Ore 2
L’aria stagnante intrappolata nella conduttura fognaria, che Crisalide aveva fatto convertire in entrata segreta del Crystal Palace, puzzava di muffa e di marcio. Il buio era interrotto solo dal fascio di luce della torcia di Brennan, che procedeva verso il Palace quasi senza far rumore. A un certo punto, oltrepassò un tunnel laterale di cui Crisalide non gli aveva parlato. Gli sembrò di sentire qualcosa che si muoveva all’interno, ma decise che non era il momento di indulgere a una sterile curiosità.
La conduttura portava a un tunnel più recente, che a sua volta conduceva a un magazzino buio seminterrato. La stanza era ingombra di pile di confezioni di liquori, fusti di birra e scatole di cartone piene di patatine, brezel, ciccioli e altro cibo confezionato.
Brennan attraversò silenziosamente il magazzino e salì la rampa di scale fino al pianterreno. Rimase un momento in attesa, ma non vide né udì né fiutò niente che indicasse la presenza di qualcun altro nell’edificio. D’altra parte, aveva immaginato di non trovare nessuno. Percorse il corridoio fino all’ufficio di Crisalide e si fermò davanti alla porta, stranamente riluttante a entrare nella stanza.
Si rendeva conto che, se avesse visto gli schizzi del suo sangue sui muri, avrebbe saputo senza più ombra di dubbio che Crisalide era morta. Lei aveva tenuto nascosta troppa parte di se stessa perché lui potesse amarla, ma aveva dormito nel suo letto e condiviso alcuni dei suoi segreti. Aveva conosciuto la donna sola che si celava sotto il suo aspetto freddo. Non l’aveva amata, ma avrebbe potuto innamorarsene, e questo non poteva dimenticarlo. Continuava a tormentarlo come il dolore di una ferita aperta, non curata e sanguinante.
Ricordava l’ufficio di Crisalide come un’incantevole stanza buia e tranquilla, con un favoloso tappeto orientale sul pavimento, librerie a tutta altezza piene di volumi rilegati in pelle che lei aveva veramente letto, solidi mobili di quercia e cuoio e una carta da parati vittoriana con disegni viola cupo. La stanza, allora, portava persino l’odore di Crisalide: del profumo esotico di frangipane che indossava e dell’amaretto che beveva. In quella stanza aveva regnato la pace, e Brennan non avrebbe voluto vederla trasformata in una scena di distruzione e di morte. Ma doveva farlo. Prese un profondo respiro, staccò il nastro che sigillava la porta ed entrò nell’ufficio.
Era in condizioni peggiori di come se l’era immaginata: la stanza era stata letteralmente devastata. La scrivania di quercia massiccia di Crisalide era rovesciata su un lato, distante almeno mezza stanza dalla sua posizione abituale. La poltrona di pelle nera era sfasciata. Le librerie erano state strappate dalle pareti e i volumi sparpagliati sul pavimento. Le sedie per gli ospiti erano state fatte a pezzi buoni come legna da ardere. Gli schedari di legno erano stati capovolti e il loro contenuto disseminato sul pavimento e sui mobili rotti. Ma la cosa peggiore erano gli spruzzi di sangue, appena visibili sul disegno della carta da parati, che cospargevano la parte bassa del muro dove prima avevano trovato posto la scrivania e la poltrona.
Brennan aveva assistito a molti scempi, ma quella devastazione lo riempì di rabbia. La ricacciò indietro, spingendola nel fondo di sé, finché fu solo un puntino ardente alla bocca dello stomaco. Non era il momento di abbandonarsi alle emozioni. Forse, più tardi, avrebbe potuto concedersi di dare loro sfogo, ma adesso aveva bisogno di mantenere un intelletto lucido e freddo. Non sapendo ancora cosa si sarebbe potuto rivelare un indizio importante, memorizzò l’orribile scena nel maggior dettaglio possibile, in modo da poterla in seguito ricostruire mentalmente.
Brennan lasciò l’ufficio con la stanza custodita nella memoria. Non se la sentiva di affrontare i tunnel soffocanti che correvano sotto il livello stradale; aveva bisogno di respirare aria fresca e pulita, o almeno fresca e pulita quanto poteva esserlo quella della città. Mentre andava verso le scale che portavano alle uscite del piano superiore, udì una voce, l’ultima che si sarebbe aspettato di udire di nuovo, che sussurrava dalla tromba delle scale buia davanti a lui.
