
- 176 pagine
- Italian
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Solstizio
Informazioni su questo libro
Nella pacata ed elegante compostezza della sua dizione, nella chiarezza della sua pronuncia, Roberto Deidier riesce a dare un'espressione e una ben compiuta forma a quel groviglio di sottilissime inquietudini e tensioni che è verosimilmente all'origine di questi testi, di questo compatto organismo-libro. Figura emblematica in Solstizio è forse allora un personaggio felicemente centrale ispirato a un racconto di Kafka, cioè il trapezista, l'acrobata, sempre pericolosamente in bilico sul vuoto, sempre impegnato in un arduo eppure splendido e spettacolare gioco con gli attrezzi del suo esercizio, attrezzi che sono in fondo come gli strumenti stessi del vivere, nelle normali, quotidiane contraddizioni dell'esistere, dove tra luce di vita e buio di morte lo scarto sembra a volte essere minimo o addirittura irrisorio o fortuito. Ecco allora che il poeta esprime il senso del proprio smarrimento di un rapporto semplice e naturale con l'esserci e le cose, in un presente, da vivere intensamente, ma che sembra ogni volta già dissolversi verso un futuro insidioso. E per trovare il valore di un'origine solida e attendibile, Deidier compie, in una sezione importante di Solstizio, un suo viaggio poetico alla ricerca delle proprie fonti anche nei padri e nelle madri di un occidente biblico. Come si può intuire, dunque, questo libro – che segna la piena maturità di un poeta e il punto più alto della sua ricerca – è un'opera al tempo stesso coerente e composita, che passa da brevi testi lirici ad altri di più ampia articolazione poematica, che attraversa i temi dell'amore e del dolore, che osserva con sguardo acuto la realtà circostante, i luoghi e le città , leggendo il senso della vita come nelle declinazioni opposte del solstizio, e dunque nell'aprirsi dello splendore estivo e poi nel ritorno dell'oscurità invernale.
Domande frequenti
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Informazioni
AMATO SULLA TERRA
Dove vanno nel sonno le città ,Gli invisibili interstizi del cieloChe catturano stormi e orizzonti,E i popoli dell’acqua, come cessanoLe semplici funzioni della vitaE del suo rumore resta appenaIl lento roteare del pianeta...Apri gli occhi,Tenuti spenti lungo tutto il giorno,Occupa il buio che non hai saputo accendere,Per ogni immagine perdutaUna verità in quel buio si fa strada.
I
Dissidio tra due equinozi
Ogni volta che prendo l’ascensoreE salgo da terra a un piano altoMi trovo nella galleria di fugaDi una centrale atomica in panneE non riesco a comporre l’equazioneTra distanza, velocità e salvezza.Ogni volta che pedalo per i campiSono la staffetta più veloce,La lunga teoria nemica appena mossaDal paese, dopo il rastrellamento.Quanta fatica a nascondere i fattiChe fino a notte tarda ci fruganoLì dove restiamo spogli più che un pioppoA dicembre, sotto un cielo in frantumi.Le vite affannate non riscattanoPazienze, saluti, messe a fuocoDolorose a ogni cambio di stagione.
Panormos
Non vedo nella luce verde dell’albaI traghetti che attraccano: assistoAlle partenze, quando il cielo è scuro.Oltrepassano la diga foraneaIncalzando le eliche e una spumaSpessa insegue i loro nomiE i colori delle bandiere a poppa.Dove sono diretti, verso quale largoE le stelle che inseguono o accompagnanoHo creduto di conoscereCome parole in viaggio sopra un mare bianco.
Un paradiso di latta, dove il soleRegala miraggi a basso costo.La morte è una restituzione,Ma a chi? hanno ancora parole,I morti? Un fatto annotatoSul registro di bordo. E si ritornaA casa. Non la tua, non quellaChe hai costruito o ti sei guadagnato,Quella che ti ha scelto.
Il ragno e la luna
La casa è in ombra, nell’ora azzurraChe sta tra il giorno e il primo imbrunire.Le sta addossato un piccolo patioCome un grumo di nuvole s’addossaA un cielo che non vuole piovere.Si scorgono, infatti, nuvole in agguato.Pioverà questa sera? Dal ramo più altoIntanto il ragno se ne scende filandoE prima che precipiti sul tettoAfferra la luna tra le zampe.
