Non è vero niente. Tutto quello che ho raccontato finora me lo sono inventato. Non può esistere una Stanza dove non passa il tempo. Non possono esistere gli uomini copia e i Mondi Paralleli. La verità, purtroppo, è un’altra ed è terribile: io sono una persona sola che più sola non si può. Ora, per chi non lo avesse ancora capito, la solitudine è una brutta bestia: è una condizione davvero difficile da sopportare. A casa ho tantissimi libri, alcuni belli, altri bellissimi, altri addirittura indimenticabili, ma non posso stare tutto il giorno a leggere, oppure a vedere la televisione, o a sfogliare i giornali. Prima o poi dovrò pure pensare, ed è a quel punto che cominciano i guai. Ho bisogno di esseri umani da toccare, di uomini e donne da guardare negli occhi e con i quali discutere. Di cosa? Non lo so: l’importante, però, è avere opinioni diverse. Ho bisogno di parlare, di sentire, di stringere una mano, due mani, cento mani e magari anche di litigare. Insomma, ho bisogno di comunicare. Se invece di inventare l’Aspirina, l’Aulin e il Viagra, avessero inventato una pillola che non fa pensare, io oggi non avrei tanti problemi, e non sarei costretto a elemosinare la compagnia di un signor Taleequale, ovvero di un interlocutore inventato. Mi si dice che per queste cose esistono i tranquillanti, che non a caso si chiamano così. D’accordo, li conosco e a volte li uso anche, se non altro per dormire. Ma il sonno dura quello che dura. E poi? Quando mi sveglio che faccio? Prendo un altro tranquillante? Nossignore, a quel punto mi vedo costretto a pensare. Ciò detto, butto giù, come capita capita, alcuni paragoni: la solitudine è come il freddo, l’amore è come il fuoco, l’amicizia è come una coperta di lana. Avrei bisogno di una bella coperta di lana.
Questi erano i miei pensieri quando sentii il suono di un violino. Questa volta, però, non si trattava di una sonatina allegra come quella di ieri, ma di una musica sacra, tipo Händel o Bach tanto per intenderci. Io poi non sono un grande esperto di musica classica e quindi non riconosco gli autori. Mi volto e lo vedo: Taleequale è vestito da prete. Prende una delle seggioline e mi si siede accanto.
«Da quanto tempo non ti confessi?»
«Oddio, adesso ti sei messo a fare il prete! Ci mancava pure questo! Ma lo fai solo per me o lo fai anche nel Mondo Parallelo?»
«Sono cose che non ti riguardano. Pensa piuttosto a rispondere: da quanto tempo non ti confessi?»
«Non ho nessuna voglia di raccontare i fatti miei al primo venuto.»
«Io non sono il primo venuto: sono la tua copia, il tuo alter ego. Non te lo dimenticare. Mi devi rispetto! Adesso, però, non discutere: da quanto tempo non ti confessi?»
«E vattelo a ricordare! Forse dal ’61, dal mio matrimonio, o dal ’66, dalla mattina del funerale di mamma.»
«E in tutti questi anni che peccati hai commesso?»
«Sarei tentato di dire “nessuno”, poi, però, mi toccherebbe spiegarti che cos’è per me il peccato e non ne ho voglia. Faccio prima ad ammettere che qualche peccato devo averlo commesso anch’io.»
«Sì, ma a reati penali come sei messo? Intendo dire, evasione fiscale, falsa testimonianza e altre cose del genere.»
«Al massimo un divieto di sosta, o un passaggio col rosso. Francamente non ricordo altro.»
«Va be’, ho capito: hai voglia di scherzare. Ma cominciamo con gli atti impuri. Li hai commessi o non li hai commessi?»
«Certo che li ho commessi. Come tutti immagino… ma non così di frequente come pensi tu.»
«Da solo o accompagnato?»
«In tutti e due i modi: da solo e accompagnato.»
«E allora raccontami il primo che hai commesso da accompagnato.»
«Beh, avrò avuto tredici anni, o forse quattordici. Accadde a Cuma nelle grotte della Sibilla, durante una gita scolastica. Io stavo in quarta ginnasio. Mi capitò di baciare una compagna di scuola.»
«Sono qui tutto orecchi. Dimmi i particolari.»
