
- 184 pagine
- Italian
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eBook - ePub
L'Italia spiegata ai ragazzi
Informazioni su questo libro
Quando si pensa alla storia dell'Italia, viene in mente quella di Pinocchio. Le vicende che portano quel pezzo di legno a diventare un bambino onesto e buono paiono simili a quelle che hanno reso la nostra nazione ciò che è.
Allo stesso modo, prima di nascere l'Italia è divisa in tanti "pezzi di legno", gli uomini e le donne che vogliono metterli insieme per dare vita a un'unica nazione sono i Geppetti, la lotta per unire Nord, Centro, Sud e le isole è il lavoro di "falegnameria" necessario a crearla.
L'Italia spiegata ai ragazzi è un viaggio a ritroso nel tempo, perché per essere protagonisti del presente, bisogna conoscere il proprio passato.
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Informazioni
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9788804613558eBook ISBN
9788852053474L’ITALIA DI IERI…
Io sono nato in Italia e sono italiano. Molte cose non funzionano bene nel nostro Paese e tutti si lamentano perché in altri ci sono meno problemi e si trovano più soluzioni per aiutare le persone. Le scuole sono più belle, le strade sono pulite e le persone in coda non ti passano avanti. Però siamo tutti affezionati al nostro Paese: l’Italia.
Luigi, 11 anni
• Quando è nata l’Italia?
Il 17 marzo si festeggia l’Unità d’Italia. Questo vuol dire che prima era divisa, ma perché lo era? Molti dicono che sarebbe stato meglio se fosse rimasta divisa e che l’Unità non deve essere festeggiata perché non è un fatto positivo. A me sembra che tanti non hanno capito perché è stata unita, anzi, molti non sanno neanche quando è nata, l’Italia.
Luigi, 13 anni
Dal punto di vista geografico l’Italia è sempre esistita, solo che dal VI secolo fino alla metà del XIX è stata divisa in tanti stati, quindi per più di mille anni il nostro Paese è esistito geograficamente, ma non come nazione. Sulle mappe era possibile trovare lo stesso stivale che gioca a pallone con due isole, ma non dare un unico colore al territorio che congiungeva le Alpi alla Calabria fino alla Sicilia e alla Sardegna.
Poi, nel giro di neppure due anni, fra il 1859 e il 1861, accade qualcosa che solo dieci anni prima pochi avrebbero potuto immaginare: la maggior parte degli stati in cui è divisa la penisola viene unita sotto la guida di un unico sovrano.
L’Italia nasce il 17 marzo del 1861, quando la Camera dei Deputati, per la prima volta eletta con una votazione a carattere nazionale, proclama l’Unità d’Italia e riconosce il titolo di Re a Vittorio Emanuele II e ai suoi eredi.
(Non possiamo parlare di suffragio universale, visto che non hanno diritto di voto le donne, gli uomini al di sotto dei 25 anni e anche tra i maggiorenni possono andare alle urne solo quelli capaci di leggere e scrivere e in grado di pagare annualmente una certa cifra di tasse, e dunque meno di 420.000 persone su una popolazione di circa 25 milioni.)
Il Regno d’Italia nasce in seguito all’annessione al Regno di Sardegna (che esiste dal 1720) della maggior parte degli stati preunitari. La sua prima capitale è Torino.
Nel 2011, in coincidenza con il centocinquantesimo anniversario della nascita dell’Italia, il 17 marzo è stato proclamata festa nazionale: scuole e uffici sono rimasti chiusi.
• L’Italia è una nazione giovane o vecchia?
Centocinquant’anni di vita non sono tanti, se pensiamo che la Francia ne ha ben 1168 (è nata nell’843), l’Inghilterra 945 (nel 1066) e la Spagna 542 (nel 1469).
Il ritardo dell’Italia è dovuto al lungo periodo in cui è stata divisa in tanti piccoli stati, spesso in conflitto tra loro e soggetti a dominazioni straniere.
Proprio per questo, una volta raggiunta l’unità permangono differenze e diffidenze tra le popolazioni delle singole regioni.
• Prima di essere unita, l’Italia è diversa?
Se paragoniamo l’attuale cartina geografica dell’Italia con quella di 500 anni fa non troviamo grosse differenze. Anche i nomi degli stati e delle città corrispondono, come quelli di province e regioni. Ma se fossimo catapultati negli anni precedenti il 1861 vedremmo che nessun abitante della penisola può viaggiare liberamente lungo lo stivale o raggiungere le isole. Non può trasferirsi da Torino a Milano, o da Bologna a Firenze o da Roma a Napoli, senza un lasciapassare. Infatti il territorio è lo stesso ma non le frontiere, molto più numerose e vicine.
