Col cavolo
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Col cavolo

  1. 168 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

"Care elise di rivombrose, aprite quelle orecchie da cavolfiore: bisogna farsene una ragione, la crisi della coppia segue curve inesorabili. I primi mesi si alza il desiderio e calano le mutande. Poi, col tempo, i movimenti si invertono: il desiderio cala e le mutande risalgono fin quasi alle ascelle. Mentre le dichiarazioni d'amore cedono il passo alle dichiarazioni dei redditi. Finisce che a letto lei grida "Basta! Basta!" solo quando lui le schiaccia il nervo sciatico..." E, ancora: "stare insieme a te è stato rilassante come togliere i semi di limone dalla macedonia..."

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
Print ISBN
9788804562047
eBook ISBN
9788852013959
Copertina. «Col cavolo» di Luciana Littizzetto

Il libro

«Care elise di rivombrose, aprite quelle orecchie da cavolfiore: bisogna farsene una ragione, la crisi della coppia segue curve inesorabili. I primi mesi si alza il desiderio e calano le mutande. Poi, col tempo, i movimenti si invertono: il desiderio cala e le mutande risalgono fin quasi alle ascelle. Mentre le dichiarazioni d’amore cedono il passo alle dichiarazioni dei redditi. Finisce che a letto lei grida “Basta! Basta!” solo quando lui le schiaccia il nervo sciatico…» E, ancora: «stare insieme a te è stato rilassante come togliere i semi di limone dalla macedonia…»

L’autrice

Luciana Littizzetto (Torino, 1964), ex professoressa di Educazione musicale e di Lettere, è una figura di culto della comicità italiana. Ha lavorato, sempre con grande successo, in radio, cinema e televisione. Attualmente è ospite fissa della trasmissione di Rai 3 “Che tempo che fa” condotta da Fabio Fazio. Per Mondadori ha pubblicato Sola come un gambo di sedano (2001), La principessa sul pisello (2002), Col cavolo (2004), Rivergination (2006), La jolanda furiosa (2008), I dolori del giovane walter (2010), Madama Sbatterflay (2012), L’incredibile Urka (2014), La bella addormentata in quel posto (2016) e, insieme a Fabio Fazio, Chelittichefazio 1 e 2 (2007, 2010), tutti best seller in Italia e in molti altri paesi del mondo.
Luciana Littizzetto

Col cavolo

Mondadori

Col cavolo

A Giorgia che vuole sempre
che la saluti in tv
e io non lo faccio mai

Moglie, nome comune di cosa

Così dicono gli esperti. Tre anni. L’amore vero dura tre anni. Qualcosina in più di mille giorni. Dopodiché buongiorno bignola, ciao contadina. Non è più la stessa cosa. Prima saliva il desiderio e calavano le mutande, poi succede il contrario. Cala il desiderio e risalgono le mutande. E non solo in senso metaforico, perché si abbandonano i tanga e si ritorna al caldo abbraccio della braga ascellare. Perlamiseria. Bisogna imparare a rinverdire ’sto desiderio. Che è già un bel controsenso. Come faccio a desiderare il mio Godzilla se ce l’ho già tutte le notti spaparanzato di fianco che dorme a bocca aperta con un alito che non è certo segnalato dallo Slow Food? E come fa lui, poverino, a desiderare una bergera che passa le serate a ricamare a punto croce il primo piano di un cavallo e a letto grida «basta basta» solo quando le schiacci il nervo sciatico? Il massimo che puoi fare è passare le domeniche alla Casa del mobile. Cara mia. Se dopo la prima gravidanza hai cominciato a chiamare il tuo boy «papà» poi non devi lamentarti se il tuo maschio angioino vagola per casa in mutande e De Fonseca a forma di rana. E tu pure, mister mandarino. Cosa pretendi? Visto da nudo sembri la cartina dell’Africa, è naturale che a letto lei preferisca la tisana cent’erbe a te. E avanti così fin quando… «Mio marito s’è fatto l’amante»… «Mia moglie s’è fatta l’amante». Patapam giù dal pero. Eh, certo. Anni e anni di Incantesimo qualche conseguenza la portano. Si tradisce per dare una risciacquatina all’amor proprio. Lui non mi desidera più? Lei non mi desidera più? Molto bene. Nell’eventualità che conosca quella giusta che me gusta mi metto sul mercato. Oddio, non sarò proprio la Kidman ma con un adeguato dondolio pelvico qualche ormone lo faccio ancora risvegliare. Va be’, certo che Banderas è un’altra cosa, però io se mi metto d’impegno faccio ancora ballare la giga alle giovani pollastre. E si tradisce. E ci si fa l’amante. Participio presente. Quella che ama. Che non è la moglie. O la fidanzata. Nomi comuni di cosa. Banali sostantivi che non sono un’azione. Per i tradimenti però, credetemi, bisogna esserci portati. Avere ’sta dote lì. Altrimenti è come fare in banca un investimento ad alto rischio. Senza capitale garantito. Finisci che perdi tutto. Nella vita, nulla rimane mai uguale a se stesso. Perché la coppia dovrebbe? Bisogna imparare a trasformarsi. L’ha fatto persino la Pivetti. Fino a qualche anno fa si vestiva come Madame Curie adesso sembra Madame Brutal. Io, sulle questioni d’amore, mi fido solo del filosofo Marco Ferradini e del suo bel Teorema. «Non esistono leggi in amore», dice lui. Giusto. Che ogni coppia trovi la sua. Lui sì che la sa. Non si sarebbe garantito la pensione con i diritti della Siae.

