosse una muta di coyote con il mal di pancia.»
«Buon compleanno, papà» gridò Abbie.
Aveva chiamato a raccolta i suoi amici e un paio di membri del personale. Erano in tutto otto o nove, sogghignavano, gli auguravano buon compleanno e facevano considerazioni spiritose sulla sua età. Abbie e Josh salirono i gradini della veranda, lo baciarono e gli porsero una grossa scatola rivestita di una carta decorata con piccoli marchi per il bestiame. Ora anche Sarah era sulla veranda, avvolta nell’accappatoio bianco uguale a quello del marito. Arrivò accanto ai figli e posò le braccia sulle loro spalle. Erano tutti abbronzati, e il sole aveva reso i loro capelli ancora più biondi. Ben non li aveva mai visti così radiosi, sfavillanti.
«È da parte di tutti noi» disse Abbie.
«Be’, grazie. Devo aprirlo adesso?»
«Certo.»
C’era una busta sopra, e Ben aprì prima quella. Era uno di quei biglietti che i genitori devono fingere di trovare più divertenti di quanto non siano in realtà. C’era il disegno di uno scheletro di dinosauro sul davanti e dentro la scritta «Buon compleanno, vecchio fossile». Ben annuì e sorrise.
«Grazie» disse. «Anch’io vi voglio bene.»
Dentro la scatola c’era un bellissimo Stetson di feltro beige.
«Ehi, questo sì che è un cappello.»
Lo indossò. Tutti urlarono e fischiarono. Calzava a pennello.
«Sta benissimo con l’accappatoio» commentò Abbie.
«Come facevate a conoscere la mia taglia?»
«Abbiamo preso il più grande» disse Josh.
Tutti risero, e Ben si allungò per afferrare il figlio, ma Josh balzò senza difficoltà fuori dalla sua portata.
«Signor Cooper?»
Ty Hawkins, uno dei dipendenti del ranch, avanzò di un passo con in mano un pacchettino. Le due migliori amiche di Abbie, Katie e Lane, ridacchiavano dietro di lui: avevano senza dubbio concertato qualcosa con il ragazzo. Era un giovane dalle maniere gentili, con una folta chioma bionda e l’aspetto ruvido ma innocente che faceva battere il cuore a tutte le donne del ranch. E soprattutto ad Abbie. La ragazza aveva fatto in modo di uscire a cavallo con il gruppo guidato da Ty ogni giorno da quando era cominciata la vacanza.
«Le ragazze sostengono che avrà bisogno anche di questo.»
Ben aprì il pacchetto ed estrasse un laccio di cuoio decorato e intrecciato con crini di cavallo. Sapeva cos’era, ma non voleva rovinare lo scherzo.
«A cosa serve?»
Ty sorrise. «Penso che serva a reggere il cappello.»
«La chiamano "la cinghia della femminuccia"» trillò Katie.
Il suo compleanno era diventato un rito per gli ospiti del ranch e, anche se si considerava un tipo sportivo e gradiva essere al centro dell’attenzione, Ben trovava ingiusto che il trascorrere degli anni nel suo caso fosse divenuto un evento pubblico. L’anno precedente gli avevano regalato il modellino di una Ford T con un biglietto che diceva: «Un ricordo di gioventù per il vecchio Ben». Sebbene il pensiero dell’invecchiamento non lo ossessionasse quanto certi uomini che conosceva, non poteva dire di assaporare con piacere quel processo: il modo in cui gli scricchiolavano le ossa quando usciva dal letto, i peli che sembravano stanchi di crescergli in testa e sbucavano invece nelle orecchie e nel naso. Il giorno prima, sotto la doccia, aveva scoperto il primo pelo pubico bianco, e stava cercando di non attribuirgli un valore troppo simbolico.
«Sarà meglio che torniamo al lavoro» disse Ty. «Cavalca stamattina, signor Cooper?»
«Se avete un cavallo abbastanza tosto per questo cappello.»
«Abbiamo un cavallo che deve essere domato, se per lei va bene.»
«Nessun problema. Sellatelo.»
