La rivergination si fa per evitare la svalutation e favorire la devolution. È l’ultima moda della chirurgia estetica: qualche minuto e voilà, ci si ritrova candide e immacolate stile prima comunione. Un po’ come quando vuoi vendere la macchina e azzeri il contachilometri per farla sembrare nuova. Questa è solo una delle ultime pazzie della nostra cronaca quotidiana che Luciana Littizzetto affronta, strapazza e, con una strepitosa catarsi comica, trasforma in irresistibili gioielli di umorismo. Fra gli altri obiettivi della sua raffinata perfidia ci sono ovviamente gli uomini: quelli a cui non devi chiedere mai perché tanto è inutile, quelli che in pigiama sembrano pepiere da pizzeria e si alzano a metà “ciupa dance” per leggere un sms. Ma anche, da donna a donna, consigli per pippe calzearete alle prese con l’esperienza traumatica dell’imbefanimento.
Un capolavoro di satira, che sa cogliere come nessun altro gli aspetti privati delle faccende pubbliche e quelli comuni delle nostre vite private. E quando leggendo ci si accorge che sì, è proprio come è successo a noi, ecco che si scatena il miracolo del comico. E allora si ride davvero.
Luciana Littizzetto (Torino, 1964), ex professoressa di Educazione musicale e di Lettere, è una figura di culto della comicità italiana. Ha lavorato, sempre con grande successo, in radio, cinema e televisione. Attualmente è ospite fissa della trasmissione di Rai 3 “Che tempo che fa” condotta da Fabio Fazio. Per Mondadori ha pubblicato Sola come un gambo di sedano (2001), La principessa sul pisello (2002), Col cavolo (2004), Rivergination (2006), La jolanda furiosa (2008), I dolori del giovane walter (2010), Madama Sbatterflay (2012), L’incredibile Urka (2014), La bella addormentata in quel posto (2016) e, insieme a Fabio Fazio, Chelittichefazio 1 e 2 (2007, 2010), tutti best seller in Italia e in molti altri paesi del mondo.
Luciana Littizzetto
Rivergination
A J. e V.
Mio nuovo pezzo di vita.
A volte la mia connaturata inclinazione all’idiozia mi conduce nelle vie scoscese del dubbio, alla ricerca di una risposta alle grandi domande della vita. Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo? Io so dove mi mandano, ma credo che non possa essere considerata una risposta. È nato prima l’uovo, la gallina o Storace? Come mai Mentana da quando fa Matrix ha i brufoli come Bruno Vespa? Mi scoppia la testa. Forse devo abbassare il tiro. Ci vorrebbe un dilemmino piccolo piccolo. Trovato. Boxer o slip? Come preferiamo vedere il nostro amato consorte? Col boxer che promette ma nasconde o con lo slipettino che svela il mistero però ti dà subito il colpo d’occhio della situazione? Sono lacerata dal dubbio. Altro che quella stupida questione dell’essere o non essere di Amleto. Grazie al cielo ultimamente si fa strada una terza possibilità. La sintesi suprema della mutanda maschile. Il magico “parigamba”. Che sarebbe la braca che nasce boxer ma c’ha l’anima da slip. Quella che sul davanti ha una specie di sacchetto. Un portagioie. Che a volte si riempie a volte meno. È la vecchia storia del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Dipende da come la vedi. Il parigamba è fatto per gli ordinati. I puntigliosetti. I precisini. Quelli che ripongono tutto con cura. Ogni cosa al suo posto… “ma nessuno mai saprà quanto costa la mia libertà”. Il mio fidanzato, che è un manzo di una certa caratura, libero e selvaggio, con le cosce da gladiatore, i parigamba li aborre. Preferisce il boxer slandro, moscio e smandrappato. Quello fatto di maglina molle con la feritoia per le uscite d’emergenza. Oppure quello a bragona di teletta semirigida. Legnosa. A cosa servano ’ste mutande per me rimane un mistero. Perché lì dentro tutto va e tutto viene, in una danza, in un junglage, in un ping-pong che ha dell’incredibile. A me, che sono amica, amante, cuoca e concubina è proibito l’acquisto della mutanda maschia. L’operazione mutanda è prerogativa della suocera. Sì. I boxer glieli può comprare solo sua madre. Perché la mamma sa. Come faccia a sapere più di me, avere gli ultimi aggiornamenti della situazione, è un altro mistero. Comunque ci azzecca. Solo sulle fantasie avrei un filo da ridire. Van molto i cavalli in primo piano (a me vederlo con un purosangue sul didietro ogni tanto un po’ inquieta), tante briglie sciolte, l’occorrente per il golf, il tennis, e molto molto molto scozzese. Molto Carlo d’Inghilterra. Battuta di caccia alla volpe. La volpe sarei io, ça va sans dire.