Non solo. A Torino non si commercia con la stessa moneta utilizzata a Milano, a Firenze non si misurano i terreni con la stessa unità di misura impiegata a Napoli, a Roma non si pesano le merci con le stesse bilance adoperate a Palermo.
Nella penisola circolano insomma monete diverse: la lira piemontese, il baiocco e lo scudo romano, il carlino e il tarì napoletano, il ducato parmense, il francescone e il leopoldone toscani, l’oncia siciliana, per citarne solo alcune. Talvolta i nomi di quelle monete vengono utilizzati ancora oggi nelle zone di appartenenza per indicare il denaro contante. E curiosamente il nome di alcune monete è entrato nell’uso comune come sinonimo di denaro, se pensiamo a frasi come “Sono senza quattrini”, “Ce l’hai la grana?” “Non ho neanche un soldo”.
Nel 1861 la lira diventa la moneta di tutti gli italiani. Questo facilita il commercio, ma l’introduzione delle banconote (il denaro cartaceo) crea parecchi problemi alla popolazione, perlopiù analfabeta che, incapace di leggerne il valore, preferiva “la moneta sonante”. Scrive Verga nelle Novelle Rusticane: «Ogni volta che Mazzarò vendeva il vino, ci voleva più di un giorno per contare il denaro, tutto di 12 tarì d’argento, perché lui non ne voleva di carta sudicia per la sua roba».
• Perché gli stati che compongono la penisola italica prima del 1861 vengono chiamati “preunitari”? E chi li governa?
Gli stati in cui viene divisa l’Italia durante il Congresso di Vienna nel 1815 – quando le maggiori potenze europee ridisegnano la carta dell’Europa dopo gli sconvolgimenti della Rivoluzione francese e delle guerre napoleoniche – vengono chiamati “preunitari” per sottolineare l’importanza del periodo durante il quale il territorio italiano divenne un’unica nazione, unendo appunto tutti quegli stati.
Ogni stato preunitario ha un governante.
Per questo motivo la penisola italica è dominata da numerosi poteri, tra cui gli unici italiani sono il Regno di Sardegna, costituito da Piemonte, Liguria e Sardegna, e lo Stato Pontificio, formato da Lazio, Umbria, Marche e dalle province romagnole, il cui sovrano è il Papa.
(Apriamo un parentesi per dire che dal Medioevo a oggi la maggior parte dei pontefici sono stati italiani, basti pensare che prima di Giovanni Paolo II, il Papa polacco, l’ultimo straniero, l’olandese Adriano VI, era stato eletto nel 1523.)
Quasi tutti gli altri stati sono governati da famiglie regnanti straniere contrarie all’Unità del popolo italiano: austriaci, borboni, lorenesi.
Gli stati preunitari dal 1815 al 1848:
| Regno di Sardegna | Vittorio Emanuele I di Savoia |
| Regno Lombardo-Veneto | Francesco I d’Austria |
| Ducato di Parma e Piacenza | Maria Luisa d’Austria |
| Ducato di Modena e Reggio | Francesco IV d’Austria Este |
| Ducato di Lucca | Maria Luisa di Borbone |
| Ducato di Massa e Carrara | Maria Beatrice d’Este |
| Granducato di Toscana | Ferdinando III di Lorena |
| Stato Pontificio | Pio VII |
| Regno delle Due Sicilie | Ferdinando I di Borbone |

Dal 1848 gli stati preunitari diventano sette, perché il Ducato di Massa e Carrara viene annesso a quello di Modena e il Ducato di Lucca viene assorbito dalla Toscana.
A questi vanno aggiunti il Principato di Monaco e la Repubblica di San Marino, ancora oggi fuori dallo stato italiano.
La storia degli stati preunitari è legata a doppio filo con quella dell’Italia unita.
Nel corso dei secoli, questi stati subiscono innumerevoli trasformazioni territoriali, politiche e dinastiche. Cambiano i confini o le regole; e i sudditi sono più liberi o più oppressi a seconda del sovrano che conquista il Paese. In qualche caso lo stato cambia addirittura nome.
Per esempio, nel 1720 il Ducato di Savoia (l’attuale Piemonte) acquisisce la Sardegna e diventa Regno di Sardegna.
Prima del 1861 le dominazioni si susseguono e ogni volta i sudditi si trovano a confrontarsi con governanti molto diversi fra loro per cultura e lingua: spagnoli, francesi, tedeschi, che impongono con la forza usi e tradizioni, regole e leggi.
