L'importante è adesso
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L'importante è adesso

  1. 406 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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L'importante è adesso

Informazioni su questo libro

A Londra Giacomo ci capita quasi per caso. Non ha voglia di iscriversi all'università solo perché si fa così, perché tutti gli dicono che quella è la strada giusta. E se invece di strade ce ne fossero altre mille?
Viola a Londra ci va per inseguire un sogno. Per costruirsi una vita con un ragazzo, Dj X, incontrato un mese prima in un locale a Ibiza.
Lucas ha nove anni e Londra è l'unico posto che abbia mai visto. E non gli piace nemmeno tanto. Visto che vive in un istituto, ha un padre incapace di occuparsi di lui e suo fratello è un cane, Freddy, che soffre di attacchi di panico e dimostra duecento anni.
Ed è proprio a Londra che i loro destini si incrociano e si scontrano. L'amore, quello inaspettato, è pronto a entrare nelle loro vite. Non c'è né tempo né spazio per rimanere soli. Ma forse è proprio lì la risposta. Forse quello che stanno cercando è molto più vicino di quanto sembri. Forse, l'importante è adesso.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
Print ISBN
9788804601753
eBook ISBN
9788852012693

1

— Allora, com’è andata?
— Normale, credo. Mi ha mandato un messaggio dicendo che le dispiace e poi mi ha fatto dei complimenti, tipo che sono gentile o qualcosa del genere.
— Ah, le fai proprio schifo.
— Grazie, perché?
— Dire che sei gentile è uguale a dire “Non farò mai sesso con te”.
— Non l’avevo tradotta così.
— Un fidanzato gentile ti porta a spasso il cane, non viene a letto con te!
— Io le ho portato a spasso il cane un paio di volte.
— Sei senza speranze.
Sul fondo di un grande salone, appena sopra una fila di sportelli, il tabellone luminoso continua a suonare. Il vociare concitato degli studenti crea un’onda indistinta di parole, tra le quali è facile riconoscere i nomi della miriade di corsi ai quali ci si può iscrivere.
Una ragazza proprio davanti a noi si alza e si dirige verso il tabellone. Indossa una minigonna di jeans e una canottiera. Sembra appena tornata dalla spiaggia.
— Ecco, magari finisci nello stesso corso con una così — dice Tommaso.
— Sì, magari sì.
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— Quanto è durata questa volta?
— Lordo quattro mesi. Netto circa due settimane. Un altro pacco sorpresa.
— Non può essere che tutte le tipe che ti scegli hanno il pacco sorpresa.
— Eppure…
— E poi non è che solo tu esci con ragazze che hanno già avuto delle storie, o che sono fidanzate. Cioè, funziona così.
— Quindi è colpa mia?
— Ma no, però ci devi provare, e ci devi provare subito. Se poi non ci stanno, le scarichi e non perdi tempo. Non puoi uscire per tre mesi con una che ti parla del suo ex!
— Hai ragione — ammetto.