E poi c’è l’altra categoria di maschio. Il seguace dello slip. Detto anche l’Uomo Ragno. Quello che da anni indossa lo slippino bianco, in cotone, marca aracnide che sottolinea lo stacco di coscia e sostiene il pereira. E passi anche lui. Ma quello che secondo me deve essere proprio bandito dal commercio è lo slip con l’elasticone alto con la marca stampigliata sopra che si fa sbucare dal jeans. Lo slip parlante che sembra che dica: “Minchia quanto sono figo. Sono troppo avanti”. Ecco, bravo amore, vai ancora un po’ più avanti così mi sprofondi nel vuoto e ci liberiamo di te.
Senti qua. Io non ci dormo la notte. Dopo un sondaggio mondiale, fatto da uomini, è uscita su un giornale americano la classifica dei cinquanta maschi più fighi del pianeta. E la hit parade della “machità” parla chiaro. Al primo posto ci sta George Clooney. Scontato e risaputo. Ma fin lì mi sta anche bene. Quello che mi turba è che al ventiseiesimo posto c’è Silvio Berlusconi. E non c’è Tom Cruise. Che come altezza sono uguali ma, se posso dire, il Tom dà un filo più di soddisfazione. Tom non pervenuto, come la temperatura di Santa Maria di Leuca. Allora a questo punto, scusa, io mi chiedo. Per logica. Se nei primi cinquanta uomini machi del mondo c’è Silvio, perché nelle prime cinquanta donne gnocche del mondo non ci sono io? Sono alta come lui, porto i tacchi larghi, mi metto il fondotinta, mi tingo i capelli e c’ho pure tre televisioni: una in camera da letto, una in cucina e una in salotto. Perché io no? Perché i maschi valli a capire. Guarda Schumacher. La notizia è che si è ritirato dalle gare. E adesso che non corre più in macchina ha detto che vuole andare a fare il bagno con le balene. Ma i tedeschi fumano la birra? Ma Sciumi? Hai guidato per anni a trecento all’ora e ti è andata di lussissimo, smetti, e non ti viene in mente nient’altro che fare il bagno con le balene?! Ma visto che non ti sei spetasciato in questi quindici anni, è proprio il caso di cercarsi delle rogne? Una balena che stringe in curva non è come Alonso, che tra la macchina e lui faran seicento chili. Minchia, una balena son centoventi tonnellate, ti ranza via la prima, la seconda e la terza pelle! Sciumi? Ma facci stare tranquilli. Datti pace. Vai in bici. Gira con le pattine, così lucidi i pavimenti. Siediti su una sedia a dondolo a controllare il profilo delle vacche all’orizzonte. Fai una roba normale. Capisci questa parola? Nor-ma-le. Fatti eleggere rappresentante di classe. Metti via i peperoni sott’olio. Vernicia lo steccato di casa. Magari, se proprio vuoi, mentre vai di pennello tieni il sedere in fuori, così le macchine ti fanno la rasetta. Poi per carità. Ciascuno è libero di fare quel che gli pare, Scium… ci mancherebbe.
Come ’sta storia del velo. E le donne islamiche lo devono portare, e non lo devono portare… E una che si lamenta, e l’imam che tuona… Ufff… Ma lasciamo che le donne islamiche facciano un po’ quello che credono. Violano la legge? No. Mi danneggiano? No. Perché noi le vogliamo liberare? Ma chi siamo noi? Se si vogliono liberare si libereranno da sole. Dicono che col velo non sei riconoscibile e quindi, per problemi di sicurezza, il velo non si deve mettere. Molto bene. Allora proibite anche le zeppe. Perché, le zeppe non ti rendono irriconoscibile?! Se sei alta un metro e quaranta e ti metti trenta centimetri di sughero, quando te le levi non ti riconosce più nessuno! Prima sembri la Schiffer e quando scendi giù torni a essere un volpino che per far pipì sui paracarri deve prendere la scala! Le donne basse come me, se mettono le zeppe, sembrano uno di quei tappi di sughero delle bottiglie di mirto che si comprano per souvenir. Che sotto c’è un chilo di sughero e sopra c’è la statuina. Altro che velo.
