16
Quello che vide dalla porta, ciò che aveva provocato il movimento brusco di suo padre, lei l’aveva già visto, quand’era bambina. L’immagine le passò nella mente come un lampo. Era un’illustrazione di un libro che Mona aveva ereditato da sua madre, la nonna che Linda non aveva mai conosciuto. Un volume grosso e pesante dai caratteri antiquati, un libro di racconti biblici con illustrazioni protette da fogli di carta velina. Una delle figure era uguale a ciò che stava vedendo adesso, con una sola differenza. Nel libro l’immagine raffigurava la testa barbuta di un uomo con gli occhi chiusi, posata su un vassoio luccicante e con una donna sullo sfondo, Salomè avvolta nei suoi veli. Quell’immagine le aveva sempre ispirato un orrore indicibile.
Forse fu solo in quel momento, quando l’immagine sfuggita dal libro o dalla sua memoria diventò quella di una donna, che la forte impressione vissuta nell’infanzia scomparve. Linda fissò la testa mozzata di Birgitta Medberg sul pavimento di terra battuta. Accanto c’erano due mani intrecciate. Linda udì gemere suo padre e sentì la sua mano che la spingeva via.
«Non devi vedere questa roba» le gridò. «Va’ a casa. Non devi vedere questa roba.»
Poi chiuse la porta con forza. Linda tremava dalla testa ai piedi. Si arrampicò lungo la parete del burrone, strappandosi i pantaloni. Suo padre veniva subito dietro di lei. Corsero finché arrivarono al sentiero più grande e battuto.
«Cosa diavolo sta succedendo?» ansimò lui. «Cosa diavolo sta succedendo?»
Telefonò alla centrale per chiedere rinforzi. Lei sentì le parole in codice che usava per tenere lontani almeno alcuni dei giornalisti e dei perdigiorno che ascoltavano la radio della polizia. Poi ritornarono al parcheggio e aspettarono. Trascorsero quattordici minuti prima che in lontananza si udissero le sirene. Nel frattempo loro due non si scambiarono neanche una parola. Lei avrebbe voluto stare vicino a suo padre, ma lui si voltò e si allontanò di qualche passo. Linda era stordita. Contemporaneamente, sentiva arrivare strisciante l’altra paura, quella per Anna. Doveva esserci un collegamento, pensò disperata. Adesso una delle due è morta, fatta a pezzi. Respinse quel pensiero e si sedette sui talloni, in preda a un capogiro. Suo padre la vide e si avvicinò. Lei si costrinse a reagire. Fece un cenno di diniego, non era nulla, era già passato.
Adesso fu lei a voltargli la schiena. Doveva pensare. Pensa con chiarezza, lentamente, freddamente, ma soprattutto con chiarezza! Era l’esortazione che le ripetevano di continuo all’Accademia. Sia che si trattasse di dividere degli ubriachi che si picchiavano oppure di impedire a qualcuno di uccidersi, si doveva sempre coltivare anzitutto la chiarezza. Un poliziotto che non pensa con chiarezza non è un buon poliziotto. Aveva trascritto questa frase e l’aveva incollata allo specchio del bagno e accanto al letto. Era questo che si pretendeva da lei, diceva la scritta cubitale sul muro. Pensare sempre con chiarezza. Ma come avrebbe potuto pensare con chiarezza in quel frangente, se aveva solo voglia di piangere? Nella sua testa non c’era nient’altro che lo spaventoso spettacolo della testa mozzata e delle mani intrecciate. E quel che era peggio, la fiumana nera pronta a straripare silenziosamente: che cosa ne era stato di Anna? Immagini si affollarono nella sua mente. La testa di Anna, le mani di Anna. La testa di Giovanni Battista e le mani di Anna, la sua testa e le mani di Birgitta Medberg.
Aveva ricominciato a piovere. Linda raggiunse di corsa suo padre e si aggrappò ai risvolti della sua giacca.
«Ora lo capisci che Anna può essere in pericolo?»
Lui la afferrò per le braccia.
«Calmati. C’era Birgitta Medberg là dentro.»
«Nel diario di Anna c’era il suo nome. E anche Anna è scomparsa. Non capisci?»
«Devi stare calma.»
