Le Guerre del Mondo Emerso - 1. La setta degli assassini
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Le Guerre del Mondo Emerso - 1. La setta degli assassini

  1. 532 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Le Guerre del Mondo Emerso - 1. La setta degli assassini

Informazioni su questo libro

Sono passati quarant'anni dalla grande guerra che ha messo fine alla sete di conquista di Aster il Tiranno, ma ancora il Mondo Emerso non ha trovato pace. Dohor, Cavaliere di Drago, diventato Re della Terra del Sole, sta lentamente estendendo la sua influenza sul resto delle Terre Emerse. Ma non è l'unico a tramare per il potere. La misteriosa Gilda degli Assassini, i cui membri sono votati all'omicidio in tutte le sue forme, ha riportato in vita il culto sanguinario e terribile di Aster. Per compiere i propri oscuri piani, la Gilda ricerca ovunque sodali e guerrieri assassini come Dubhe, che, a diciassette anni, è la ladra più abile della Terra del Sole, capace di di entrare come un'ombra nelle case più protette e di sottrarvi quanto di più prezioso. E anche se la ragazza ha giurato che non avrebbe mai tolto la vita a un umano, la Gilda ha molti mezzi per convincere chiunque. Come un sortilegio, che dovrebbe trasformare Dubhe in una schiava pronta a uccidere a comando...

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
Print ISBN
9788804566861
eBook ISBN
9788852011771
SECONDA PARTE
La storia del Tiranno resta per molte parti ancora misteriosa. Le fonti sono andate perdute, e molte delle persone che l’avevano conosciuto sono perite durante la Grande Battaglia d’Inverno, che pose fine al suo regno. La storia che mi accingo a ricostruire è dunque frammentaria e poco chiara. Persino i quarant’anni del suo regno restano un periodo oscuro, sul quale non abbiamo informazioni precise.
Si sa per certo che nacque nella Terra della Notte, e altrettanto sicuro sembra essere che a un certo punto riuscí ad accedere al Consiglio dei Maghi, come riportano i registri di quegli anni. Ben noto, d’altra parte, è il suo aspetto fisico, l’unica caratteristica universalmente nota e certa: egli appariva come un bambino di non piú di dodici anni, e in tale aspetto venne mutato in seguito a una punizione non meglio chiarita. Sappiamo poi che in quarant’anni, in modo folgorante, riuscí a porre mano sulla quasi totalità del Mondo Emerso, e fu fermato dalle truppe delle Terre Libere guidate da Nihal quando si accingeva a conquistare anche la Terra del Mare e del Sole. Poco però ci è noto dei suoi scopi, dell’organizzazione che intendeva infine dare al proprio regno. C’è chi dice che non desiderasse altro che il potere in sé, chi sostiene invece che volesse soltanto la distruzione. Qualcuno avanza l’ipotesi che fu piuttosto un distorto amore del Mondo Emerso a condurlo alla follia. Mi è impossibile discernere tra questa ridda di ipotesi quella corrispondente al vero; occorre arrendersi all’evidenza che la verità morí con lui.
THERYA DALLA TERRA DEL SOLE,
RACCONTI DALL’ETÀ OSCURA

