Un pellegrino
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Un pellegrino

  1. 208 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Un pellegrino

Informazioni su questo libro

Spinto da un impulso irrefrenabile, un uomo cammina alla ricerca di qualcosa che nemmeno lui è capace di definire. Il pellegrino di questo romanzo è ben diverso da quelli che nel Medioevo percorrevano le vie dei santuari o di Gerusalemme: più simile all'Ebreo errante è incapace di trovare pace, di legarsi a luoghi o persone. Forse il senso del suo cammino sta proprio nell'itinerario dettato dal caso, e nei sei personaggi che la strada gli presenta come un regalo: un monaco di clausura, un operaio della General Motors, una donna afflitta dal suo stesso tormento, un cane... Fino all'ultimo incontro, che l'attende da sempre a un appuntamento indifferibile.Andreoli torna a vestire i panni del narratore, e ci regala un romanzo in cui studia l'animo umano con l'attenzione dello psicologo e l'ars del grande scrittore. Una storia di viaggio, di solitudine e relazioni, che è una metafora della vita di ognuno. Un pellegrinaggio che è una ricerca, attraverso l'altro, di qualche risposta alle grandi domande esistenziali; perché solo attraverso il confronto, come in un dialogo socratico, si può tentare di far emergere la verità.

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Informazioni

Editore
BUR
Anno
2012
Print ISBN
9788817043946
eBook ISBN
9788858627013

SEI

Camminare da solo come faceva il pellegrino, ignorando dove si trovasse e dove fosse diretto, richiedeva coraggio o incoscienza oppure una buona capacità di sedare la paura.
È una condizione di solitudine, anche se auspicata, magari creata dal fatto di essersi trovato sempre male tra la gente, persino con i parenti. Un pellegrino deve rompere ogni tipo di relazione, se avesse un legame stretto, insieme all’altro formerebbe una coppia di pellegrini.
Una dimensione a cui non aveva mai pensato perché egli non fuggiva da nessuno, semplicemente gli sembrava di scegliere una tra le modalità di spendere la vita. Camminando non fissava mai una dimora ed evitava tutto quanto fosse ripetitivo, e stabile.
E ogni legame ha proprio questa caratteristica, di contenere una grande parte di scontato, di monotono. Che si trattasse di vincere in questo modo la paura non era assolutamente vero, almeno nel suo caso, e lo si notava dal fatto che sovente si girava indietro a guardarsi alle spalle in un certo senso, anche se talora poteva essere una semplice curiosità, per vedere la strada già fatta o ciò che aveva appena osservato.
Quel mattino si girava però continuamente, e se gli aveste chiesto cosa mai voleva constatare, non l’avrebbe saputo dire. «Un gesto inconsapevole, di nessun significato» avrebbe forse risposto, ma in verità un pellegrino guarda avanti o si osserva i piedi, il resto non conta, non ha nessuna utilità e senso. E proprio per questo allora si poteva insistere e arrivare alla domanda: «Ma non sarà che temi di essere inseguito e provi paura? Paura che qualcheduno ti aggredisca, e ovviamente sceglierebbe di farlo alle spalle?».
Un pellegrino comunque lo si voglia esprimere, consciamente o in maniera mascherata, ha un legame con la paura. E la paura ha momenti di intensità diversa a seconda dello stato d’animo e di tanti stimoli di cui non ci si rende conto ma che agiscono e modificano il comportamento di ciascuno. Anche quello di un pellegrino che è semplificato perché si riduce a camminare, ad andare avanti.
Non vedendo nessuno, dovrebbe dire, «è inutile guardarmi alle spalle», ma invece di nuovo si gira e non vede se non il sentiero che si snoda indietro e magari un paesaggio differente che può far piacere, ma che una volta visto perde di significato.
Si gira ancora, e finisce per farlo mentre afferma dentro la sua testa che è inutile girarsi tanto non c’è nessuno, e mentre lo dice si gira.
Non si può nemmeno affermare che una presenza umana significhi che lo segua, perché le strade non sono battute esclusivamente per lui, anche se in quel momento era in una zona fuori di ogni assembramento umano, perché non si incontrava una casa che fosse una, né una capanna. C’era il vuoto, in pieno giorno con la luce che illuminava bene quella parte della terra.
Inoltre sono pochi coloro che vanno a piedi, tanto da fare di un pellegrino una sorta di stranezza se non di follia, e se uno giunge in auto in quel silenzio lo si sarebbe avvertito senza girarsi, perché sarebbe sembrato un ciclone della natura o un aereo a reazione, tanto dominava il silenzio. Un silenzio che faceva credere che i pensieri parlassero e dunque facessero rumore, nella testa, dal momento che teneva la bocca chiusa.
