Ondeggiano i papaveri nei campi delle Fiandre
tra le croci, una fila dopo l’altra,
a segnare il nostro posto; e in cielo
le allodole, ancora cantano con coraggio, volano
a malapena si sentono tra le armi di quaggiù.
Noi siamo i morti. Pochi giorni fa
vivevamo, sentivamo l’alba, vedevamo il fuoco del tramonto,
amavamo ed eravamo amati, e ora giaciamo
nei campi delle Fiandre.
JOHN McCRAE, Nei campi delle Fiandre
C’era una tale pace.
Solo il gracchiare dei corvi e il lamento del vento. Come grida di battaglia mescolate ai sospiri di una madre.
— All’attacco! All’attacco!
— Ssh, figlio mio, dormi, dormi.
A perdita d’occhio si estendevano file e file di lapidi basse: bianche, pulite, ordinate. Come un esercito fantasma schierato per un’ispezione. Non su una grigia piazza d’armi ma su un morbido prato verde, tagliato di recente e punteggiato di papaveri al riparo all’ombra delle lapidi.
Era come se i campi fossero stati seminati con denti di drago. Ma anziché temibili guerrieri all’attacco, la terra aveva generato una dolce messe fatta di pietra, erba e papaveri.
Bianco su verde su rosso.
Verità su vita su sangue.
Perché i papaveri delle Fiandre sono di un rosso così intenso?
Hanno forse radici che si nutrono negli oscuri fiumi di sangue dell’Inferno?
Un corvo lucido con occhi perlacei era appollaiato su una lapide, come l’Angelo della Morte. Nero su bianco. Per tutti, simile alla lettera del re bordata di nero:
IL RE MI ESORTA AD ASSICURARVI
LA SENTITA VICINANZA DI SUA MAESTÀ
E DELLA REGINA AL VOSTRO DOLORE.
Pioppi si ergevano alti e dritti, come sentinelle dei morti, a segnare i confini del cimitero. E, intente a tuffarsi e a volteggiare nel cielo azzurro sopra gli alberi, c’erano allodole spensierate. Oggi il mondo intero poteva sentirne il canto. Le armi tacevano.
C’era una tale pace.
— Nonno, quanti tedeschi hai ammazzato?
Il vecchio non sentì. I suoi occhi e le sue orecchie erano persi in un tempo lontano che a lui sembrava fosse ieri.
— Nonno, li infilzavi o gli facevi saltare le cervella? Nonno!
— Che? Oh, ehm, scusami, Perry. Ero sovrappensiero.
Il vecchio dai capelli bianchi, afflitto dai ricordi, fissò lo sguardo su quel volto lentigginoso mai sfiorato dalla guerra. E i suoi occhi grigi si strinsero in un sorriso triste.
— È stato un sacco di tempo fa.
Per un dodicenne non era sufficiente.
— Hai davvero ucciso dei tedeschi?
Le ultime parole spensero il sorriso del vecchio.
Spalancarono una porta chiusa da molto tempo a tutti gli occhi indiscreti. Non ne aveva mai parlato con nessuno. Non poteva.
Come avrebbero potuto capire?
Eppure adesso, davanti ai compagni caduti e allo sguardo fiducioso del nipote, era giunto il momento. Era il 1964, erano trascorsi cinquant’anni. Non poteva più rimandare. Meritavano tutti una risposta.
Era giunto il momento.
Facendo un grande sospiro che andò a ripescare i ricordi da sotto la polvere del tempo, rispose con voce roca: — Sì, immagino di sì.
— Non avevi paura?
Questa era davvero tosta.
Come si fa a spiegare la Paura? Paura per la propria vita. Paura per quelli a casa. Paura d’essere un codardo. Paura di deludere i propri compagni. Paura di uccidere un altro essere umano: un figlio, un fratello, un fidanzato… un amico. Aveva paura, eccome.
Una fifa nera. Un terrore da brividi lungo la schiena, da capelli ritti, da cagarsi sotto.
Non aveva mai detto bugie a Perry. La fiducia si fonda sulla verità. E quale fiducia maggiore di quella tra nipote e nonno?
— Ero terrorizzato.
Perry ci rimase male. Non aveva mai visto il nonno impaurito, non se l’era neanche mai immaginato. Quando a scuola avevano iniziato il progetto sulla Grande Guerra, si era vantato del nonno, grande eroe con tanto di coccarde, medaglie e il resto.
