Il pianeta azzurro
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Il pianeta azzurro

  1. 378 pagine
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Il pianeta azzurro

Informazioni su questo libro

Il pianeta azzurro, uscito nel 1986, è considerato il primo romanzo postmoderno di Malerba: di sicuro uno dei più amati della sua produzione, quello dal più spiccato significato politico e che molti considerano il suo più alto risultato narrativo. In queste pagine si snodano, nella forma di un giallo paradossale, le trame occulte della P2 e le ramificazioni di un potere perverso e mafioso che si estende nei sotterranei della politica italiana. Al centro della narrazione la storia di un attentato, con precisi riferimenti alla realtà storica del Novecento, dalla quale emerge un personaggio politico di primo piano che il lettore non tarderà a riconoscere. Nonostante la drammaticità dell'argomento, il linguaggio è limpido e cristallino e aderisce perfettamente alle elucubrazioni scientifiche e filosofiche del protagonista, che arricchiscono di inedite suggestioni un libro di penetrante intelligenza.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
Print ISBN
9788804555506
eBook ISBN
9788852050664

PRIMO QUADERNO

1

Ogni estate il suo arrivo mi procura
una nausea sottile e persistente come se un veleno
si fosse improvvisamente diffuso nell’atmosfera

La mia non sarà una vacanza pacifica. È arrivato da Roma il Professore, viaggia sempre sulla sua Alfetta blindata, ma nessuno lo ha visto arrivare. Qualcuno dice che l’Alfetta ogni anno arriva vuota e lui viaggia con un’altra automobile, però nessuno mi sa dire quando è arrivata l’Alfetta vuota perché forse nessuno ci ha fatto caso, ne arrivano tante di macchine qui a Porto Santo Stefano di tutte le dimensioni marche e colori. Insomma non si riesce a sapere né come né quando è arrivato, si è sparsa la voce del suo arrivo, se uno guarda oltre il cancello della Villa Verde dove è ospite vede la sua Alfetta posteggiata nel vialetto in salita sotto le acacie e gli oleandri, qualche volta si può vedere anche nello slargo vicino al cancello sulla Strada dei Fari, però nessuno sa come e quando è arrivato. Io credo di averlo visto passare in macchina sul Lungomare una volta, due o tre anni fa, ma non lo posso giurare. Teneva la testa bassa a leggere il giornale, era pallido e sudato. Era lui, ma poteva essere un altro.
Al mare non si fa vedere, lui non va sulla spiaggia a prendere il sole o a fare il bagno. È pallido e rimarrà pallido per tutta la vita perché il pallore è nella sua natura, è il pallore profondo non di chi vive all’ombra ma di chi sta dentro la terra. I vermi hanno colori pallidi, difficile vedere un verme colorato come una farfalla e lui assomiglia più a un verme che a una farfalla, su questo non ci possono essere dubbi. Non so se era lui quel tipo che leggeva il giornale dentro quella Alfetta due o tre anni fa, ma poteva facilmente esserlo perché lui è così, non guarda mai in faccia la gente, lui non ha tempo da perdere, non guarda il panorama, non guarda il mare con le barche a vela, i motoscafi e i windsurf che scattano via sulle ventate. Lui ha molti pensieri, non ha tempo di guardare, non ha nemmeno tempo di pensare.
Ma perché arriva sempre di nascosto? Perché si nasconde? Perché fa tanti misteri? Che cosa c’è di male a arrivare d’estate a Porto Santo Stefano? Di chi ha paura? Mi faccio domande a vanvera, in fondo sono cose che non mi riguardano. I due gorilla che posteggiano la loro Ritmo Fiat color catrame sulla Strada dei Fari davanti al cancello della Villa Verde o poco più in là in un piccolo slargo, li ho visti invece da vicino, sono biondi e abbronzati, hanno i capelli a spazzola e la sigaretta fra le labbra, sempre accesa.