Lei si calmò. O perlomeno rimase lì a guardarlo, sgomenta. Subito dopo l’urlo delle sirene si fece vicinissimo e le auto frenarono nel parcheggio. Gli uomini si radunarono intorno a suo padre, dopo essersi infilati stivali e impermeabili che avevano preso dai bagagliai. Lei era ferma poco distante, ma nessuno avanzò obiezioni quando si unì a loro. Martinsson fu l’unico che le fece un cenno di saluto. Nemmeno lui trovava da ridire sulla sua presenza. Fu in quell’istante, nel parcheggio vicino al castello di Rannesholm, che lei recise definitivamente il cordone ombelicale che ancora la teneva legata all’Accademia di polizia. Quando il gruppo di uomini entrò nel bosco, lei si accodò. Percepì l’autorità di suo padre ma anche il suo disagio quando ordinò che tutta l’area del parcheggio venisse transennata per tenere alla larga i curiosi. Pronunciò quelle parole come se stesse parlando di un tipo umano specifico, i curiosi.
Lei seguì il gruppo. L’ultima ruota del carro. Quando un tecnico della scientifica che camminava davanti a lei lasciò cadere un cavalletto, Linda lo raccolse e si offrì di portarlo.
Per tutto il tempo, la paura per la sorte di Anna le attanagliò la mente. Non era ancora in grado di pensare con chiarezza. Ma era a quel carro che doveva stare attaccata. Alla fine qualcuno, forse perfino suo padre, avrebbe compreso che non si trattava soltanto di Birgitta Medberg ma anche della sua amica Anna.
Seguì il lavoro della squadra mentre il giorno lentamente lasciava il posto al crepuscolo e poi alla sera. Le nuvole di pioggia andavano e venivano, il terreno era umido, le lampade che erano state montate creavano luci e ombre nel burrone. I tecnici della scientifica avevano aperto un sentiero fino alla capanna. Linda badava a non essere d’intralcio e non poggiava mai un piede a terra se non nell’impronta di qualcun altro. Ogni tanto incontrava lo sguardo di suo padre, ma era come se lui non la vedesse. Ann-Britt Höglund era sempre al suo fianco. Linda l’aveva incontrata qualche volta da quando era tornata a Ystad. Quella donna non le era mai piaciuta, aveva sempre avuto la sensazione che suo padre non avrebbe dovuto fidarsi troppo di lei. Ann-Britt Höglund l’aveva a malapena salutata; non sarebbe stato molto semplice lavorare con lei. Se mai fosse successo. Ann-Britt Höglund era un ispettore, Linda era un’allieva che si sarebbe dovuta accontentare a lungo dei teppistelli prima di fare la domanda di specializzazione.
Osservò il lavoro degli uomini, dove ordine e disciplina, routine e precisione sembravano confinare con il caos. Ogni tanto qualcuno alzava la voce, soprattutto l’irascibile Nyberg, che ce l’aveva con quelli che non stavano attenti a dove mettevano i piedi. Tre ore dopo, la testa e le mani furono rimosse e chiuse in sacchi di plastica. L’attività si fermò quando li portarono via. Benché la plastica fosse pesante, Linda intuì la forma del viso e delle mani di Birgitta Medberg.
Poi il lavoro proseguì, Nyberg e i suoi uomini continuarono i rilevamenti, qualcuno tagliava rami o eliminava sterpaglie, altri montavano lampade o riparavano generatori che perdevano colpi. Gente che andava e veniva, telefoni che squillavano, e lì in mezzo suo padre, fermo come se fosse stato immobilizzato da corde invisibili. Linda provò compassione per lui, perché era solo e perché doveva sempre essere pronto a rispondere a un fiume di domande, a impartire istruzioni e a coordinare la squadra. Un incerto funambolo, pensò. Un incerto poliziotto funambolo che dovrebbe dimagrire e trovare un rimedio per la sua solitudine.
Fu solo dopo molte ore che suo padre si ricordò di lei. Concluse una conversazione telefonica e poi si voltò verso Nyberg che stava mettendo alcuni oggetti sotto una delle lampade contro cui gli insetti finivano sfrigolando. Linda fece un passo avanti per vedere. Nyberg diede a suo padre un paio di guanti di plastica che lui si infilò a fatica sulle grandi mani.
«Quello cos’è?» domandò.
«Se non sei cieco dovresti vedere che è una Bibbia.»
