
- 296 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Quattro amiche e un paio di jeans - 1.
Informazioni su questo libro
"Ricorda: pantaloni = amore. Ama le tue amiche. Ama te stessa." Da questo libro è stato tratto l'omonimo film del 2005 con Alexis Bledel, America Ferrera, Blake Lively e Amber Tamblyn.
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Informazioni
Print ISBN
9788817041034eBook ISBN
9788858602010Regola n. 1: Il cliente
ha sempre ragione.
Regola n. 2: Se il cliente
ha torto si prega di fare
riferimento alla regola n. 1.
— Duncan Howe

“Qui al Wallman’s rischio di morire dopo una lenta agonia” decise Tibby il pomeriggio dopo, sotto il ronzio delle luci al neon. Quel lavoro magari non provocava una morte prematura rispetto alla norma, ma era una vera tortura.
“Perché i posti come questo non hanno mai le finestre?” si chiese. Temevano che un semplice raggio di sole potesse fare imbizzarrire i loro impiegati pallidi e prigionieri?
Quel pomeriggio era di nuovo nel corridoio due, questa volta a riassortire assorbenti geriatrici. Ma che legame c’era tra lei e l’igiene personale? La sera prima sua madre le aveva chiesto di utilizzare lo sconto per i dipendenti per comprare i pannolini al fratellino e alla sorellina. E lei non aveva avuto il coraggio di confessare che lo sconto lo aveva già perso.
Mentre impilava pacchi di Depends, le sue funzioni fisiche e mentali si abbassarono al livello minimo. Lo vedeva, il proprio diagramma cerebrale piatto misurato da un macchinario ospedaliero. Morire lì al Wallman’s.
D’un tratto udì un gran fracasso e voltò di scatto la testa. Affascinata, osservò la sua piramide di antitraspiranti crollare sotto il peso di una ragazzina che vi era inciampata. La ragazzina non riuscì a recuperare l’equilibrio, come Tibby si sarebbe aspettata, ma cadde a terra come un sasso e batté la testa sul linoleum con un tonfo sordo.
“Mio Dio” pensò Tibby precipitandosi verso di lei. Aveva la sensazione di assistere alla scena in tv, invece di viverla davvero in prima persona. Gli antitraspiranti rotolavano da tutte le parti. La ragazzina aveva forse dieci anni. Aveva gli occhi chiusi, i capelli biondi sparsi a ventaglio sul pavimento. Era morta? si chiese Tibby, presa dal panico. Si ricordò della radiocuffia. «Ehi, aiuto!» gridò, premendo vari bottoni e rimpiangendo di non avere imparato a usarla.
Scattò di corsa verso il bancone dell’uscita. «Emergenza! C’è un’emergenza nel corridoio due! Chiamate il 911!» ordinò. Era raro che pronunciasse tante parole di fila senza neppure una punta di sarcasmo. «C’è una ragazzina svenuta al corridoio due!»
Dopo aver visto Brianna chiamare il numero d’emergenza, Tibby corse di nuovo dov’era la ragazzina. Era ancora distesa lì, immobile. Tibby le prese la mano. Le cercò il polso: era come se fosse stata d’un tratto catapultata in un telefilm sul pronto soccorso. Il battito si sentiva. Tese la mano verso la borsetta della ragazzina per cercare il portafoglio, ma poi si trattenne. Non era meglio non toccare nulla fino all’arrivo della polizia? Ma forse no, quello valeva in caso di omicidio. Stava confondendo i telefilm polizieschi con quelli medici. Afferrò il portafoglio. Chiunque fossero i genitori, senz’altro bisognava far loro sapere che la figlia era distesa priva di sensi in mezzo al supermercato.
C’era una tessera della biblioteca. Un oroscopo ritagliato da una rivista. Qualche foto scolastica di una ragazzina dai denti grossi di nome Maddie, con un mucchio di baci e abbracci scritti sul retro. Quattro banconote da un dollaro. Tutta roba completamente inutile. La stessa roba che Tibby si portava nel portafoglio quando aveva quell’età.
In quel momento irruppero nel corridoio tre ausiliari medici con una barella. Due di loro cominciarono a punzecchiare la ragazzina, mentre il terzo osservava un braccialetto medico che le cingeva il polso sinistro. Tibby non aveva pensato a controllare che cosa aveva al polso.
Il terzo ausiliare aveva delle domande anche per Tibby. «Allora, cosa è successo? Tu hai visto?»
«Non proprio» rispose lei. «Ho sentito un rumore, mi sono voltata e l’ho vista inciampare contro questo espositore. Ha battuto la testa per terra e credo che sia svenuta.»
L’attenzione dell’infermiere si spostò dal viso di Tibby al portafoglio che lei aveva in mano. «E quello cos’è?»
«Be’, mmm, il suo portafoglio.»
«Le hai preso il portafoglio?»
Tibby spalancò gli occhi. D’un tratto capì come doveva apparire dall’esterno la cosa. «Insomma, voglio dire… stavo soltanto…»
«Perché non facciamo che adesso lo dai a me?» scandì lentamente l’uomo. La stava trattando come una criminale o era lei che era paranoica?
