Le anime morte
eBook - ePub

Le anime morte

  1. 382 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Le anime morte

Informazioni su questo libro

In una cittadina della Russia ottocentesca, persa nella sterminata distesa della pianura sarmatica, l'arrivo di ?i?ikov turba la vita tranquilla e abitudinaria della gente del luogo. Personaggio bizzarro, ?i?ikov persegue un progetto furbo, macabro e disonesto: acquistare dai possidenti locali le "anime morte" – i nomi dei servi deceduti o scomparsi, ma non ancora cancellati dai registri amministrativi – per ottenere, sulla base del numero di uomini posseduti, terre e prestiti dallo Stato. Per il proprio piano – la cui idea fu suggerita a Gogol' da fatti di cronaca del tempo – il protagonista incontra personaggi "scolpiti" dallo stile realista dello scrittore, e rappresentativi di un'umanità inerte, corrotta, "morta" anch'essa, perche pietrificata attorno a vizi capitali come l'avarizia. Pensato come un poema in prosa, a rappresentare la corruzione, ma anche, nella seconda e terza parte, il riscatto del genere umano attraverso la redenzione del protagonista, Le anime morte rimase incompiuto. Il primo libro, completo, e considerato un capolavoro della letteratura occidentale.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Le anime morte di Nikolaj V. Gogol' in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
BUR
Anno
2011
Print ISBN
9788817166621
eBook ISBN
9788858614600
LE ANIME MORTE
PARTE PRIMA
I
Nel portone di un albergo della città di N., capoluogo di governatorato, entrò un calessino non grande, abbastanza decoroso, molleggiato, sul tipo di quelli in cui viaggiano gli scapoli, i tenenti colonnelli in congedo, i capitani in seconda, i proprietari di un centinaio di anime di contadini, in una parola, tutti coloro che sono detti signori di mezza tacca. Nel calessino stava seduto un signore, non bello, ma neppure brutto, né troppo grasso né troppo magro, che non si sarebbe potuto dir vecchio, ma nemmeno molto giovane. Il suo ingresso non suscitò in città scalpore alcuno e non fu seguito da nulla di straordinario; soltanto due contadini russi, in piedi presso la porta dell’osteria dirimpetto all’albergo, fecero alcune osservazioni riguardanti, del resto, più il veicolo che il viaggiatore.
– Guarda un po’, – disse uno dei due al compagno, – che specie di ruota! Cosa pensi: arriverebbe questa ruota, se del caso, fino a Mosca, o non ci arriverebbe?
– Ci arriverebbe. – E a Kazàn io penso che non ci arriverebbe. – No, a Kazàn, no, – rispose l’altro, e con questo il discorso ebbe termine.
Inoltre, quando il calessino si avvicinò all’albergo, incrociò un giovanotto in pantaloni bianchi di tela, molto stretti e corti, in una marsina che tentava di seguire la moda e sotto cui si vedeva una pettorina tenuta chiusa da una grossa spilla di Tula1, che rappresentava una pistola in bronzo. Il giovanotto si voltò, osservò la carrozza, trattenne con la mano il berretto, che stava per sfuggirgli a causa del vento, e continuò per la sua strada.
Quando la carrozza entrò nel cortile, il signore che vi sedeva fu accolto da un servo polovòi2, come vengono dette tali persone di servizio nelle locande russe, vivace e irrequieto al punto che era perfino impossibile osservare che viso avesse. Corse fuori in fretta, con un tovagliolo in mano, lungo lungo e con indosso un lungo soprabito di cotonina, la cui parte dorsale gli arrivava quasi alla nuca; scosse i capelli e accompagnò in fretta il signore lungo la galleria esterna di legno, per mostrargli la stanza inviatagli da Dio. La stanza era di un genere solito, poiché anche l’albergo era di un genere solito, cioè, appunto tale e quale come sono gli alberghi nelle città capoluogo di governatorato, dove, per due rubli al giorno, i viaggiatori hanno una stanza tranquilla, piena di scarafaggi che, con un aspetto di prugne secche, spuntano da tutti gli angoli; con una porta sempre impedita da un cassettone, che comunica con la stanza attigua, dove alloggia il vicino, un uomo silenzioso e placido, ma straordinariamente curioso, che s’interessa di tutti i particolari riguardanti il viaggiatore. La facciata esterna dell’albergo corrispondeva al suo interno: era molto lunga, a due piani; quello inferiore non era stato intonacato, vi apparivano i mattoni rosso scuri, fatti ancora più scuri per le intemperie e già alquanto sporchi di per se stessi; il piano superiore era coperto della eterna tinta gialla; in basso c’erano alcune bottegucce di collari da cavallo, corde e ciambelline. Nella botteguccia d’angolo, o meglio, nella vetrina s’era allogato uno sbìtens’cik3 con un samovàr di rame rosso e un viso altrettanto rosso, cosicché, in distanza, si sarebbe potuto credere che nella vetrina ci fossero due samovàr, se uno di essi non avesse avuto la barba nera come la pece.
