Il cuore oltre gli ostacoli
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Il cuore oltre gli ostacoli

La mia storia

Michaela Biancofiore

  1. 402 pagine
  2. Italian
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Il cuore oltre gli ostacoli

La mia storia

Michaela Biancofiore

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«I suoi occhi sono azzurri... nelle sue vene scorre sangue azzurro.» Definita dalla stampa «la Pasionaria altoatesina di Forza Italia», «Valchiria azzurra», e da Berlusconi «Sturm und Drang», Michaela Biancofiore è senza dubbio una delle parlamentari che ha fatto maggiormente parlare di sé per la sua irriducibile determinazione a sostenere il progetto del movimento azzurro e l'incondizionata fedeltà al suo leader. Lei si definisce una sorta di «Bridget Jones in salsa istituzionale». Qui, per la prima volta, si racconta, senza remore né censure e con la schiettezza che la contraddistingue. Dall'infanzia difficile, segnata dalla prematura scomparsa del padre, dalla separazione dei genitori, dal rapporto conflittuale con la madre, oggi malata di Alzheimer, alle prime esperienze sentimentali, all'attesa del principe azzurro, passando per l'esperienza cinematografica con Mario Cecchi Gori, all'infiammazione per la politica, alle difficoltà, fino all'incontro folgorante col sottile filo conduttore di tutta la sua vita, Silvio Berlusconi, del quale viene fatta in queste pagine una fotografia tenera e inedita. Lo straordinario e sorprendente autoritratto di una donna che, guidata da una sincera passione civile e dalla forza dei sentimenti, ha gettato più di una volta, in politica e nella vita privata, «il cuore oltre gli ostacoli».

