Il Druido supremo di Shannara - 1. Jarka Ruus
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Il Druido supremo di Shannara - 1. Jarka Ruus

  1. 364 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Il Druido supremo di Shannara - 1. Jarka Ruus

Informazioni su questo libro

Sono passati vent'anni dal viaggio della nave volante Jerle Shannara. Adesso Grianne Ohmsford non si fa più chiamare Strega di Ilse e ha votato la sua vita al progresso delle Quattro Terre mediante lo sfruttamento delle conoscenze dei Druidi, che adesso presiede, e cerca da anni di arrivare a una pace duratura tra i Liberi e la Federazione.
Non tutti, però, la pensano come lei. Sono molti i druidi convinti che il loro destino sia quello di dominare le altre razze. E qualcuno non si limita solo a parlare: Grianne, vittima di un tradimento, scompare senza lasciare traccia. Potrebbe essere l'inizio di una nuova era oscura, ma Tagwen, assistente di Grianne, è deciso a tutto pur di ritrovare la donna e preservare il potere del Druido Supremo. Anche a scendere nelle misteriose terre del Divieto, un mondo dove anticamente gli Elfi esiliarono tutte le creature del male.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
Print ISBN
9788804532606
eBook ISBN
9788852053160

1

Grianne sedeva al tavolo di lavoro, sola nella sua stanza immersa nelle ombre del tramonto e nella solitudine della sera. I suoi pensieri erano ancora più cupi della notte che s’approssimava e ancora più grevi dell’intera massa della Fortezza di Paranor. Da qualche tempo aveva preso l’abitudine di ritirarsi presto, in apparenza per lavorare, ma in realtà soprattutto per pensare, per riflettere sulle delusioni degli insuccessi odierni e sull’assenza di prospettive per l’indomani. Nella torre centrale della Fortezza regnava il silenzio, e quel silenzio le concedeva una tregua momentanea nella lotta tra lei e coloro ai quali avrebbe dovuto comandare. Durava poco, solo il tempo in cui rimaneva chiusa nella sua stanza. Senza quella piccola consolazione quotidiana sarebbe impazzita dalla disperazione.
Non era più una ragazzina, non era neppure giovane, anche se manteneva l’aspetto di un’adolescente: la pelle chiara e luminosa era ancora priva di rughe e di opacità, gli occhi erano ben limpidi e di un incredibile azzurro, i movimenti sicuri e fermi. Quando si guardava allo specchio, cosa che aveva sempre fatto di rado, vedeva la ragazza di vent’anni prima, come se il tempo si fosse miracolosamente fermato. Ma mentre il suo corpo era rimasto giovane, il suo spirito era invecchiato. La responsabilità la invecchiava più del trascorrere del tempo. Solo il Sonno Magico, se avesse deciso di ricorrervi, avrebbe fermato la consunzione del suo cuore, ma non intendeva cedere, almeno per ora. Non le era possibile: era l’Ard Rhys del Terzo Consiglio dei Druidi, il Druido Supremo di Paranor, e finché avesse occupato quell’incarico il sonno, di qualsiasi tipo, sarebbe stato un bene raro.
Il suo sguardo corse alle finestre, orientate a ovest, nella direzione dove il sole era già sceso al di sotto dell’orizzonte e la luce che ancora rischiarava il cielo cominciava ormai ad affievolirsi. Pensò che anche la sua stella cominciava a tramontare, che la sua luce svaniva. Il tempo che aveva a disposizione era finito, le sue possibilità si estinguevano. Se ne fosse stata in grado, avrebbe cambiato quello stato di cose, ma ormai temeva che la situazione le fosse sfuggita di mano.
Sentì giungere Tagwen prima ancora di vederlo: udì i suoi passi cauti e leggeri nel corridoio al di là della porta aperta, colse la preoccupazione nel suo silenzio.
«Entra, Tagwen» gli disse, quando sentì che era vicino.
Il nano si presentò alla porta e si fermò sulla soglia, senza entrare, rispettando quel luogo che era soltanto di Grianne. Anche lui cominciava a invecchiare, dopo vent’anni di servizio. Era il solo assistente che avesse mai avuto e il tempo da lui passato a Paranor corrispondeva a quello di Grianne.
Il suo corpo massiccio e nodoso era ancora forte, ma i suoi movimenti cominciavano a rallentare e a volte, quando le articolazioni gli si irrigidivano per il troppo uso, gli sfuggiva una smorfia. Ma aveva gli occhi gentili, e questo l’aveva spinta a sceglierlo, perché il particolare indicava la sua natura più profonda. Tagwen la serviva perché rispettava quello che stava facendo, capiva la sua importanza per le Quattro Terre, e non la giudicava mai per i successi o i fallimenti, anche quando gli insuccessi prevalevano.