Donne con le palle

Buonanotte al secchio. È tutta colpa del corpo calloso. Altro che cucche. Noi baiadere non solo abbiamo fianchi consistenti, polpacci da lottatore di sumo e pancette da piccolo buddha, ma anche un corpo calloso più spesso. Che sarebbe a dire che con gli anni ci abbiamo fatto il callo? Anche. Ma Piero Angela la spiegherebbe diversamente. Praticamente nelle donne il fascio di fibre nervose che collega l’emisfero destro a quello sinistro del cervello è più voluminoso. Questo significa che pensiamo più in fretta, parliamo più veloce e facciamo prima a darci una mossa. Gli uomini invece, avendocelo piccolo piccolo, il corpo calloso intendo, non possono contare su connessioni rapide degli emisferi. Quindi riescono a fare una sola cosa per volta. E a pensare un solo pensiero. E son pure pieni di fisime. È per via dello stramaledetto corpo calloso che nel lasso di tempo che impiega il nostro boy a cambiare le pile dell’orologio a muro noi sparecchiamo la tavola, prepariamo il caffè, stendiamo il bucato, raschiamo le carote, scendiamo il cane, concimiamo le begonie e telefoniamo all’amante. Il mio visir. Adesso vi racconto. In autostrada quando arriva al casello abbassa l’autoradio. Normale? Be’, sarebbe normale se lo facesse per sentire chiaramente quel che dice il casellante. Peccato che noi abbiamo il telepass. Il benedetto, santissimo telepass. Bippp… Lui non ce la fa a superare il casello e ad ascoltare gli Steely Dan contemporaneamente. E io son lì col mio corpo calloso che freme. E allora chiudo gli occhi e penso positivo. Penso che forse è proprio grazie a lui, a quel ponticello del cervello, che col tempo noi donne ci siamo emancipate. Abbiamo raggiunto la quasi parità. E quando riusciamo a fare le cose per benino ci dicono pure che siamo donne con le palle. Mammamia che orrore. Io non voglio essere una donna con le palle. Le tette mi bastano e avanzano. Non so voi ma io non l’ho mai avuta ’st’invidia del pene. Ho avuto nostalgia, qualche volta. Ma chi lo vuole? Lo stimo, il pene. È un bell’articolo, per carità. Sa essere divertente quando si impegna. Quando non ha bisogno di un viagra station wagon. Ma che rimanga lì dove è sempre stato. Non mi interessa assolutamente. Neanche in saldo. Io voglio rimanere una donna normale. Che non si fa mettere i piedi in testa ma sa tollerare. Invece adesso serpeggia tra il gentil sesso ’sta mania della rivincita. Vogliamo avere sempre ragione. Anzi. Riprenderci la ragione. Non essere felici. Eppure ce l’abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi. È di questo che si muore. Si muore nell’ostinato tentativo di avere ragione. Ma la ragione non è mai tutta da una parte. Con il corpo calloso che ci ritroviamo dovremmo capirlo, no? Per avere ragione si è disposti a tutto. Anche a guastare la vita propria e quella degli altri. Io ho deciso. Non voglio avere ragione. Voglio essere felice.