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
ISBN
9788852051364
XV

Bridget Jones al governo, Berlusconi condannato:
cronaca di una morte annunciata

Signor Cavaliere, noi due non ci amiamo. Si sa. Ma il comportamento che quella gente tiene verso di Lei è così incivile, così insopportabile, così ributtante, quindi offensivo per la libertà e la democrazia, che a portarvi il benché minimo e involontario contributo mi vergognerei.
ORIANA FALLACI
Il 6 dicembre 2012, all’indomani della sentenza di condanna in appello sui diritti Mediaset, l’«Huffington Post» pubblica un articolo dal titolo Crisi governo, Silvio Berlusconi torna in campo. Ma teme Giorgio Napolitano e le procure: «Proveranno a distruggermi», che merita di essere ricordato: «“Proveranno a distruggermi. Me lo ripetete tutti, e anche Marina non mi dice altro. Faranno di tutto per bloccarmi ancora una volta”. E c’è un motivo se il Cavaliere è preoccupato. La grande paura si chiama Giorgio Napolitano Ancora oggi Gianni Letta, nel ruolo di colomba a oltranza, gli ha fatto notare che si stanno muovendo tutte le manine che lo hanno costretto al passo indietro l’anno scorso: i mercati, le cancellerie internazionali, l’amministrazione americana “Napolitano coprirà Monti fino alla fine. E parte dei nostri sono ormai molto sensibili alle preoccupazioni del Colle”. Berlusconi non si fida neanche di Alfano come negoziatore. Pensa che davanti a Napolitano possa sbragare. Perché in fondo si è montato la testa, e spera in qualche colpo di coda che impedisca a Berlusconi di candidarsi premier. Il Cavaliere è convinto che le procure faranno gli straordinari per condannarlo il prossimo anno su Mediaset, prima che scatti la prescrizione nel 2014. E farlo decadere, una volta eletto: “Adesso proveranno a distruggermi” ha ripetuto ai suoi».
A rileggerlo oggi, a un anno e mezzo di distanza, l’articolo dell’«Huffington Post» fa venire i brividi per come ha anticipato la storia e ha confermato i sospetti e le lucide analisi di Berlusconi. È un’ulteriore riprova del fatto che il presidente del Consiglio eletto dagli italiani è stato veramente vittima di un complotto interno ed esterno contro l’Italia e gli interessi dei suoi cittadini. Sul quale gli italiani, soprattutto quelli che in questi anni si sono impoveriti, soprattutto quei tanti imprenditori che hanno chiuso le imprese, quei tanti parenti dei morti suicidi per la grave crisi, dovrebbero riflettere. Sono loro, non noi, che dovrebbero promuovere una grande class action contro quelle procure e quei poteri, ben definiti, che hanno scientificamente impedito di governare all’uomo eletto e voluto dagli italiani alla guida del Paese. È inutile che i benpensanti strepitino: che in Italia ci siano stati ben quattro colpi di Stato dal ’94 è una drammatica verità, sulla quale non ci piace scherzare. Per niente.
È giunto il momento che gli italiani comprendano davvero l’importanza del loro voto e la gravità dello scippo subito, che ha rubato loro la vita. Serve amor proprio. Quello che non si capisce – o meglio, io lo capisco, e tenterò di spiegarlo – è come abbia fatto il mio Presidente a consegnarsi completamente nelle mani dei suoi carnefici.
Facciamo un passo indietro.
Nonostante fosse cosciente delle potenzialità fedifraghe di Alfano e di tutti i partecipanti alla kermesse di Italia popolare, con mio disappunto, che non ho mai mancato di manifestargli, li ricandidò tutti. E li fece eleggere tutti. In posizione di capilista, belli tranquilli, indisturbati, senza farli scomodare. L’intera campagna è stata letteralmente lasciata sulle spalle di un uomo di quasi 77 anni, come una croce di piombo, che lui – nonostante tutto – è riuscito a sollevare. Non contento, il mio Presidente tafazzista – cioè autolesionista, bisogna dirlo –, incapace di fare del male a una mosca, lasciò a Verdini e Alfano il compito di stilare le liste. Altro errore che denota la sua bontà estrema, il suo altruismo, quel buon cuore che spesso offre il fianco ai profittatori, ma, soprattutto, la sua distanza dall’esercizio del potere e dalla partitocrazia. Stendere le liste elettorali, per chi non lo sapesse, in un partito è tutto: potere e non solo. E qui mi fermo.
