Un luogo chiamato libertà
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Un luogo chiamato libertà

  1. 476 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Un luogo chiamato libertà

Informazioni su questo libro

"Quest'uomo è proprietà di Sir George Jamisson di Fife. A.D. 1767."
Da questa iscrizione intorno a un collare di ferro trovato nel giardino di casa, Follett trae lo spunto per la trama di Un luogo chiamato libertà. Ambientato nell'Inghilterra del '700, al tempo della rivoluzione industriale e al sorgere del nuovo "schiavismo", racconta le appassionanti vicende di una generazione anelante la libertà.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
Print ISBN
9788804427476
eBook ISBN
9788852013713
III

VIRGINIA

26

Nella stiva della Rosebud Mack tremava per la febbre. Si sentiva come un animale: sudicio, seminudo, incatenato e impotente. Stentava a reggersi in piedi, ma la sua mente era abbastanza lucida. Giurò a se stesso che non avrebbe mai più permesso a nessuno di metterlo in ceppi. Si sarebbe battuto, avrebbe tentato di fuggire e sperato che lo uccidessero, piuttosto di patire ancora quella degradazione.
Nella stiva penetrò dalla tolda un grido eccitato: «Profondità trentacinque fathom, capitano... sabbia e canne!».
L’equipaggio proruppe in grida di gioia. Peg chiese: «Cos’è un fathom?».
«Un metro e ottanta d’acqua» rispose Mack, esausto ma rincuorato. «Significa che ci stiamo avvicinando alla terraferma.»
Spesso aveva avuto la sensazione di non farcela. Venticinque deportati erano morti in mare. Non erano stati uccisi dalla denutrizione. A quanto pareva Lizzie, che non era più ricomparsa sottocoperta, aveva mantenuto la promessa e fatto in modo che avessero da bere e da mangiare a sufficienza. Ma l’acqua era putrida, la dieta di carne salata e pane malsana e monotona, e tutti i deportati erano stati colpiti dalla malattia chiamata a volte “febbre da ospedale” e a volte “febbre da prigione”. Barney il Matto era stato il primo a morirne: i vecchi se ne andavano più in fretta.
La malattia non era l’unica causa dei decessi. Cinque persone erano rimaste uccise durante una tempesta spaventosa, quando i prigionieri erano stati sbatacchiati qua e là per la stiva e avevano ferito con le catene se stessi e gli altri.
Peg era sempre stata esile, ma adesso sembrava uno stecco. Cora era invecchiata. Perfino nella semioscurità della stiva Mack vedeva che perdeva i capelli, aveva la faccia tirata e il suo corpo voluttuoso era scarno e sfregiato dalle piaghe. Mack ringraziava il cielo perché erano ancora vivi.
Un po’ più tardi sentì il risultato di un altro sondaggio: «Diciotto fathom e sabbia bianca». La volta successiva c’erano tredici fathom e conchiglie. E finalmente il grido: «Terra!».
Nonostante la debolezza, Mack avrebbe voluto essere sul ponte. Questa è l’America, pensò. Ho attraversato il mondo e sono ancora vivo: vorrei vedere l’America.
Quella notte la Rosebud gettò l’ancora in acque calme. Il marinaio che portava ai prigionieri le razioni di carne di maiale salata e di acqua marcia era uno dei più bonari di tutto l’equipaggio. Si chiamava Ezekiel Bell. Era sfigurato: aveva perso un orecchio, era completamente calvo e aveva un gozzo grosso come un uovo di gallina. I compagni lo chiamavano ironicamente Bell il Bello. Spiegò che erano al largo di Cape Henry, nei pressi della città di Hampton, in Virginia.
L’indomani la nave rimase all’ancora. Mack si chiedeva rabbiosamente cosa stesse prolungando il viaggio. Qualcuno doveva essere sbarcato per fare provviste, perché la sera giunse dalla cambusa un delizioso odore di carne fresca arrosto. Per i prigionieri era una tortura, Mack aveva i crampi allo stomaco.
«Mack, cosa succederà quando arriveremo in Virginia?» chiese Peg.
«Ci venderanno e dovremo lavorare per chi ci comprerà» rispose lui.
«Ci venderanno assieme?»
Mack sapeva che era poco probabile, ma non lo disse. «È possibile» rispose. «Speriamo bene.»
Peg rimase a lungo in silenzio ad assimilare le informazioni. Quando riprese a parlare, aveva un tono spaventato. «Chi ci comprerà?»
«Agricoltori, piantatori, massaie... chiunque abbia bisogno di qualcuno che lavori e pochi soldi da spendere.»
«Potrebbero volerci tutti e tre.»
Chi poteva volere un minatore e due ladre? Mack rispose: «Forse ci compreranno persone che vivono vicine».
«Che lavoro faremo?»
«Quello che ci diranno di fare, suppongo: coltivare la terra, pulire, costruire.»
«Come schiavi.»
«Ma solo per sette anni.»
«Sette anni» disse Peg avvilita. «Ma io sarò diventata grande!»
«E io avrò quasi trent’anni» disse Mack. Gli sembrava che sarebbe stato già vecchio.
«Ci picchieranno?»
Mack sapeva che la risposta era sì, ma preferì mentire. «No, se lavoreremo e terremo la bocca chiusa.»
«Quando ci venderanno, chi incasserà i soldi?»
«Sir George Jamisson.» La febbre l’aveva sfinito. Disse con impazienza. «Sono sicuro che mi hai già fatto altre volte le stesse maledette domande.»
Peg gli voltò le spalle, offesa. Cora intervenne: «È preoccupata, Mack... ecco perché continua a chiedere sempre le stesse cose».
Sono preoccupato anch’io, pensò Mack, depresso.