«Signora» la salutò con la voce roca, aspra come il fruscio della ghiaia. Mentre si chinava, la sua faccia barbuta e coperta di rughe sparì per qualche istante nell’ombra. Un inchino strano, rigido, che il nano le aveva rivolto fin dall’inizio.
Si sporse verso di lei, come per condividere un segreto che rischiava di essere origliato da altri.
«È arrivato Kermadec.»
Grianne si alzò di scatto. «Non deve entrare nella Fortezza» rispose decisa.
Tagwen scosse la testa. «È in attesa alla porta Nord e chiede di parlare con te.» Il nano serrò le labbra, con aria cupa. «Dice che è urgente.»
Grianne prese il mantello, se lo gettò sulle spalle e uscì nel corridoio; mentre passava davanti al nano, gli toccò una spalla con fare rassicurante.
Quando fu sulla scala, al di sopra del suono ovattato dei propri passi udì alcune voci: echi di conversazioni che le giungevano dai piani inferiori. Cercò di distinguere le parole, ma non ne fu in grado. Parlavano certamente di lei, lo facevano senza sosta. Si chiedevano perché si ostinava a essere il loro capo, perché presumeva di potere ancora ottenere qualche risultato dopo tanti insuccessi, perché non ammetteva che il suo tempo era passato e che il suo posto spettava ormai ad altri. Senza dubbio alcuni sussurravano che la si doveva allontanare con la forza, volente o nolente. Altri suggerivano sistemi ancora più sbrigativi.
Intrighi da Druidi. I corridoi di Paranor ne traboccavano, e lei non riusciva a fermarli. Per ordine di Walker, al ritorno nelle Quattro Terre dalla Parkasia aveva costituito quel Terzo Consiglio, aveva accettato il ruolo di capo e il destino di guida per coloro che aveva chiamato a sé, la responsabilità di ricostruire l’eredità dei Druidi come dispensatori di conoscenza alle Razze. Lei era divenuta il cuore del nuovo Ordine, all’inizio formato da coloro che le erano stati inviati dal re degli Elfi, Kylen Elessedil, dietro insistenza del fratello Ahren. Altri si erano poi aggiunti, di altre terre e di altre Razze, richiamati dalla prospettiva di apprendere gli usi della magia. Tutto questo era successo vent’anni prima, quando le speranze erano ancora vive e tutto sembrava possibile. Il tempo e l’incapacità di apportare qualche rilevabile cambiamento nel pensiero e nell’atteggiamento di coloro che governavano quelle terre e quelle Razze avevano consumato gran parte dell’ottimismo. Rimaneva una sorta di disperazione e di ostinazione nell’aggrapparsi alla convinzione di non dover cedere.
Ma questo non era sufficiente, né ora né mai. Non certo per una persona uscita da un’oscurità talmente assoluta da far credere impossibile ogni redenzione, non certo per Grianne Ohmsford, che un tempo era la Strega di Ilse ed era diventata Ard Rhys per espiare quella colpa.
Raggiunse il piano più basso della Fortezza, il lungo corridoio che collegava le sale di riunione alle stanze private di coloro che l’avevano seguita a Paranor. Ne scorse alcuni, ombre che scivolavano lungo i muri come macchie d’olio alla luce delle lampade senza fiamma che illuminavano i corridoi. Alcuni le rivolsero un cenno, un paio le rivolse qualche parola di saluto. Ma la maggior parte si limitò a lanciarle un’occhiata preoccupata e ad accelerare il passo. Avevano paura di lei e non si fidavano, quei Druidi che Grianne aveva accolto nel suo Ordine. Non riuscivano a fidarsi e lei non trovava il coraggio di biasimarli.
Terek Molt usciva da una stanza mentre lei passava; la salutò con un brontolio poco amichevole, una sfacciata espressione di sfida. Grianne, che conosceva i suoi veri pensieri, sapeva che l’uomo la temeva, ma la odiava ancor più di quanto la temesse. Lo stesso valeva per Traunt Rowan, Iridia Eleri e un paio d’altri. Shadea a’Ru andava ancora più in là: le sue occhiate cariche di veleno erano così apertamente ostili che non c’era più comunicazione tra loro, e la situazione sembrava ormai irrimediabile.
A quei pensieri chiuse d’istinto gli occhi e si domandò cosa fare contro quelle vipere, quali azioni che non avessero ripercussioni al di là di quanto era pronta ad accettare.
Il giovane Ceryson Scyre le passò davanti e le rivolse un cenno della mano e un sorriso: il viso era disteso e senza ombra di colpa, il suo entusiasmo evidente. Era come un faro luminoso in una notte scura e Grianne si rallegrò della sua presenza. Nell’Ordine rimaneva qualcuno che credeva ancora in lei. Non si era mai aspettata amicizia e neppure compassione da coloro che l’avevano seguita, ma aveva sperato nella fedeltà e nella responsabilità nei riguardi della sua carica. Era stata sciocca a crederlo, e ormai non si faceva più illusioni. Forse si poteva dire che oggi si limitava a sperare che la ragione prevalesse.