Lasciò solo una lista di nomi di suoi fedelissimi da tutelare affidandola a Sandro Bondi, che io gli chiesi di infilare nel comitato per le candidature perché al solito, siccome Bondi non è uno che sgomita, lo avevano lasciato fuori. Tra questi nomi, con mia gioia infinita, c’era anche il mio, scritto nero su bianco e riabilitato dal Presidente in persona. Riabilitato perché non solo ero garantita, ma tornavo da capolista nella mia regione, il Trentino Alto Adige. Tanto dolore, tanta sofferenza, tanti sacrifici, tanto lavoro, finalmente avevano trovato onore e giustizia. Il Presidente, di suo pugno, mi nominò anche commissario straordinario del Trentino Alto Adige, cioè di fatto coordinatore regionale, ma i soliti noti mi impedirono di esercitare il mandato. Non ratificarono mai la lettera del Presidente, e questo è inaudito e si deve al combinato disposto Alfano-Verdini, i quali, quando uno rispondeva solo a Berlusconi e non a loro, facevano a gara ed erano complici nel farlo fuori. E poi dietro soffiava il solito Gasparri, che, uscito di scena il barbuto uomo di legno – passato a Fratelli d’Italia, a proposito di fedeltà al partito e a Berlusconi –, puntava tutto su un altro ex An, Cristano De Eccher. Il quale mi rifilò ogni genere di insulto in campagna elettorale insieme al coordinatore provinciale del Trentino, Giorgio Leonardi, che ovviamente avevo scelto io, contribuito a far eleggere io, garantito in lista al Senato io, al quale avevo portato gli ex ministri testimonial e che aveva scelto di passare tra le file di Alfano contro Berlusconi e che infatti non aveva raccolto nemmeno una firma per le mie primarie.
Cosa volete, la gratitudine è un sentimento che invecchia presto, come diceva già Aristotele nelle Vite dei filosofi di Diogene Laerzio. La politica è fatta di uomini, e gli uomini, si sa, hanno tradito anche Gesù Cristo.
Un errore mettere le liste in mano ad Alfano – che però, d’altronde, era il segretario del partito – perché, come si è visto poi, le ha infarcite di fedelissimi suoi, di persone che facevano capo a lui e non a Berlusconi e che poi lo hanno seguito in Ncd. Tutto già scritto, tutto preventivato.
Contro ogni sondaggio, contro ogni previsione, contro ogni iattura, contro gli insalottiti, contro gli opportunisti, contro le zavorre voltagabbana, contro il sistema mediatico, giudiziario e dei poteri sommersi, Silvio Berlusconi, forte solo del suo impareggiabile élan vital (e della fiducia, a onor del vero, in quel frangente, solo mia, di Daniela Santanchè, di Denis Verdini, di Anna Maria Bernini, di Sandro Bondi, di Manuela, del suo staff, perché tutti gli altri, chi più chi meno, erano scettici), smacchia lui il giaguaro di Bersani, vince al Senato, pareggia alla Camera e perde il premio di maggioranza per quei soli 130.000 voti dei quali abbiamo parlato. Non solo, cancella per sempre dalla scena politica la massima espressione del suicidio politico, del masochismo e della sindrome rancorosa del beneficato: Gianfranco Fini.
Certo, il PdL di Alfano, Cicchitto, Verdini, Gasparri e tutti i dirigenti che hanno avuto certificate responsabilità di guida perde sei milioni di voti. E loro cosa pensano bene di dire? Chi pensano di incolpare per i 130.000 voti mancanti? Fate una scommessa? Ebbene sì, Michaela Biancofiore! Come riportato nell’ultimo libro di Bruno Vespa, Sale, zucchero e caffè, uno spudorato Alfano asserisce che si sono perse le elezioni politiche perché la Südtiroler Volkspartei – che, per notizia ad Alfano, Verdini e Gasparri, è nel centrosinistra fisiologicamente dal 1996, secondo i dati del ministero dell’Interno, che oggi Alfano non dovrebbe avere difficoltà a consultare – non si è alleata con noi per via del mio ritorno in Trentino Alto Adige. Per la cronaca, inoltre, all’ultimo congresso della Svp, del 28 ottobre 2013, i vertici del partito hanno ripetuto come un mantra ciò che ripetono in ogni congresso dal 1996, ovvero: «Mai con Berlusconi». A loro, Berlusconi non serve, perché quando vince il Pd, la Svp ha un’autostrada per ottenere tutto, anche la secessione, mentre quando vinciamo noi, grazie ad alcuni rapporti consociativi con i nostri e, più spesso, per ignoranza, ottiene tutto ugualmente. Per questo gli italiani dell’Alto Adige non votano più i nostri partiti, sanno che tanto la Svp vince sempre e che a Roma nessuno, tranne la sottoscritta, si occupa del loro dramma di «italiani trasparenti», come li definì Sebastiano Vassalli in Sangue e suolo, libro non a caso sparito dalle librerie.
E purtroppo la Svp vince perché, nel Porcellum, per il Trentino Alto Adige non solo sono rimasti i collegi, che sono a maggioranza etnica tedesca e dunque Svp, ma è stata messa anche una clausola ad hoc che consente al partito delle minoranze che supera il 20 per cento regionale – e la Svp è l’unica a riuscirci – di assicurarsi, con quel suo 0,4 per cento su scala nazionale, una pattuglia di parlamentari in grado di fare da ago della bilancia. Minoranze che, in realtà, non esistono più, dopo la caduta dei confini con i trattati Ue: nel nostro caso, infatti, si parla tedesco da Salorno al Nord della Germania; l’italiano, viceversa, è minoritario in Europa. Di queste cose si sarebbe dovuto occupare il segretario politico per far crescere il consenso, e invece Vi basti sapere che, in due anni di suo mandato da segretario, non sono mai stata ricevuta.
Se c’è una cosa divertente, poi, è che forse quella del 2013 è stata l’unica campagna nella quale non ho preso di mira, sbagliando, l’assurdo strapotere garantito dallo Stato italiano alla Svp.
