Il viaggio dimagrante
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Il viaggio dimagrante

  1. 176 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il viaggio dimagrante

Informazioni su questo libro

Rosanna Lambertucci ha educato un'intera generazione di telespettatori a un rapporto sano e felice con il cibo, trasformando l'eterna lotta fra i peccati di gola e le virtù del corpo in un fecondo abbraccio. In questo libro rende partecipe il suo vasto pubblico di un nuovo, straordinario metodo dimagrante: perdere peso in sole sei settimane e imparare, durante la settima, a mantenere i risultati ottenuti. Perché in anni di esperienza ha scoperto che non ha senso sottoporsi a sacrifici e rinunce se poi non si riesce a prendere l'abitudine, il buon vizio, di uno stile di vita capace di farci restare sempre in forma. Ma quello che rende questo libro ancora più unico è il fatto che la Lambertucci ha provato tutto direttamente sulla sua pelle. Si è inoltrata insomma in questo "viaggio dimagrante" annotandosi giorno per giorno gioie e difficoltà. Un taglio personale che restituisce finalmente anche il lato umano della dieta, e non la riduce a una fredda sequenza di ricette e consigli. La più nota divulgatrice dell'alimentazione regala così ai lettori la possibilità concreta di realizzare un sogno: essere più sani e più belli, per sempre.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
Print ISBN
9788804598732
eBook ISBN
9788852010354