È così che era iniziata.
Eppure, quando gli aveva chiesto della guerra, era riuscito a strappargli solo un “è stato tanto tempo fa.” Il nonno non era voluto nemmeno andare a scuola a parlarne. Aveva scritto in risposta alla signora Meneely: “Mi dispiace, signora, non ricordo.”
Che in realtà voleva dire: “Non voglio ricordare.”
Il nonno si era accorto di aver deluso Perry. Agli occhi dei compagni, Perry era uno spaccone, uno sbruffone. Il ragazzino aveva cominciato a dubitare che il nonno avesse ricevuto davvero delle medaglie. Magari le aveva comprate di seconda mano?
Il vecchio non riusciva a sopportare quello sguardo dubbioso. Così aveva avuto un’idea: e se gli avesse mostrato i vecchi campi di battaglia, oltremanica? Una piccola gita tra Francia e Belgio. Sarebbe bastato caricare la macchina su un traghetto per trascorrere un weekend in Francia e fare un giretto in qualche cimitero di guerra.
Così Perry avrebbe potuto raccontare alla classe quello che aveva visto di persona.
Il vecchio non c’era mai ritornato. In cinquant’anni. Non aveva mai voluto. Nemmeno per rendere omaggio all’amico Harry Newell. O ai compagni Freddie Feltham, Taff Morris… e a Fritz “Ginger” Muller.
Come avrebbero potuto capire?
Be’, come va, giovane Willy McBride,
ti dispiace se mi siedo qui accanto alla tua tomba
e mi riposo per un po’ sotto il caldo sole estivo?
È tutto il giorno che cammino e sono a pezzi.
Vedo dalla tua lapide che avevi solo diciannove anni
quando hai raggiunto i grandi caduti nel 1916.
Spero tu sia morto bene e spero tu sia morto pulito,
o, giovane Willy McBride, è stata una morte lenta e oscena?
ERIC BOGLE, The Green Fields of France
Fianco a fianco, l’uomo alto e ingobbito e il ragazzino dalla schiena dritta procedevano lentamente lungo le strisce erbose, muti e cauti, come fossero in chiesa. Il vecchio pescò gli occhiali da un sacchetto di plastica, li pulì con le dita e li inforcò per scrutare meglio le lapidi.
Grazie agli archivi dell’Ufficio di Guerra sapeva già grossomodo dove trovare i suoi compagni.
— 15° reggimento Hampshire. File 17-19.
Leggendo le iscrizioni, frugando nella memoria in cerca del ricordo sbiadito di un volto da ricollegare a un nome, dita ghiacciate gli stringevano il cuore. Aveva l’inquietante sensazione che una di quelle pietre potesse recare inciso il suo di nome:
SOLDATO SEMPLICE JACK LOVELESS
ANNI 18
15° REGGIMENTO HAMPSHIRE
“MORTO PERCHÉ ALTRI VIVESSERO”
Ed ecco un giovane dal volto fresco e familiare che gli sorrideva dalla pietra di Portland, dicendo: — No, no, Jack. Tu sei scampato perché altri morissero.
Su ogni lapide compariva un volto dimenticato ormai da tempo, che lo fissava con sguardo accusatorio. Ma quando raggiunse la tomba di Harry Newell, la lastra di pietra bianca era in realtà priva di foto. Strano, perché gli occhi azzurro chiaro di Harry e le sue guanciotte rosa erano ancora così vividi nei suoi ricordi.
Una voce nell’orecchio di Jack, pesantemente sporcata dall’accento strascicato di Harry, lo fece sobbalzare.
— Era un tuo amico, nonno? Cavoli, aveva solo diciassette anni.
La cosa lo riportò con i piedi per terra. — Sì, diciassette. Terribilmente giovane, vero?
— Com’è morto?
— Oh, come tutti; fatto a pezzi da una granata.
Rimasero entrambi lì in piedi, con le mani dietro la schiena, ognuno a immaginarsi a modo proprio un corpo accartocciato che salta in aria e ricade a terra smembrato. Era un’immagine che nessuno dei due aveva il coraggio di esprimere a parole.
Un sottile rivolo di lacrime s’infilò tra le rughe del volto del vecchio. Soffiandosi il naso con forza in un fazzoletto di carta, l’uomo ficcò di nuovo le lunghe dita nel sacchetto e ne estrass...