«Yeoman,» disse la voce, mandandogli un brivido lungo la spina dorsale «ti sto aspettando. Vieni nella mia stanza. Sarò lì ad attenderti, mio arciere.»
Era la voce di Crisalide, che parlava con il suo accento quasi inglese. Lui rimase per un momento immobile, ma non sentì muoversi niente o nessuno nell’oscurità.
Brennan non credeva ai fantasmi, ma il virus wild card rendeva possibile pressoché qualsiasi cosa. Forse Crisalide non era nemmeno stata uccisa, forse era tutto un inganno perpetrato da lei stessa per chissà quale imperscrutabile ragione. Qualunque fosse la verità, non poteva certo semplicemente andarsene senza verificarlo. Estrasse la sua Browning Hi-Power dalla fondina sul fianco e salì le scale silenziosamente come un gatto in agguato.
La porta della camera da letto di Crisalide era aperta e appena Brennan sbirciò oltre lo stipite, vide che qualcun altro era stato lì prima di lui. L’intruso doveva avere cercato qualcosa e non si era dato la pena di farlo in modo discreto. Il letto a baldacchino di Crisalide era stato sfasciato e il materasso fatto a brandelli. Tutti i ritratti vittoriani e gli specchi antichi con le cornici eleganti strappati dalle pareti giacevano disseminati sul pavimento in frammenti argentati. Il decanter di cristallo che di solito stava sul comodino era in frantumi sul pavimento. Al suo posto c’era una maschera da scherma.
Brennan entrò nella stanza e si guardò intorno costernato. Nel momento in cui fu accanto al letto distrutto, una figura ingombrante comparve all’ingresso della cabina armadio dove Crisalide aveva tenuto il suo ricco guardaroba. Lo sconosciuto aveva un bel viso di donna, segnato tuttavia da quello che sembrava un dolore cronico. Il suo corpo era grottesco, informe e corpulento nel mantello nero lungo fino ai piedi, sotto il quale si muoveva qualcosa. Qualcosa che si contorceva e gli si agitava sul petto e sull’addome come un sacco pieno di serpenti. L’intrusa si fermò di botto fissando Brennan, che ricambiò lo sguardo e le puntò contro la pistola.
«Sei Ambiguità» disse poi Brennan.
«E tu chi sei?»
«Non mi conosci. Chiamami Yeoman.»
Ci fu un altro silenzio, poi Ambiguità disse: «Capiamo. Cosa stai facendo qui?».
«Questo lo chiedo io a te.»
«Stiamo cercando qualcosa.»
Le labbra di Brennan si piegarono in una smorfia. «Non tiriamola per le lunghe.»
«Altrimenti cosa? Vorrebbe essere una minaccia?»
Brennan parlò con voce fredda come il ghiaccio, tenendo saldamente la pistola immobile come una statua. «Io non minaccio né faccio giochetti. Ti ho trovato nella camera da letto della mia amica e sono incline a credere che tu abbia avuto a che fare con la sua morte. Se non vuoi dirmi niente, pazienza. Non ho intenzione di consegnarti alla polizia, ho intenzione di ucciderti.»
«Siamo certi che ci proveresti» disse piano Ambiguità.
Brennan non rispose.
«D’accordo» sospirò Ambiguità. «Non c’entriamo con la morte di Crisalide. Quando lo abbiamo saputo siamo venuti a cercare una cosa... un’informazione con la quale lei ci stava ricattando. Volevamo soltanto recuperarla prima che la trovasse la polizia.»
Brennan si accigliò. «Vi ricattava? Per denaro?»
Ambiguità annuì, poi il suo viso si raggrinzì all’improvviso con un’espressione di dolore intenso. Lei ansimò e cadde in ginocchio con le braccia incrociate sullo stomaco, buttando indietro la testa e contraendo spasmodicamente la faccia per la sofferenza.
«Cristo» mormorò Brennan. Ambiguità non stava recitando: era veramente in preda a un dolore intenso e incontrollabile. Brennan non sapeva cosa fare o come aiutarla. Fece per avvicinarsi al joker impotente, ma lei allungò una mano per tenerlo lontano. Lui rimase a fissare i suoi lineamenti che strisciavano via dalla faccia scivolando giù su un lato della gola. Un altro insieme di fattezze, scure e mascoline, cominciarono ad apparire da dietro la testa.
