Viaggio dentro la mente
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Viaggio dentro la mente

Conoscere il cervello per tenerlo in forma

  1. 200 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Viaggio dentro la mente

Conoscere il cervello per tenerlo in forma

Informazioni su questo libro

Il nostro cervello è una macchina meravigliosa e conoscerla meglio ci può aiutare a usarla al massimo delle sue potenzialità, dai primi anni di vita fino all'età più avanzata. È da questo spettacolare groviglio fatto di miliardi di cellule nervose e delle loro diramazioni che nasce tutto: la nostra capacità di vedere e di immaginare, di soffrire e di gioire, di ricordare e di creare, di odiare e di innamorarsi. Ma come avviene tutto ciò? Come si formano per esempio le immagini che noi vediamo nel nostro "teatrino mentale"? In base a quali meccanismi prendiamo una decisione e non un'altra? Siamo davvero liberi? Da dove nasce l'amore? C'è nel cervello un punto del piacere? Come spieghiamo i déjà-vu? Questo libro, sotto forma di dialogo con un ipotetico lettore curioso, racconta con parole semplici quello che oggi si è capito del nostro cervello e le frontiere di quello che ancora resta da conoscere. Una seconda parte del libro è poi dedicata alle pratiche per tenere il cervello attivo e brillante lungo tutto il corso della vita. Verranno presentati gli studi più recenti sull'allattamento, l'esercizio fisico, l'alimentazione, l'allenamento mentale, il sesso, lo shock della pensione, l'invecchiamento cerebrale, l'Alzheimer, il cervello dei centenari... Molte ricerche dimostrerebbero infatti che è possibile non solo tenere in buona forma i nostri neuroni (e in certi casi migliorarne le prestazioni) ma anche prevenire, almeno in parte, quelli che paiono essere gli inevitabili danni del tempo e dell'età.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
Print ISBN
9788804640639

IL CERVELLO: COME TENERLO IN FORMA

Comincia qui l’ultima parte del libro, che non ha più forma di dialogo e presenta i risultati di alcune ricerche riguardanti una buona manutenzione del cervello. Cosa molto importante, perché le nostre cellule nervose non sono dei fili elettrici, dei semplici conduttori di impulsi: tutta la rete nervosa è un sistema estremamente plastico, come abbiamo visto, che sviluppa o si inaridisce a seconda delle condizioni in cui si trova.
Questo non riguarda soltanto gli stimoli educativi e culturali, ma anche tantissimi aspetti della vita fisica del cervello, legati all’alimentazione, all’esercizio quotidiano, al sonno, alla vista e all’udito, all’assunzione di droghe, alle diete, al sesso, alla perdita di efficienza neuronale, alle malattie degenerative.
Molte ricerche, condotte sia su animali sia sull’uomo, sembrano dimostrare che è possibile non solo tenere in buona forma i nostri neuroni (e in certi casi migliorarne le prestazioni) ma anche prevenire, almeno in parte, quelli che sembrano essere gli inevitabili danni del tempo e dell’età.
Ecco qui di seguito una serie di recenti ricerche scientifiche dedicate proprio alla buona manutenzione del cervello, che sono state pubblicate su prestigiose riviste (con le citazioni delle fonti, per chi volesse saperne di più).

