
- 384 pagine
- Italian
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Tornatrás
Informazioni su questo libro
Una banda di ragazzini chiamati I Mostri Selvaggi, in guerra contro distinti e abbronzati Predators per il possesso di una Ostinata Dimora, una scimmia destinata allo zoo vaticano che non arriva mai a destinazione, una Beauty Farm dove avvengono strabilianti metamorfosi, un suonatore nero di jazz pronipote di un principe-schiavo di stirpe carabalì, un patrigno che è il divo più famoso della televisione, una gatta innamorata di un gallo, un'orfanella dai capelli rossi che vola per le strade su una bicicletta azzurra disseminata di stelle..
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Informazioni
Print ISBN
9788804515012eBook ISBN
9788852011443PARTE SECONDA
Capitolo primo
Qui comincia davvero la seconda parte della mia vita. Comincia nel momento in cui il mio piede destro si stacca dal predellino del camion di Aracelio, si abbassa e si posa sull’asfalto milanese di via Ginevra.
Anche se ancora non l’avevano mai vista, non appena il camion aveva imboccato via Ginevra e Aracelio aveva detto: - Ci siamo - Colomba, Leo e persino la signora Evelina avevano riconosciuto immediatamente la loro casa, che stonava come un parente povero tra gli altri edifici della strada, tutti rimessi a nuovo, con le facciate appena rifatte, belle lisce e di colore chiaro e brillante.
Su un lato e sull’altro della via, per tutta la lunghezza che il loro sguardo riusciva ad abbracciare, gli edifici, vecchie case popolari costruite cent’anni prima, erano stati restaurati senza badare a spese. Avevano portoni di legno massiccio, tutti chiusi benché fosse pieno giorno, con le maniglie di ottone lucidate fino a brillare come oro. I balconi erano ombreggiati da tende avvolgibili a righe verdi, tutte uguali, e i doppi vetri delle finestre scintillavano al sole.
Invece le finestre del numero trentacinque erano vecchiotte, con le persiane di legno un po’ sgangherate e stinte, e qua e là c’era qualche vaso di fiori legato col filo di ferro alla ringhiera del davanzale.
Nelle case vicine, osservò Colomba, le piante sui davanzali erano tutte uguali come i tendoni. Sui balconi gl’inquilini tenevano armadi sgangherati per le scope, biciclette, giocattoli, bidoni, sgabelli e altre cianfrusaglie che, bene in vista dalla strada, davano un’impressione di disordine, ma anche di grande vitalità.
La signora Evelina era pallida e frastornata. Il viaggio le era sembrato lunghissimo: quasi due ore senza televisione, chissà come ce l’aveva fatta a resistere. E chissà se la casa nuova aveva una buona antenna, se si riusciva a prendere sia Rete Amica che Telecuore?
La sola ipotesi di non poter vedere la nuova puntata di Perduti nella Bufera, la riempiva di sgomento.
Intanto si era fatto avanti Stanislao, che era sceso per aiutare a scaricare il pianoforte di Colomba. Ci furono come al solito inchini e baciamano. La signora Evelina era imbarazzatissima perché i passanti li stavano guardando, ma anche lusingata da quelle attenzioni d’altri tempi.
Leo e Colomba presero una borsa ciascuno ed entrarono nell’atrio poco illuminato. Dal cancello in fondo si intravedeva un cortile lastricato con dei ciuffi di verde.
Non riuscivo a credere ai miei occhi. Dentro quella casa al centro di Milano c’era un giardino segreto! Come mai le ragazze non me ne avevano parlato?
- Non esagerare, Colomba. È solo un cortile con qualche albero - dice adesso zia Mití.
Un cortile!
Quello della casa di Genova era un cortile, col cemento per terra, i cassonetti della spazzatura sempre puzzolenti e neppure un filo d’erba. Qui per terra ci sono dei bei ciottoli tondi, e gli alberi sono sette, altissimi, pieni di rami e di foglie, col tronco grosso e le radici mezzo fuori dal terreno come quelle del bosco dei nani. Poi ci sono aiuole con cespugli di ortensie e un’enorme pianta di glicine col tronco tutto contorto che si arrampica fino all’ultimo piano.
- Mamma, vieni a vedere! - ho gridato piena di entusiasmo. Ma è arrivato solo Leo. Mamma si era già avviata su per le scale. Evidentemente non vedeva l’ora di raggiungere l’appartamento e di controllare come era stato sistemato il “suo” angolo con la poltrona e il televisore nuovo.