Le doti di cavaliere di Ben erano un altro motivo di scherno. Ci metteva, come in tutti gli sport, più entusiasmo che abilità. Abbie, che cavalcava da quando aveva sei anni e aveva ereditato l’eleganza spontanea della madre, diceva che su un cavallo fermo il padre sembrava Glint Eastwood, ma non appena cominciava a muoversi, si trasformava in Kermit la rana.
Ty e gli altri cowboy si congedarono per andare a sellare i cavalli, e tutti si accordarono per incontrarsi nel salone comune per la colazione venti minuti più tardi. Ben e Sarah indugiarono sulla veranda soleggiata guardando la piccola folla che si allontanava e si disperdeva sul prato.
Lane e Katie stuzzicavano Josh per qualche ragione, e il ragazzo si fingeva seccato, ma era chiaro che si beava delle loro attenzioni. Era un bello spettacolo. Nell’ultimo anno gli ormoni del ragazzo erano andati su di giri. Aveva cominciato a radersi e cresceva con tanta rapidità che lui stesso faticava a tenere il proprio passo. Per fortuna, i vestiti che gli piaceva indossare erano grandi abbastanza per due come lui.
Josh era sempre stato quello per cui Ben e Sarah si erano dovuti preoccupare, ma forse era solo il confronto con la sorella, cui erano toccate tutte le doti che si possono desiderare per una bambina. Mentre Abbie, fino a quel momento, aveva attraversato la vita con disinvoltura, il fratello sembrava incagliarsi a ogni curva del percorso. La posizione scomposta delle sue spalle dava l’idea del peso del mondo che gravava su di lui.
Era un animo gentile, una persona dolce, e aveva molte altre qualità, ma gli mancavano la grazia naturale e il bell’ aspetto della sorella. E sebbene Ben non l’avesse mai ammesso con nessuno, perché sapeva che quel sentimento era inaccettabile, l’amore che provava per il ragazzo era sempre stato contaminato da qualcosa di simile alla pietà. Era stato testimone di troppe delusioni, lo aveva visto paragonare i propri fallimenti ai successi degli altri, lo aveva osservato spiare dalle retrovie i coetanei – più brillanti, più atletici, più belli, o semplicemente più estroversi – che raccoglievano allori. Ben sospettava che Sarah condividesse quel sentimento, ma non erano mai riusciti a parlarne senza che la discussione degenerasse. Sarah prendeva con forza le sue difese e considerava un affronto personale ogni insinuazione che il figlio potesse essere meno che perfetto.
L’estate precedente, Josh si era dimostrato davvero molto timido con Katie e Lane. Ma a giudicare dal modo in cui adesso correva sul prato insieme a loro, pareva che la situazione fosse cambiata. E guardandolo, Ben osò sperare che alla fine le cose si sarebbero sistemate. C’era sempre un’età in cui i figli trovavano il loro passo nella vita. Magari quello era l’anno di Josh. Katie ora gli diede una spinta e corse via insieme a Lane. Le due ragazze ridacchiavano e lo schernivano, mentre Josh, come un cucciolo di labrador troppo cresciuto, le inseguiva bonario.
Questo permise ad Abbie e Ty di rimanere soli. Inconsapevoli di essere osservati, si accostarono. Lei si avvicinò ancora e gli sussurrò qualcosa all’orecchio, il ragazzo rise e si infilò il pollice nella tasca posteriore dei pantaloni da cowboy. Ben e Sarah si scambiarono un’occhiata.
«Sembra che la nostra ragazza abbia vinto la gara» commentò Ben.
«Ha mai perso?»
«Mi sembra un tipo abbastanza a posto.»
Si fermarono a contemplare la scena. Nessuno dei due parlò più, finché nel prato rimase solo una scia di impronte sulla rugiada e la melodia delle voci delle ragazze che scompariva nell’aria senza vento del mattino.
Nell’angusto bagno con le pareti di legno dello chalet, mentre Sarah faceva la doccia, Ben si rase davanti allo specchio del lavabo, con indosso solo il cappello nuovo, convinto che quel giorno le cose tra loro sarebbero andate in maniera diversa. Sii carino, si disse. Smettila di fare il musone, basta costringere lei – e te stesso – a passare momenti così difficili. Dimenticati come è andata la scorsa settimana e ricomincia daccapo.