«Io non voglio arrivare in Virginia» disse Peg. «Voglio che il viaggio continui in eterno.»
Cora rise amaramente. «Ti piace vivere così?»
«È come avere una madre e un padre» rispose Peg.
Cora l’abbracciò e la strinse a sé.
L’indomani mattina salparono e Mack sentì che la nave filava, spinta da un vento favorevole. La sera venne a sapere che erano quasi alla foce del Rapahannock. Poi i venti contrari li bloccarono per due giorni prima che potessero risalire il fiume.
La febbre passò e Mack si sentì abbastanza forte da salire sul ponte per uno dei rari periodi d’aria, e mentre la nave avanzava sul fiume vide per la prima volta l’America.
Sulle rive si alternavano fitti boschi e terreni coltivati. Ogni tanto si incontrava un molo, un tratto di argine disboscato e un prato che saliva verso una casa sontuosa. Qua e là, sui ponteggi, si vedevano gli enormi barili usati per trasportare il tabacco. Li aveva visti scaricare nel porto di Londra, e adesso gli sembrava incredibile che fossero sopravvissuti alla rischiosa traversata per arrivare fin lì. Quasi tutti coloro che lavoravano nei campi, notò, erano negri. I cavalli e i cani erano come quelli che conosceva, ma gli uccelli che venivano a posarsi sul parapetto della nave gli erano sconosciuti. C’erano altri vascelli sul fiume, qualche mercantile come la Rosebud e molte imbarcazioni più piccole.
Non vide altro per i quattro giorni seguenti, ma conservò nella mente quelle scene come ricordi preziosi, mentre stava disteso nella stiva: il sole, la gente che camminava nell’aria pura, i boschi, i prati e le case. La smania di scendere dalla Rosebud e camminare all’aperto era tanto intensa che provava quasi una sofferenza fisica.
Quando finalmente gettarono l’ancora, Mack venne a sapere che erano a Fredericksburg, la loro destinazione. Il viaggio era durato otto settimane.
Quella notte i deportati ricevettero un pasto cotto: un brodo di carne di maiale fresca con mais e patate, una fetta di pane fresco e un quarto di birra. Il cibo insolitamente ricco e la birra forte diedero a Mack capogiri e nausea tutta la notte.
L’indomani mattina li portarono sul ponte in gruppi di dieci, e videro Fredericksburg.
Erano ancorati in un fiume torbido e con molte isolette. C’era una stretta spiaggia sabbiosa, una fascia boscosa, quindi un breve pendio scosceso che portava alla città, costruita ai piedi di un’altura. A occhio e croce gli abitanti dovevano essere non più di duecento: non era molto più grande di Heugh, il villaggio dove Mack era nato, però sembrava un posto gaio e prospero, con le case di legno dipinte di bianco e verde. Sulla riva opposta, un po’ più a monte, c’era un’altra cittadina, e Mack venne a sapere che si chiamava Falmouth.
Il fiume era affollato: c’erano altre due imbarcazioni grandi come la Rosebud, qualche chiatta e un traghetto che faceva la spola fra le due cittadine. C’erano uomini al lavoro lungo il fiume per scaricare le navi: facevano rotolare i barili e trasportavano le casse dentro e fuori dai magazzini.
I prigionieri ricevettero dei pezzi di sapone e l’ordine di lavarsi; un barbiere salì a bordo per radere gli uomini e tagliare loro i capelli. A coloro che avevano indumenti troppo laceri ne furono dati di più decorosi, ma la gratitudine si dileguò quando si accorsero che erano stati tolti ai loro compagni morti a bordo. A Mack toccò la giacca di Barney il Matto: la mise sul parapetto e la batté con un bastone finché i pidocchi non finirono di cadere.
Il capitano fece un elenco dei prigionieri superstiti e chiese a ognuno che mestiere aveva fatto in patria. Alcuni erano stati manovali generici oppure, come Cora e Peg, non si erano mai guadagnati onestamente da vivere: furono incoraggiati a esagerare o a inventare. Così Peg figurò come apprendista sarta e Cora come barista. Mack si rese conto che era un tentativo di renderle appetibili agli occhi dei compratori.
Furono rimandati nella stiva, e nel pomeriggio due uomini scesero a ispezionarli. Erano uno strano duo: uno portava la giubba rossa dei soldati britannici e calzoni tessuti in casa, l’altro un panciotto giallo che un tempo doveva essere stato elegante e pantaloni di pelle cuciti rozzamente. Nonostante l’abbigliamento bizzarro, sembravano ben nutriti e avevano il naso rosso di chi può permettersi tutto il liquore che vuole. Bell il Bello bisbigliò a Mack che quelli erano soul drivers e spiegò cosa voleva dire: acquistavano gruppi di schiavi, deportati e servi vincolati e li conducevano come pecore nell’entroterra per venderli agli agricoltori e ai montanari. A Mack i due non piacevano. Se ne andarono senza fare acquisti. Il giorno dopo c’erano le corse di cavalli, disse Bell; i proprietari terrieri sarebbero venuti in città dai dintorni per assistere alle gare, e molti deportati sarebbero stati venduti prima di sera. Poi i soul drivers avrebbero offerto un prezzo ridottissimo per quelli rimasti. Mack si ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Un luogo chiamato libertà
  4. Prologo
  5. I. Scozia
  6. II. Londra
  7. III. Virginia
  8. Ringraziamenti
  9. Copyright