DOLL BONES - La bambola di ossa
eBook - ePub

DOLL BONES - La bambola di ossa

  1. 228 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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DOLL BONES - La bambola di ossa

Informazioni su questo libro

HOLLY BLACK è nata nel 1971. Sua madre, pittrice, l'ha cresciuta a forza di storie su fate, fantasmi e folletti, che hanno ampiamente influenzato la sua visione del mondo. Ama collezionare libri rari sul folklore, bambole strane e cappelli. Per Mondadori ha pubblicato la trilogia Fate delle tenebre, il romanzo I segreti di Coldtown e, insieme a Tony DiTerlizzi, la serie "Spiderwick". Con Doll Bones - La bambola di ossa ha vinto la Newbery Honor nel 2014. A dodici anni, Zach passa i pomeriggi a inventare storie con le sue due migliori amiche, Poppy e Alice: i tre hanno affidato il dominio del loro regno immaginario all'enigmatica Regina, una bambola di porcellana così perfetta da sembrare viva. Un brutto giorno il padre affronta Zach intimandogli di crescere e di cominciare a interessarsi a cose "da grandi". Il mondo di Zach sembra andare in frantumi, finché una notte la Regina compare in sogno a Poppy, rivelandole di essere stata una bambina in carne e ossa di nome Eleanor, le cui ceneri si trovano ora all'interno della bambola; Eleanor non avrà pace finché non sarà seppellita nella sua tomba, in una lontana cittadina dall'altra parte degli Stati Uniti. I tre ragazzi partono nel cuore della notte, dormendo sotto le stelle, accampandosi nei cimiteri, incontrando bizzarri personaggi che parlano alla bambola scambiandola per una bambina vera, in un viaggio che cambierà per sempre le loro esistenze. Non somigliava affatto a un sogno. Era seduta sul bordo del mio letto. Aveva i capelli biondi, come quelli della bambola, ma arruffati e sporchi. Mi ha detto di seppellirla. Mi ha detto che non avrebbe trovato riposo fino a che le sue ossa non fossero state nella tomba e che, se non l'avessi aiutata, me ne avrebbe fatto pentire.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
Print ISBN
9788804635260
eBook ISBN
9788852050824

CAPITOLO TREDICI

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La via principale di East Liverpool era piena di grandi negozi e vetrine, ma molti non erano più in attività. C’era un posto chiamato Super Pantaloni, ricoperto di volantini che reclamizzavano VENDITA FINALE PER CHIUSURA ATTIVITÀ! su ogni articolo, ma a giudicare dall’aspetto invecchiato dei volantini la chiusura doveva protrarsi ormai da anni.
Il titolare era in piedi davanti alla porta e fumava una sigaretta. Zach, Poppy e Alice gli passarono davanti, le scarpe che facevano ciac ciac, lasciandosi dietro una scia d’acqua. Poppy stringeva al petto la Regina sotto la felpa umida, con il viso girato, quindi Zach non poteva vedere se le guance si erano fatte ancor più rosee. Passarono poi davanti a una sala giochi con alcune bici sul marciapiedi e un altro paio incatenate a uno STOP. Giunsero infine a una trattoria, l’unico posto in cui mangiare ancora aperto.
Si fermarono a guardare il menu appeso alla porta.
— Ho quattro dollari e venticinque cent, escludendo quelli del biglietto per tornare a casa — disse Zach. — Voi quanto avete?
— Da poter spendere? — disse Poppy. — Zero.
— Otto e settantacinque — disse Alice e sollevò il vestito per frugare nelle tasche dei jeans che portava sotto.
— Non molto quindi, se non vogliamo intaccare i fondi per l’autobus del ritorno — disse Poppy — ma è comunque qualcosa.
Alice fece una faccia truce al sentir parlare di autobus, ma non disse nulla, il che era positivo, anche se mise Zach in agitazione. Per tutta la strada dal bosco, i tre avevano parlato solo di come trovare il posto in cui erano diretti. Non riusciva a capire se le ragazze avessero rinunciato a litigare o se si preparassero a una nuova sfuriata ancor più aspra.