Mentre il neo-arrivato esaminava la sua camera, gli furono portati i bagagli: prima di tutto una valigia di cuoio bianco, alquanto logora, che mostrava di non trovarsi al suo primo viaggio. Portarono su la valigia il cocchiere Selifàn, un uomo piccoletto in tulùp4, e il servo Petrus’ka, un giovane di aspetto un po’ burbero, con labbra e naso molto grossi, sulla trentina, che indossava un largo soprabito usato, probabilmente smesso dal padrone. Dopo la valigia furono portati nella camera: una cassettina di mogano con ornamenti intarsiati in legno di betulla di Carelia, delle forme da scarpe, e un pollo arrosto avvolto in carta turchina. Quando tutto ciò fu portato dentro, il cocchiere Selifàn andò alla stalla per affaccendarsi presso i cavalli, e il servo Petrus’ka cominciò ad accomodarsi in una piccola anticamera, uno stambugio molto scuro, dove già aveva trascinato il suo cappotto e, con questo, un certo suo odore caratteristico, che era stato comunicato anche ad un sacco contenente i vari accessori del suo abbigliamento di servitore, che portò subito dopo. In quello stambugio egli appoggiò al muro uno stretto lettino a tre gambe, e lo coprì con una specie di materasso, schiacciato e piatto come una frittella e forse altrettanto unto, che gli era riuscito di ottenere dal padrone dell’albergo.
Mentre i servi compivano il loro lavoro affaccendandosi, il padrone se ne andò nella sala comune. Come sono queste sale comuni, sa benissimo qualsiasi viaggiatore: sempre le stesse pareti intonacate con colore ad olio, rese scure verso l’alto dal fumo del tubo della stufa e lucidate in basso dalle schiene dei numerosi viaggiatori, ma soprattutto da quelle dei mercanti locali, poiché questi, nei giorni di mercato, vi giungono in sei o sette a bersi la loro consueta porzione di tè; sempre lo stesso soffitto fuligginoso; sempre lo stesso lampadario affumicato, carico di una quantità di cristalli pendenti, che saltavano e tinnivano ogni qualvolta il servo correva sulle incerate consunte, agitando arditamente il vassoio, sul quale erano posate infinite tazze da tè, come uccelli sulla riva del mare; sempre gli stessi quadri larghi quanto la parete, dipinti ad olio; in una parola, ogni cosa era come sempre e dappertutto, con la sola differenza che su uno dei quadri era raffigurata una ninfa con un seno così enorme, quale il lettore non ne ha mai veduti. Simili scherzi di natura capitano, del resto, in parecchi quadri storici importati in Russia non si sa in che tempo né da chi, qualche volta perfino dai nostri signori amatori d’arte, che li comperarono in Italia, su consiglio dei loro postiglioni.
Il signore si levò il berretto e svolse dal collo una pezzuola di lana dai colori iridati, quali ne preparano, con le proprie mani, le mogli per i mariti, accompagnandole con opportune raccomandazioni sul come avvolgervisi; per gli scapoli... non saprei dire con certezza chi le confeziona, Iddio solo lo sa: io non ho mai portato tali pezzuole. Dopo aver svolto la pezzuola il signore ordinò di servirgli il pranzo. Mentre gli venivano portate le pietanze consuete in simili alberghi come: minestra di cavoli con sfogliatine conservate apposta per i viaggiatori nel corso di alcune settimane, cervella con piselli, salsicce e verze, pollo arrosto, un cetriolo salato e l’eterno pasticcetto dolce di pasta sfoglia sempre pronto; mentre gli venivano servite tutte queste cose, o riscaldate o così, semplicemente fredde, egli costrinse il servo a raccontargli ogni genere di sciocchezze: chi fosse stato prima il gestore della locanda e chi lo fosse ora, se ne ricavasse un buon reddito, e se il padrone fosse un furfante: al che il servo rispondeva secondo il suo solito: «Oh, è un grand’imbroglione, signore!»