PRIMA DELLA NASCITA

La prima di queste ricerche riguarda addirittura l’età fetale: rivela la possibilità che l’esercizio fisico della donna durante la gravidanza abbia un’influenza sullo sviluppo cerebrale del nascituro.
Naturalmente nei nove mesi dello sviluppo prenatale, dalla cellula fecondata al neonato, il feto non può fare molto per migliorare le proprie future prestazioni cerebrali. Ma la madre, invece, qualche possibilità ce l’ha: facendo esercizio fisico. Alcuni test sembrano confermarlo.
All’incontro annuale della Società Americana di Neuroscienze, nel 2013, è stato presentato un esperimento che ha sollevato un notevole interesse. Femmine di ratto gravide che erano state fatte correre sulla ruota girevole hanno dato alla luce una prole che si è rivelata, nei test di memoria e in altre prove cognitive (per esempio, riconoscimento di oggetti non familiari), più efficiente di altri ratti nati da madri sedentarie. E questi vantaggi sono rimasti anche nell’età adulta (che per i ratti è di qualche settimana).
Un’équipe di ricercatori dell’Università di Montréal, in Canada, ha reclutato un gruppo di donne al terzo mese di gravidanza, coetanee e con identico stile di vita, attività fisica, ecc. Le donne sono state divise, a caso, in due sottogruppi: il primo avrebbe iniziato una regolare attività fisica (almeno 20 minuti tre volte a settimana) a partire dal secondo trimestre, mentre l’altro no.
Dopo sei mesi dalla nascita dei bambini (tutti sani), le madri sono state invitate in un laboratorio dell’università con i figli. A ogni neonato è stata messa una “cuffietta” con elettrodi per misurarne l’attività cerebrale quando venivano emessi suoni di diversa tonalità (bassa o acuta, ecc.).
Elise Labonte-LeMoyne, che ha fatto parte del gruppo di ricerca, ha notato che fra le registrazioni effettuate sui neonati dei due sottogruppi c’era una differenza. In particolare certi picchi delle onde cerebrali in corrispondenza dei suoni erano più pronunciati nei bambini nati da madri sedentarie che in quelli le cui madri avevano fatto attività fisica. Questi picchi più pronunciati sono il segno di un cervello più immaturo e scompaiono dopo i 6 mesi di età.
In breve, i bambini nati da madri che avevano fatto esercizio in gravidanza avevano un cervello più maturo. Come l’esercizio fisico della madre possa influenzare il cervello del nascituro non è chiaro. Ma secondo la ricercatrice Labonte-LeMoyne la lezione è certa: fare attività fisica in gravidanza ha un’influenza positiva sul cervello, misurabile con test di laboratorio.

L’ALLATTAMENTO AL SENO

L’allattamento al seno migliora le prestazioni cerebrali del bambino? Per esempio le capacità cognitive, il linguaggio, la coordinazione motoria o addirittura il quoziente di intelligenza? Molti studi sembrano indicarlo. Di recente un gruppo di ricercatori1 ha seguito 133 bambini sani dall’età di pochi mesi fino ai 4 anni sottoponendoli, a intervalli regolari, a risonanza magnetica cerebrale. I bambini erano stati suddivisi in tre gruppi: nel primo gruppo quelli che erano stati allattati al seno; nel secondo quelli alimentati solo con latte in polvere; nel terzo, invece, i bambini allattati in entrambi i modi. Cosa hanno rivelato le immagini cerebrali? Quelle dei bambini allattati soltanto al seno hanno mostrato che la “materia bianca”, la mielina che avvolge le fibre nervose che partono dai neuroni e si collegano ad altri neuroni, era più sviluppata, specialmente nelle aree frontali del cervello, cioè in quelle aree associative della corteccia che negli adulti presiedono al pensiero razionale, al giudizio critico, alla pianificazione del futuro. La mielinizzazione delle fibre viene di solito interpretata come un miglioramento delle comunicazioni fra cellula e cellula.
Insomma, le differenze strutturali così osservate sembrano confermare le indicazioni di precedenti studi sui benefici dell’allattamento al seno. Tuttavia, come fa notare il professor Sean C.L. Deoni, uno degli autori della ricerca, anche se sono stati scelti bambini appartenenti a famiglie il più possibile simili quanto a stile di vita e cultura, non è stato possibile controllare molti altri aspetti importanti nello sviluppo cerebrale: per esempio le interazioni genitori-bambino.