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Ma eccolo di nuovo girarsi, e poi subito ritornare a guardare in avanti.
Doveva trovarsi nel fondo di una valle pianeggiante e girandosi non vedeva altro che un pezzo di quella linea retta.
Uno di quei luoghi in cui è impossibile disegnare una curva, ed è certo che se fosse stato possibile, e non assurdo, l’avrebbero fatto perché i costruttori di strade amano le curve e le fanno anche quando non servono, a meno di casi in cui proprio non si può e allora si va dritti e sul disegno del progetto basta segnare una linea retta.
In questi casi girandosi – pare impossibile ma si stava guardando ancora alle spalle – il pellegrino era come si trovasse su una locomotiva di un treno: avanti vedeva rotaie e dietro sempre rotaie, le stesse che aveva avuto davanti fino a poco prima.
Una visione che non attira affatto e infatti non si vede mai un ferroviere che alla guida di una locomotiva guardi davanti e poi ogni tanto dietro. Non ha senso. A meno che non si abbia paura, e non è detto che la paura sia sempre consapevole. Se al pellegrino si fosse chiesto se si voltava per paura, avrebbe detto meravigliato che non sapeva nemmeno che cosa fosse, e poi avrebbe detto: «Paura di chi? di che cosa? Qui non c’è nessuno, ci sono io e poi sono abituato a stare solo».
Ma forse era abituato proprio alla paura e così pensava di averla vinta, mentre poteva essere che l’aveva solo rimossa, come se non ci fosse, mentre c’era; e la paura porta a proteggersi e il gesto del girare la testa poteva avere questo significato.
Non esistono solo le cose di cui abbiamo coscienza.
Un pellegrino sa che cammina con i piedi o grazie ai piedi e li tiene in altissima considerazione, più della testa, che non sa fare un passo in avanti o indietro. Ma sa che in alcuni momenti li ignora eppure va avanti, dunque che inconsapevolmente lavorano, si muovono e fanno di un uomo un pellegrino, anche se in quel momento egli non li considera affatto.
Così potrebbe accadere per la paura, uno crede di averla superata, di non provarla assolutamente, mentre c’è e agisce, e allora bisogna dare una risposta. E il pellegrino semplicemente si girava e lo faceva in maniera saltuaria, ma poteva accadere che d’un tratto si mettesse a correre come se scappasse da qualcuno che pensava lo rincorresse, e invece non c’era nessuno, a parte che uno può essere rincorso per ricevere un bacio e non necessariamente una coltellata o un colpo in testa o su un piede capace di fare di un pellegrino un ex pellegrino.
Se era la paura a doversi prendere in considerazione in questo caso, non valeva la pena di sottolineare troppo la cosa, perché non era al punto di camminare avanti con la testa fissata all’indietro per guardarsi con maggiore continuità e anche efficacia. Con l’inconveniente drammatico di andare avanti e vedere indietro rischiando di sbagliare strada, anche se il pellegrino non aveva un percorso obbligato e nemmeno scelto preventivamente, ma ancor peggio poteva capitargli, guardando sempre indietro, di essere aggredito dal davanti.
Un dramma strutturale, proprio dell’uomo che pensa sempre di essere la meraviglia del creato, il meglio tra i viventi, e tutto perché nessuno ha pensato di progettare un uomo ex novo. Se lo si facesse, ci si renderebbe conto che lo si creerebbe in modo totalmente nuovo. A parte i piedi, gli si metterebbe un occhio dietro la testa, proprio sull’occipite e se tre fossero troppi, almeno dei due, uno davanti e uno dietro; e il pellegrino non avrebbe alcun problema, né si porrebbe molti interrogativi e forse la paura non gli sarebbe nemmeno venuta in mente. Perché sia chiaro che la paura prende quando uno sa di non essere ben difeso.
Se uno in città ha paura dei ladri dipende dall’essere consapevole che la sua porta d’ingresso di casa è facilmente espugnabile, e la paura diminuisce se se ne mette una blindata, e al limite se si fa della propria casa una fortezza, come si usava al tempo dei feudi, quando i padroni, i feudatari, si mettevano al sicuro dentro un castello con torri controllate da alabardieri o dall’artiglieria con cannoni pronti a lanciare palle di ferro.
E allora per vincere la paura piantiamogli un occhio nella nuca e quelli davanti spostiamoli lateralmente in modo che possano guardare anche ai lati, e questa non è una grande scoperta, basta guardare gli uccelli che tenendo la testa dritta vedono a destra e a sinistra e i due occhi lavorano indipendenti.
E già che ci siamo, perché non aggiungere un braccio o due sul dorso in modo che visto un pericolo li si usino per difendersi alle spalle, per mollare un cazzotto o sparare con una pistola.
Il pellegrino si girava e lo faceva con una frequenza che stava aumentando, segno che nessuna considerazione, se mai la stesse facendo, gli serviva a bloccare quel gesto inutile, irrazionale e quindi anche stupido.
