
- 154 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Croce e delizia
Informazioni su questo libro
È cominciato come uno scherzo mentre a Parigi si sta girando una versione televisiva della Traviata. Ma Rosa Grieco, sarta tuttofare del primo attore Alberto Sanna, ha fatto presto a convincersi che un filo forte e misterioso la lega alla romantica protagonista del melodramma verdiano. Rosa, vissuta senza amore, a poco a poco fa sue le gioie e i dolori, fa sua la passione che è "croce e delizia al cor", fa suo il tragico destino di Violetta. Un romanzo d'amore tanto originale quanto struggente. Una storia in cui all'eleganza consueta dello stile De Crescenzo unisce il tocco della tenerezza e del sentimento.
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Informazioni
eBook ISBN
9788852052859Categoria
Literatura generalIX
Il karma
La pioggia nel cinema è l’incubo dei produttori, dato che, bello o brutto sia il tempo, gli attori e la troupe vanno comunque pagati. C’è chi è previdente e si assicura, e chi invece, come nel nostro caso, preferisce affidarsi alla sorte e ai bollettini meteorologici dei telegiornali.
«Porca la miseriaccia zozza!» impreca il produttore, il cavalier Marchetti, mostrando i pugni al cielo. «Dico io, ma è possibile che non ci si può fidare nemmeno della televisione? E pensare che hanno pure i satelliti! Quelli francesi, poi, te li raccomando: sono perfino peggiori di quelli italiani, che è tutto dire! Mi avevano garantito l’anticiclone, mi avevano garantito, e ora eccolo qua l’anticiclone di quelle troie delle loro mamme: piove che sembra il diluvio universale! Che Dio li strafulmini… tutti quanti… dal primo all’ultimo… loro e i satelliti!»
«Io me ne vado a dormire» comunica Sanna, del tutto indifferente alle imprecazioni del suo datore di lavoro. «Mi spiace solo di essermi truccato. Io però stamattina lo avevo detto: il cielo non mi piace, aspettiamo fino alle nove prima di cominciare col trucco.»
«Ma se c’era un sole che spaccava le pietre!» protesta il tapino, ormai quasi alle lacrime. «Come potevo immaginare che dopo nemmeno mezz’ora si sarebbe scatenata tutta quest’ira di Dio!»
Alberto Sanna, però, non ha voglia di discutere e si avvia di corsa verso la roulotte. Come tutti gli attori, è del tutto insensibile ai problemi dei produttori, convinto com’è che, alla fin fine, saranno sempre loro gli unici a fare i soldi, e per di più a spese di chi lavora sul serio, ovvero a scapito suo.
Apre la porta della roulotte e ci trova dentro Rosa.
«Io mi metto a dormire,» le dice «e mi raccomando: non svegliarmi per nessuna ragione. Mi puoi chiamare solo se vedi il sole in mezzo al cielo, e senza nemmeno una nuvola. Mi sono spiegato?»
La sarta annuisce ma non accenna a muoversi. Evidentemente non ha voglia di uscire all’aperto, anche perché proprio in quel momento la pioggia si è scatenata e picchia sul tetto della roulotte come cento mitragliatrici, ma Sanna, senza tanti giri di parole, la invita a sloggiare. Non le dice proprio «togliti dai coglioni», ma ci va molto vicino. La poverina, allora, riparandosi il capo con un impermeabile, si precipita di corsa verso una vecchia locanda, che proprio quella mattina aveva intravisto sulla provinciale. E naturalmente chi ci trova? Tutta la troupe al completo, dal regista all’ultimo degli assistenti. Alcuni stanno giocando a scopone, altri, invece, sono intenti a bere pastis, il tradizionale aperitivo all’anice, a nostro parere disgustoso, ma tuttora prediletto dagli alcolisti di Francia. In un angolo, con un mazzo di carte tra le mani, c’è Marina Moffa, la costumista.
«Ti va di provare?»
Lì per lì, Rosa non sa cosa rispondere: le avevano già detto che Marina «faceva le carte» e che quello era il suo vero mestiere, dal momento che il cinema lo faceva solo per hobby. La cartomante, vedendola incerta, pensa bene di incoraggiarla un pochino: «Per questa volta te le faccio gratis, tanto piove».
Che c’entri poi la pioggia col fare le carte gratis non si capisce bene. D’altra parte, pensa Rosa, perché non provare? Sanna si era messo a dormire e, almeno per un’ora, non l’avrebbe chiamata.
«Questa sei tu» esordisce Marina mostrando la Donna di Cuori.
E fin qui tutto regolare: anche la più sprovveduta delle cartomanti sa che la sua cliente è la Donna di Cuori. La lettura, invece, comincia a farsi interessante non appena escono quattro Fanti, uno dietro l’altro.
«Sei sicura di essere italiana?» chiede Marina.
«Italiana?» ripete Rosa stupita. «Certo che sono italiana. Sono nata a Napoli. Ormai, però, sono sedici anni che vivo a Roma. Ma perché me lo chiedi?»