— Lo so che ho ragione. Ma ti ha lasciato lei o l’hai lasciata tu?
— Né io né lei.
— Ti ha lasciato lei.
— No, sul serio, è stata più… una specie di dissolvenza.
Tommaso rimane in silenzio qualche secondo. Poi scuote la testa sconfortato.
— È per questo che ti va male con le tipe. Ci si mette insieme, ci si bacia, si fa sesso, poi ci si lascia. Cazzo è la dissolvenza?
Quasi a dimostrazione della sua teoria, Tommaso mi dà le spalle e si mette a chiacchierare con la ragazza seduta accanto a lui; attacca bottone con la sua solita disinvoltura e riesce a farla ridere in meno di un minuto. Magari tra qualche giorno la bacerà, poi faranno sesso e tra un po’ si lasceranno. Ma le mie storie non seguono questo copione.
Metto da parte per un attimo il ricordo dell’ultimo pacco sorpresa e inizio a sfogliare il modulo di iscrizione, per vedere se è tutto a posto. Anche se so perfettamente che non è tutto a posto, che manca una parola, una parola fondamentale, senza la quale la mia presenza in questo luogo non ha alcun senso.
A Tommaso non ho detto niente. Lui è convinto che io abbia già deciso e che tra poche settimane ci ritroveremo a frequentare gli stessi corsi.
Osservo gli altri studenti attorno a me e cerco di immaginare quale corso di laurea hanno scelto. Ci dev’essere un sistema per capire le proprie attitudini. Le chiamano così, no? Da qualche parte ci dev’essere una targa con su scritto quello che devi fare.
Cerco di immaginare i dottori, gli avvocati, gli insegnanti che si nascondono dietro ogni persona. All’improvviso, sul vetro di una finestra compare il riflesso sbiadito della mia immagine e mi ritrovo a osservarmi come si guarda un perfetto sconosciuto. Un ragazzo sulla ventina, i capelli spettinati, la carnagione olivastra appena segnata dal sole dell’estate, gli occhi un po’ persi e addormentati, e una camicia con le maniche rimboccate di chi vorrebbe essere ancora al mare.
Quale futuro si nasconde dietro quella faccia?
— Tu cosa vuoi fare? — mi chiede la mia immagine, prendendomi completamente alla sprovvista.
— Non lo so — rispondo stupito.
— Cosa vuol dire che non lo sai, brutto idiota? — continua lei.
— Vuol dire che non lo so. Non so cosa scegliere. Non so quale futuro scegliere.
— Che palle! — sbotta la mia immagine.
— Cosa vuol dire che palle? — chiedo io stizzito.
— Vuol dire che siete tutti uguali, voi tardo adolescenti frignoni senza palle!
— Grazie.
— Prego. Senti, qualcosa devi scegliere, perché la stai facendo così lunga?
— Perché non so cosa fare! Ci sono diecimila corsi e ognuno ha un nome di almeno otto parole, metà delle quali non so nemmeno cosa vogliano dire!
— Brutto idiota, ma mi ascolti quando parlo o no? Io ti ho chiesto cosa vuoi fare, non che corso di laurea vuoi fare.
— E che differenza c’è?
Il tabellone luminoso suona e compare il mio numero.
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2