I nuovi occhi fissarono Brennan con sospetto. Ancora prima che fossero esattamente al loro posto, persino prima che Ambiguità smettesse di gemere, lui – adesso Brennan lo vedeva come un uomo – afferrò la gamba del tavolino accanto al letto e glielo scagliò addosso con uno scatto del polso. Brennan si chinò per evitarlo e fece partire un colpo di pistola.
Non seppe mai se la pallottola aveva colpito il bersaglio, perché Ambiguità lo caricò come un terzino che si lancia verso la linea di porta e, quando si scontrarono, a Brennan sembrò di essere stato investito da un sacco pieno di mattoni.
Lui ruotò per schivarlo, assestando un calcio poderoso alla massa in movimento che era il busto di Ambiguità. Una mano femminile, molto più forte della sua, lo afferrò e lo tirò, e lui la seguì senza riuscire a opporre resistenza, mentre lo faceva roteare e lo scagliava contro il muro abbastanza forte da fargli battere i denti e dolere la schiena.
La pistola gli volò via dalle mani; lui finì sul pavimento, rotolò e afferrò un tavolinetto di solida quercia, che lanciò con tutta la sua forza colpendo Ambiguità sul fianco. Il tavolinetto andò in pezzi. Le braccia di Brennan tremarono per il contraccolpo e lui cercò senza successo di eliminare l’intorpidimento dalle mani scuotendole. Ambiguità non si era nemmeno spostato.
Lui tentò di colpirlo e Brennan lo schivò una volta, poi una seconda e un’altra ancora, oscillando le mani lungo i fianchi nel tentativo di riacquistare sensibilità. Indietreggiò, finché sentì un muro dietro la schiena; Ambiguità incombeva davanti a lui con un cipiglio feroce.
Sferrò un altro colpo e Brennan lo evitò scivolando lungo la parete, mentre il pugno di Ambiguità la trapassava, finendo con il braccio dentro la cavità fino alla spalla.
Brennan sgusciò di lato e afferrò una delle colonne che avevano sorretto il baldacchino del letto sfasciato di Crisalide. La fece oscillare come una mazza da baseball fuori misura e colpì con forza la schiena di Ambiguità proprio sopra i reni.
Il joker lanciò un grido più di rabbia che di dolore. Brennan sferrò un altro colpo, mandando in pezzi la colonna.
«Cristo» mormorò Brennan, mentre Ambiguità imprecava torcendogli il braccio intrappolato.
Brennan si rese conto che non aveva senso cercare di combattere contro il joker furibondo. Fuggì dalla stanza proprio mentre lui si liberava e corse nel corridoio stringendo i denti per il dolore alla schiena.
«Ti prenderemo, bastardo!» urlò Ambiguità. Aveva la voce impastata, come se due persone stessero cercando di assumerne il controllo. «Ti prenderemo!»
Brennan fece un profondo respiro continuando a correre. Non aveva ossa rotte, ma tutta la schiena era ammaccata. Non c’era tempo da perdere in lamenti: la polizia sarebbe potuta arrivare in qualsiasi momento per indagare su quel trambusto. Salì le scale e uscì attraverso il tetto, ripensando alla storia raccontata da Ambiguità. Crisalide poteva avere estorto favori o informazioni come parte del gioco che le piaceva giocare, ma non avrebbe mai ricattato qualcuno per denaro. Brennan sapeva che non era nel suo stile.
Allora perché Ambiguità aveva mentito? E cosa stava – stavano – cercando nella cabina armadio di Crisalide?
Ore 9
«Avete un reporter che si chiama Thomas Downs» disse Jay.
La receptionist lo guardò con aria dubbiosa. Era una donnina elegante che sembrava nata apposta per stare dietro il banco ultramoderno di vetro e acciaio cromato di una reception. Gli uffici della rivista «Assi» erano molto più eleganti di come Jay se li era immaginati. Se avesse saputo che occupavano due piani interi al 666 della Quinta Avenue, si sarebbe fermato a farsi lucidare le scarpe sotto la metropolitana. Evidentemente si facevano i soldi, raccontando storie come quella sulla vita amorosa di Peregrine.
«Digger non è venuto, oggi» disse la donna. Sulla parete alle sue spalle, il logo della rivista era stato impresso a caldo su una lamina di acciaio cromato da Jumpin’ Jack Flash. In altri punti dell’area reception vari visitatori assi famosi avevano trasformato un portacenere cromato in uno strano bicchiere di vetro viola, piegato barre d’acciaio in nuove forme fantasiose e costruito una macchina a moto perpetuo che ronzava allegramente ormai da quattro anni. Pi...