Chissà come, s’era ritrovato al centro del loro conflitto, ed era solo questione di tempo, pensava, prima che scoprissero che non c’era motivo di essere arrabbiate l’una con l’altra: era con lui che dovevano prendersela. Era lui che aveva mandato all’aria il gioco, che aveva nascosto le Domande, era lui che...
Era lui che piaceva ad Alice, altra cosa stramba. Non che Zach non pensasse mai alle ragazze, o che non avesse mai pensato ad Alice in quel senso. Certo che sì. Però, invitarla a uscire con lui? Bastava il pensiero a paralizzarlo.
— Okay, entriamo — disse Zach e aprì la porta della trattoria.
Il locale era caldo, con un tavolo rotondo dei dessert accanto alla cassa che ruotava, mettendo in mostra torte enormi e dolci zeppi di glassa e grondanti crema. C’erano piattini in vetro con gelatina di frutta e budino di riso con uvette, coperti dal cellophane.
Una donna in piedi dietro la cassa, i capelli bianchi con la messa in piega fresca di parrucchiere, alzò gli occhi e li squadrò da capo a piedi, l’espressione scettica, come se valutasse se portavano guai. — Non potete lasciare impronte di fango dappertutto — disse infine.
Zach sentì qualcosa che friggeva nelle cucine e lo stomaco gli si contorse dalla fame.
— Ci perdoni — disse Alice e fece un passo avanti, con la sua miglior maschera d’attrice. — Stavamo facendo un giro con la nostra barca a vela e ci siamo fatti prendere la mano. Un po’ troppo, temo. Vorremmo solo mangiare qualcosa di caldo prima di ripartire. L’acqua era proprio fredda.
La donna dietro la cassa sorrise, come se l’idea di una sana attività all’aperto avesse conferito un’aria salubre all’aspetto infangato dei ragazzi. O forse aveva concluso che tre ragazzini con una barca a vela dovessero avere del danaro, per quanto male si presentassero. — Okay, ma prima andate ad asciugarvi in bagno. Tavolo per quattro?
— Tre — disse Alice e la donna batté le palpebre confusa.
Zach guardò torvo la bambola che pendeva inerte fra le braccia di Poppy.
— Andiamo. — Poppy prese sottobraccio Alice e la trascinò in bagno. Mentre camminava, si voltò a guardare la donna con i capelli bianchi alla cassa. — Va bene per quattro.
Zach andò nel bagno degli uomini. Era tutto in mattonelle azzurre, con vecchie stampe del fiume Ohio appese ai muri. C’era una fila di tre orinali e una ritirata soltanto. Si avvicinò ai lavandini, si tolse le scarpe e le sciacquò. Poi si tolse i jeans, ripulì i risvolti dalla terra e dall’erba e cercò di asciugarli meglio che poteva, aiutandosi con le salviette e con l’asciugamani elettrico.
Strizzò infine la camicia su un lavabo, si pettinò con le mani i capelli bagnati e si rimise i jeans. Li sentiva appiccicati alle gambe, umidi e freddi. Guardò lo specchio e vide un ragazzino dalla pelle un po’ scottata che lo guardava, meno bambino di come si ricordava, con una zazzera familiare color castano scuro e occhi scuri che parevano dirgli: “Spero che tu sappia quello che fai”.
Quando uscì dal bagno, Alice e Poppy erano già sedute su una panchetta. Gli fecero cenno con la mano e le raggiunse mentre arrivava la cameriera.
Era poco più grande di loro, con il rossetto rosa, i capelli neri alla paggio e un piercing al naso. Distribuiti i menu, si fermò a osservare la Regina, che penzolava al fianco di Poppy.
— La tua bambola? — disse la cameriera e la indicò. Gli incavi del naso e della bocca erano pieni di fango del fiume, che aveva trasformato i riccioli biondi in grossi grumi. — Da paura.
— Oh, sì — disse Alice, con un’occhiata cupa verso Poppy. — Anche troppo.
La cameriera sorrise, passò loro i menu e si allontanò. Zach era felice che la ragazza avesse visto una semplice bambola e non quel che avevano visto Tinshoe Jones, il pasticciere e la signora alla cassa.
Allontanò il pensiero dalla mente e studiò il menu. Avevano dodici dollari e settantacinque da poter spendere senza intaccare i fondi per il ritorno a casa, calcolando i venticinque centesimi da prestare a Poppy per il biglietto.