13
IL MAESTRO
IL PASSATO IV

Dubhe vede il fumo inghiottire lentamente quella figura. Manca poco, e scomparirà del tutto, già il suo mantello marrone è poco piú di una macchia di colore nel bianco sporco che avvolge il villaggio. Il suo salvatore. Dubhe scatta verso la porta. E lo segue senza sapere il perché. A distanza, lasciando cadere la mela rossa per cui era andata in quella casa.
Fuori dal villaggio il fumo si dirada, l’aria riprende quel solito profumo, un profumo che ora le è quasi familiare, odore di buono e pulito. L’odore di quell’uomo.
Ne ha paura, non può negarlo. Per questo non si avvicina troppo, gli sta a una certa distanza. Ma l’uomo che ha scelto di seguire non è una persona normale. Lo sente.
Il tramonto tinge la terra di un giallo acido. Nuvole basse segnano la linea tra il sole e il cielo. L’uomo si ferma, si volta. Dubhe si nasconde dietro un albero.
«So che sei lí.»
Dubhe tace, ma respira forte. Non sente piú la sua presenza, teme che sia andato via, che l’abbia lasciata sola. Si sporge dall’albero. Niente. Erba. Poi, una mano sulla spalla, e la bambina trasale, si volta rapida e punta il pugnale. È lui.
«Ti ho detto di andare a nord, se non hai una casa.»
Dubhe tiene il pugnale teso davanti a sé. La sua mente è vuota, c’è un solo pensiero prepotente che occupa la sua testa.
Non lasciarmi sola.
«Non ti posso portare con me, e, credimi, è meglio per te. Smettila di venirmi dietro o ti uccido.»
Non lasciarmi sola.
Di nuovo l’uomo si volta e va via. Dubhe guarda il mantello che si gonfia lievemente sulla schiena. Poi riprende a seguirlo.
La notte l’uomo si accampa nel bosco. Non accende nessun fuoco. Del resto, fa molto caldo, e in cielo c’è una splendida luna. Dubhe la guarda per qualche istante. È piena, fredda e gigantesca.
L’uomo mangia un po’ di carne secca, ma non si toglie il cappuccio. Non lo toglie mai. Dubhe guarda con desiderio quella carne, e il suo stomaco protesta. Era andata al villaggio per prendere da mangiare, ma non c’è riuscita. E ora ha fame. Vorrebbe andare dall’uomo ed elemosinare qualcosa, ma le manca il coraggio. Cosí resta al suo posto, e attende che si addormenti.
Neppure nel sonno l’uomo si scopre. Ma Dubhe non riesce a dormire. La fame la tormenta.
Vado lí e prendo solo un pezzetto, piccolo piccolo. Sono brava a non farmi sentire. Non se ne accorgerà neppure.
È combattuta tra la riconoscenza per il suo salvatore e la fame che la dilania. Alla fine la vince la fame. Fa come quando giocava coi suoi amici a Selva, solo che stavolta il gioco è terribilmente serio. Prona, striscia sull’erba. Cerca di fare il minor rumore possibile, senza sapere che con l’uomo con cui ha a che fare è tutto inutile.
Va alla borsa. Ce ne sono due: una è una specie di piccola cassa di legno, l’uomo deve portarla di solito sulle spalle, sotto il mantello, perché Dubhe non l’ha mai notata. L’altra è una sacca di tela; Dubhe la apre, e di fronte agli odori che si sprigionano si sente venire meno. C’è carne secca, ma anche noci e una piccola forma di formaggio, pane duro, e una fiaschetta di vino. Sarebbe tentata di prendere tutto, ma si accontenta di un pezzo di formaggio tagliato alla bell’e meglio col suo pugnale.
Nel buio, gli occhi dell’uomo sono aperti e vigili.
Continua a seguirlo, quando si alza, e per tutto il giorno.
A pranzo l’uomo si ferma in riva a un torrente, si bagna la faccia nell’acqua gelata, ma neppure adesso Dubhe riesce a vedergli il viso. Comincia a diventare curiosa.
Mentre lui mangia con calma il suo pane, all’improvviso tira fuori il formaggio, ne taglia un pezzo, lo tira tra le fronde.
«È tuo.»
Dubhe trasale. Non ha fatto rumore. Non pensava di essere stata udita.
L’uomo non aggiunge altro. Continua a masticare in silenzio, non alza neppure la testa.
Dubhe si lancia sul formaggio con foga, lo divora in pochi famelici bocconi.
L’uomo le tira un pezzo di carne, come si fa con gli animali, e Dubhe addenta anche quello.
Lui non la guarda. Continua come se non ci fosse, poi si alza e riprende il cammino.
Dubhe beve assetata al torrente, ma tiene lo sguardo su di lui.