«Non lo so… ma le carte si sono messe in un modo così curioso… come se tu non fossi italiana. Guarda se dico bugie: le vedi tutte queste figure? Sono tutti Fanti.»
«E che vuol dire?»
«Che i Fanti, in genere, vengono chiamati Valet, e Valet è un termine francese.»
«Io il francese non lo so nemmeno parlare! A stento riesco a dire bonjour. Anche se…»
«Anche se…?» l’incoraggia Marina.
Ma Rosa non va oltre: non vuole suggerirle niente. Se davvero è brava, che se l’indovini tutta da sola la storia della reincarnazione.
«Questa qui sono io?» farfuglia, tanto per guadagnare tempo.
«Sì, sei tu: sei la Donna di Cuori.»
«E questa chi è?» chiede ancora Rosa, indicando la Donna di Fiori.
«Beh, tenuto conto dello sceneggiato che stiamo girando, dovrebbe essere Violetta. In questo caso i Fiori rappresenterebbero le camelie.»
E dagli: ecco che rispunta la reincarnazione! Rosa quasi non respira: ha paura di tradirsi, di rivelarsi come nuova Signora delle Camelie. A quel punto, però, vede un Re di Cuori e non può fare a meno di chiedere: «E questo chi è? Alfredo?».
«Nossignore, questo è tuo padre. Il “lui”, se per “lui” vogliamo intendere l’uomo della tua vita, è il Re di Picche, ma non è ancora uscito.»
E che non fosse uscito Rosa lo sa benissimo: sono anni che lo aspetta. Fino a quel momento, nessun uomo aveva soddisfatto il suo disperato bisogno d’amore. Non certo quel mascalzone di Ascanio, che l’aveva scaricata, una notte, sola e senza una lira. Né tanto meno il grande divo del cinema Alberto Sanna, che non sembra neanche accorgersi di tutte le attenzioni di cui lei lo circonda. Può chiamarsi amore un rapporto in cui solo uno dei due si dedica all’altro? Assolutamente no. E allora non resta che sperare in un terzo uomo, possibilmente più sensibile. Anche lei ha diritto, se non a un Principe Azzurro, almeno a un uomo che le voglia bene. Nell’attesa, però, niente le vieta d’immaginare che sia Alberto Sanna il suo Re di Picche.
L’aggancio condotto da Marina non è stato affatto casuale, anzi, fa parte di un preciso piano architettato da Anima Nera. Il ciacchista si è troppo divertito, la famosa sera della seduta spiritica, per non provarci di nuovo: la sarta a suo avviso va lavorata fino alla fine, o, per dirla con parole sue, fino all’ultima lira. E dal momento che una delle sue amiche, per l’appunto Marina, è brava a fare le carte, perché non unire l’utile al dilettevole, e cioè divertirsi alle spalle di Rosa e guadagnare qualche centone?
«Io te passo le notizie e tu te la lavori» aveva detto alla complice. «E ricordate de quello che te dico: se puro l’alleggerimo d’un par de sacchi, nun è peccato: ’a famo felice.»
Ora, potrà sembrare strano, ma Anima Nera ha perfettamente capito la sua vittima: Rosa non è mai stata così felice come da quando le hanno teso il tranello della falsa seduta spiritica. Adesso, poi, lo è ancora di più. Sta lì, con gli occhi inchiodati sulle carte, col cuore in gola, e prende per oro colato le interpretazioni che sente.
«Sei davvero strana!» commenta Marina, accostando la Donna di Cuori ora all’uno, ora all’altro Fante. «Sei assetata d’amore e nello stesso tempo sembra che cerchi di evitarlo. Come se un’esperienza esaltante, vissuta in tempi remoti, ti rendesse insopportabile il confronto tra l’uomo ideale e quello che oggi ti sta vicino, in carne e ossa.»
Gesù, Gesù, pensa Rosa, ma questa qui ha proprio centrato il problema: il confronto tra il sogno e la realtà! Quante volte aveva provato a paragonare Sanna all’uomo dei suoi desideri, e quante volte era stata costretta ad ammettere che si trattava di due persone completamente diverse. D’accordo, l’amore è sempre Croce e Delizia, ma quando è tutto Croce e così poco Delizia, una poverina ha pure il diritto di avvilirsi. E poi, quale Delizia? Alberto non era capace di deliziare proprio nessuno.
«È vero che molto tempo fa hai vissuto una grande storia d’amore, qui a Parigi?» incalza Marina, fissandola negli occhi.
Rosa non sa che rispondere, vorrebbe dirle tutto, ma non osa. È lì lì per aprirsi, quando l’aiuto-regista irrompe nella locanda come una furia.
«Ahò, e che stamo a fa’? ‘A bella vita?» sbraita, usando come al solito il megafono, benché si trovasse in un locale pubblico. «A manica de sfaticati! Forza che se lavora, forza ch’è tornato er sole!»
Dopo quella prima seduta, molte altre ne seguono, e tutte a pagamento. Almeno un terzo della busta paga di Rosa finisce, giorno dopo giorno, col trasmigrare dalle tasche della sarta a quelle insaziabili dell’Associazione a delinquere «Marina Moffa & Anima Nera».