Alba
Non dorme, si rigira, le serrandeFiltrano il latte oscuro dei lampioni,Prematerico silenzio uniforme.Non dorme, si rigira, passa l’alba,Ridisegna le stanze dove scorreE il mondo fuori, la buia cornice,Ora al centro ha di nuovo l’araucaria.Io sono stato il primo che ha cantatoPuò dire dio o chi per lui spezzavaQuel silenzio musicando le forme.Nel pulviscolo di questa penombraSale un fruscìo di ruote dalla strada.Sono i ciclisti ad annunciare il giorno,Un cane abbaia verso la statale.
Quando il futuro insiste
Diamo a dio un po’ di memoriaUn computer per il giudizio universale,Un file excel per ogni peccato.Al successo degli altri rovesciamoIl cannocchiale, perché non c’è storia,Qui, e neppure naturaE i bambini cantano come gli uccelliE gli uccelli restano per sempre bambini.E il destino è un lamento lontano.La bilancia pende dove vuole il ventoQuando giunge sul piatto un granelloDella sabbia alzata nel deserto.
Incontro in differita
Nessuno di noi ha rotto il silenzio.I segreti, scambiati già da un pezzo.E una voragine di secoli arrabbiatiFiniti sotto un suolo straniero.Non ci viene in soccorso alcun versetto.Abbiamo scordato i ritornelliDei nostri inni chiusi in un juke-box.Non so in che lingua mi vorrai parlare,Se lo farai. E soprattutto non soSe vivi ancora nella stessa casaO sei venuto dall’altra parte della gabbia.
Ogni volta che Antigone parlaUna freccia precisa mi apreUn meridiano nel cuore, lo spartisceTra obbedienza e libertà .Non so più chi accompagnare.La parte di me che restaO quella sul punto di andare.Così sospesi, come in un giornoDi vacanza, in attesa del doloreChe svuota la testa,La calma finta dopo una tempesta.
Mantegna
Lo spazio è tutto e un muro non separaL’io dal suo doppio infernale.Ogni mattone è sudore e specchioE il metro traccia il solco dei cadaveri.Un cerchio, poi un quadrato, l’esattaUmanità di quale ideaGettata al cielo delle stelle fisse.Architetto, se ogni punto è un centroChe impreciso zenit sorprende ogni tuo passo...
Heisenberg
Si erano seduti distanti, sullo schermoIl proiettore mandava fotogrammiDi corpi piegati a un desiderio finto.A tratti si voltavano, sperandoChe l’altro non facesse lo stesso.Sapevano perché erano lì,Immaginavano il viso del ragazzoDa entrambi un tempo amato.Accadeva nella tarda serataDi un inverno senza freddo, senza pioggia.All’uscita un rapido cenno,Si perdevano in frettaTra i fanali delle auto e i lampioni.
Medusa
... Non si può allungare la manoEsitante, fino a sfiorare le scaglieChe riflettono una luce irreale,E le lingue divise, rischiando i morsiComunque fatali e la repulsioneAi lenti rituali della morte,Scendere le sue ampie scaleCon la solennità degli addii,A occhi chiusi, perché aprendo un istanteLo sguardo su quel volto inaccostabileNon troveremmoChe le pietre dei nostri occhi...
Mantova
Come un miraggio nel primo tramontoIn un libro di storie orientaliSi ripete nella sua lontananzaE lo sguardo che l’immaginaCorrendo sale gli argini,Attraversa una piazza deserta.Al mattino incrocia angeli indiscretiDa un vecchio soffitto, poi s’accorgeChe non c’è ombra a terra,Solo un riflesso d’acqua dai vetriAi muri, ma dicono che è un sogno.
Variazioni su Atropo
Per nulla innocenti, quelle due –L’una che troppo sottilmente va filando,L’altra che prende misureImprobabili. Ma è con la mia forbiceChe infine ognuno se la prende.Non si sale alle madri, si discendePer balze o gradini, l’esperi...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Solstizio
- LA STATUA DI SALE
- UN POSTO CHE NON È NOSTRO
- IL SECONDO TRAPEZIO
- DIECI POESIE VISSUTE A PALERMO
- DERIVE DI UN TEMPO ORDINARIO
- LA FOSSA DEI LEONI
- AMATO SULLA TERRA
- MUSA
- NOTA
- Copyright