Tibby non se la sentì di scoccargli una frecciata ironica come avrebbe fatto di solito. Le veniva da piangere. «Speravo di trovare il suo numero telefonico» spiegò porgendogli il portafoglio. «Volevo avvertire i genitori.»
Gli occhi dell’uomo si addolcirono. «Perché non vieni con noi mentre la carichiamo nell’ambulanza? Ci penserà l’ospedale a chiamare i genitori.»
Tibby strinse il portafoglio e seguì gli uomini con la barella. In pochi secondi l’avevano caricata sull’ambulanza. Dalla macchia d’umido sui jeans e dalla striscia di bagnato che si era lasciata dietro, Tibby capì che la ragazzina si era fatta la pipì addosso. Lei voltò subito la testa, come faceva sempre quando le capitava di vedere un estraneo piangere. Assistere a uno svenimento, vedere qualcuno che sbatteva la testa andava bene, ma così le sembrava di invadere troppo l’intimità altrui.
«Posso venire anch’io?» Non sapeva perché l’aveva chiesto. Forse aveva paura che svegliandosi e vedendo solo sconosciuti vestiti da dottore la ragazzina si spaventasse. Le fecero spazio perché potesse sedersi accanto a lei. Tibby tese la mano e prese quella della ragazzina. Di nuovo, non sapeva perché: forse era perché se fosse capitato a lei avrebbe voluto che qualcuno le tenesse la mano.
All’incrocio tra la Wisconsin e la Bradley, la ragazzina riprese conoscenza. Si guardò intorno strizzando gli occhi, confusa. Strinse la mano di Tibby, poi la guardò per vedere di chi era. Quando vide Tibby, fece una faccia sconcertata, poi scettica. Spalancando gli occhi, squadrò la targhetta con la scritta “Salve, sono Tibby!” e il grembiule verde. Poi si voltò verso l’ausiliare medico seduto dall’altra parte.
«Perché questa qui di Wallman’s mi tiene la mano?» chiese.
*
Qualcuno bussò. Carmen guardò la porta e si mise a sedere sul tappeto. La sua valigia era aperta, ma non aveva messo ancora a posto nulla. «Sì?»
«Posso entrare?»
Era quasi sicura che fosse Krista.
«No, non puoi. Be’, sì.»
La porta si aprì cautamente. «Carmen? Sarebbe… mmm… ora di cena? Sei pronta?»
Solo la testa di Krista oltrepassò la soglia. Carmen avvertì il profumo del suo lucidalabbra. Aveva il sospetto che Krista fosse un’insicura. Perfino quando faceva un’affermazione la esprimeva in tono interrogativo.
«Sarò giù tra un minuto.»
Krista si ritrasse e chiuse la porta.
Carmen si distese di nuovo sul pavimento per un minuto. Come era finita lì? Com’era potuto accadere? Si immaginò la Carmen di un universo parallelo, che spazzava via dal piatto un hamburger in un ristorante del centro, insieme al padre, appena prima di sfidarlo in una partita a biliardo. Provava invidia per quella Carmen.
Si trascinò al piano di sotto e prese posto al tavolo apparecchiato con grande cura. Un simile plotone di forchette andava bene al ristorante, ma in casa? C’erano vari vassoi bianchi, tutti coordinati e accuratamente coperti, e dentro ogni sorta di vivanda cucinata in casa. Costate d’agnello, patate arrosto, zucchine in umido e peperoni, insalata di carote, pane caldo. Carmen sussultò quando sentì la mano di Krista cercare la sua. Istintivamente, la ritrasse di scatto.
Krista arrossì. «Scusami» mormorò. «Noi ci prendiamo per mano per la preghiera di ringraziamento.»
Carmen guardò il padre. Da una parte stringeva felice la mano di Paul, dall’altra tendeva la mano per prendere la sua. “Questo è quello che fanno loro. E noi?” avrebbe voluto chiedergli. “Non dovremmo essere una famiglia anche noi?” Si sottomise all’usanza e a una preghiera di ringraziamento che le era estranea. Suo padre aveva rifiutato di convertirsi al cattolicesimo per compiacere i nonni materni di Carmen. E ora era diventato Mr. Preghiera di Ringraziamento?
Carmen pensò con tristezza alla madre. Lei e sua madre recitavano la preghiera prima di ogni pasto, ma in passato, quando il padre viveva ancora con loro, non l’avevano mai fatto.
Fissò Lydia. Che razza di poteri aveva quella donna?
«Lydia, questa cena è favolosa» disse il padre.
«Fantastica» confermò Krista.
Carmen si sentiva addosso gli occhi del padre. Si aspettava che dicesse qualcosa anche lei, ma Carmen rimase semplicemente seduta a masticare.
Paul era silenzioso. Guardava Carmen, poi abbassava lo sguardo.
La pioggia batteva contro la finestra, le posate stridevano nei piatti, i denti masticavano.