COSA INTERESSA GLI INFANTI

Ci sono particolari comportamenti, suoni, luci, giocattoli (come i sonaglini) che possono stimolare un bambino nei primi mesi di vita e quindi rendere il suo cervello più attivo e brillante? In realtà i bambini appena nati sono già delle formidabili macchine per imparare.
Le ricerche in proposito hanno mostrato che all’inizio il bambino è interessato soprattutto ai volti e alle voci, specialmente della madre. L’importante, quindi, non è una iperstimolazione, ma un rapporto normale, un contatto normale, carezze e parole normali. Il bambino avrà tantissime cose da scoprire e imparare. Come sottolineano gli studiosi della prima fase della vita, il pericolo è rappresentato dalla deprivazione, dall’abbandono. L’affetto, la tenerezza, l’attenzione, gli abbracci, le parole, i giocattoli consueti, i suoni e le luci di una normale abitazione sono stimoli sufficienti allo sviluppo cerebrale.
All’età di un anno il bambino comincia a scoprire il mondo, cioè gli oggetti che lo circondano: la sua curiosità sarà stimolata sia dall’orsetto di peluche sia dal prezioso e pericoloso vaso di porcellana che non deve toccare. Gli studiosi suggeriscono non particolari iperstimoli, ma la libertà di esplorare l’ambiente, ovviamente proteggendo il bambino dai pericoli (come appunto i vasi di porcellana o i fili elettrici e i vari elettrodomestici). L’importante è che la sua curiosità sia lasciata libera di indagare, sperimentare, capire, e per questo bastano le cose di tutti i giorni.
L’altra grande area di esplorazione dei bambini piccoli, oltre alle persone e al mondo degli oggetti, è il linguaggio. E anche in questo caso la normale attenzione dei genitori – disponibili a parlare, rispondere, dedicare tempo, giocare con il figlio o sopportarne i capricci (che potrebbero essere esperimenti “psicologici” del bambino) – è sufficiente e non servono misure straordinarie.

LA MUSICA

L’apprendimento della musica da piccoli non sempre si rivela un’esperienza divertente. Tuttavia alcuni studi2 cominciano a indicare che la musica, con tutto quello che richiede (attenzione, memoria uditiva, capacità di discriminare i toni più alti o più bassi, riconoscimento dei timbri sonori e un’attenta misura del tempo ovvero dei ritmi), è una potente palestra che migliora le prestazioni cerebrali e quindi in generale l’apprendimento e i risultati scolastici. La musica, insomma, non soltanto ingentilisce l’animo, ma migliora le nostre capacità cognitive.
Alla Northwestern University di Chicago un gruppo di ricercatori diretti da Nina Kraus ha studiato soggetti di diverse età che avevano imparato la musica da piccoli oppure che non l’avevano mai imparata. Ebbene, registrando le reazioni cerebrali a vari suoni si è visto che le persone con un’esperienza musicale precoce, anche se poi non avevano proseguito nello studio negli anni successivi, mostravano risposte molto più chiare e definite di chi invece non aveva avuto alcuna esperienza. Come se la musica avesse stimolato il cervello nella fase di maturazione, durante l’infanzia, a stabilire connessioni molto più efficaci per elaborare i suoni in arrivo dal mondo esterno.
Naturalmente capire meglio le parole dell’insegnante in un ambiente rumoroso, come un’aula, è sicuramente un vantaggio, così come possedere una memoria esercitata e pronta. Ma ci sono prove che un’educazione musicale migliori davvero il rendimento scolastico generale? Le ricerche non sono ancora arrivate a conclusioni definitive.
Un altro studio3 su due gruppi di bambini di circa 4 anni, il primo che seguiva lezioni di musica mentre il secondo veniva impegnato in altre attività, non ha trovato particolari differenze nei test cognitivi di memoria, padronanza del linguaggio o dei numeri fra i due gruppi. È anche vero che, in realtà, le lezioni musicali in questo studio erano durate solo poche settimane. Forse un periodo troppo limitato per vedere dei risultati. Comunque sia l’esperienza musicale è un divertimento e un piacere, specialmente se fatta insieme agli altri, e imparare a suonare uno strumento fin da piccoli sicuramente arricchisce la propria esperienza e la propria sensibilità.