Ogni estate il suo arrivo mi procura una nausea sottile e persistente come se un veleno si fosse improvvisamente diffuso nella atmosfera, uno di quei veleni invisibili e inodori come l’ossido di carbonio o la diossina. Tu hai una sensazione di malessere ma dai la colpa alle troppe sigarette, alla pressione marina, alla centrale nucleare di Montalto di Castro, oppure pensi che sia il malumore perché ti hanno portato la birra di una marca sbagliata. Invece è la presenza del Professore che avvelena l’atmosfera, ma il suo veleno è ancora più sottile e pericoloso della diossina e dell’ossido di carbonio perché agisce sul sistema nervoso come gli ultrasuoni o certe vibrazioni silenziose che possono incrinare anche l’acciaio.
Dicono, che la matematica ha un effetto distensivo sul sistema nervoso e così mi sono messo a fare dei calcoli rigorosamente inutili, esercizi senza uno scopo pratico e utilitario, perché l’inutilità elimina il rischio che possano diventare un lavoro. Mi sono applicato a calcolare la prevalenza delle pompe centrifughe per l’acqua. La prevalenza è il dislivello fra il pelo di aspirazione e quello di mandata e si distingue in prevalenza geodetica, che sarebbe il dislivello reale, e prevalenza manometrica che equivale a quella che la pompa deve effettivamente superare. Il primo calcolo per assegnare a una pompa la prevalenza manometrica è quello della energia necessaria, che varia a seconda dei dislivelli misurati in metri di colonna di liquido, compresa quindi la resistenza della tubazione esterna alla pompa e le relative dispersioni.
Per prima cosa facevo lo schema descrittivo della pompa, dimensione della camera aspirante e della camera premente, velocità di rotazione, energia impiegata. Poi calcolavo il coefficiente di rendimento volumetrico tenendo conto della altitudine, zero sul livello del mare, cinquecento metri, mille metri, mille e cinquecento metri eccetera, e della temperatura da zero gradi a dieci gradi a venti gradi a trenta gradi eccetera. Cercavo per ogni pompa il punto di ottimo rendimento effettivo che può variare dal sette al quindici per cento in meno del rendimento teorico a seconda dei vari coefficienti. È un calcolo molto difficile che normalmente si esegue “a posteriori”, cioè sperimentalmente su un campione reale, anche perché le pompe non vengono quasi mai utilizzate al loro massimo rendimento ma con uno scarto di sicurezza che può variare dal dieci al trenta per cento. Il mio era soltanto un esercizio accademico a scopo terapeutico, ma proprio per questo doveva essere preciso al massimo.
Riempivo di calcoli fogli e fogli e riportavo i risultati su un quadernetto per fare poi le controprove. Nei casi più complessi, prima eseguivo il calcolo primario e teorico, poi lo perfezionavo tenendo conto dei vari coefficienti. Naturalmente le variazioni che dipendevano dalla altitudine e dalla temperatura erano quasi insignificanti dal punto di vista pratico, ma soddisfacevano il mio furore matematico con il quale tentavo di neutralizzare la presenza del Professore lì a meno di duecento metri dalla mia casa.
Non posso dire di avere ottenuto i risultati che speravo. L’immagine del Professore mi perseguitava anche in mezzo ai numeri, la sua laida figura mi appariva improvvisa dentro le cornicette ovali degli zeri, dentro i cerchietti dei sei e dei nove. Gli otto mi presentavano addirittura due immagini della sua faccia in miniatura, una sopra un po’ più piccola e un sotto un tantino più grande. Ho tentato di eseguire le mie operazioni evitando i numeri che comprendono dei cerchietti chiusi, il sei l’otto il nove e lo zero, ma mi sono accorto subito che senza lo zero non ero in grado di fare nessun calcolo.