Forse è giunto anche il momento per sfatare l’idea che un pellegrino sia una sorta di superuomo, senza difetti, l’unico che ha capito il pericolo di stare al mondo e quindi, pur non tirandosene fuori del tutto, lo vive camminando e senza mai fermarsi per non attaccarvisi. Anche i pellegrini hanno debolezze e hanno paura.
Si girava e non vedeva nessuno, era sempre in pianura, nel luogo meno adatto per attaccare, e bastava che avesse visto o si ricordasse di un film western per sapere che gli attacchi, quelli del generale Custer, per esempio, avvenivano sempre tra le montagne dove è facile nascondersi e cogliere di sorpresa.
In pianura si vede tutto e si sarebbe accorto di un nemico, o di un malintenzionato già da lontano e avrebbe avuto tutto il tempo per affrontare la situazione, magari mettendosi a correre. Dunque si trovava in un luogo relativamente sicuro, ben più di quelli che aveva molte volte attraversato con il buio o all’imbrunire.
Allora, pellegrino, guarda davanti e semmai fa’ qualche considerazione sul luogo, e non ultimo sulla tua vita perché sono molti ormai quelli che ti hanno detto di fermarti, e quelli che non te l’hanno espresso verbalmente, lo hanno manifestato indirettamente con il loro comportamento, esattamente opposto al tuo. Non puoi continuamente girare quella testa, e se proprio non ci riesci fermati e mettiti seduto sul sentiero, in modo che, senza girarla e con piccoli spostamenti, ti guardi a destra e sinistra. E basta con la storia che tu sei un pellegrino e devi camminare, non farlo quando sei preso dalla paura che sta diventando un’ossessione.
Se proprio non ce la fai, allora cammina con i piedi, non nella direzione del sentiero, ma di lato oppure ammetti di avere una paura boia e allora nasconditi o va’ di corsa. Lo so che non sei uno che fa footing, che tra un pellegrino e un footingman passa una differenza abissale, come se uno avesse i piedi e l’altro dei motorini al loro posto, ma evita questo comportamento che dovrebbe apparirti ridicolo. E il ridicolo non è mai dignitoso, per nessuno, nemmeno per un pellegrino.
E si ritorna alla paura che rimanda ancora alla creazione difettosa, tanto che sarebbe il caso di rifare l’uomo.
Il pellegrino non stava certo elaborando delle considerazioni sulla paura, ma la stava vivendo inconsciamente, e quindi si girava per potere cogliere un nemico nel momento in cui lo stava per aggredire, con la speranza, anch’essa inconsapevole, di riuscire a difendersi. E in questo progetto fuori luogo, perché là non si incontrava nessuno ed era impensabile che venisse uno a piedi a rincorrere un pellegrino sconosciuto e privo di ogni senso, non faceva nulla per promuovere una difesa veramente efficace. Se uno ha paura, mette le spalle a contatto con una roccia o con il muro, e questo movimento è utile perché finisce per rendere impossibile un attacco alle spalle, e il nemico deve semmai farlo dal davanti, a viso aperto come si dice.
L’esempio non è proprio adeguato, perché non si può camminare con una parete dietro le spalle o con un muro che si muove. Meno assurdo sarebbe che il pellegrino si fermasse, almeno finché non gli passa la paura, ma non ammetterebbe mai che si tratta di paura, proprio lui che va da solo e da sempre, perché uno nasce pellegrino, nasce camminando, esce dal ventre materno, saluta la madre, dà una toccata rapida al seno pieno di latte e se ne va.
Gli sarebbe stato utile invece sapere che la paura è un difetto di costruzione perché non serve a nulla. Si dice sia un meccanismo di protezione, che se non ci fosse la paura il genere umano sarebbe già sparito e si porta l’esempio del bambino che, grazie alla paura per il buio, non corre se non ci vede, e così non sbatte la testa o non cade in un burrone.
La questione è che si può avere paura di tutto e quindi si attiva il meccanismo per ognuna delle paure possibili, e persino per la paura senza oggetto, senza una causa, senza un riferimento. Per la paura della paura: ecco la dimostrazione dell’inutilità del meccanismo perché se si arriva ad avere paura del meccanismo che difende dalla paura, non solo questo non protegge ma limita, perché da quel momento uno non fa nulla perché ha paura, e non ha protezione alcuna.
Ma anche senza arrivare a questi casi estremi che riguardano la medicina, è facile mostrare, e sarebbe stato bene che il pellegrino ne potesse avere conoscenza, che se uno ha paura della solitudine è bene che si metta con un altro.
È probabile che appena ha stabilito questa relazione e ha così dato risposta alla paura, senta la paura verso il compagno, ma allora siamo alla follia.