«Signora» la salutò Gerand Cera, a bassa voce, chinando la testa mentre le passava davanti; era un giovane alto e dinoccolato, con un’aria assonnata e il volto spigoloso e minaccioso.
Ce n’erano troppi, Grianne non era in grado di controllarli tutti in modo adeguato. Correva un grave rischio ogni volta che scendeva in quei corridoi. Là, nel posto dove avrebbe dovuto essere al sicuro nell’Ordine fondato da lei stessa. Era una follia.
Giunta alla fine del corridoio, uscì nella notte, attraversò una serie di cortili collegati tra loro e arrivò alla porta Nord. Ordinò alla guardia di lasciarla passare e i Troll di sentinella obbedirono, impassibili e silenziosi. Grianne non conosceva i loro nomi, sapeva solo che erano lì per ordine di Kermadec e questo bastava ad assicurarle la loro fedeltà. Qualunque cosa fosse successa in quella compagnia un tempo fedele e ora progressivamente sempre più staccata da lei, i Troll sarebbero rimasti al suo fianco.
Sarebbe stato necessario servirsi di loro? Un mese addietro avrebbe detto di no. Il fatto che ora si ponesse la domanda dimostrava quanto fosse peggiorata la situazione.
Si portò ai margini della spianata, davanti alla parete di alberi che segnava l’inizio della foresta, e si fermò. Un gufo attraversò in volo l’oscurità, cacciatore silenzioso. Anche lei era una cacciatrice. Sentì all’improvviso un legame con il rapace, talmente forte da farle desiderare di essere in volo anche lei, di lasciarsi dietro tutto, di tornare all’oscurità e alla solitudine.
Allontanò il pensiero perché non poteva concedersi quel tipo di indulgenza, e fischiò piano. Qualche istante più tardi, una figura si staccò dall’oscurità, quasi di fronte a lei, e venne avanti.
«Signora» la salutò il Maturin, portando un ginocchio a terra e abbassando la testa.
«Kermadec, grosso orso» gli rispose lei, facendo un passo avanti per abbracciarlo. «Come sono lieta di vederti!»
Dei pochi amici che aveva, Kermadec era forse il migliore. Grianne lo conosceva fin dalla fondazione dell’Ordine, quando si era recata nel Nord a chiedere aiuto alle tribù dei Troll. Nessuno aveva mai pensato di farlo e la sua richiesta era stata sufficiente a far convocare d’urgenza un Consiglio delle Nazioni. Grianne non aveva voluto sprecare l’occasione che le era stata offerta. Si era recata al Consiglio, aveva parlato della sua missione, del suo ruolo quale Ard Rhys di un nuovo Consiglio dei Druidi, il terzo dall’epoca di Galaphile. Aveva dichiarato che il suo nuovo Ordine avrebbe accettato membri di tutte le nazioni, inclusi i Troll. Non era ammesso alcun pregiudizio, il passato non aveva posto nel presente. I Druidi ripartivano dall’inizio, e perché l’Ordine potesse avere fortuna, tutte le Razze dovevano farne parte.
Kermadec era stato uno dei primi a farsi avanti, offrendo l’appoggio della sua vasta nazione, della sua gente e delle sue risorse. Attirato dall’offerta di Grianne e consapevole dell’importanza di un Consiglio dei Druidi aperto a tutte le Razze, aveva dato il suo assenso ancora prima della riunione. I suoi Troll delle Rocce non avevano mai avuto molta predisposizione per la magia, ma erano onorati di prestare servizio nella sua guardia personale. E se avessero avuto l’occasione di dimostrare la loro fedeltà e la loro destrezza, Grianne non si sarebbe pentita della scelta.
E così era stato. Kermadec era rimasto a Paranor per cinque anni e in quel tempo era diventato il suo migliore amico. Più di una volta aveva risolto qualche problema che rischiava di divenire una minaccia. E anche dopo avere terminato il suo turno ed essere tornato a casa, si era assunto il compito di scegliere i Troll che prestavano servizio alla Fortezza.
Alcuni avevano giudicato pericoloso permettere ai Troll di entrare nella Fortezza e ancor più permettere loro di costituire la guardia personale dell’Ard Rhys. Ma Grianne era già stata in luoghi ben più tenebrosi e si era associata a creature ben più pericolose. Era convinta che nessuna razza avesse una particolare predisposizione per il bene o per il male; le Razze, secondo lei, erano composte di singoli individui che potevano essere convinti a scegliere l’uno o l’altro.
Una scelta che valeva pure per i membri del suo Ordine, si disse, anche se avrebbe preferito il contrario.