Il simbolo del nulla mi era indispensabile per calcolare qualsiasi entità positiva e razionale. Con qualche fatica avrei potuto eliminare i sei, gli otto e i nove, ma senza lo zero i miei calcoli a un certo punto restavano bloccati come un orologio al quale viene sottratto un ingranaggio di trasmissione. Ma l’epoca degli ingranaggi leonardeschi è finita, mi dicevo, siamo entrati nell’era elettronica, circuiti stampati e sistema binario. Avrei potuto forse adottare anch’io il sistema binario usato dai calcolatori elettronici ma, a parte le difficoltà pratiche che si incontrano nella stesura dei calcoli, lo zero è uno dei due simboli adottati da questo sistema e quindi ancora più necessario che nei calcoli tradizionali. La matematica nella quale avevo tentato di rifugiarmi come in una clinica svizzera, era in realtà un vecchio castello percorso in lungo e in largo dal fantasma del Professore. Il Professore era sempre lì sui miei fogli con la sua immagine maligna, si affacciava da un nove, scompariva, si riaffacciava da un sei da un otto da uno zero come se volesse farsi beffa della mia inquietudine.
Ho saputo tutto quello che so dal suo Ex Amministratore. Tutto quello che so è pochissimo, pare, in confronto alla verità. Prima di tutto non immaginavo che un uomo politico dovesse avere un amministratore ma in fondo, mi dicevo, perché no? Un uomo politico è molto indaffarato e ha bisogno di qualcuno che gli paga le bollette della luce e del telefono, l’assicurazione e il bollo della macchina, le multe, le piccole tasse della casa e le spese del condominio. Oppure qualcuno che riscuote gli affitti se l’uomo possiede delle case, non è proibito. Un uomo politico può avere anche della terra, dei negozi, dei soldi investiti in azioni o in titoli di Stato, nemmeno questo è proibito.
Altro che titoli di Stato, altro che appartamenti. L’Ex Amministratore parlava di ricchezze immense, quasi tutte imboscate all’estero e intestate a società create apposta per essere proprietarie di queste ricchezze. Decine di palazzi a Roma, sei cliniche private, una catena di alberghi in Spagna, un grande palazzo a Zurigo sulla Banhofstrasse, la strada delle banche. Così la banca dove il Professore teneva depositati i miliardi su un conto corrente cifrato, oltre agli interessi per i miliardi gli pagava anche l’affitto per il palazzo. Una fabbrica di prefabbricati in Canada. Quattro grandi palazzi nel centro di Vienna, cassette di sicurezza piene di diamanti, rubini birmani e altre pietre preziose. Azioni di grandi industrie americane.
L’Ex Amministratore mi aveva spiegato il meccanismo per tenere segrete queste ricchezze. Venivano intestate a delle società. Ognuna di queste società era a sua volta intestata a un prestanome. Questi prestanome prima di diventare finti proprietari dovevano firmare un atto di vendita a un altro prestanome il quale scriveva un atto di vendita a un’altra società intestata a un altro prestanome che aveva scritto anche lui un atto di vendita a un’altra società del Lichtenstein intestata al Professore. Tutti questi atti di vendita senza data e già firmati erano tenuti in una cassetta di sicurezza dal Professore che, quando voleva, faceva passare le società da un prestanome all’altro e in qualsiasi momento poteva ridiventare proprietario di tutto. Sugli enormi profitti i prestanome trattenevano il dieci per cento e il resto lo versavano sul conto segreto presso la banca di Zurigo. Con questo dieci per cento i prestanome vivevano riccamente.
Il Professore era l’uomo più astuto del mondo e teneva un archivio di documenti con i quali ricattava una gran parte degli uomini politici italiani. Ogni tanto i giornali accennavano a uno scandalo dove era coinvolto, ma le prove per inchiodarlo non si trovavano mai perché non c’erano. Lui non lasciava mai scritto niente, non incassava mai un assegno, solo contanti versati sul suo conto corrente segreto della banca di Zurigo o su quello di una banca di Vienna.