Per cinque dollari c’erano uova e focaccine con sugo di salsiccia e frittelle di patate lesse, forse una porzione sufficiente da dividere due piatti in tre. Ma c’era anche il sandwich a due strati con tacchino e pancetta, servito con patatine e insalata russa, a poco più di sette dollari, e se avessero preso acqua da bere al posto delle bevande gassate, calcolando un dollaro per il servizio, gli sarebbe rimasto qualche soldo. Tre uova con frittelle di patate e toast per tre dollari e novantacinque... Non ci arrivavano per un pelo.
C’era anche un allettante piatto di chili con carne a due dollari e novantacinque. Con due dollari e cinquanta si poteva aggiungere una porzione di patatine. E se avessero preso tre piatti di chili e una porzione di patatine?
A forza di pensare a quel che potevano permettersi di mangiare, a Zach era venuta l’acquolina alla bocca. Se non avessero deciso al più presto, avrebbe finito per ordinare tutto senza lasciare niente per il ritorno.
— Vengo subito — disse Alice e andò verso la cassa, lasciandolo da solo con Poppy.
— Forse dovresti andare da lei — disse Zach. — Per parlarle.
— Forse tu dovresti andare a parlarle — rispose Poppy e tirò dietro le orecchie alcune ciocche umide.
Zach sospirò. — Smettila di fare così.
— Smettere cosa? — Lo guardò senza batter ciglio. — Hai intenzione di dirmi perché hai risposto alle Domande e poi hai mentito? E perché non hai più voluto giocare nemmeno un’ultima volta?
— Non potevo — fece Zach.
— Non ha senso — Poppy incrociò le braccia sul tavolo e ci appoggiò il mento, guardandolo fisso.
— Lo so — disse lui, mogio. — Credevo che sarebbe stato più semplice...
S’interruppe quando Alice tornò al tavolo, con in mano una confezione di ketchup e una di salsa piccante. Aprì il menu e guardò i prezzi.
— Per le bibite si paga il bicchiere e lo si può riempire quante volte si vuole — disse. — Potremmo prenderne uno e dividere.
— Dovremmo contare un dollaro e settantacinque in meno, però — disse Zach.
— Ho chiesto anche per l’autobus — disse Alice, senza guardare nessuno di loro. — Il prossimo passa domani, alla stessa ora di oggi. Mi sono fatta indicare la fermata. È a tre chilometri da qui.
Zach si domandò se fosse più vicina al punto in cui erano caduti nel fiume, se erano andati nella direzione sbagliata, se in fin dei conti non avrebbero potuto farcela, ma non disse nulla. Poppy stava zitta e si mordicchiava il labbro inferiore. Gli occhi cupi della Regina brillavano nel volto schizzato di fango e Zach non poté trattenersi dal pensare che tutto andava esattamente come lei aveva voluto, anche se non c’era modo per dimostrarlo.
Stavano ancora studiando il menu, quando la cameriera tornò a prendere l’ordine per le bevande (acqua di rubinetto) e posare sul tavolo un cestino di pane e un po’ di margarina. Vi si tuffarono, strappando le pagnotte, spalmandole e trangugiandole a grandi bocconi.
Zach si sentiva meglio, ora che aveva finalmente messo qualcosa nello stomaco dopo la ciambella. Anche Poppy e Alice dovevano sentirsi meglio, perché furono d’accordo sul chili con le patatine, che divorarono fino all’ultima, piccola e bruciacchiata, coperta di ketchup e salsa piccante.
— Sono esausta — disse Alice e lasciò ricadere la testa sul tavolo. — Tutto questo camminare e nuotare e il freddo e i malumori. Potrei addormentarmi qui adesso. Dico sul serio, su questa panca. Sarebbe più comodo che dormire per terra.
— Ci siamo quasi — disse Poppy, piano. — Ce l’abbiamo quasi fatta.
— Lo so — rispose Alice sbuffando. — Sono bloccata qui, quindi ormai voglio completare anch’io la missione. Ma vogliamo davvero andare nel cimitero di notte a scavare in una tomba?
Zach guardò la strada dalla vetrina. Il sole non era ancora tramontato, ma non mancava molto. Alice aveva ragione. Fra il tempo necessario per scoprire dove andare e quello per recarsi sul posto, probabilmente si sarebbe fatto troppo tardi.