«Kermadec» ripeté, e il sollievo era evidente nella sua voce.
«Dovresti permettermi di liberartene» disse piano il troll, posando una mano enorme su una spalla sottile di lei. «Dovresti dare una bella ripulita, come si elimina la polvere del giorno prima, e ricominciare da zero.»
Grianne annuì. «Se fosse così facile, ti chiederei aiuto, ma non posso ricominciare tutto una seconda volta. Verrebbe considerata una debolezza dai governi delle nazioni cui ho chiesto appoggio. In tempi come questi, la Ard Rhys non può avere debolezze.» Toccò la mano del troll. «Adesso alzati e vieni con me.»
Lasciarono la radura e s’inoltrarono tra gli alberi, lieti di essere insieme, a loro agio nella notte. Le luci e i suoni di Paranor scomparvero, il silenzio della notte li avvolse. Quella sera l’aria era fresca e profumata, il vento un mormorio tra le foglie nuove della primavera, e portava con sé profumo di legno e di acqua. Presto sarebbe tornata l’estate e i profumi sarebbero cambiati di nuovo.
«Che cosa ti porta al castello?» gli chiese infine Grianne, sapendo che aspettava il suo invito per parlarne.
Il troll scosse la testa. «Una cosa preoccupante. Una cosa che probabilmente tu puoi capire meglio di me.»
Anche per un troll delle Rocce, Kermadec era molto alto. Con la sua statura di quasi sette piedi, giganteggiava sopra di lei. Sotto la pelle, dura come la corteccia di un albero, era tutto muscoli e ossa. Era talmente forte da riuscire a sradicare un albero di medie dimensioni. Grianne non aveva mai visto un altro troll forte e veloce come Kermadec. Ma i suoi pregi non finivano lì. Era un Maturin di trent’anni ed era il tipo d’uomo cui gli altri si rivolgevano istintivamente quando c’era qualche guaio. Saldo e capace, aveva servito la sua nazione con una profondità di sentimenti che smentiva la storia feroce della sua razza. In un passato non molto lontano, i Troll avevano fatto guerra a Uomini, Elfi e Nani con l’intenzione di distruggerli. Dominati dalla loro natura feroce e combattiva, durante la Guerra delle Razze si erano alleati con i poteri più tenebrosi del mondo. Ma questo nel passato, mentre nel presente, dove la cosa aveva più importanza, non si lasciavano trascinare a servire una causa che non fosse sostenuta dalla ragione.
«Hai fatto molta strada per venirmela a dire, Kermadec» commentò Grianne. «Dev’essere importante.»
«Sarai tu a deciderlo» rispose il troll, a bassa voce. «Io non ho visto di persona quello che sto per rivelarti, perciò mi è difficile giudicare. Penso che sarà difficile anche per te.»
«Racconta.»
Kermadec rallentò fino a fermarsi e si voltò a guardarla nel buio. «C’è una strana attività nel Regno del Teschio, signora» disse. «Il rapporto non viene dai Troll delle Rocce, che non amano recarsi in quei luoghi proibiti, ma da altre creature, che vanno laggiù e a volte chiedono un compenso per riferire quello che hanno visto. Ciò che vedono adesso fa venire alla mente altri tempi, più cupi di questi.»
«Il vecchio regno del Signore degli Inganni» commentò Grianne. «Un brutto posto ancora oggi, tutto rovine e ossa sparse. Tracce di malvagità rimangono ancora negli odori e nei sapori di quella terra. Cos’hanno visto le creature di cui parli?»
«Stranezze e cose insolite, più che altro. Fuochi accesi nella notte che al sorgere dell’alba sono già freddi. Piccole esplosioni di luce che suggeriscono la presenza di qualcosa di più del legno che brucia. Odori acri che possono giungere solo da quei fuochi. Macchie scure su pietre piatte che hanno tutto l’aspetto di altari. Segni su quelle pietre che potrebbero essere simboli. Queste tracce erano occasionali fino a un passato...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Jarka Ruus
  4. Mappa
  5. Capitolo 1
  6. Capitolo 2
  7. Capitolo 3
  8. Capitolo 4
  9. Capitolo 5
  10. Capitolo 6
  11. Capitolo 7
  12. Capitolo 8
  13. Capitolo 9
  14. Capitolo 10
  15. Capitolo 11
  16. Capitolo 12
  17. Capitolo 13
  18. Capitolo 14
  19. Capitolo 15
  20. Capitolo 16
  21. Capitolo 17
  22. Capitolo 18
  23. Capitolo 19
  24. Capitolo 20
  25. Capitolo 21
  26. Capitolo 22
  27. Capitolo 23
  28. Capitolo 24
  29. Capitolo 25
  30. Capitolo 26
  31. Capitolo 27
  32. Capitolo 28
  33. Capitolo 29
  34. Copyright