«Non riesco a capacitarmi di Joshie» disse Sarah da dietro il vetro.
«In che senso?»
«Come è cambiato quest’anno. Sembra sbocciato.»
«Già, è incredibile cosa vuol dire per un ragazzo perdere la verginità.»
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«Non dirai sul serio?»
Non diceva sul serio. Voleva solo essere malizioso.
«Perché no?»
«Benjamin, Joshie ha solo quindici anni, per amor del cielo.»
«Lo so, c’è chi ha tutte le fortune.»
Lo disse senza pensare, senza nessuna intenzione di punzecchiarla. Ma a giudicare dal silenzio della moglie, Sarah l’aveva presa male. Cercò di cambiare argomento, ma non ci riuscì del tutto.
«Secondo te quanto fa sul serio Abbie con quel giovane cowboy?»
«Non lo so, ma è meglio che stia attenta a non farlo licenziare. Sono molto severi qui per questo genere di cose.»
«Quale genere di cose?»
«Lo sai, frequentare gli ospiti.»
«Frequentare?»
«Sai cosa intendo.»
Di solito rideva quando Ben la prendeva in giro per i suoi eufemismi, ma non quel giorno. Il getto d’acqua si arrestò e la porta della doccia si aprì. Ben guardò l’immagine della moglie nello specchio, Sarah uscì e prese un asciugamano, evitando di proposito di incrociare il suo sguardo.
A quarantadue anni aveva ancora un fisico snello, il seno sodo, e dopo ventidue anni di matrimonio lo spettacolo del suo corpo nudo di rado mancava di eccitare il marito. Forse perché aveva sempre avuto molto meno accesso a quel corpo di quanto avrebbe desiderato. Le cose tra loro andavano male da molto tempo, e le scuse che lei trovava per negarsi erano sempre più brusche e meccaniche. Come adesso, quando lui si voltò e fece un passo nella sua direzione. Sarah si avvolse in fretta nell’asciugamano, così che il marito, quando la raggiunse, la trovò coperta. La tenne per le spalle, e lei sorrise con freddezza e gli diede un bacio casto sulle labbra.
«È proprio un gran bel cappello.»
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«Grazie, signora.»
«Pensi davvero che Josh e Katie...»
«Si frequentino? Certo.»
«Non dovremmo parlare con lui?»
«Certo, se lo vogliamo mettere davvero in imbarazzo.»
La teneva ancorata per le spalle, e cercò di farla tacere con un bacio.
«Benjamin, sto dicendo sul serio.»
«Non possiamo discuterne più tardi? C’è un altro membro maschio della famiglia Cooper che ha bisogno di attenzioni.»
Ora era eccitato e si premeva contro di lei. Sarah guardò in basso e inarcò un sopracciglio.
«Con precisione, di chi stiamo parlando?»
«Di lui. Dimenticati di me. È una richiesta del tutto altruistica.
«Più tardi. Ti voglio dare il tuo regalo.»
«Sei tu l’unico regalo che desidero.»
La strinse e la baciò sul collo, Sarah glielo permise, ma gli bloccò la mano quando lui cercò di toglierle l’asciugamano.
«Più tardi.»
La baciò sulle labbra. Ma lei non cedette. Gli posò una mano sul petto e lo spinse via con delicatezza.
«Benjamin, faremo tardi a colazione.»
La lasciò andare, poi si voltò e si vide nello specchio, astioso ed eccitato. All’improvviso si sentì sciocco con quel cappello. Se lo tolse e lo buttò su una sedia.
Era la solita vecchia storia. Il solito prevedibile ciclo di delusione e malumore, di rifiuto sessuale e orgoglio ferito che aveva perseguitato il loro matrimonio da quando se ne ricordava. Nonostante sapesse come stavano le cose, in lui sopravviveva ancora quell’assurda convinzione romantica che una volta in vacanza avrebbe potuto essere diverso. E così non faceva altro che andare in cerca dell’ ennesima delusione...
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Sarah era scomparsa in camera da letto e, qualche momento dopo, protetta dall’accappat...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Ringraziamenti
  4. Dedica
  5. Epigrafe
  6. Prima parte
  7. Seconda parte
  8. Terza parte