Lui fissò impassibile il collega dall’aria bellicosa con i capelli radi e spettinati.
«Una Bibbia» continuò Nyberg. «Era sul pavimento, accanto alle mani. Ci sono delle impronte insanguinate, che potrebbero anche appartenere a qualcun altro.»
«L’assassino?»
«Possibile. Tutto è possibile. L’intera capanna gronda sangue. Un mattatoio. Deve essersi inzuppato di sangue.»
«Nessuna arma, di nessun genere?»
«No. Ma questa Bibbia, a parte le macchie di sangue, ha qualcosa di particolare.»
Linda si avvicinò ancora di un passo, mentre suo padre inforcava gli occhiali.
«L’Apocalisse» disse Nyberg.
«Non conosco la Bibbia. Vai al sodo.»
Nyberg fece una smorfia ma non si lasciò provocare.
«Chi può dire di conoscerla? Però l’Apocalisse è un capitolo importante, ammesso che si chiami così.»
Diede un’occhiata a Linda.
«Tu per caso lo sai? Si chiamano capitoli?»
Linda trasalì.
«Non ne ho la più pallida idea.»
«Ecco, nemmeno i giovani lo sanno. Insomma, il fatto è che qualcuno si è ingegnato a scrivere fra le righe del testo. Vedi?»
Nyberg indicò con il dito. Kurt Wallander avvicinò il libro agli occhi.
«Io vedo una specie di lanugine grigia fra le lettere.»
Nyberg chiamò qualcuno di nome Rosén. Un uomo imbrattato di fango fino all’altezza dello stomaco arrivò con una lente di ingrandimento. Kurt Wallander fece un altro tentativo.
«Sì, qualcuno ha scritto fra una riga e l’altra.»
«Ho decifrato due righe» disse Nyberg. «È come se la persona che ha scritto non fosse soddisfatta di quello che dice il testo. Come se avesse cercato di emendare la parola di Dio.»
Kurt Wallander si tolse gli occhiali.
«Non ti potresti esprimere in maniera più comprensibile?»
«Credevo che la Bibbia fosse la parola di Dio. Come devo dire allora? Comunque è interessante. Una persona normale si metterebbe a riscrivere i testi della Bibbia?»
«Un pazzo, dunque. Secondo te questa capanna è un’abitazione o un nascondiglio?»
Nyberg scosse il capo.
«Troppo presto per poter rispondere. Ma potrebbe essere tutte e due le cose.»
Fece un gesto verso il bosco scuro alle spalle dei riflettori.
«I cani stanno ancora perlustrando il terreno. I loro conduttori dicono che la vegetazione è quasi impenetrabile. Un posto ideale per nascondersi.»
«Qualche indizio?»
Nyberg scosse la testa.
«Non ci sono indumenti. Niente effetti personali. Non siamo nemmeno in grado di dire se chi abitava qui fosse un uomo o una donna.»
Un cane abbaiò nell’oscurità . Stava cominciando a piovigginare. Ann-Britt Höglund, Martinsson e Svartman arrivarono da direzioni diverse e si radunarono intorno a Kurt Wallander. Linda era lì, sullo sfondo, sulla linea di confine fra chi partecipa e chi è solo uno spettatore.
«Facciamo il punto» disse suo padre. «Cos’è accaduto qui? È stato commesso un omicidio atroce. Ma perché? Perché Birgitta Medberg è venuta qui? Aveva un appuntamento con qualcuno? È stata uccisa qui o altrove? Dov’è il resto del corpo?»
La pioggia gocciolava dagli alberi. Nyberg starnutì. Uno dei riflettori si spense. Nyberg diede un calcio al supporto buttandolo a terra e poi lo rimise a posto.
«Facciamo il punto» ripeté Kurt Wallander.
«Ne abbiamo viste tante» disse Martinsson. «Ma niente di paragonabile a questo. È l’atto di un folle. Ma dov’è il resto del corpo? Chi ha usato questa capanna? Dobbiamo partire da zero.»
«Nyberg ha trovato una Bibbia» disse Kurt Wallander. «Esamineremo le impronte digitali su tutto ciò che abbiamo trovato. Ma qualcuno ha scritto delle frasi fra le righe del libro. Che cosa ci dice questo? Dovremo chiedere ai Tademan se a volte vengono qui. Dovremo bussare alle porte. Vogli...