La bambola dell'alchimista
eBook - ePub

La bambola dell'alchimista

  1. 104 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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La bambola dell'alchimista

Informazioni su questo libro

Teo è figlio unico e desidera tanto avere una sorellina da coccolare. Per una strana serie di coincidenze diventa proprietario dell'antica bambola creata da un alchimista. Simile a un bebè in carne e ossa, Petra, questo il nome della bambola, è capace di muoversi. Ma le sorprese non finiscono qui. L'abile costruttore l'ha dotata di altri straordinari poteri. Uno in particolare movimenterà la vita di Teo e dell'amica Valentina. Una storia irriverente, esilarante, sorprendente.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
Print ISBN
9788804599180
eBook ISBN
9788852012662

CAPITOLO NONO

Ritratto di Teo
Il luogotenente non solo conosceva Lavinia, ma ce l’aveva a morte con lei, perché gli aveva fatto fare una pessima figura con una ragazza che avrebbe voluto sposare.
Il fatto risaliva a due anni prima, quando Lavinia si divertiva ancora a sbalordire la gente con la magia dell’anello.
Il luogotenente, che si chiamava Calogero Garofalì, stava facendo colazione al ristorante del Grand Hotel in compagnia di una signora molto distinta. Lavinia quella volta, per fare un dispetto al Direttore dell’albergo che la voleva cacciare via, aveva trasformato in cacca tutto il cibo squisito che i camerieri portavano in tavola su grandi vassoi d’argento. Anche il caviale.
La bella accompagnatrice di Calogero Garofalì era la contessina Antigone Smeralda Gerolamina Borbone del Poggio di Santa Clarice Fiorita, Anty per gli amici… Ma Calogero Garofalì non poteva chiamarla Anty, perché non era ancora un suo amico. Sperava di diventarlo, e ce la metteva tutta per farsi vedere all’altezza della raffinata educazione della dama. Quella mattina era la prima volta in vita sua che assaggiava il caviale, ed era anche la prima volta che lo vedeva… Anzi, che credeva di vederlo.
Perché quando il cameriere aveva deposto il vassoio pieno di cacca sul tavolo, il luogotenente era stato l’unico tra i commensali a non accorgersi della trasformazione.
Il cameriere depone il vassoio pieno di cacca sul tavolo
“Strano!” aveva pensato. “Che aspetto poco appetitoso! E che odore sgradevole. Questi ricchi hanno dei gusti davvero strani.”
Ma non voleva che la contessina si accorgesse che lui non aveva mai visto il caviale prima di allora. Gli era già successo di fare una figuraccia la settimana precedente, quando aveva rifiutato i tartufi dicendo che puzzavano di piedi sporchi. Adesso non voleva doversi vergognare di nuovo.
Per cui aveva impugnato eroicamente la forchetta e l’aveva immersa nella cacca. Per fortuna, prima che potesse portarla alla bocca, la contessina aveva strillato ed era svenuta.
A Calogero Garofalì era sempre rimasto il dubbio che Anty non fosse stata sconvolta tanto dalla comparsa della cacca nel piatto, quanto dal fatto che il suo corteggiatore non era in grado di riconoscere il caviale. Il fatto è che da allora la bella non aveva più voluto accettare i suoi inviti a colazione, e Calogero ne dava la colpa a Lavinia.
In quegli anni però gli era capitato spesso di riflettere sui molti vantaggi che l’anello di Lavinia avrebbe potuto portare alla sua banda. “Con una simile arma di ricatto” egli pensava “potremmo avere il mondo intero ai nostri piedi.” Ne aveva parlato col capo, che però non gli aveva voluto credere, aggiungendo umiliazione su umiliazione.
“Ma il tempo è galantuomo” pensava Calogero. E infatti ecco che quella scema dall’anello magico era venuta a cacciarsi spontaneamente tra le sue grinfie.