«Oggi il bacio è un atto preliminare. Ai miei tempi, invece, era un traguardo: consacrava un’unione. Se una ragazza te lo concedeva voleva dire che era innamorata, ma proprio molto innamorata. Il mio primo bacio fu seguito subito da uno schiaffo. Lei si chiamava Lilly e aveva i capelli rossi. “Me l’avevano detto che eri un depravato” mi disse “ci hai messo la lingua.” “Non è vero, non ce l’ho messa” risposi io. “Sì che ce l’hai messa!” urlò lei e giù un altro schiaffo. Sto parlando degli anni Quaranta. Poi qualcuno mi raccontò che a Parigi gl’innamorati si baciavano per strada come se niente fosse, e io, ovviamente, non ci credetti. Fosse accaduta una cosa del genere a Napoli li avrebbero arrestati nel giro di cinque minuti. Oggi, invece, succede ovunque e nessuno ci fa caso.»
Così ebbe inizio la confessione. Taleequale si era messo in testa di farmi spifferare tutti, ma proprio tutti, i miei fatti personali, anche quelli più intimi, e non ci fu verso di fargli cambiare idea. Il libro che avrebbe dovuto scrivere aveva per lui un’importanza prioritaria, ragione per cui tanto mi tormentò, e tanto mi mise sotto, che riuscì a farmi parlare di tutto, anche degli amori che più mi avevano fatto soffrire, degli amici con i quali avevo litigato, e perfino dei critici letterari che avevano parlato male di me. Di questi ultimi, poi, volle sapere vita morte e miracoli, e fino a che punto mi stavano sulle scatole.
«Ammetti di non essere mai stato trattato secondo i tuoi meriti» mi fa, tanto per provocarmi. «Ora tra questi critici ci sarà stato qualcuno che hai odiato più degli altri, e allora coraggio: fammi nome e cognome.»
«Addirittura odiato! Adesso non esageriamo. L’odio è un sentimento importante: non lo posso sprecare per un critico che mi ha stroncato. Al massimo potrei ammettere che mi sta antipatico. E poi, ora che ci penso, nessuno mai mi ha stroncato. Nel peggiore dei casi sono stato definito “scrittore napoletano”, oppure “scrittore umorista”, dove sia napoletano che umorista erano usati come termini riduttivi. Per il resto, diciamo la verità, mi hanno semplicemente ignorato. Ma non mi sembra un affronto tale da scatenare l’odio.»
«D’accordo per l’odio,» insiste Taleequale «ma tu come ti spieghi che in tutta la tua carriera non hai mai vinto un premio letterario importante… che so io: uno Strega, un Viareggio, un Campiello…?»
«Beh, a essere sincero, non li ho mai desiderati più di tanto. Ora, attenzione: non voglio fare la volpe che sta disprezzando l’uva, ma da ragazzo ho troppo amato l’atletica leggera per credere nei premi.»
«Che c’entra adesso l’atletica leggera?»
«C’entra, c’entra, perché in atletica non esistono le giurie. I concorrenti si mettono in mutande, e questa è già una bella cosa. Poi c’è un signore vestito di bianco chiamato starter che dice: “Pronti, attenti, via”. Dopodiché tutti si mettono a correre: il più bravo arriva primo, e si vede, e il meno bravo arriva ultimo, e anche questo si vede. Magari fosse possibile fare una cosa del genere anche per gli scrittori. Io già me li vedo tutti i miei colleghi in mutande! Il mestiere di critico letterario, invece, deve essere una fatica terribile. In Italia si pubblicano più di cinquantamila libri l’anno. Lui, poverino, non li può leggere tutti, e allora che fa? Incasella gli autori in diversi scomparti e poi giudica in base alle classificazioni che si è costituito in partenza. In altre parole, come esistono i non vedenti e i non udenti, esistono anche i non leggenti, che poi sarebbero i critici letterari.»
«Sì, ma tu che hai fatto per convincerli a inserirti in uno scomparto più qualificato? Non hai fatto niente: ammettilo!»
«Beh, questo è vero: il primo errore è stato quello di non morire. Già immagino i titoli delle pagine culturali quel triste giorno: saranno tutti pieni di elogi per le cose che ho scritto. Di sicuro ne sarò orgoglioso… Peccato che li leggerò solo dall’alto dei cieli, forse con un telescopio. Poi per consolarmi mi dico: “Pazienza. Non si può avere tutto nella vita”. Voglio dire sia le vendite che le recensioni. D’altra parte i posteri sono sempre stati più generosi dei contemporanei. Lo diceva anche Flaiano: i contemporanei hanno il grande difetto di essere contemporanei.»
«E non basta» insiste Taleequale, affondando il coltello nella piaga. «Spesso e volentieri ti sei fatto fotografare accanto a belle donne, e il successo in certi campi, si sa, non te lo perdona nessuno.»