IL METODO MONTESSORI

Una ricerca4 su 3500 imprenditori di grande successo (durata sei anni), come Sergey Brin e Larry Page di Google, Jeff Bezos di Amazon o Jimmy Wales di Wikipedia, ha rivelato che molti di loro, da bambini, hanno frequentato scuole che praticano il metodo Montessori. Cos’ha di particolare questo metodo pedagogico messo a punto da una dottoressa e filosofa italiana nei primi anni del Novecento? E perché sembra promuovere la creatività e l’innovazione?
Come è noto, il metodo Montessori, destinato soprattutto ai bambini fra i 2 e i 7 anni, privilegia l’esplorazione e la curiosità autonome dei giovanissimi allievi, quindi una forma di autoapprendimento in un ambiente strutturato con materiali appositamente progettati, piuttosto che l’istruzione diretta a opera dell’insegnante. Non ci sono classi per età e nemmeno voti o esami. Il maestro è un collaboratore del bambino che si costruisce da solo la propria conoscenza, piuttosto che il depositario del sapere da travasare nel recipiente (vuoto) dell’allievo.
Il metodo Montessori lascia molto più spazio agli errori, ai fallimenti ma anche alla curiosità, alla motivazione, allo sperimentare per proprio conto, al porsi domande e al cercare da soli le risposte. Se, come indicano altri studi su gemelli identici (monovulari), la creatività dipende soltanto per il 20-25 per cento dalla costituzione genetica, è chiara l’importanza dell’ambiente e quindi dell’educazione nel plasmare il rimanente 75-80 per cento.
Forse il merito principale del metodo Montessori è di conservare la spinta all’apprendimento e all’esplorazione che tutti i bambini hanno nei primi anni di vita. Una spinta che si traduce poi (se conservata oltre l’infanzia) in quelle qualità indispensabili alla vera innovazione o all’invenzione: come la capacità di associare idee ed elementi in apparenza diversi, l’osservazione attenta, il desiderio di sperimentare, il continuo porsi domande, l’ascolto degli altri e di idee molto diverse dalle proprie.

I RISCHI DELL’ADOLESCENZA

L’adolescenza è forse la più importante e complessa transizione che compie il nostro corpo, cervello compreso. Fino a qualche anno fa si riteneva che la fase di maturazione finale del cervello cominciasse verso gli 8 o 9 anni (come abbiamo visto, la famosa “potatura” delle sinapsi). Studi più recenti hanno invece fatto capire che questo processo inizia più tardi e che quindi, in un certo senso, il cervello degli adolescenti è ancora più immaturo di quanto stimato. Fra l’altro questa maturazione comincia dalle parti più antiche e profonde del cervello per arrivare poi alle zone più “moderne”, come la corteccia prefrontale. Ma è proprio questa parte della corteccia la sede del giudizio critico, della pianificazione del futuro, del controllo degli impulsi e della razionalità. Ciò si riflette sui comportamenti a rischio tipici del periodo adolescenziale. Statisticamente, la frequenza di morte per incidenti si moltiplica per sei volte nella fascia di età fra i 15 e i 19 anni rispetto a quella fra i 10 e i 14.
Dei numerosi rischi che corrono gli adolescenti, l’uso di sostanze inebrianti o stupefacenti (alcol e droga) è fra i più comuni. Oggi, con tecniche diagnostiche come la risonanza magnetica è possibile osservare e capire come queste sostanze danneggino il ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Viaggio dentro la mente
  4. Introduzione
  5. I. La nascita del cervello
  6. II. La nascita della mente
  7. III. Come funziona la macchina
  8. IV. Le meraviglie della corteccia
  9. V. Alla ricerca del pensiero
  10. VI. Intelligenza e creatività
  11. VII. Il mondo dei sogni
  12. VIII. I poteri “magici” del cervello
  13. IX. Le leve del comportamento
  14. X. Egoismo e altruismo
  15. XI. Una libertà condizionata?
  16. XII. Il cervello e le macchine
  17. Il cervello: come tenerlo in forma
  18. Copyright