Alfano, però, non era solo nel sostenere la tesi della mia responsabilità per quei 130.000 voti, tesi che mi riportò Berlusconi in persona e per la quale mi adirai molto. A onor del vero, il primo sostenitore fu il solito, «amabile» Gasparri, seguito da Verdini. Gasparri arrivò addirittura a sostenere che, se il Presidente non era al Quirinale, era colpa mia, che avevo ideato il sito Berlusconialquirinale.org e consacrato la vita a Berlusconi, senza mai chiedergli nulla. Ci sono diverse agenzie di stampa che lo testimoniano. I partiti sono un coacervo di «amici» veri, non c’è che dire I primi a essere sorpresi del risultato di Berlusconi e della sua credibilità nel Paese, ovviamente, erano i montiani del PdL, che visto il risultato elettorale deludente del professore fecero finta che fossero stati i loro ventriloqui ad averlo appoggiato. «Monti chi?», verrebbe da dire nel Renzi style.
Si profusero tutti, indistintamente, in stomachevoli adulazioni, compresa la mia compagna di banco e che pensavo amica di una vita Beatrice Lorenzin, con la quale avevamo avuto discussioni più che accese sulla fine del progetto politico di Berlusconi, che lei sosteneva essere morto. Lei detestava Berlusconi da quando non l’aveva nominata sottosegretario al lavoro nel ministero retto dal suo amico Maurizio Sacconi. Vi ricordate la mitica parodia di Emilio Solfrizzi a «Striscia la notizia» del direttore di giornale che riceve la telefonata dal politico di turno e sguaina la lingua a intermittenza dicendo sì a tutto quello che aveva negato fino a un minuto prima? Ecco, le scene erano le stesse, e per una persona schietta e vera come me, be’, vi assicuro, è stata dura tacere per amor di Patria. Solo in pubblico, però. Certe cose in privato le ho sempre dette al mio Presidente, o meglio scritte, che vale di più, almeno sono a posto con la coscienza.
I risultati elettorali furono tali, con il successo del Movimento 5 Stelle che di fatto dava vita a un terzo polo, che Bersani si vide costretto o a un accordo con i grillini, che finiranno invece per umiliarlo, o a realizzare una grande coalizione con Berlusconi, oppure a tornare al voto. Cosa impossibile al Pd, visto lo sfascio nel quale era caduto.
Ma Bersani aveva sempre detto «mai con Berlusconi» e, fallito il tentativo con Grillo, non ricevette il mandato da Napolitano, che gli preferì il giovane nipote di Gianni Letta, Enrico. Con il placet ovviamente di Berlusconi, al quale il Colle aveva proposto tre nomi: Letta, appunto, Amato e Renzi.
Berlusconi scelse Letta perché considerato un moderato e perché indubbiamente la parentela avrebbe dovuto garantire che lui fosse l’uomo «eletto» per compiere quella pacificazione utile al Paese in recessione e utile alla politica, che aveva perso credibilità e potere. Letta aveva il compito, che non ha compreso a fondo o per il quale non è stato all’altezza, di porre fine alla guerra dei vent’anni condotta dalla sinistra ai danni di Berlusconi e dei suoi elettori e, in definitiva, ai danni del Paese.
Nel frattempo, al Quirinale, ironia della sorte e frutto del quadro di instabilità politica offerto dalle recenti consultazioni, venne rieletto – suo malgrado, dice – Giorgio Napolitano. Dopo la sconfitta di Romano Prodi a opera del suo stesso, magnifico partito, per ben 101 voti nel segreto dell’urna, che portò alle dimissioni di Bersani da segretario del Partito democratico e alla reggenza del suo vice, Enrico Letta. Casualmente. Come se lui non c’entrasse nulla con la sconfitta, visto che era «solo» il vicesegretario del Pd. Ricordo bene quel giorno, non solo perché politicamente resterà scritto nella storia – era il 19 aprile 2013 – ma perché sono andata a votare contro Prodi con il naso sfasciato e il sangue che mi colava irriverente.
La mia Pugghina, che a quattro mesi e mezzo ancora non aveva ben individuato la traversina per i bisogni, mi aveva lasciato la sua popò in bella mostra sull’uscio della camera da letto. Trafelata, sono corsa a pulire con le sue salviette disinfettanti, che però sono piuttosto oleose e sulla ceramica diventano una potente arma di suicidio. E, infatti, per correre a votare contro Prodi, mi sono quasi suicidata! Avete presente i cartoni animati, quando cercano di correre per scappare ma rimangono sempre sullo stesso posto e finiscono acchiappati o con il muso a terra? Bene, così ho fatto io: ho cercato in ogni modo di sostenermi sui tacchi, ma il risultato è stato che ho lasciato il calco del mio viso sul pavimento. L’osso del naso usciva dal setto e si capiva immediatamente che me lo ero rotto, come un paio di ore più tardi mi confermarono al Gemelli, con conseguente necessità di operare. Gasp! Aiuto! Vabbè, mi operai con accanto Massi, Lucilla, uno splendido uomo che non ho frequentato perché rapita da Louis, e mia cugina Monica, che mi tenne la piccola Attila-Puggy. Mi dimisero il venerdì e Monica mi propose di passare da lei il weekend per non fare sforzi. Accettai l’invito e nel frattempo, ovviamente, continuai a seguire l’evoluzione del quadro politico.