Improvvisamente sa che non potrà mai piú abbandonarlo.
Lo segue per tre giorni. Sta sempre piuttosto lontana, ma mai abbastanza da perderlo di vista. Dorme con lui, mangia con lui.
A ogni pasto sembra che la ignori, ma le lancia sempre qualcosa da mangiare, alla fine. Non sembra volerla, ma non la rifiuta neppure. Non cambia il passo per seminarla, non corre tra gli alberi per far perdere le proprie tracce.
Dubhe, per parte sua, non pensa nulla. Non c’è ragione di pensare. Deve seguire quell’uomo perché è lui e perché l’ha salvata.
Al tramonto del terzo giorno, sono vicini a un accampamento. Sembra molto grande. Se ne vede solo la palizzata esterna, di legno, ma è molto piú grande di quella dell’accampamento di Rin.
Dubhe è stanca. Stando con Rin aveva un po’ recuperato le forze, ma ora è sfinita. L’uomo non si ferma mai, cammina di continuo. Dubhe abbassa lo sguardo a terra, all’erba già mezzo bruciata dal sole, e quando lo rialza non c’è piú. L’uomo è scomparso. Si guarda attorno, lo cerca. Subito le viene da piangere.
Non è possibile.
Una mano d’improvviso le serra la bocca, il freddo di una lama si appoggia sulla sua gola. Tutto si ferma in quell’istante.
È la voce dell’uomo che le sussurra in un orecchio, il suo alito caldo che sfiora la sua guancia.
«Qui finisce il tuo viaggio. Lo sai chi sono? Lo sai? Sono un assassino, e tu non puoi seguirmi piú. Vai a morire dove meglio credi. Se ti vedo starmi ancora alle calcagna ti ammazzo, chiaro?»
Dubhe non sa che dire. Ma il suo cuore è calmo. È lui. Non l’ha perso. È lui. E non ha paura della sua voce fredda, della sua mano che non trema, stretta sulla sua bocca, o del suo pugnale. È lui, e lei non è piú sola.
«Vattene» le sussurra infine, e scompare. Per davvero.
C’è una macchia, a lato dell’accampamento, poco discosto. Dubhe ci va d’istinto. Ha capito che in quel posto non bisogna mai stare allo scoperto. Glielo ha detto Rin. L’uomo non s’è piú visto dopo che l’ha minacciata, ma Dubhe non è preoccupata. È legata a lui indissolubilmente. Non lo perderà mai. Gli appartiene.
Si siede al limitare del bosco, tra gli alberi. Ha fame, ma sa che l’uomo le ha lasciato qualcosa. Ha una tasca pesante, deve esserci qualcosa dentro. Infila la mano, tira fuori quel che c’è. Quel che resta del formaggio. Dubhe sorride. Dopo tantissimo tempo riesce a sorridere di nuovo.
Non mi ha abbandonata e non mi abbandonerà mai.
La notte è alta, la luna quasi piena. Le manca solo una piccola falce nera, inghiottita dalla notte. Dubhe la guarda per qualche tempo, e sente una specie di pace lontana che la riscalda.
Ode delle voci. Sussurri che provengono dal folto della macchia. Si avvicina con cautela, seguendo i suoni.
«Sei in ritardo. Avevi detto che sarebbe stato ieri.»
«L’importante è che sia qui, o no?»
Dubhe si mette dietro un albero, si sporge.
Sí!
È lui e il suo mantello. Accanto, un soldato, con una lunga spada al fianco.
«Allora? La prova?»
«Hai i soldi?»
Il soldato tira fuori qualcosa.
«Non credere che te li darò prima di avere le prove.»
È la volta dell’uomo. Tira fuori il contenitore di legno, lo apre. Un odore insopportabile si sparge per la piana, e Dubhe vede qualcosa di terribile. La testa di un uomo, gli occhi semichiusi. Un assassino, aveva detto l’uomo. Ecco cosa intendeva. Si porta una mano alla bocca, terrorizzata.
Anche il soldato si porta la mano alla bocca, e soffoca un conato di vomito.
«Questa è la prova, adesso sta a te» dice l’uomo.
Il soldato tace un attimo, si accarezza il mento fingendo di essere pensieroso.
«Non è lui» conclude.
«Non fare il furbo con me.»
La voce dell’uomo vibra di una nota minacciosa, ma il soldato non sembra coglierla.
«Non è lui, ne sono certo. E tu non avrai i tuoi soldi.»
L’uomo rimane fermo al suo posto.
«Stai scherzando col fuoco.»
Il soldato ridacchia nervoso.
Dubhe sente che qualcosa non va. È per caso che guarda a destra, dietro l’uomo, e vede un lampo improvviso. Una lama illuminata dalla luna.
Urla.
Con quanto fiato ha nei polmoni, e ne ha tanto ora. La gola si sblocca, la lingua si scioglie. Non può parlare, ma urla.