Come nell’illuminata Europa, così nell’illuminata Russia vi sono adesso molte rispettabili persone che non possono mangiare in una trattoria senza rinunziare ad attaccare discorso col cameriere e, talvolta, perfino senza prenderlo spiritosamente in giro. Del resto, il viaggiatore non poneva soltanto domande vane: egli s’informò minutamente chi fosse il governatore della città, chi il presidente del tribunale, chi il procuratore, insomma non gli sfuggì neppure uno dei funzionari pubblici più importanti; ma con precisione anche maggiore, se non proprio con sollecitudine, s’informò di tutti i più notevoli proprietari di terre: quante anime di contadini possedesse ciascuno, a che distanza vivesse, perfino che carattere avesse e con che frequenza venisse in città; s’informò attentamente delle condizioni della regione: se c’erano state malattie in quel governatorato, febbri epidemiche o malariche di qualsiasi tipo, o vaiolo e simili; e tutto ciò in modo tale e con tanta precisione, che rivelava qualcosa di più che la semplice curiosità. Nei suoi modi, il signore aveva una certa gravità e si soffiava il naso con straordinario rumore. Non è dato sapere come facesse, ma il naso risuonava come una tromba. Questa qualità, all’apparenza assolutamente innocente, gli procurò tuttavia un gran rispetto da parte del cameriere dell’albergo, cosicché questi, ogni volta che udiva quel suono, scrollava i capelli, si allungava con maggior rispetto e, chinata dall’alto la testa, domandava: «Avete bisogno di nulla?». Dopo pranzo il signore bevve una tazza di caffè e sedette sul divano, aggiustandosi dietro la schiena un cuscino di quelli che, nelle locande russe, vengono imbottiti, anziché di cedevole lana, con qualche cosa che assomiglia terribilmente ai mattoni e ai ciottoli. Lì cominciò a sbadigliare e ordinò che lo accompagnassero alla sua camera, dove, coricatosi, dormì per due ore. Dopo aver riposato, su preghiera del servo della locanda, scrisse su un pezzetto di carta il proprio grado, nome e cognome affinché fossero notificati, come di ragione, alla polizia. Su quel foglietto, scendendo le scale, il servo lesse sillabando quanto segue: «Consigliere di Collegio5 Pavel Ivànovic’ Cìcikov, possidente, per affari privati». Mentre il servo stava ancora decifrando e sillabando, lo stesso Pavel Ivànovic’ uscì a visitare la città, della quale fu, a quanto pare, soddisfatto, perché trovò che non la cedeva in nessun punto alle altre città capoluogo di governatorato: colpiva l’occhio l’intonaco giallo sulle case di pietra, che spiccava sulla tinta modestamente grigia di quelle di legno. Le case erano a uno, a due, a un piano e mezzo, fornite dell’eterno mezzanino, bellissimo secondo l’opinione degli architetti locali. In certi punti queste case sembravano sperdute in strade larghe come campi, cinte da interminabili stecconate di legno; altrove s’addossavano in un ammasso, e lì si poteva notare un maggior movimento di gente e maggior animazione. Capitava di vedere insegne quasi lavate dalla pioggia con su dipinte ciambelle o stivali o un paio di calzoni turchini e il nome di un sarto «di Arsavia»6; o un negozio di cappelli e berretti con la scritta: «Vassìli Fiòdorov, straniero»; più in là era dipinto un biliardo con due giocatori in marsina, del tipo che portano qui da noi, in teatro, gli attori nella parte di ospiti, che entrano in scena all’ultimo atto. I giocatori erano rappresentati con le stecche puntate, le braccia un po’ spinte indietro e le gambe storte, come se avessero appena fatto uno sgambetto in aria. Sotto era scritto: «E qui è il locale». Qui, proprio sulla strada, erano disposti dei tavolini ricoperti di noci, saponi e pan pepati somiglianti ai saponi, altrove era una trattoria con sull’insegna un grosso pesce infilzato da una forchetta, ma più che mai frequenti si notavano quelle annerite aquile bicipiti governative, ormai sostituite dalla laconica scritta: «Bottiglieria»7. Il selciato era alquanto maltenuto ovunque. Il visitatore diede un’occhiata anche al giardino pubblico, che consisteva in alcuni gracili alberelli, attecchiti a stento e sostenuti da paletti disposti a triangolo, accuratamente verniciati di verde. Del resto, benché quegli alberelli non fossero più alti di canne, nei giornali, in occasione della descrizione delle luminarie, se ne era parlato così: «La nostra città, grazie alle cure dell’amministrazione cittadina, s’è adornata di un giardino composto di frondosi alberi dalle larghe ombre, che offrono refrigerio nelle giornate di calura, cosicché era molto commovente vedere come i cuori dei cittadini palpitassero nella piena della gratitudine e come fiumi di lacrime scorressero in segno di riconoscenza verso il signor gradonaciàlnik»8. Dopo aver interrogato minutamente una guardia di città su quale fosse la strada più breve per arrivare, in caso di necessità, alla cattedrale, agli uffici pubblici e al governatorato, il visitatore andò a dare un’occhiata al fiume, che scorreva attraverso la città. Lungo la strada strappò un manifesto inchiodato ad un palo, per poterselo leggere per benino a casa, fissò attentamente una signora bellina che passava sul marciapiede di legno, seguita da un ragazzo in divisa militare con un fagotto in mano, e dopo aver ancora una volta abbracciato ogni cosa con lo sguardo, come per ben imprimersi nella mente l’ubicazione dei luoghi, rientrò, diritto nella sua camera, ...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Occhiello
  3. Frontespizio
  4. Introduzione
  5. Cronologia
  6. Bibliografia
  7. Le anime morte
  8. Sommario