Ma come aveva fatto il Professore a mettere insieme tante ricchezze? Facciamo il caso, diceva l’Ex Amministratore, quando il Professore era riuscito a fare comprare alla Marina Italiana una vecchia corazzata americana. Qualcosa come trecento miliardi coperti dal segreto militare. Cinque per cento di tangente fa quindici miliardi in un solo colpo. Questa nave dopo due anni è stata demolita nel porto di La Spezia perché faceva acqua da tutte le parti, era un rottame corroso dalla ruggine. Per incassare quindici miliardi ne aveva fatti pagare trecento alla Marina Italiana.
Una signora stipendiata dal Professore si occupava dei suoi investimenti in Brasile e un’altra signora degli investimenti in Canada. Quasi sempre si occupavano dei suoi affari delle signore, una di queste aveva il suo ufficio a New York sulla Fifth Avenue, ma poi è morta di infarto. Le signore, sopratutto se sono vedove o zitelle, pare che siano abilissime negli investimenti.
L’Ex Amministratore era stato sostituito da una signora che però anche lei era morta quasi subito e era stata sostituita da un’altra signora. Ma dove le trova tutte queste signore il Professore? Non si sa, forse sono sue ammiratrici, forse sono amiche della moglie, forse forse gliele fornisce la Supermassoneria di cui il Professore è il capo segreto.
Con denaro contante il Professore faceva tacere i giornali quando accennavano agli scandali nei quali era coinvolto. Attraverso le banche cercava di diventare azionista delle società editrici, ma non sempre gli riusciva e qualche volta a denunciare questi traffici erano gli stessi giornali che lui cercava di comprare. Se un giudice riusciva a mettere le mani su qualche traffico illecito del Professore, veniva trasferito o fatto fuori dai terroristi o dai killers della mafia o dei Servizi Segreti. I contatti con questi killers venivano tenuti dai Servizi Segreti i quali ricevevano gli ordini attraverso la Supermassoneria che il Professore aveva creato a fianco e in concorrenza con la Massoneria tradizionale. I Servizi Segreti, quando c’era una persona da eliminare, prima la uccidevano e poi erano loro stessi che facevano l’inchiesta sul delitto che avevano commesso in modo che il colpevole non si trovava mai.
Il Professore si serviva della Massoneria attraverso un Venerabile Prestanome che aveva fondato questa Loggia coperta o Supermassoneria alla quale erano affiliati i generali e i colonnelli dei Servizi Segreti. Lui dà gli ordini ma non ha mai toccato le spade, le squadre e i compassi del rito, non si è mai fatto bendare gli occhi e non è mai entrato nelle stanze drappeggiate di nero per sottomettersi alla cerimonia d’iniziazione. Attraverso quel losco personaggio il Professore comunicava i suoi ordini senza mai comparire, aveva finanziato gli attentati e le stragi come quella della stazione di Bologna, faceva espatriare gli attentatori o li proteggeva facendo distruggere le testimonianze dai Servizi Segreti. Qualche volta i killers venivano uccisi da altri killers per evitare che parlassero. Alcuni massoni tradizionali avevano avuto notizia di questi delitti e avevano tentato di ribellarsi, e di denunciare questa deviazione malvagia di una istituzione che vuole apparire severa e intransigente come la Massoneria, ma non c’era stato niente da fare, ormai la Supermassoneria era troppo potente per poterla fermare.
Con denaro contante il Professore comprava anche i voti quando c’erano le elezioni. Trafficava con i sindaci di molte città, gli procurava gli appalti e anche da loro si faceva pagare le tangenti. Al momento delle elezioni gli compravano le preferenze. Una catena che non finiva mai, tenuta insieme da una organizzazione capillare come un ministero, con i suoi uffici al centro di Roma a due passi da Montecitorio, ma molto più efficiente di un ministero.