Be’, peggio per lei! Avremmo terminato l’esplorazione del giardino segreto per conto nostro.
Leo ha controllato gli alberi uno per uno, per vedere se c’era modo di arrampicarsi, e magari di costruire una casetta sui rami. Fra le radici e nelle cavità dei tronchi ha trovato segni del passaggio di altri bambini: figurine di calciatori, una biglia di vetro, una puffetta di plastica quasi nuova, un temperino svizzero, un bracciale di perline gialle e verdi...
Continuando l’esplorazione, abbiamo scoperto, dietro una siepe di ortensie, una lunghissima rastrelliera per biciclette. I posti erano tutti vuoti, a parte tre solitarie bici da uomo vecchie e scrostate, di quelle con le cassette di legno della frutta legate dietro al sellino come portapacchi.
C’era anche un’unica bicicletta da bambino azzurra, verniciata a mano, si capiva dai segni delle pennellate. L’avevano anche decorata malamente con delle stelline d’oro tutte storte.
- Di chi sarà? - chiese Leo incuriosito. La bicicletta azzurra era quasi della sua misura, appena appena piú grande. E non era legata con la catena e il lucchetto. - Ci faccio un giro? - chiese alla sorella poggiando una mano sul manubrio.
- No credo che la pulce saría contenta - rispose una voce maschile in tono severo, e i due fratelli sussultarono per la sorpresa. Ma era solo Aracelio, che si era affacciato al cancello con uno scatolone in bilico su una spalla.
- Strano che oggi la pulce non ha andato a scuola - osservò dubbioso. “Chi è la pulce?” pensò Colomba. Ma prima che potesse chiederlo, Leo aveva detto ad Aracelio: - Ma se non è ancora cominciata, la scuola!
- E invece sí che està abierta - rispose tranquillo il cileno. - Ancora no cominciarono le classi, voglio dire le lezioni, ma al mattino tutti i bambini che già hanno tornato a Milano possono andare en la palestra della escuola a nuotare en la piscina o a giocare a tennis... No ve l’ha detto mi novia, vuestra tia? È una escuola scicchissima quella dove andrete. Una escuola da riccos.
- Avevi detto che i nostri inquilini sono poveri... - obiettò perplessa Colomba. Le riusciva difficile conciliare l’idea di un campo da tennis e di una piscina con la facciata scrostata del numero trentacinque e con quelle biciclette sgangherate.
Aracelio si mise a ridere: - Chiaro che non l’hanno fatta per los figli de los inquilini de qui, ma per los esmorfiosos delle altre case di via Ginevra e del quartiere, quelli che si lavano nelle vasche Jacuzzi. Però, mira, vedi, anche los mocciosi del numero trentacinque tengono il diritto di frequentare la escuola del loro quartiere. E puoi credermi, Palomita, che se la godono, d’estate, la piscina, anche perché loro, pobrecitos, in vacanza non ci vanno. Aòra estanno todos en la escuola. No senti che silencio?
Come per smentirlo, da una finestra del primo piano si levò uno strillo, seguito da una cagnara di voci di bambini molto piccoli che piangevano tutti insieme a gola spiegata.
- Los tesoruccios della signora Ziliach oggi no estanno de buen umòr - commentò tranquillo Aracelio.
- Ma quanti figli ha questa signora? - chiese Colomba sconcertata.
- Ninguno. Mica sono suoi. Glieli lasciano los inquilini quando van a trabajàr, a lavorare. No lo senti? Sono troppo giovani per andare in piscina, los tesoruccios. E l’asilo nido è a pagamento. Troppo caro, troppo caro, per il piccolo cinese, per Annina Esposito e per gli altri due angelitos negros, como dice tu tia mi novia.
- Bambini, cosa fate ancora in cortile? E tu, Aracelio? Sali, che abbiamo bisogno di aiuto per spostare un armadio - gridò a quel punto la tia-novia affacciata alla ringhiera di un balcone del secondo piano.
“È casa nostra, quella” ho pensato allora guardando in su con la gola stretta dall’emozione.
Ci siamo infilati su per le scale. Dietro una porta del primo pianerottolo continuava la cagnara de los tesoruccios. Per il resto la casa era silenziosa. Si sentiva un odore leggero di cucina, come di curry, però mescolato con qualche altra spezia.
Non saprei dire se era un buon profumino appetitoso o una puzza leggera. - A los riccos no le gusta sapere quello che mangiano gli altri - ha detto Aracelio, come se mi avesse letto nel pensiero. - Niente odori de cucina en las escalas de los riccos.