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A questo punto si potrebbe giungere a consigliare di mettermi solo con uno che si ama, ma a parte la difficoltà di trovare il grande amore, molte volte l’amore si trasforma in odio che spaventa perché può portare a uccidere.
Così la paura diventa soltanto una paura differente... mille paure e si finisce per non vivere perché se si ha buon senso, si ammette di avere così tanta paura che è meglio ammazzarsi.
Con ragionamenti di questo genere ed esperienze che sono infinite, si può concludere che questo congegno messo dal creatore è un difetto enorme, come se in un’auto si montasse uno spinterogeno difettato.
Meglio trovare una modalità nuova per costruire un uomo senza paura.
È facile immaginare come sarebbe diverso quel pellegrino se camminasse tranquillamente guardandosi i piedi o solo davanti, si sarebbe accorto che l’aria era calda quella mattina, e poteva ammirare il sole che voleva riscaldare la terra e anche il suo corpo e così rendersi conto di una sensazione gradevole. Invece poveretto continuava a girarsi e adesso stava girato più a lungo, come se avesse deciso di guardare proprio bene e non di limitarsi a uno sguardo fugace che avrebbe potuto anche non percepire il pericolo. In questo modo, si era detto, «lo faccio poche volte ma bene», ma la verità era che anche seguendo quella strategia, non risolveva il problema e non eliminava il pericolo.
Gli stava venendo il torcicollo. E questo era un rischio di cui era bene si attivasse la paura e gli imponesse di non girarsi affatto, almeno per un poco.
Un meccanismo a due vie, la prima l’obbligava a girarsi per guardarsi alle spalle e non essere aggredito, l’altra via gli imponeva di non girarsi affatto per non rischiare di rimanere bloccato, con testa fissata indietro, e con la paura di essere colpito davanti: una contraddizione all’interno della stessa macchina umana, un errore nel meccanismo della paura.
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Se fosse un pellegrino che cammina come ci si aspetta e come ha fatto per il passato – e la sua vita trascorsa non era di uno sbarbatello, anzi aveva una barba che doveva decidersi a tagliare perché ormai i peli si univano a quelli del pube – avrebbe tenuto presente che la paura non nasce solo da rischi esterni alla persona, che si chiamano reali od obiettivi, qualcosa che esiste veramente e da cui è bene difendersi, ma anche dall’immaginazione che è appunto pensare che esista un pericolo che non c’è, se non nella fantasia.
L’immaginazione attiva la paura, come se il pericolo ci fosse veramente e allora uno ha paura per cose inesistenti, che crede reali, e si fanno cose assurde per proteggersi da ciò che non c’è, e siamo vicini alla follia perché uno pensa che il mondo ce l’abbia con lui e quindi di essere perseguitato e si difende da nemici inesistenti e vive in un mondo che non c’è anche se lui crede che esista, e che esista esattamente come lo pensa e non come è fatto.
Se la paura fosse un meccanismo utile dovrebbe prima di tutto controllare l’immaginazione, frenarla.
La cosa migliore sarebbe che il creatore avesse riconosciuto che si tratta di due meccanismi in contraddizione, in opposizione, e che uno non è compatibile con l’altro o può non esserlo e dunque che la coesistenza può portare al blocco della macchina che è l’uomo, e quindi a non farlo vivere per una paura non vera, ma che si inventa dentro la testa. È come se l’uomo si facesse paura e tentasse invano di difendersi perché non è possibile farlo se il nemico è lo stesso uomo che lo teme. Non si può scappare da se stessi perché ci si porta sempre dentro il nemico immaginario. Che poi, a pensarci bene, esistono dei masochisti, gente che si vuole male e diventa nemico di se stessa, e i suicidi ne rappresentano il caso più evidente, ma anche i depressi che sono moltissimi, non si stimano affatto.
Ecco che il pericolo non viene da fuori ma dall’interno della mente umana, e allora la paura, il meccanismo di difesa, si attiva contro se stessi.
Caro pellegrino ti giri per vedere se qualcuno ti aggredisce, mentre temi te stesso, e infatti sei solo e hai paura proprio di te che sei l’unico presente in questa vasta pianura, su un sentiero in cui non possono passare auto e dove non giungerebbe mai nessuno, perché a piedi, e lo sai bene, vanno ormai solo i pellegrini, e sono pochi.
La paura non serve a nulla, è anzi deleteria e sarebbe tempo di cercare di difendersi dalla paura: la paura della paura, non è un gioco di parole ma una espressione drammaticamente vera, anche se appare assurda.
E non si può condannare la fantasia, perché tante volte, tantissime, si ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. UNO
  4. DUE
  5. TRE
  6. QUATTRO
  7. CINQUE
  8. SEI