Sono andato a controllare sull’Annuario Parlamentare: il Professore è nato nella prima metà di novembre, sotto il segno funesto dello Scorpione, il cosidetto cimitero dello Zodiaco, come Göring e Goebbels, come Lutero e Maometto, come Céline, ma lui non è un grande scrittore e nemmeno un riformatore o un profeta, è soltanto un grande delinquente, come i primi due.
Il Professore è arrivato a Porto Santo Stefano per incontrare il sindaco di una città dell’Alto Lazio, come nel Medioevo il principe andava una volta all’anno in visita presso i suoi feudatari. In questi feudi del Professore si rifà l’asfalto alle strade già asfaltate, si raddrizzano le curve e si allargano le vecchie strade dove non passa nessuno, si buttano giù i ponti per fare dei ponti nuovi, si tagliano le montagne e si spianano le colline per pura speculazione. Ogni anno si scavano nuove gallerie, le gallerie costano miliardi e i guadagni sono colossali. Le imprese che fanno i lavori in appalto sono collegate con questi sindaci feudatari, si capisce, e da questi feudi il Professore ricava parecchi miliardi ogni anno.
Qui a Porto Santo Stefano viene ogni estate una di quelle signore, che si occupa degli investimenti nel Canada. Si fa chiamare Esther ma qualcuno dice che è un nome falso. Così i miliardi che arrivano dal comune di M. nell’Alto Lazio partono direttamente per il Canada senza lasciare traccia in Italia. Però lei non sta sulla terrazza della Villa Verde insieme al Professore e al sindaco feudatario, lei cammina sul Lungomare in cerca di ragazzi che si porta nel suo appartamentino nel Complesso delle Ginestre o sulle spiaggette solitarie. È così abbronzata che sembra una africana. Non pensa altro che ai ragazzi quando viene qui al mare, ma se non li paga non si diverte, pare. Dicono che mercanteggia a lungo perché è avarissima. Sulla terrazza lei non è stata invitata, fanno tutti così i personaggi della grande delinquenza, tengono separate le loro pedine. Questa è una regola anche della mafia, spesso i mafiosi della stessa banda non si conoscono fra di loro.
Quando viene a Porto Santo Stefano il Professore è ospite del sindaco di M. nella Villa Verde sulla Strada dei Fari. La Strada dei Fari corre lungo un muretto rustico di pietra grigia che sostiene i giardini delle ville costruite sulla parete del Monte Argentario. È la zona più vecchia ma anche la più bella di Porto Santo Stefano per il verde delle acacie e degli oleandri, per i colori delle buganvillee e per il panorama della Baia d’Argento, ma le ville sono tutte un po’ trascurate dai proprietari che aspettano da anni di vendere i loro giardini come area fabbricabile. Dalla parte opposta della strada si vede a pochi metri di distanza l’acqua verde del mare attraverso le ferrate delle villette abusive costruite sugli scogli.
La Villa Verde è un cubo di stile fascista, è stata costruita nel primo Novecento in stile liberty e mi dicono che era piena di decorazioni, aveva le finestre a forma di cuore e gli stipiti della porta d’ingresso erano due donne nude di graniglia rosa con i capelli che formavano l’arco a sesto ribassato. Il sindaco di M. si vergognava di questa casa stampata anche sulle cartoline che si vendevano dal tabaccaio e così ha chiamato i muratori e l’ha ridotta a un cubo sinistro con le cornici di travertino e una torretta anche quella a forma di cubo per mascherare i cassoni dell’acqua. Una terrazza corrispondente al piano terreno si protende nel giardino in mezzo ai cespuglioni di oleandro, coperta da una buganvillea sorretta da traverse di cemento.
Lì sulla terrazza della Villa Verde si parla sottovoce, il Professore ascolta e parla poco. Ha sempre paura che le sue parole vengano registrate, pare addirittura che sia riuscito a trovare un timbro di voce speciale che crea difficoltà negli apparecchi di registrazione. Un personaggio così, mi dicevo, non è degno nemmeno dell’aria che respira, va cancellato dalla faccia del Pianeta.