Capitolo secondo
In questa casa su ogni piano ci sono quattro appartamenti: due grandi e due piccoli. Il nostro è di quelli grandi. L’altro è affittato a un medico, il dottor Murgia, che ci abita con la moglie e un figlio di diciott’anni, e usa due delle stanze come ambulatorio, me l’ha detto zia Dinuccia che conosce la sua infermiera. Quando siamo arrivati non era ora di visite, perciò la porta era chiusa, come quelle degli altri due appartamenti piú piccoli.
Invece la porta di casa nostra era spalancata e sulla soglia le “ragazze” stavano litigando come fanno sempre – in quei momenti s’insultano come se si odiassero a morte – rinfacciandosi a vicenda di non aver grattato bene dal pavimento le macchie di tempera lasciate dagl’imbianchini.
Sul pianerottolo c’era, appoggiato alla ringhiera in maniche di camicia, un tizio con gli occhialetti rotondi e i capelli chiari, giovane, ma già un po’ calvo, che sembrava molto divertito dalla discussione e aizzava le zie ridendo e indicando per terra macchioline invisibili.
- Ma chi è questo maleducato? Cosa vuole? Perché s’impiccia negli affari nostri? E le ragazze perché non lo mandano a quel paese? - fu la prima reazione di Colomba. Pensava che, al loro arrivo, se non altro per rispetto della mole di Aracelio, il giovanotto avrebbe smesso di prendersi tutta quella confidenza.
Ma quello, come li vide spuntare dalle scale, sventolò una mano ed esclamò con grande cordialità: - Eccovi finalmente! Benvenuti in questa casa di matti. Noi la chiamiamo L’Ostinata Dimora. - Parlava con un forte accento straniero.
- E lui è Lancelot Greaves - disse Aracelio. - È il segretario del signor Petrarca - spiegò. Poi si rivolse preoccupato alla fidanzata: - Mití, mi amòr, calmati. Il pavimento èstà lindissimo, muy limpio, molto pulito.
- Felice di conoscervi - fece ai due fratelli Lancelot Greaves. - C’è la pulce che vi sta aspettando di là in soggiorno con vostra madre. Aveva tanta smania di conoscervi che non ne ha voluto sapere di restare a letto.
“Ancora la pulce? Ma chi diavolo è?” pensò Colomba irritata. “Un maschio o una femmina?” Dalle dimensioni della bicicletta si poteva pensare che avesse piú o meno l’età di Leo. E perché mai avrebbe dovuto essere a letto, a mezzogiorno e tre quarti? E cosa ci faceva in casa loro?
Era cosí seccata per l’intrusione di quegli estranei che entrò nell’appartamento senza quasi guardarsi attorno. In uno specchio che era già stato appeso al muro dell’ingresso Colomba intravide per un attimo il proprio viso imbronciato. “Dovrebbe essere un momento solenne” pensò. “Dovrei essere raggiante di felicità.” Invece per colpa di questi due ficcanaso stava andando tutto storto.
La madre doveva avere già acceso il televisore, perché da qualche parte della casa arrivavano voci e musiche inconfondibili. Seguendo il suono Colomba attraversò il corridoio ingombro di scatoloni e arrivò nel soggiorno.
La signora Evelina stava seduta sulla nuova poltrona con i piedi poggiati su uno sgabello. Era perfettamente rilassata.
Sembrava che non fosse reduce da un viaggio per lei lunghissimo, ma che in quella stanza ci si fosse comodamente installata da sempre. Col telecomando puntato stava passando in rassegna i diversi canali per controllare quali si ricevevano e la qualità delle immagini.
- Si prende Rete Amica, Telecuore... E anche Telepop! Anche Amici di Gesú - stava dicendo tutta contenta all’ingresso di Colomba nella stanza. - E questo canale cos’è? Parlano in francese.
- Questo è Antenne Deux. A quest’ora Rete Amica le lascia un po’ di spazio. Ma di sera, quando ci sono i servizi giornalistici piú interessanti, non si riesce a vedere.
Chi aveva risposto era una bambina, che se ne stava seduta a cavalcioni sul bracciolo della poltrona. Colomba la guardò con diffidenza.