PRIMA PARTE

INTRODUZIONE

Al mio rientro da scuola mi accoglieva il profumo di mela caramellata, misto all’aroma di vaniglia, zucchero e scorza di limone.
S’infiltrava silenziosamente fra le mura della casa e fra le trame del grembiule e nelle mani di Pina, la tata. Erano i primi anni Cinquanta, quando la vita aveva un corso più semplice e le piccole cose di tutti i giorni avevano un significato più intenso e forse più duraturo. Oggi che le emozioni, anche nei bambini, sembrano bruciare troppo in fretta, cancellate dall’evento immediatamente successivo, io posso invece dire che i sentimenti provati da piccola sono indelebili nella mia mente.
È sicuramente Pina il personaggio che mi riaffiora più spesso alla memoria del periodo in cui, piccolissima, la consideravo il centro dell’universo. Una donna che per molti anni si è dedicata alle mie necessità quotidiane, e che in qualche modo prendeva il posto di mia madre, talmente impegnata con il suo lavoro! Una tata che devo avere amato molto.
Ricordo nitidamente il pianto accorato, tra le braccia della mamma, quando Pina mi lasciò per pochi giorni per andare a trovare la sua famiglia in un paesino della Ciociaria. Quella che per lei era una breve vacanza per me si tramutò in un distacco lunghissimo e dolorosissimo. In seguito, ho pensato più volte se e quanto sia dispiaciuto a mia madre vedermi così disperata per l’assenza di una persona che quotidianamente prendeva il suo posto! Ricordo le lunghe passeggiate insieme a lei al parco, i pomeriggi trascorsi al cinema con la mia manina sempre attaccata al suo seno. Oggi leggo quei gesti come il bisogno costante di un contatto fisico rassicurante con una parte del corpo che istintivamente ritenevo simbolo di grande intimità. Mi sarei accorta in seguito di quanto il seno abbia sempre rappresentato una componente importantissima, forse la più ricettiva, del mio corpo di adolescente e poi di donna. Il seno segue i sentimenti, li capta, interpreta i nostri stati d’animo, le nostre emozioni. Si svuota quando siamo tristi, diventa rigoglioso quando siamo felici e sentimentalmente emozionate e appagate.
C’è un’altra pagina che popola i miei ricordi più lontani: Achille. Un amico di mio padre che frequentava spessissimo la mia casa. Nell’immediato dopoguerra, a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, mio padre aveva creato un’azienda alimentare che, con grande fatica, seguiva anche mia madre. Un lavoro duro, ripagato dalla soddisfazione di poter crescere me e i miei tre fratelli, di poterci far studiare e vivere in modo sereno e dignitoso.
Achille viveva con l’anziano padre malato e non si era mai sposato. Il suo tempo libero lo dedicava a prendersi premurosamente cura del genitore. E, soprattutto, non voleva relegare un’eventuale compagna al ruolo di infermiera. Esteticamente Achille non era un uomo affascinante, ma aveva un gran cuore e amava immensamente me e i miei fratelli.
Ricordo le passeggiate a cavalluccio sulle sue spalle, la sua ninna nanna: “O Dio del Ciel se fossi una rondinella, vorrei volare, vorrei volare, vorrei volare in braccio alla mia bella”. E ricordo quante volte, in seguito a una marachella, correva in mio soccorso per asciugare le mie lacrime.
Achille rappresenta un capitolo importante della mia infanzia, ma allora non immaginavo che in futuro sarebbe diventato per me un punto di riferimento fondamentale. Achille divenne in seguito uno dei magistrati più stimati e rispettati della Prima Repubblica. Con Ferdinando Imposimato e tanti altri, durante gli “anni di piombo” rischiò più volte la vita per amore e rispetto dello Stato, esponendosi a pericoli reali, affrontando sempre con grande coraggio e determinazione il terrorismo nonché la dolorosissima vicenda del rapimento e successivo assassinio di Aldo Moro, una pagina tragica per il nostro Paese. La sua storia, le sue vicende e le sue esperienze divennero per me un esempio di vita e senza dubbio influenzarono le mie scelte future, imponendomi (senza che me ne rendessi conto) un rigore e un senso del dovere e della dignità che mi avrebbero sempre guidata e condizionata.
Da bambina ho giocato poco, ho vissuto costantemente all’insegna del dovere… ma con il tempo, per fortuna, ho imparato a essere più spensierata e felice.
Di mio padre non ho moltissimi ricordi. L’ho perso presto e all’improvviso. Era un uomo giusto, un grande lavoratore, intelligente, lungimirante, molto affascinante e un po’ “birichino”: mia madre Vitaliana, pur essendo una donna bellissima, ne era molto gelosa! Ricordo che papà tutte le sere, quando andava a dormire, beveva un bicchiere di acqua con il bicarbonato. Oggi, ripensando a questa sua abitudine, mi viene in mente che amava cenare con latte, caffè e la classica “ciriola” romana con la ricotta. Non sapevo allora, e sicuramente non lo sapeva neanche lui, che si trattava di una combinazione alimentare esplosiva: latte e caffè con l’aggiunta di pane e ricotta sono un vero e proprio macigno per lo stomaco. Lo credo bene che avesse bisogno del bicarbonato per digerire!
L’amicizia tra Achille e mio padre nacque durante la guerra e da allora non si interruppe mai. Achille fu accanto a mio padre nei momenti cruciali della sua vita e fu a lui che, in punto di morte, papà affidò me, i miei fratelli e le sue ultime volontà.
Nei cassetti della memoria c’è anche un capitolo legato alla scuola: ero l’unica che quando la maestra usciva dalla classe veniva colta dallo sgomento. Tutte le mie compagne erano ben felici della sua momentanea assenza, io, invece, provavo un senso di solitudine e mi alzavo dal banco per seguirla… e come risultato venivo messa continuamente in castigo.
Lo stesso accadeva quando suonava la campanella. Capitava che i miei tardassero di qualche minuto all’uscita di scuola. Allora io scappavo e correvo da sola verso casa, rischiando il più delle volte, in preda al panico e all’angoscia di essere stata “dimenticata”, di farmi investire da una macchina. Puntualmente, quando rientravo, venivo castigata!
Non sapevo che queste “crisi di abbandono” mi avrebbero accompagnata per tanti anni a venire e in seguito avrei dovuto combattere strenuamente contro la mia natura per superarle.
Forse solo adesso ci sono riuscita. La mia professione e una maggiore autostima mi hanno aiutato molto.
Il senso dell’abbandono è sicuramente legato a un episodio che ha segnato indelebilmente la mia infanzia: la sofferenza profonda, il grande dolore causato dalla perdita di un genitore. La scuola era finita da pochi giorni ed ero finalmente in vacanza. Eppure, quell’anno, non ero contenta. Tutti i giorni, intorno alle 14, venivo assalita da un grande senso di angoscia, un nodo alla gola e alla bocca dello stomaco che mi faceva presagire qualcosa di tremendo. Ero molto piccola, ma ricordo che quel malessere, che non riuscivo a capire, né a spiegare, non mi dava tregua. Avevo la sensazione di perdere mia madre o una persona cara… Papà morì pochi giorni dopo, proprio alle 14, in un incidente stradale vicino a Latina.
Sono convinta che le premonizioni siano un fatto spiegabile, ma io non ho mai avuto il coraggio di approfondire la questione. So soltanto che ancora oggi, a distanza di tanti anni, quelle impressioni sono nitide nella mia mente e nel mio cuore.
E ricordo anche l’angosciante sensazione di perdere una persona cara e la consapevolezza di non rivederla mai più. Per un bambino il concetto di “mai più” è incomprensibile e lascia segni indelebili. Impari che all’improvviso puoi perdere per sempre qualcuno che ami, così in te scatta la prudente necessità di difenderti non permettendo più a niente e a nessuno di esserti indispensabile. Sai che basta un attimo e può sparire per sempre.
E questa paura di perdere le cose più preziose da allora non mi ha mai abbandonata. Ecco perché ho iniziato un percorso attento e appassionante, mirato a costruire la mia personalità e soprattutto a rafforzarla sforzandomi di esser...

Indice dei contenuti

  1. Nota dell’autrice
  2. Prima parte
  3. SECONDA PARTE - RICETTARIO