«Fermatele!» urlò dunque Calogero. «Acchiappatele tutte e due! Altro che essere imbrogliati dal tassista! Qui abbiamo preso due piccioni con una fava!»
Il capo gli lanciò uno sguardo interrogativo. Che il suo luogotenente fosse impazzito?
«La piccola ha appena fatto davvero due lingotti d’oro, ma questa smorfiosa li ha trasformati in cacca per confonderci le idee. È lei la proprietaria di quel famoso anello di cui le ho parlato tempo fa…»
Il capo fece una faccia poco convinta, ma i suoi tirapiedi erano già scattati e avevano immobilizzato Lavinia, trascinandola davanti al luogotenente. Calogero Garofalì la guardò con aria di superiorità e le disse: «Be’, ci sei cascata, alla fine! Ora sei nelle nostre mani e hai poco da scherzare. Consegnami subito l’anello.»
Si era aspettato che Lavinia facesse qualche storia. Oppure che cercasse di fuggire, che rifiutasse orgogliosamente, che piagnucolasse o strillasse… e si era preparato una seconda frase più minacciosa della prima. Perciò rimase malissimo quando Lavinia poggiò Petra su una poltrona sfondata che stava lì vicino e gli tese tranquillamente la mano dicendo: «Vuole il mio anello? Se lo prenda.»
Lavinia tende tranquillamente la mano a Calogero
Non era certo così cretina da fare sul serio. Sapeva benissimo che l’anello non si poteva sfilare dal suo dito. Glielo aveva detto la fata, e nei primi tempi Lavinia, diffidente, ci aveva provato molte volte senza riuscirci. Adesso era sicura del fatto suo.
Calogero Garofalì invece non lo sapeva. Sbalordito, ma avido d’impadronirsi del gioiello magico, afferrò con le sue ditacce grasse il dito sottile della bambina, prese l’anello e cercò di sfilarglielo. Tira e tira, l’anello non veniva fuori. «Accidenti accidentaccio!» gridò infuriato il luogotenente ai suoi fidi. «Portatemi un po’ di sapone! E tu, scimmia, collabora!»
Calogero tenta di sfilare con tutte le sue forze l’anello dal dito di Lavinia
Lavinia, tutta compunta, faceva finta di collaborare. Si fregò lei stessa la schiuma di sapone su tutta la mano, torse il dito in tutti i sensi… Ma non c’era niente da fare.
Calogero Garofalì era tutto sudato, rosso di rabbia e col fiato corto. Decise di dare uno strattone più forte, il dito insaponato di Lavinia gli sgusciò di mano e per il contraccolpo lui cadde all’indietro picchiando il sedere sul pavimento.
Calogero, per il contraccolpo, cade all’indietro picchiando il sedere sul pavimento
«Ahi» gridò, seccatissimo, perché aveva visto qualcuno dei colleghi che stava ridacchiando. «Qui non c’è niente da fare!»
Quella incosciente di Lavinia già stava cantando vittoria in cuor suo, quando successe qualcosa che le fece subito cambiare parere sulla propria furbizia e sulla opportunità di mettersi a sfidare tutta sola della gentaglia come quella.
Infatti uno dei suoi rapitori, quello più antipatico, un omaccione con dei grossi muscoli e i denti storti, cariati e macchiati di nicotina, si mise a sghignazzare e disse: «Luogotenente, non è il caso di fare tanti complimenti, mi pare. Se l’anello non si stacca dal dito, il dito si staccherà dalla mano.»
Ed estrasse dalla tasca un grosso coltello a serramanico, di quelli svizzeri pieni di cavatappi e di limette per le unghie. La lama lampeggiò minacciosa tra le sue mani, mentre il delinquente si avvicinava alla bambina.
Voi cosa avreste fatto a questo punto?
Lavinia, approfittando del fatto di avere le mani libere, le strinse l’una contro l’altra e fissò il coltello. Immediatamente tra le mani dell’omaccione non ci fu altro che cacca, e di quella particolarmente dura e puzzolente. I suoi complici si slanciarono sulla prigioniera, ma Lavinia fece girare ancora l’anello dardeggiando intorno lo sguardo… Era la prima volta che trasformava in cacca due esseri umani, e bisogna dire che non ne risultarono due statue molto piacevoli a vedersi. (A dire la verità, non erano belli neanche prima.)