«Sulle donne hai ragione. Magari è anche per via del sesso che si parla bene dell’artista defunto: lui, poverino, certe cose non le può più fare e allora tanto vale coprirlo di elogi. Puoi anche aggiungere che gli umoristi vengono rivalutati solo a tumulazione avvenuta. Totò, tanto per fare l’esempio più citato, da vivo era solo uno dei tanti comici napoletani; oggi, invece, da morto, è stato paragonato a Chaplin, ed è stato elogiato perfino dagli americani.»
«A proposito di Totò, lo hai mai conosciuto di persona?»
«Sì che l’ho conosciuto, e tu dovresti saperlo dal momento che facevi la mia copia anche a quei tempi. E ora che ci penso, non capisco perché ti debbo raccontare tutte cose che già conosci.»
«Certo che le conosco!» risponde Taleequale alquanto risentito. «Ma se te le chiedo è perché mi servono raccontate da te, quindi con i tuoi commenti.»
«Per la biografia?»
«È ovvio: per la biografia. Perciò, sempre che non ti costi troppa fatica, ti dispiacerebbe raccontarmi di quella volta che andasti a trovare Totò dopo lo spettacolo, al Politeama?»
«Fu un’esperienza indimenticabile» rispondo, non potendo fare a meno di commuovermi al ricordo. «Lui stava ancora facendo la passerella finale con la marcia dei bersaglieri quando, insieme ad alcuni amici, riuscii a intrufolarmi dietro le quinte. Totò arrivò sull’eco degli applausi e s’infilò come un fulmine nel suo camerino. Evidentemente non vedeva l’ora di togliersi di dosso gli abiti di Totò per indossare quelli del principe. Noi lo aspettammo fiduciosi. Sapevamo che sarebbe stato gentile con noi studenti. Eravamo un gruppo di universitari in divisa…»
«In divisa?»
«Sì, col cappello goliardico in testa, quello a punta, con tutti i ciondoli attaccati ai lati.»
«E lui che vi disse?»
«Guagliù,» ci disse «non credete che io non capisca: voi qua non venite per me, voi qua venite per vedere le ballerine da vicino, e allora non rompete le scatole a chi è stanco e datevi da fare.»
«Beh, le ballerine di Totò erano il massimo all’epoca!»
«Poi, quando l’accompagnammo all’uscita degli artisti, Carmelina, la portiera del Politeama gli disse: “Principe, c’a Madonna v’accumpagni” e lui, pronto: “Carmeli’, ma secondo te san Giuseppe non si scoccia che la Madonna mi accompagna tutte le sere?”. Questo era Totò, un vero gentiluomo.»
«E tu, con le ballerine, hai mai combinato niente?»
«Purtroppo no: non avevo una lira.»
«Dopo, però, quando sei diventato ricco e soprattutto uomo di spettacolo, ti sei rifatto.»
«Senti, dal momento che siamo entrati in argomento, e che mi sto confessando, chiariamo una volta per tutte questa faccenda delle donne: io non ho conosciuto intimamente nemmeno il cinque per cento delle signorine che mi sono state attribuite come amanti sui rotocalchi. Il merito di questa fama, credimi, è tutto dei paparazzi romani. In molti ristoranti della capitale, infatti, è lo stesso cameriere che, non appena intravede il vip (parola che odio) in compagnia di una bella ragazza, telefona al paparazzo e becca cinquanta sacchi per ogni foto pubblicata.»
«E dulcis in fundo,» infierisce Taleequale «mettici anche la puntualità con cui finisci nelle liste dei bestseller. Questa poi, scusami se te lo dico, è proprio una mancanza di sensibilità nei confronti dei colleghi meno fortunati! In altre parole, tu sottovaluti l’invidia che è pur sempre un sentimento umano.»
«Beh, sulle vendite non posso farci niente. Non è colpa mia se ci sono scrittori che vendono meno. Forse bisognerebbe fare una legge speciale per gli addetti ai lavori: chi fa il critico non può scrivere libri e chi scrive non può fare il critico. Ovviamente a me fa piacere comparire nei primi posti delle classifiche, pazienza, poi, se mi perdo le recensioni. Che vuoi che ti dica: me ne farò una ragione.»
«Ma a parte i critici, come sei messo con i colleghi napoletani?»
«Beh, con due di loro, Domenico Rea e Luigi Compagnone, ho avuto ottimi rapporti. Domenico Rea, Mimì per gli amici, era praticamente un pazzo. I primi aggettivi che mi vengono in mente pensando a lui sono: simpatico, viscerale e sessuomane. Lui...