La coppia primitiva

Sono spossata. Mi sento fatta di purea. Non ho ancora compiuto quarant’anni eppure quando mi piego scricchiolo come un’armoire del ’700. Da qui ad arrivare alla poltrona reclinabile con telecomando sul bracciolo e al salvalavita Beghelli mi sa che è un attimo. È stato il trasloco a darmi il colpo di grazia. Ebbene sì. Sono andata a vivere col mio boy. Abbiamo fatto questo passo. Lo so, è un po’ presto, siamo ancora tanto giovani. Avevamo tutta la vita davanti. Solo che dopo un po’ che si bivacca da casa tua a casa sua, tu non sai più dove sia finito il tuo tubino nero e lui dove siano spariti i suoi boxer con la fantasia di briglie e cavalli da corsa, tu hai la borsa che trabocca di suoi calzini spaiati e lui la ventiquattrore con i tuoi collant, a te viene il sorriso da pescecane e a lui si sfrangiano i maroni come la giacca di Pecos Bill. Arriva il momento in cui dici: basta. Cerchiamo una cacchio di casa e facciamola finita. Diciamo la vera verità: si va a vivere insieme per sfinimento, non è che si cerca un romantico nido. Quello magari succede quando ci si sposa. Quelle cose normali. Che si sta fidanzati per un pochino, poi lui ti dice: «mi sposi?», tu piangi e fai finta di essere sorpresa ma in cuor tuo aspettavi che quel pirla te lo chiedesse da almeno nove mesi, si cerca la casa, poi i mobili, si fa la lista nozze… e via via finché si arriva al divorzio che è un po’ la fine che facciamo tutti quanti. Ci sono anche quelli seri (ormai un’esigua sacca di popolazione terrestre) che dormono e fanno l’amore per la prima volta il giorno delle nozze. Ma lì si tratta di cose ai confini della realtà. Robe da servizio su «Gaia: il pianeta che vive». Sono choc dai quali è difficilissimo uscir fuori. Noi venimmo alla luce biologicamente costruiti per essere autonomi come le caldaie. Ma poi la storia dell’umanità subì una repentina inversione di marcia. Adesso vi spiego. Molte ere fa l’uomo primitivo viveva libero e indipendente, una foglia di fico per nascondere le pudenda e gli occhi pieni di spazio e orizzonti, poi a un certo punto gli successe qualcosa. Improvvisamente, tornato dalla caccia e messosi a sbranare da solo una coscia di brontosauro nano sentì una necessità impellente. Un bisogno incontenibile. Un’urgente voglia di donna. Di femmina. Ma mica per soddisfare un impulso sessuale. Tutt’altro. Per un desiderio che partiva da più in alto. Dallo stomaco. L’uomo primitivo cercò una femmina sapete perché? Perché gli preparasse il contorno. Due patate alla brace, una palletta di erbette, qualche asparago alla piastra. Fu il suo tratto digerente a richiedere la presenza femminile. E una fisiologica mancanza di fibre e vitamine a decretare l’unione tra lui e l’altro sesso. Dall’esigenza del contorno nacque la convivenza. I trattati di evoluzione non ne parlano ma io sono sicura che deve essere andata proprio così.
P.S.: Poi l’uomo non sazio chiese alla donna di procurarsi la frutta. Lei staccò una mela dall’albero… e il resto è storia nota.