Non mi è mai piaciuto essere petulante nei confronti di Berlusconi e non lo chiamo mai quando tutto va bene e scorre senza intoppi; lo chiamo e gli scrivo quando vedo follie, avverto pericoli e soprattutto quando è giù di morale. Perché capita anche a lui, specie dopo l’evoluzione ingiusta e negativa della sua fedina penale. Ma la mattina di sabato 27 aprile 2013 ho avuto un tracollo, mi è partito un embolo e tutti i capelli mi sono cascati improvvisamente. Come concordato, Napolitano aveva conferito il mandato di formare il governo al vicesegretario del Pd, Enrico Letta, e a condurre le trattative per il PdL c’era Angelino Alfano. Transeat, dopotutto era il segretario del partito, ma non riuscì a contrattare nemmeno un secondo alla pari con Letta per fare un vero governo alla tedesca di «Grosse Koalition», dunque paritetico nel numero e nel peso dei ministeri, e portò a casa solo cinque ministri su sedici, oltre a una manciata di sottosegretari. Già questa riuscitissima trattativa dava l’idea del quid politico di Alfano. Inoltre, insieme a Letta, concepì l’idea geniale per cui non ci dovevano essere ministri, lui escluso, ovviamente, che avessero fatto parte del governo Berlusconi. E, secondo voi, chi indicò Alfano, forte di questo connubio morale con Letta? Tutti quelli del 16 dicembre, quelli del Teatro Olimpico, i più intimi sostenitori di Alfano alle primarie, i montiani del PdL. Nell’ordine: Beatrice Lorenzin, Gaetano Quagliariello, Maurizio Lupi e Nunzia De Girolamo, che in realtà entrava in quota al marito che, essendo il braccio destro di Letta, da bravo galantuomo innamorato, aveva lasciato il posto alla moglie. «Scacco matto al re» mi dissi e, inviperita come non mai, è il caso di dirlo, e preoccupatissima per il mio Presidente, verso il quale provo un senso di protezione inspiegabile, gli mandai una mail durissima. Con Monica, mia cugina, angustiata per le mie parole e per la paura che perdessi con quelle l’amicizia del Presidente. A parte il fatto che giudico Berlusconi uno degli uomini più intelligenti che abbia mai conosciuto, io non ho mai paura, e non mi tiro mai indietro se ho la convinzione di essere nel giusto.
Per la mia mail scelsi un titolo che faceva il verso all’omonimo romanzo di Gabriel García Márquez, ahimè recentemente scomparso: «Cronaca di una morte annunciata». E la riporto integralmente perché non ho nulla da nascondere.
Caro Presidente, buongiorno!
Le invio una mail perché sinceramente non ho molta voglia di parlare. Sono arrabbiata, molto, e convinta che con gli uomini che ha scelto al governo, questa volta la arrestano sul serio! (Non per portarle sfortuna ma chi è causa del suo male) Non faccia un salto sulla sedia!
Per chi le vuole bene è inaccettabile la vena di masochismo assoluto che fuoriesce dalle sue scelte. Lei ha promosso ieri nel nascente governo esattamente coloro che il 16 dicembre scorso si sono riuniti al Teatro Olimpico con «Italia Popolare» per farle la festa inneggiando a Monti, dandola per politicamente morto, spacciato, sepolto!!! Mentre tre pirla, per dirla alla milanese, tra le quali io in prima linea, parole sue, «avevano una fede incrollabile» nella sua persona, nel suo ritorno, nel ritenere che il partito fosse Lei. E nessun altro.
I giornalisti in genere dicono che tra me e lei c’è un transfert di pensieri ma oggi davvero stento a capirla. L’altro ieri al telefono mi ha detto che ha bisogno di essere protetto, e sarebbero quelle indicate le persone che dovrebbero proteggerla???
Considerato che la ritengo più intelligente che masochista, nonostante in passato abbia ampiamente dato dimostrazione di una bella lotta fra le due caratteristiche, visto che continua sempre a tenersi accanto coloro che non le hanno mai risolto nessun problema, anzi, mi auguro ci sia una strategia in questo.
Perché viceversa costoro hanno fatto un capolavoro, anzi l’ottava meraviglia: hanno rifatto la Dc a sue spese, in ogni sen...

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Stili delle citazioni per Il cuore oltre gli ostacoli

APA 6 Citation

Biancofiore, M. (2014). Il cuore oltre gli ostacoli ([edition unavailable]). Mondadori. Retrieved from https://www.perlego.com/book/3300103 (Original work published 2014)

Chicago Citation

Biancofiore, Michaela. (2014) 2014. Il Cuore Oltre Gli Ostacoli. [Edition unavailable]. Mondadori. https://www.perlego.com/book/3300103.

Harvard Citation

Biancofiore, M. (2014) Il cuore oltre gli ostacoli. [edition unavailable]. Mondadori. Available at: https://www.perlego.com/book/3300103 (Accessed: 16 June 2024).

MLA 7 Citation

Biancofiore, Michaela. Il Cuore Oltre Gli Ostacoli. [edition unavailable]. Mondadori, 2014. Web. 16 June 2024.