La mattina il ciacchista la interroga sui suoi stati d’animo e la sera Marina le fa le carte. Il problema, secondo la costumista, è il karma.
«Ma che cos’è il karma?» chiede Rosa.
«È la somma di tutte le azioni, quelle che hai compiuto in questa vita e nelle vite precedenti. Ogni azione, però, è, nel medesimo tempo, causa delle azioni future ed effetto di quelle precedenti.»
Rosa, però, continua a non capire: «Se c’è una cosa che non mi torna, è proprio questo fatto della karma: se io in un’altra vita sono stata Alphonsine Plessis, cioè una cortigiana, qualche esperienza di sesso la dovrei pure ricordare, o no? Che so io… una notte d’amore trascorsa tra le braccia di Alessandro Dumas o di un nobile parigino. E invece non mi ricordo proprio niente. Anzi, per essere sincera, non sono nemmeno tanto esperta in cose erotiche. Ora, non per criticare la mia antenata, ma questa Alphonsine, durante i pochi anni che ha vissuto, diciamo la verità, se l’è spassata bene e meglio: deve avere avuto una karma che non finisce più…»
«Un karma, non una karma» la corregge Marina. «Il karma è maschile, e sta a rappresentare sia le azioni compiute, sia le loro conseguenze. È come dire il risultato finale di tutto quello che hai fatto.»
In sostanza, Rosa diventa sempre di più karmadipendente e, oltre a dover fare i conti col Re di Picche e con la Donna di Cuori, si sente anche condizionata dagli influssi astrali.
«Oggi, ti consiglio di non farti vedere in giro,» le dice un giorno Marina «hai Mercurio in opposizione.»
«E che gli ho fatto?»
«Niente di particolare, però lui è entrato nel Capricorno e questo a te non porta bene.»
«Mannaggia a Mercurio, mannaggia!»
La Grande Rivelazione ha luogo il giorno in cui il Re di Picche, la Donna di Fiori e la Donna di Cuori escono insieme, una dietro l’altra. Ci crediate o no, Alberto Sanna risulta essere la reincarnazione di Alessandro Dumas figlio, l’autore della Signora delle Camelie, proprio come la stessa Rosa aveva intuito il giorno in cui era andata a Montmartre. Sorge allora il problema di convincerne il diretto interessato. La povera Rosa ci prova in tutti i modi.
«Io e te, in una vita precedente ci siamo amati.»
«Io e te? E che, ero pazzo?»
«No, non eri pazzo: eri Alfredo Germont, e io ero Violetta Valéry.»
«E io che c’ho da spartì co’ Arfredo? Io so’ tutto diverso, so’ più pratico.»
«Cominciamo col dire» risponde Rosa «che hai il nome che comincia per A.»
«E con questo? Allora tutti quelli che hanno il nome che comincia per A, che so io… Andrea, Alfonso e Arcibaldo, dovrebbero essere la reincarnazione di Alfredo?»
«No, che c’entra. Però tutti quelli che hanno amato la Signora delle Camelie avevano un nome che comincia per A: Alessandro Dumas, Armando Duval e Alfredo Germont.»
«Di’ tutto quello che vuoi, ma io non posso essere mai stato Alfredo.»
«E perché?»
«Perché Alfredo era un imbecille, era uno che s’innamorava come una cocuzza. Io, modestamente, le donne le ho sempre trattate come debbono essere trattate, cioè con durezza. Guarda mia moglie, tanto per dirne una, se solo s’azzarda a fiatare si ritrova sul pianerottolo di casa con una mano davanti e l’altra dietro. Le donne debbono fare il loro dovere punto e basta, e cioè devono essere brave a letto e in cucina. Io non chiedo niente di più. Poi, però, succede che arrivano quelli come Alfredo e te le guastano. E già perché loro, le paracule, subito se ne approfittano: si fanno comprare i gioielli, gli abiti firmati, le pellicce, e non contente di tutti questi regali, fanno pure le gelose. Bada bene che mia moglie, nei primi anni di matrimonio, non era come è adesso. Sono stato io che l’ho educata. All’inizio faceva pure la gelosa: “Dove sei stato ieri sera? Con chi stavi parlando a telefono? Chi è questa Giuseppina che ti chiama tutti i giorni?”. Insomma, le solite cose. Allora io un bel giorno le ho dato uno schiaffetto, niente di pesante sia chiaro, e poi le de...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Croce e delizia
- Premessa
- I. La sarta
- II. Madame Sevenet
- III. Alberto Sanna
- IV. Alla ricerca di Margherita
- V. Il nido d’amore
- VI. Il professore
- VII. Alla ricerca di Alphonsine
- VIII. Jean Fumée
- IX. Il karma
- X. Abbasso Verdi
- XI. Juliette
- XII. Il sogno
- XIII. Colpo di scena
- XIV. Il paradosso dell’attore
- XV. La «cosa»
- XVI. Il dottorino
- XVII. Parigi, o cara
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