L’uomo è rapidissimo. Si volta, si abbassa. La lama coglie solo un lembo del cappuccio, che cade sulle sue spalle.
«Maledetta ragazzina!» urla il soldato, ma tutto avviene molto rapidamente.
L’uomo estrae il pugnale, lo pianta al centro del petto dell’aggressore che l’ha preso alle spalle. Quello cade senza un lamento.
L’uomo si volta, ancora schiacciato a terra, e porta le mani al petto. Il soldato intanto ha sguainato la sua arma, prova un affondo. Si sentono due lievi fruscii nell’oscurità, e il soldato si accascia mugolando. Cerca di riprendersi, tenta una disperata rincorsa. Verso di lei.
Dubhe lo vede arrivare con gli occhi iniettati di sangue. La spada scorre innanzi a lei in un ampio arco. Chiude gli occhi. Dolore. A una spalla. Li riapre.
L’uomo ha un piede poggiato sulla spalla del soldato, schiacciato a terra.
Per la prima volta, l’uomo ansima.
«Che te ne sarebbe venuto ad ammazzarla?»
Non gli dà il tempo di rispondere. Affonda la lama nella schiena. Il soldato è morto.
Dubhe distoglie lo sguardo. “Tieni gli occhi chiusi” le aveva detto la prima volta l’uomo.
Cade a sedere. Qualcosa di caldo le cola dalla spalla. Per non guardare il soldato morto, alza gli occhi sull’uomo.
Dopo averlo seguito per cosí tanto tempo, finalmente lo vede in faccia. È giovane, piú ancora di suo padre. Ha capelli rossicci che si avvolgono in ampi ricci attorno al volto, fino a sfiorare le spalle. Occhi azzurri profondi, e un volto severo, la barba sfatta. Dubhe non riesce a staccare gli occhi da lui, mentre sente pian piano la vista affievolirsi, e un dolore intenso e straziante dilaniarle la spalla.
L’uomo la guarda. La bambina appoggiata all’albero. Gli ha salvato la vita. Lei, la piccola parassita che ha aiutato. È ferita a una spalla e lo guarda come fanno i cani. Ma l’ha visto in volto, e questo un assassino non può permetterselo. Nessuno di quelli che hanno visto il suo volto è mai sopravvissuto, e cosí deve essere per lei, non importa che sia una bambina.
Prende uno dei coltelli da lancio, basterà per il collo morbido di quella ragazzina. Mentre si avvicina, lei non ha paura, lo sente. Sta per svenire, ma non ha paura. Lo guarda con occhi che dicono tutto. Aiutami. Questo gli chiede. Carica il colpo, poi si ferma. La bambina ha chiuso gli occhi. È svenuta.
Dannazione, per questo ho lasciato la Gilda…
L’uomo si abbassa su di lei, le sente il polso. Gli ha chiesto aiuto, e lui l’aiuterà.
Dubhe si riprende mentre il sole le brucia la faccia. Forse è quello a svegliarla, o il dondolio che sente tutto il suo corpo. Odore di sale, il solito, e braccia forti serrate sotto la sua pancia.
Papà…
Poi ha un conato di vomito. La persona che la tiene sulle spalle la mette giú rapidamente. Dubhe non ne può piú, è stremata.
Qualcuno entra nel suo campo visivo: è lui, l’uomo. La guarda con un volto senza espressione, ma il solo vederlo scalda il cuore di Dubhe.
«Come va?»
Dubhe scuote le spalle.
L’uomo le dà da bere. Lei prima si sciacqua la bocca, poi beve a piú non posso. Ha un caldo infernale, e i pensieri si aggrovigliano impazziti. L’unica cosa certa è che lui è qui, e quindi non c’è nulla da temere.
L’uomo la prende di nuovo sulle spalle, e la corsa riprende.
«Una stanza, per me e mia figlia.»
«Io non voglio problemi…»
«Non te ne darò.»
«Siamo sempre stati un posto rispettabile, niente vagabondi…»
«La bambina sta male. Dammi una stanza, i soldi ce li ho.»
Rumore metallico sul bancone.
«Io non ce ne voglio moribondi qua dentro…»
È la volta dello stridio di una lama che scivola rapida nella sua guaina, poi il rumore della stessa che si infigge nel legno.
«Dammi questa stanza e non avrai problemi.»
«Su… al… al… primo… piano.»
La porta cigola. Dubhe riesce a intravedere una stanza graziosa, persino con un paio di fiori in un vaso, ma è confusa, si sente stordita.
L’uomo la sistema nel letto, e la freschezza del lino e delle coltri la fanno sorridere. Odore di pulito, odore di casa.
Dubhe si abbandona a quell...

Indice dei contenuti

  1. PROLOGO
  2. PRIMA PARTE
  3. SECONDA PARTE
  4. TERZA PARTE
  5. EPILOGO
  6. Indice