«Sai, Carmen» azzardò Krista, «non sei affatto come ti immaginavo.»
Carmen ingoiò un boccone enorme senza masticare. Non era il massimo. Si schiarì la voce. «Vuoi dire che ho un’aria da portoricana?» e fulminò Krista con un’occhiata.
Krista fece una risatina, poi tentò una marcia indietro. «No, volevo solo dire… sai… insomma, hai gli occhi scuri, i capelli crespi neri…»
“La pelle scura e il sederone?” avrebbe voluto aggiungere Carmen. «Proprio così» disse. «Sembro una portoricana, come mia madre. Mia madre è portoricana. Un’ispanica. Può darsi che mio padre si sia dimenticato di dirvelo.»
La voce di Krista si fece così sommessa che Carmen non era neppure certa che stesse ancora parlando. «Non sono sicura che lui…» Krista balbettava sempre di più, fino a sussurrare le sue parole soltanto al piatto.
«Carmen ha ereditato la mia altezza e il mio talento per la matematica» intervenne il padre. Era un intervento zoppicante, ma Carmen lo apprezzò comunque.
Lydia annuì seria. Paul continuava a non fiatare.
«Allora, Carmen» disse Lydia posando la forchetta sul piatto, «tuo padre mi dice che sei una gran giocatrice di tennis.»
In quel momento Carmen aveva la bocca assolutamente piena. Ebbe l’impressione che le ci volessero cinque lunghi minuti per masticare e inghiottire il boccone. «Me la cavo» fu la grande uscita dopo tutto quel masticare.
Carmen sapeva di risultare pungente con quelle risposte a monosillabi. Avrebbe potuto allargare il discorso, o rispondere a sua volta con una domanda. Ma era furibonda, così furibonda che stentava a riconoscersi. Detestava il fatto che la cucina di Lydia fosse così buona. Detestava il fatto che il padre la apprezzasse tanto. Detestava il fatto che Krista sembrasse una bambolina nel suo cardigan color lavanda. Avrebbe voluto che Paul dicesse qualcosa, invece di starsene lì a pensare che lei era una stupida pazza. Odiava quella gente. Non voleva essere lì. D’un tratto avvertì un senso di vertigine. Sentì il panico provocarle un crampo allo stomaco....
Indice dei contenuti
- Cover
- BUR
- Frontespizio
- Dedication
- Ringraziamenti
- Prologo
- La fortuna non fa mai regali, solo prestiti. — Antico proverbio cinese
- Oggi è il domani di cui ieri ci preoccupavamo. — Anonimo
- Puoi obbligarti a voler bene a qualcuno? Puoi obbligare qualcuno a volerti bene? — Lena Kaligaris
- Non esiste un divertimento che vada bene per tutta la famiglia. — Jerry Seinfeld
- L’amore è come la guerra facile da cominciare, difficile da finire. — Proverbio
- Regola n. 1 Il cliente ha sempre ragione. Regola n. 2 Se il cliente ha torto si prega di fare riferimento alla regola n. 1. — Duncan Howe
- Se la vita ti offre un limone, tu di’ Sì, adoro i limoni. Che altro c’è? — Henry Rollins
- Ho visto il futuro. É come il presente. Solo più lungo. — Dan Quisenberry
- A volte sei il parabrezza, altre volte l’insetto. — Mark Knopfler
- Se ti sembra di avere tutto sotto controllo, non stai andando abbastanza forte. — Mario Andretti
- Il problema non è il problema. Il problema è il tuo atteggiamento rispetto al problema. Afferrato? — L’allenatore Brevin
- Se non lo trovate nell’indice, cercate molto attentamente in tutto il catalogo. — Catalogo di Sears Roebuck
- Prima di criticare qualcuno, dovresti fare un miglio con le sue scarpe. Così, quando lo critichi, sei a un miglio di distanza. E hai le sue scarpe. — Frieda Norris
- Il tempo svela la verità. — Biscotto della fortuna
- Fra i trentasei modi per evitare un disastro, fuggire è il migliore. — Anonimo
- La vita è così… non saprei. — Kelly Marquette, alias Skeletor
- Farai ogni genere di errore, ma finché sei generoso, sincero e fiero non puoi fare del male al mondo né addolorarlo sul serio. — Winston Churchill
- Desidera quello che vuoi. Datti da fare per ciò di cui hai bisogno. — La nonna di Carmen
- Il mio karma ha messo sotto il mio dogma. — Adesivo su un paraurti
- Puoi prendere una strada che ti porta alle stelle. Io posso prendere una strada che mi porti fino in fondo. — Nick Drake
- Cosa strilli in questo modo, che non riesco neanche a sentire cosa dici? — Ralph Waldo Emerson
- Ogni lugubredì, mortedì, mugugnedì, gemendì, violentodì, scrolladì. — James Joyce
- C’è abbastanza mondo per me? — Jane Frances
- Nei tuoi occhi io sono completo. — Peter Gabriel
- Epilogo