Il telegiornale delle otto ronza in sottofondo. L’argomento del giorno è La-scuola-è-ricominciata. Con tutto il corredo di statistiche, percentuali, numero di iscritti, cattedre non ancora assegnate. Sono abituato a questo servizio. Sono quasi certo che sia lo stesso che mandano tutti gli anni, cambiando la data. Solo che quest’anno c’è anche un’altra clamorosa notizia: Comincia-l’università-per-qualchemila-iscritti. Ecco, non si tratta di una notizia nuova, ma probabilmente gli anni scorsi arrivati a questo punto il mio cervello si disconnetteva.
Mia mamma è ai fornelli assorta nei suoi pensieri, in alcuni dei quali so per certo di esserci anch’io, io e l’università. L’odore del soffritto impregna l’aria, mescolandosi all’odore delle zucchine che sfrigolano in padella. Mia sorella apparecchia la tavola in silenzio; alle otto e dieci in punto, come sempre, si mangia.
— Ecco — dice mia madre, mescolando il sugo. Ma non si riferisce a ciò che sta cucinando. Lei comunica con messaggi chimici, come le formiche. È una cosa che ho visto in un documentario. Le formiche quando si incrociano si tirano tipo due musate e in quel modo si informano su risorse di cibo, pericoli o qualsiasi altra cosa che possa interessare una formica. Allo stesso modo, le parole di mia madre non avrebbero alcun peso senza i suoi messaggi chimici, che portano tutto un altro significato.
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“Ecco” significa:
Ecco, vedi, comincia l’università, allora hai deciso o no che cosa farai?
Ecco, riesci o no a capire che quello che deciderai di fare determinerà il tuo futuro?
Ecco, non puoi andare avanti a fregartene!
Alla fine non mi sono iscritto all’università. E questo è il motivo dell’aria tesa in casa. Non che la mia famiglia a cena si intrattenga in balli e canti caraibici, ma normalmente siamo un po’ più loquaci. Non mi sono iscritto perché non sapevo a che cosa iscrivermi, che non è una grande motivazione, lo so. Ma le cose stanno così.
La porta d’ingresso si apre e si chiude rapidamente. Dopo pochi istanti, Paolo fa capolino in cucina. La giacca e la cravatta impeccabili come quando è uscito di casa, la valigetta nella mano destra, l’ombrello nella sinistra e l’impermeabile piegato sopra il braccio.
— Ciao ragazzi — dice. E basta. Paolo non è il mio vero padre e quindi non posso comunicare con lui attraverso i messaggi chimici.
Veronica invece, sua figlia naturale, corre ad abbracciarlo. E con un paio di musate è riuscita senz’altro a comunicargli le informazioni essenziali: aria tesa, cibo quasi pronto, figlia che ti vuole bene. Infatti lui, sperando di dribblare ogni tipo di tensione, butta un occhio alla televisione.
— Che dicono? — chiede, senza sapere che è proprio la tele in questo momento il problema.
Sullo schermo compare l’immagine di una massa di studenti di fronte a una fila di sportelli. La voce del giornalista sta comunicando quante persone si sono già iscritte.
— Ah — dice Paolo. E quell’“Ah” vuol dire che non ha intenzione di intervenire nella diatriba che tra poco si scatenerà tra me e mia madre.
Il servizio continua senza pietà e questa volta elenca la percentuale di laureati che trova lavoro per ogni corso di laurea. Questa è veramente una mossa scorretta.
— Eh — dice mia madre e io penso che al prossimo verso a cui non segue una frase di almeno tre o quattro parole mi metto a urlare.
— Allora? — chiede mia madre.
— Non lo so, ho ancora un po’ di tempo per decidere.
— Giacomo, non hai ancora un po’ di tempo per decidere. Ma perché non andava bene quello che avevi scelto? A giugno eri così sicuro.
Questo è tipico di certe discussioni nella mia famiglia. Revisionismo gratuito. Mia madre cerca di installarmi dei ricordi nella mente prendendomi alla sprovvista: Ma sì, ti ricordi che festa abbiamo fatto quando hai deciso a cosa iscriverti?
— Non ne ero così sicuro.
— Tommaso si è iscritto?
— Sì, lui sì.
— E che cos’ha detto che non ti iscrivi?
— Non gliel’ho detto.
— Ma se siete andati insieme in segreteria!
— Dai mamma…
— Va be’, dimmi almeno verso quali corsi ti stai orientando.
Bella domanda. Sul serio. Forse ha ragione lei. Questo è il giusto approccio: si comincia prendendo un mazzetto di possibilità e le si mette sul tavolo, come delle carte. Poi le studi tutte per bene e alla fine ne scegli una. Il problema è che qui non si tratta solo del corso di laurea. Si tratta del futuro. Tu scegli una carta e te ne vengono su altre dieci. Anche se è vero che con alcuni corsi te ne vengono su un po’ meno. Ad esempio:
— Magari Lettere, o Scienze Politiche — butto lì mentre inforco il primo boccone di fusilli, deciso a tenere la bocca impegnata fino a quando non saranno andati tutti a dormire.
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— Lettere o Scienze Politiche — ripete mia madre, con gli occhi fissi su di me e i polsi immobili sul bordo del tavolo, mentre il suo piatto si raffredda.
— Sì, perché no?
— Perché sono le università per quelli che non sanno che cosa fare, sono i parcheggi per gli indecisi.
— Appunto, io non so che cosa fare, sono un indeciso.
Paolo osserva la scena in silenzio e scambia qualche occhiata preoccupata con Veronica, che nasconde un sorriso con la mano.
— Dai, domani vado a iscrivermi.
— Domani doveva essere la settimana scorsa, e poi ieri, e oggi. Quanto hai intenzione di andare avanti a rimandare?
— Dai, Laura… — dice semplicemente Paolo.
— Domani vado a iscrivermi — ripeto io convinto. Ma i miei messaggi chimici mi tradiscono: molto scazzato, decisione non presa, dico così solo per farti stare zitta.
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3