Alcune usanze si radicano nel territorio, le lingue si sovrappongono ai dialetti, condizionando il modo di parlare.
Le conseguenze di quelle dominazioni straniere sono giunte fino a noi. Fanno parte delle profonde differenze che spesso ancora oggi caratterizzano regioni addirittura confinanti.
Ci sono parole e costruzioni lessicali radicate nel dialetto milanese che derivano dal tedesco, dal francese e dallo spagnolo, termini del dialetto siciliano che nascono dal francese, espressioni napoletane che ricalcano lo spagnolo.
I sovrani di origine austriaca governano la Lombardia e il Veneto (Impero Asburgico), le province di Parma, Piacenza e Guastalla (Asburgo-Lorena) e anche la Toscana.
Sono invece di origine spagnola i Borbone, sovrani del Regno delle Due Sicilie, lo stato che conta la maggior presenza di abitanti italiani poiché è costituito da tutte le regioni meridionali: Campania, Abruzzo e Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia.
Ci sono poi i piccoli ducati di Lucca, Modena, Reggio Emilia e Parma, e di Massa Carrara che appartengono alternativamente alla dinastia asburgica e a quella borbonica.
I regnanti di alcuni piccoli stati tra la Toscana e l’Emilia – i ducati di Parma, Modena, Lucca, Massa e Carrara – in alcuni casi sono gli stessi che già governavano prima della Rivoluzione Francese e dell’età napoleonica.

• Le leggi sono uguali in tutti gli stati preunitari?
Ogni stato preunitario ha proprie leggi, cosa che rende diversa, talvolta radicalmente, la vita delle popolazioni. Come succede nel mondo di oggi: in alcune nazioni esiste ancora la pena di morte, che in Italia è stata abolita; in altre le donne devono portare il velo, per esempio, e ci sono cose (dall’inseminazione artificiale all’eutanasia all’uso di droghe leggere) che in alcuni Pesi sono legali e in altri no. Guardando indietro alla storia del nostro Paese, pensiamo a quanto si sono trasformate le abitudini e le leggi nel mondo di oggi.
Se l’occupazione napoleonica ha eliminato, in qualche caso con la forza, molte delle differenze fra i vari territori in cui da secoli è divisa la penisola, la successiva divisione imposta dall’Austria e dalle altre potenze europee, ripristina antiche tradizioni e fa riaffiorare alcune differenze persino all’interno di uno stesso stato.
Nel Regno di Sardegna – composto da Piemonte, Liguria e Sardegna – non tutte le leggi vigenti in Piemonte sono applicate nelle altre due regioni, come l’obbligo del servizio militare; allo stesso tempo, le leggi feudali che permettono di lasciare l’eredità ai soli figli maschi sono abolite in tutto il regno continentale (Piemonte e Liguria), ma non in Sardegna.
Analogamente, nel Regno delle Due Sicilie l’obbligo del servizio militare valido per Napoli, Caserta, Bari, Potenza e Reggio Calabria, esclude l’isola. “Meglio essere un maiale che un soldato” dice un vecchio proverbio siciliano, per sottolineare la forte rivalità con i napoletani. I siciliani, infatti, non accettavano di buon grado l’idea di far parte di un regno la cui capitale era Napoli e non Palermo.
Sempre per continuare a parlare di servizio militare o di notevoli differenze tra uno stato e l’altro: nello Stato Pontificio l’obbligo militare viene abolito su tutto il territorio, mentre nel Granducato di Toscana, unico caso italiano ed europeo dell’epoca, si conferma l’abolizione della tortura e della pena di morte.
LE DURE LEGGI PRIMA DELL’ UNITÀ:
TORTURA E PENA DI MORTE
TORTURA E PENA DI MORTE
Nello Stato Pontificio protagonista delle esecuzioni di condanna a morte fu Giambattista Bugatti, noto come Mastro Titta. Nella sua lunga carriera di boia, dal 1796 al 1864, portò a termine 516 esecuzioni, tutte accuratamente descritte nelle sue Annotazioni. A 85 anni fu mess...
Indice dei contenuti
- Copertina
- L'Italia spiegata ai ragazzi
- L’ITALIA IERI E OGGI
- LE TAPPE DEL RISORGIMENTO
- L’ITALIA DI IERI…
- … E L’ITALIA DI OGGI
- RINGRAZIAMENTI
- RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
- INDICE DELLE DOMANDE
- Copyright