Era lei, dunque, la proprietaria della bicicletta stellata. Era lei la pulce! Un microbo, davvero, ho pensato. Si trattava di una bambinetta magra, pallidissima, con gli occhi scuri a capocchia di spillo e la faccia piena di lentiggini e di strane macchioline rosse. A parte quel Lancillotto inglese era la prima vicina di casa che incontravo, e se avessi dovuto descrivere a botta calda la prima impressione, non avrei esitato a dire: - Pessima.
Giudicate voi. Faceva caldo, naturalmente, perché eravamo all’inizio di settembre, ma quella mocciosa aveva un berretto di lana blu scuro calcato sulla testa e una sciarpa girata due volte attorno al collo. Non che fosse vestita da uscire. Era in pigiama e pantofole, e invece della vestaglia aveva un golf pesante da uomo, grigio, che le arrivava alle ginocchia, con le maniche arrotolate che le nascondevano le mani.
Bell’educazione, andare in visita da gente mai vista prima conciati a quel modo! Quello che però mi lasciava di stucco era il comportamento di mia madre. Lei che di solito davanti agli estranei, anche ai nostri compagni di scuola piú imbranati, viene colta da un attacco di timidezza, ammutolisce o al massimo spiccica “buongiorno”, adesso se ne stava a chiacchierare tranquilla e sorridente con quella sfacciata come se la conoscesse da sempre.
- Ho letto che gli studi di Rete Amica sono a Milano - le stava dicendo. - Chissà se sono molto lontani da qui? Pensa che bello se un giorno incontrassi per strada Riccardo Riccardi! Credi che me lo farebbe, un autografo?
La mocciosa ha risposto: - Certamente. Se lei glielo chiede, glielo farà di sicuro - e mamma ha sorriso tutta contenta.
- Ma stia attenta a non innamorarsene - continuava tutta scherzosa quella sfacciata - perché Riccardi è un play-boy pieno di fidanzate!
- Ma va’! E tu come lo sai?
- La signora Murgia, la moglie del dottore, mi lascia sempre guardare i giornali che compra per la sala d’aspetto.
- Credi che li lascerà guardare anche a me?
Ho sentito un fortissimo morso di gelosia in mezzo al petto. Cos’era venuta a fare, a casa nostra, quell’intrusa? Proprio nel momento in cui avevo bisogno di essere sola con mia madre per chiederle: - Ti piace l’appartamento? Hai visto come siamo stati bravi a scegliere i mobili?
Certo non potevo dichiararle esplicitamente, come aveva fatto a Genova papà: - T’informo che in questa casa saremo molto, molto felici - e neppure chiederle piú realisticamente: - Per favore, sforzati di essere un po’ meno infelice nella nuova vita che ci aspetta qui a Milano.
Non glielo potevo dire. Ma glielo potevo far capire, se fossimo state noi due da sole, o al massimo con Leo.
La presenza di questa estranea rovinava tutto, cancellava ogni intimità, ogni confidenza. Perché mamma non le diceva: - Tornatene a casa tua. Voglio restare un po’ da sola con mia figlia?
- Cosí tu saresti quella che chiamano la pulce - affermò, piú che chiedere, Colomba in tono brusco, lasciando cadere a terra con malgarbo il borsone. La bambina lentigginosa, senza lasciare la poltrona, rispose tranquilla: - Ciao - come se la conoscesse già da molto tempo. Non si era accorta della sua sgarbataggine o aveva deciso di far finta di niente?
- Non venirmi vicino, che ti attacco la varicella - disse. (Ecco cos’erano quelle macchie rosse! Ecco il motivo per cui era cosí imbacuccata e perché avrebbe dovuto restare a letto. Ma perché se ne andava in giro a spargere bacilli contagiosi in casa d’altri?)
- Non preoccuparti, tesoro. I miei figli la varicella l’hanno già avuta, e anche il morbillo, e anche la quarta malattia - disse la signora Evelina battendole affettuosamente su un braccio. - Sono immunizzati.
“Tesoro”!? La gelosia affondò con piú forza i denti nel petto di Colomba, che provò l’impulso di afferrare l’intrusa per le spalle e di spingerla fuori della stanza.
Per fortuna a quel punto entrarono nel soggiorno le “ragazze”, completamente rappacificate, in compagnia del giovanotto che si chiamava Lancelot Greaves, col quale sembravano in ottimi rapporti.
- Evelina, questo è il segretario del signor Petrarca - lo presentò zia Din...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Colophon
- Parte prima
- Parte seconda
- Parte terza
- Parte quarta
- Parte quinta
- Parte sesta
- Appendice
- Indice