— Se dobbiamo andare stasera, ci servono degli attrezzi — fece Zach. — Qualcosa per scavare e una torcia. Tutto quel che avevamo nello zaino adesso è sul fondo del fiume Ohio.
Alice tirò su col naso e Zach seguì il suo sguardo. Osservava la bambola. Il capo era girato, come se osservasse fuori dalla vetrina. Poppy guardava nella stessa direzione, imitando alla perfezione la posa della bambola.
Poppy — le disse. — Smettila di fare la scema.
— Cosa? — L’amica si voltò a guardarli, come se si ridestasse. Zach non le aveva visto girare la testa della Regina, ma doveva essere stata lei. La bambola non si muoveva da sola: non era uscita da sola dalla vetrinetta, aveva bisogno che fossero loro a condurla alla sepoltura. Non si muoveva.
Sperava tanto che fosse così.
A parte quella volta nel bosco.
— Sai dove andiamo, vero? Lo sai qual è il cimitero in cui siamo diretti, giusto? — Ripensò al momento in cui, prima di salire sull’autobus per tornare a casa, le aveva chiesto più o meno la stessa cosa. La sepoltura è sotto un salice. Eleanor ci dirà il resto.
Alice parve sul punto di fare un commento sarcastico.
Poppy annuì, senza guardare nessuno dei due. — Sì.
— Lo sai, giusto? — chiese Alice.
— Certo — fece Poppy e incrociò i loro sguardi, prima Zach, poi Alice. — Ho solo bisogno di una cartina.
Zach avrebbe voluto che sembrasse più sicura, ma anche che la smettesse di fare tanto l’ossessa riguardo alla Regina; e avrebbe voluto che la piantasse di sembrare posseduta. C’erano tante cose che Zach avrebbe voluto.
Pagarono il conto con tutto quel che avevano a parte i soldi dell’autobus per tornare a casa, depositando i centesimi sudici dal fondo delle tasche sopra le altre monetine e le banconote. La cameriera sorrise mentre uscivano e Zach ricambiò il sorriso, pur sapendo che erano rimasti completamente al verde.
— Ehi — disse Alice e frugò fra le scartoffie e i dépliant in un espositore accanto alla porta. Ne tirò fuori una cartina turistica. Non vi erano riportati i cimiteri, ma c’era il museo della porcellana, alcuni negozi di porcellane antiche e la Biblioteca Carnegie. — Può servire?
— La biblioteca — disse Zach. — Lì hanno mappe dettagliatissime. Potremmo usare questa per trovarla.
Stando alla cartina, la biblioteca non era lontana. Adesso che erano un po’ meno inzuppati e che avevano mangiato qualcosa, Alice pareva quasi allegra. Zach intuì che a quel punto non aveva più speranza di evitare i guai e quindi forse aveva semplicemente smesso di preoccuparsene. Alice si rimise in marcia, seguita da Zach e da Poppy, che teneva la bambola come se fosse diventata pesantissima. Camminarono per qualche isolato finché non ebbero raggiunto la biblioteca, la facciata imponente che si rifletteva sull’acqua. Aveva una cupola sulla sommità, una facciata di pietra rossa e finestre dagli stipiti di pietra bianca lavorata.
Pareva fuori luogo, troppo grandiosa per il posto in cui si trovava. Ed era chiusa. Aveva chiuso alle tredici e non avrebbe riaperto fino a lunedì mattina.
— Quando mai s’è vista una biblioteca che chiude per tutto il weekend?...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. DOLL BONES - La bambola di ossa
  3. CAPITOLO UNO
  4. CAPITOLO DUE
  5. CAPITOLO 3
  6. CAPITOLO QUATTRO
  7. CAPITOLO CINQUE
  8. CAPITOLO SEI
  9. CAPITOLO SETTE
  10. CAPITOLO OTTO
  11. CAPITOLO NOVE
  12. CAPITOLO DIECI
  13. CAPITOLO UNDICI
  14. CAPITOLO DODICI
  15. CAPITOLO TREDICI
  16. CAPITOLO QUATTORDICI
  17. CAPITOLO QUINDICI
  18. CAPITOLO SEDICI
  19. RINGRAZIAMENTI
  20. Copyright