— Fermati davanti al bar.
— Perché?
— Ho appuntamento lì con le amiche.
Col motorino mi infilo tra due macchine parcheggiate e spengo il motore. Guardo l’insegna del bar, la stessa insegna davanti alla quale sono passato negli ultimi cinque anni. Alzo gli occhi e osservo la strana geometria del poligono di cielo stretto fra i tetti delle case. In quel momento una goccia mi cade sulla visiera del casco.
— Ma adesso vai a iscriverti? — chiede Veronica scendendo dalla sella.
— Sì, sì, adesso vado in segreteria.
— È già aperta?
— No, va be’, apre tra un’ora.
— Dai, ma allora fai colazione al bar con noi! Sta anche cominciando a piovere!
Entriamo nel bar affollato. Riconosco alcune facce. E per un attimo mi sembra di essere ancora a scuola, come se nulla fosse cambiato. Percepisco la stessa atmosfera, lo stesso odore di bar della scuola, quello strano mix di caffè e libri nuovi.
Non facciamo in tempo a raggiungere il tavolo. In fondo alla sala, accanto al bagno, c’è Sara, la migliore amica di Veronica. Non si è accorta di noi. Sta parlando con qualcuno, che però rimane mezzo nascosto dalla parete. Veronica fa per andarle incontro, quando all’improvviso appare il volto del misterioso interlocutore di Sara, che le dà un fugace bacio sulla bocca.
Veronica si ferma di colpo.
Una nuova espressione le compare sul viso, un’espressione che non le ho mai visto. Il labbro arricciato a trattenere il dolore e forse anche le lacrime. Gli occhi freddi e lucidi che mascherano il dispiacere con una punta di orgoglio.
Un minuto dopo siamo di nuovo sul motorino. Lei si tiene stretta a me, la testa appoggiata sulla mia schiena. Qualche lacrima mi finisce sulla maglietta.
Attraverso la città travolta dal traffico del mattino. Passo in mezzo alle lunghe code di macchine che intasano le strade di Milano a quest’ora.
Mi lascio alle spalle le case d’epoca del centro, i palazzi anni Sessanta e infine anche le case popolari della periferia. Su una strada statale a tre corsie tiro il motorino a sessanta all’ora, il massimo che riesce a fare su un rettilineo, stando ben attento ai tir che mi superano diretti alla tangenziale.
Lascio il motorino ai margini di un grande parcheggio pieno di macchine. C’è un via vai ininterrotto di gente con le valigie, che arriva in macchina o se ne va, che sale sui taxi e che abbraccia amici e parenti.
— Ue, Vero, tutto a posto? — le chiedo, quando siamo davanti a uno degli ingressi dell’aeroporto. Ma lei è distratta da una scena a pochi metri da noi. Un uomo e una donna si tengono per mano guardandosi in silenzio con gli occhi tristi. Lui stringe la maniglia di un grosso trolley. Lei si avvicina e cominciano a baciarsi.
Veronica scuote la testa, si asciuga gli occhi e con un impercettibile cenno del capo mi dice che no, non è tutto a posto.
— Mi spieghi cos’è successo?
Veronica scuote di nuovo la testa ma non risponde.
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— Perché siamo all’aeroporto? — mi chiede.
— Non lo so, tu dove vai quando bigi?
— Io vado al parco.
— Io vado all’aeroporto. Dai, vieni, andiamo a fare colazione.
Superiamo le porte scorrevoli e veniamo investiti dall’aria fredda climatizzata. È pieno di gente a quest’ora, un sacco di pendolari diretti alla capitale. Li riconosci subito, perché non hanno bagaglio e sono vestiti da businessman. Non fanno il check in perché l’hanno già fatto on line e attraversano il metal detector come una persona normale varc...

Indice dei contenuti

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