(Ho trovato in un mobiletto della cucina un rotolo di giornali vecchi tenuti insieme da un elastico. È bastata una occhiata ai titoli e ho capito subito perché Demetrio li aveva messi da parte. In ogni pagina, segnato con una matita rossa, c’era un articolo che riguardava un personaggio politico che già mi sembrava di avere individuato come quello che nel manoscritto viene nominato come il Professore. Il primo che mi era capitato sotto gli occhi era un vecchio articolo su quattro colonne in prima pagina su «la Repubblica» del 27 gennaio 1976: “Esplode la bomba dei rapporti tra uomini politici e servizi segreti stranieri”. E sotto, a grandi caratteri: “CIA: si è aperto il Dossier Italia”. Riporto anche la prima parte dell’articolo, sufficiente per capire in quali acque tempestose andava a pescare Demetrio: “Le notizie pubblicate ieri da «Stampa Sera» sui finanziamenti che la CIA avrebbe effettuato recentemente a favore di un uomo politico di primo piano, sono di eccezionale gravità. Da Washington, fino a questo momento, mancano valide conferme; da Roma l’interessato oppone nette e rabbiose smentite. Esiste il sospetto che negli Stati Uniti queste fughe di notizie facciano parte della battaglia ormai aperta per le elezioni presidenziali; ed esiste del pari la possibilità che in Italia esse vengano utilizzate nella lotta sotterranea che si è scatenata all’interno della DC per il controllo del governo e del partito. Ma indipendentemente dalle possibili strumentalizzazioni, è ormai evidente che il ‘Dossier Italia’ sta per essere aperto dinanzi al Congresso americano e che esso contiene fatti, cifre e nomi tali da scuotere profondamente i partiti coinvolti in questa oscura vicenda. Il personaggio chiamato in causa comincia finalmente a reagire. Era tempo, le smentite dell’interessato non bastano. Ci vuole un’inchiesta pubblica che chiarisca se si tratta di calunnie o se è vero che uomini di governo italiani sono stati al soldo dei servizi segreti di una potenza straniera”.
Questa è solo una parte dell’articolo pubblicato in prima pagina, ma quasi tutta la terza pagina era dedicata allo stesso argomento. Tutti gli articoli raccolti da Demetrio riguardavano sempre lo stesso personaggio e si riferivano a scandali, veri o presunti. Ne risultava un ritratto sinistro del Professore, additato di volta in volta come protettore e complice di speculatori, di mafiosi, di terroristi. Ma sopratutto si sentiva dietro ogni scandalo la presenza del denaro, molto denaro, molti molti miliardi come diceva Demetrio nei suoi quaderni. In qualche articolo il personaggio in questione appariva addirittura come mandante di delitti clamorosi e come il vero capo della famigerata Supermassoneria. Esagerazioni della stampa? Non sono in grado di giudicare, ma dalla raccolta degli articoli di quotidiani e settimanali questo personaggio, che peraltro non mi risulta che sia professore in niente, appare coinvolto in tutti i più gravi scandali italiani degli ultimi trent’anni e il vero manovratore occulto delle trame nere.
Avevo cominciato a leggere quegli articoli con curiosità e devo dire anche con una notevole diffidenza, ma poco alla volta, man mano che procedevo nella lettura, ne ero rimasto seriamente turbato e mi domandavo come mai un simile personaggio avesse potuto passare indenne in mezzo a tanti e così gravi sospetti. Quel rotolo di giornali ingialliti costituiva un dossier esplosivo, un atto d’accusa che in altri tempi sarebbe bastato a sped...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Il pianeta azzurro
  3. (PRIMA PARENTESI)
  4. Primo quaderno
  5. Secondo quaderno
  6. Terzo quaderno
  7. Nota dell’autore
  8. Seconda nota dell’autore
  9. La prossima volta il fuoco
  10. Copyright