Il rotolo finito della carta igienica

Peccato che l’impollinazione non sia contemplata nelle abitudini sessuali della nostra specie. Sarebbe fantastico. Noi qui col nostro bocciolo, loro lì con i rispettivi pistilli, ciascuno nella propria aiuola e fanno tutto le api. E invece no. Sempre lì a pestarci gli alluci. L’uomo del mio destino ha un’abitudine che lo ammazzerei con le mie mani non fosse che pesa otto volte me. Quando deve riavvitare la caffettiera la stringe fino allo spasimo. La lucchetta in una morsa diabolica. Potesse ci piazzerebbe sopra anche i sigilli di ceralacca. E se io decido di farmi un caffè per riaprirla devo prenderla a morsi o chiamare i vigili del fuoco. Tanto svitarla per lui… tric, è un attimo. E che ci vuole? Ci vuole che ti odio. Ci vogliono dei bicipiti come i tuoi, esondato nel cranio! Stessa cosa per il freno a mano. Tira che ti ritira prima o poi si staccherà. Prego il cielo ogni giorno. E poi cosa metti il freno a mano a fare? Abitassimo a Salice d’Ulzio lo capirei. Ma via Juvarra è tutta in piano. Non posso passare le mattine a prendere a roncolate la leva del freno col tacco dello stivale che è di gomma e mi rimbalza sul naso. Per quanto tempo ancora dovrò chiedere aiuto ai passanti che già da anni si erano fatti l’idea che fossi deficiente e in questo caso ne hanno la conferma? E poi ditemi. I vostri boy come sparecchiano? Il mio, che è un pirla praticante, con la tecnica del discobolo. A lancio. Tutto si tira e tutto si distrugge. Si butta in frigo a caso, a mosca cieca. Così la mozzarella finisce nel portauovo, il prosciutto nel cassetto della verdura e la pentola della minestra, visto che scagliarla è un po’ un azzardo, la si appoggia in bilico su due mandarini. Un raro caso di minestra basculante. E lo strazio della lavastoviglie? Il maschio per sua natura aborre il caricamento della lavapiatti. Proprio non ce la fa. Troppo complicato. D’altra parte è molto complesso arrivare con la mente a immaginare che il manico della padella messo così di punta impedisce alle pale di girare. E che magari prima che si intasi il tubo di scarico togliere dai piatti le pelli del cotechino, le lische di triglia e le bucce pelose dei kiwi è meglio. Mi pesa aprire la questione «rotolo finito della carta igienica» ma il dovere della denuncia mi chiama. Quanto deve passare prima che ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Col cavolo
  4. Moglie, nome comune di cosa
  5. Donne con le palle
  6. La coppia primitiva
  7. Il rotolo finito della carta igienica
  8. Mi è sparito il punto G
  9. L’indice di virilità
  10. Meglio di lui
  11. Gli uomini in bagno
  12. Tapparella: su o giù
  13. Elettrointelligenti
  14. Rumori modesti
  15. Cosa fa battere il cuore agli uomini? Il pacemaker
  16. L’unica ragione per sposarsi
  17. Chi porta giù la spazzatura?
  18. Codici di coppia
  19. Ranuncoli di plastica
  20. I love you s.q.
  21. Via il tanga via il dolore
  22. Il mare è pieno di pesci
  23. Gli animali e le bestie
  24. Le loro cose
  25. L’artigiano dei miei sogni
  26. Quando gli uomini dicono che vanno a giocare a calcetto
  27. Carlo Azeglio inciampi
  28. Il gambaletto antistupro
  29. Gli amici di lui
  30. Le amiche di lei
  31. Gli uomini quaglia
  32. Una brutta piega
  33. C’è da rifare la facciata
  34. L’intimo tormento
  35. La vita è bassa
  36. La mia compagna miss
  37. La pillola quattro stagioni
  38. Fidanzati di riserva
  39. Gli uomini preferiscono le mute
  40. Tan tan tan!
  41. Ci mancavano i metrosessuali
  42. Nonna Jessica e nonno Maicol
  43. Fratelli e coltelli
  44. Interdet
  45. La dieta del gorgonzola
  46. Il biscione e la tarma
  47. L’assorbente da treno
  48. Donne panate
  49. Che cellulare c’hai?
  50. Dichiarazioni d’amor
  51. I masochisti della pizza
  52. Colleghe scollegate
  53. La minestrina
  54. Il pirlificio
  55. Lui russa
  56. Le commesse mastrolindo
  57. Oh, happy day!
  58. Il concerto di Capodanno
  59. È Natale e io ti odio
  60. Cosa c’è dietro al retrogusto?
  61. Gli agenti immobiliari
  62. No
  63. Mascheroni
  64. Macedonia cinese
  65. La patologia del camaleonte
  66. Nonni di oggi
  67. Lo sposo in bianco
  68. Una pratica bomboniera sturalavandini
  69. Quelli che le han tutte
  70. Sciocco shopping
  71. Citofoni spanati
  72. Siamo serial
  73. Dalla Romania a casa mia
  74. La seccatura dell’umido
  75. Hai provato il fidanzato flambé?
  76. Vacanze: evitiamo quasi tutto
  77. Standing ovulation
  78. Che vacanze!
  79. Ricordi, souvenir e chili in più
  80. L’essenziale è crederci
  81. Offinito
  82. Ringraziamenti
  83. Copyright