Calogero Garofalì, ancora seduto per terra, cercò di afferrare Lavinia per le gambe, ma le aveva appena sfiorato una caviglia, che la bambina abbassò lo sguardo riducendolo in un informe mucchio marrone.
Ma non era finita. Mentre Petra se ne stava a guardare piena d’interesse dalla sua poltrona, ciucciandosi un dito, da tutte le porte e anche dalle finestre cominciarono a entrare di corsa delinquenti inferociti, armati di coltelli, pistole, fucili, mitra e lupare. E, come varcavano la soglia, tutti si squagliavano in una materia molle e puzzolente.
Dalle finestre entrano di corsa delinquenti inferociti, armati di coltelli, pistole, fucili, mitra e lupare. E, come varcano la soglia, tutti vengono trasformati in cacca da Lavinia
Lavinia riusciva ad essere così veloce nel fronteggiare tutti gli avversari, anche perché l’anello girava come impazzito attorno al suo dito, e se non fosse stato per la magia che gli impediva di sfilarsi, ci sarebbe stato il rischio che schizzasse lontano e andasse a finire chissà dove.
Quando anche l’ultimo delinquente fu neutralizzato, Lavinia decise che il divertimento era finito e che era il momento di tornarsene a casa. Si trattava di attraversare il salone senza sporcarsi le scarpe, e non fu facile. Tenendo Petra in braccio, avanzò con precauzione e in certi punti dovette sollevare la gonna, perché i mucchi di cacca, là dove i delinquenti erano caduti l’uno sull’altro, erano diventati molto alti.
Alla fine raggiunse il portone, uscì sulla strada, fermò un taxi di passaggio e si fece riportare all’albergo.
La storia della banda di rapinatori però non finì con la partenza di Petra e di Lavinia. Ci fu una piccola appendice che vale la pena di raccontare.
I malviventi avevano una vecchietta che andava ogni mattina a fare le pulizie nel loro covo. Non le davano uno stipendio, ma la ricattavano minacciandola di far del male ai suoi figli, nipoti e pronipoti, e neppure le pagavano le marchette delle contribuzioni. Ma la poverina era puntualissima e puliva con gran zelo, senza lamentarsi mai.
La mattina dopo il rapimento di Petra e la sua movimentata conclusione, la vecchina però non poté reprimere un grido d’indignazione, che soffocò da sola turandosi il naso per non asfissiare.
Questo era veramente troppo! Ricatto o non ricatto, quegli sporcaccioni non l’avrebbero più vista al loro servizio.
Siccome era una donna ordinata e le spiaceva lasciare il salone in quello stato, ma non voleva neppure sporcarsi le mani, prese il tubo di gomma per innaffiare il giardino e inondò tutto il pavimento, spazzando via senza saperlo i resti dei criminali, e mescolandoli tra di loro, in modo che neanche Lavinia, se fosse tornata e avesse fatto girare l’anello in senso inverso, sarebbe riuscita a metterli insieme come erano prima.
Così tutta la banda di delinquenti finì nella fogna cittadina, mescolandosi alle cacche come meritava. La vecchietta scrisse con il rossetto sul vetro di una finestra: DO GLI OTTO GIORNI. NON MI VEDRETE PIÙ. E non ci tornò.
Nei primi tempi aspettava spaventatissima che qualcuno dei criminali ricomparisse con la pistola per costringerla a riprendere servizio. Quando, in capo a due ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. La bambola dell’alchimista
  4. Capitolo primo
  5. Capitolo secondo
  6. Capitolo terzo
  7. Capitolo quarto
  8. Capitolo quinto
  9. Capitolo sesto
  10. Capitolo settimo
  11. Capitolo ottavo
  12. Capitolo nono
  13. Capitolo decimo
  14. Postfazione
  15. Copyright