Aiutatemi a dire che strazio. La povera Betty sta inguaiata. Colpa di quella scoria tossica del suo fidanzato Dante. Non che sia stato mai un poeta del Dolce stil novo. Non che abbia mai avuto paroline affettuose, trottolina amorosa du du da da da. Mai. Nemmeno da innamorati. Betty racconta sempre con un filo di orrore quando una notte, in un raptus di romanticismo, la portò in riva al lago d’Orta. Lei, la voce tremolante, il cuore in gola e l’elastico del collant già pronto a scendere, gli sussurrò a mezza voce: “Amore, guarda che luna”. Ma lui capì: “Guarda che è l’una”. E le rispose: “Minchia, pensavo fossero le undici. Andiamo che mi scade il parcheggio”. Poi le cose andarono avanti, lei si immolò sull’altare della pazienza e la relazione continuò a scorrere come un lungo fiume tranquillo e inquinato. Fino all’altra sera, quando Betty ha rischiato la galera nel tentativo di accopparlo con l’abat-jour. Premessa: il superbadola ha attivato sul cellulare un inutile servizio di SMS grazie al quale gli arrivano in tempo reale gli aggiornamenti sportivi. Si fa mezzanotte, lei e lui a letto, comincia il ciupa dance. Improvvisamente, a metà della performance, si sente un bip. È arrivato un messaggio. E quella testa di criceto che fa? Invece di ignorare l’evento e di proseguire nell’ardimento, sguscia dalle coperte, si alza e, nudo come quella disgraziata di sua mamma l’ha fatto, piglia il telefonino e fa: “Ah, è morto Omar Sivori”. Poi con nonchalance si ributta a letto e riprende il ciupa come se nulla fosse successo. “Con tutto il rispetto per il grande campione, ma ti sembra un comportamento da sano di mente?” Tappati gli occhi coi capelli e tira innanzi, Betty, che c’è di peggio. C’è un bellissimo proverbio piemontese che dice: “Se ognuno di noi andasse in piazza a scambiare la propria croce con quella degli altri, ciascuno tornerebbe a casa con la propria”. Pensa a Bice che sta con uno che gli fetono i piedi come due fontine d’Aosta. “Perché, al mio no? Guarda che quello dei piedi è un problema di tutti gli uomini.” Come darle torto. Un piede che anche al buio lo trovi subito è una cosa da maschio. E poi ci dicono che sono gli ormoni. Ma se prendete il Viagra! Gli ormoni vi funzionano solo dalla caviglia in giù? I piedi del maschio sono sempre stati una demoniaca presenza. Io lo so perché. Perché son fatti della materia vivente di cui era fatto Alien. Il piede del maschio è un’arma di distruzione di massa. Con l’aggravante che non ti colpisce subito, tipo uno schiaffo, no. Lavora in modo sotterraneo. Faccio un esempio. Tu sei lì che guardi la TV e lui si toglie la scarpa da ginnastica. Subito è niente. Passano dieci, venti, trenta secondi… e dopo è troppo tardi. In un attimo ha contagiato tutto l’appartamento. A questo punto, anche se prendi il tuo lui e lo butti in giardino non serve più. Perché l’odore del piede maschio è persistente. Levi la scarpa? L’odore resta. Se togli un mazzo di rose, dopo un secondo il profumo sparisce; se levi il piede di manzo latino, l’odore resta lì. Ma di tanta e tale tragedia l’uomo non si cruccia. Tutt’altro. Anzi, ti dice: “Ti lamenti tu? Pensa io che li ho sotto il naso tutto il giorno”. La verità è che lui, dei suoi piedi, ne va orgogliosissimo. Adora pastrugnarsi le estremità, dito per dito, e lo fa con un affetto tale che mi stupisco quasi che non li chiami per nome. Il suo rituale preferito è annusarsi il calzino dopo averlo sfilato. C’è chi addirittura lo mette sotto il cuscino, per evitare di perderlo. L’uomo scoperchia le scarpe e… voilà. Dei presepi viventi, degli ecosistemi perfetti dove i calli ti strizzano l’occhio di pernice. Un’idea per passare indenni la notte è quella di appendergli agli alluci due Arbre Magique. Hai un po’ la sensazione di dormire in macchina, ma almeno respiri. Tanto rassegniamoci. Questo è il nostro destino. Non lo diceva anche Finardi che l’amore è riconoscersi dall’odore?