Ogni viaggio di ipnosi regressiva è un’avventura che svela panorami improvvisi: a volte belvederi incantevoli, altre volte invece zone d’ombra del nostro inconscio.
Una corretta diagnosi preventiva e un solido rapporto psicoterapeuta-paziente sono il binomio fondamentale, grazie al quale si può procedere con sicurezza. La struttura di personalità di A. costituiva la garanzia che le regressioni potessero compiersi su un terreno non accidentato. Molti mi chiedono se la metodica sia potenzialmente pericolosa. Rispondo che un’attenta selezione dei soggetti idonei alla regressione è la migliore tutela per affrontare il mar del Sé.
Non ritengo utili le tecniche troppo spesso proposte di autoipnosi, che frettolosamente vengono aggiunte come appendici ai testi. Men che meno credo in cd e sussidi audio, che propongono di eliminare la competenza di uno psicoterapeuta con la presunzione di far tutto da soli. Essi espongono il soggetto a gravi rischi di scompenso. Una guida competente è indispensabile, non facoltativa. La salute della gente è un enorme business preso d’assalto da lobbies del fai da te. Pensate quanto sia redditizio costruire a tavolino un guru spesso non titolato, edificando sul nulla un impero per moltissime allodole. La sottocultura del self sta degradando metodologie nobili come l’ipnosi e l’ipnosi regressiva. Grandi nazioni, dove l’ipnomarketing regna sovrano, sono parassitate da guitti che espongono su internet i loro attributi audio-digitali. La qualifica è importante e non deve essere un’invenzione creativa. Non vi affidate mai a una persona senza titoli e un telefono o un indirizzo e-mail con il quale comunicare.
Al di fuori del rapporto psicoterapeuta-paziente, l’ipnosi e l’ipnosi regressiva sono pericolose, specie nelle psicosi, nelle depressioni maggiori, nelle cardiopatie, nelle personalità borderline, nel disturbo bipolare, nelle epilessie, in gravidanza, nei bambini ecc. Trattabili sono invece l’ansia, il panico, la depressione reattiva, le fobie, i disturbi dell’alimentazione e dell’affettività su base nevrotica. È possibile affrontare anche le ossessioni, i disturbi della sfera sessuale, le somatizzazioni, come per esempio la cefalea di A.
Molti elementi erano emersi dalle quattro regressioni ed ero fiducioso che, incrementando la confidenza con il sospeso Giuseppe, potesse affiorare altro materiale interessante. Orientavo la ricerca a un ulteriore equilibrio del paziente, che aveva già ottenuto visibili benefici. Spesso in chi si sottopone a ipnosi regressiva noto rapidi mutamenti nel rapporto con il mondo. Sviluppa di frequente un’attitudine alla calma, alla conservazione e all’equilibrio dell’energia psicologica e spirituale.
La quinta seduta ipnotica di A. lo vide inizialmente un po’ irrequieto: «Guarda che questa sera non ci riusciamo, non mi sento come al solito. Sono nervoso» esordì.
Parlammo allora del più e del meno. Poi, come faccio sempre in questi casi, gli proposi di rimandare a un’altra occasione. Dopo un’iniziale titubanza, fu lui a chiedermi di procedere. La fase di approfondimento fu più prolungata delle altre rapidissime immersioni, poco dopo però la respirazione profonda mi confermò che era stato accolto nel limbo della trance. Cominciai a rivolgere ad A. frasi apparentemente confuse, ma che richiamavano precedenti contenuti intraipnotici.
«C’è un Io superiore, che osserva le immagini oltre questo spazio-tempo e rivede la sua vita o dà messaggi importanti... La legge dell’energia... bisogna stare attenti, perché altrimenti decade... decade... Insegnami ancora Giuseppe! È possibile fare qualcosa in questo ciclo, in questo tempo attuale? Rispondimi Giuseppe. Parlami dell’energia... mi hai detto che nulla è opposto... tutto ha un complemento.»
Continuavo a rimandare concetti frammentati derivanti dalla trance precedente, che potessero attirare la sua attenzione.
«Non posso... può sembrare semplice...» rispose A., identificandosi con l’anima sospesa. «Non è solo l’entità, è il sistema di interrelazione... non è solo il complemento... l’intreccio... è complicato.»
«Non puoi provare a spiegarmelo?» chiesi.
«Dio mio!»
«Usa delle metafore, ti prego, per farmi comprendere.»
«È esistita un’età dell’Oro dove la conoscenza era vera, noi l’abbiamo perduta, ma era normale che succedesse, inevitabile. Non c’è memoria di questo.»
«E quando c’è stata?»
«Non so neanch’io... Ci sono tracce sparse... Quanto lavoro fatto su questo! Mi è diventato gravoso però... mi sono dovuto fermare. Non bisogna mai essere soli.»
«E tu procedevi da solo?»
«Sono rimasto con alcuni fratelli-amici.»
«E cosa studiavate?»
«Gli indizi, ma sono tutti correlati.»
«Erano relativi a civiltà antiche?»
«A religioni. I simboli, gli elementi sono interconnessi. Ti sei chiesto perché in un momento indefinibile tutte le confessioni sono diventate monoteiste?»
«Prima erano politeiste...»
«Sì, poi il monoteismo è diventato un tentativo elementare di definire il Tutto. Di conseguenza, ora non sono mai state così separate.»
Notai quanto diversa fosse la voce di Giuseppe rispetto a quella di A., più profonda e grave. Poi continuò: «Bisognerebbe rileggere il ruolo dei profeti come se venissero da un solo luogo, da un’unica possibile origine».
«Sai dove poteva essere situata?»
«È un’ipotesi, credo sia molto più vicina a noi di quanto pensiamo. Le numerose rappresentazioni ultraterrene delle varie religioni sono un po’ patetiche. La dualità tra noi e il divino è inconcepibile. È assurdo parlare dell’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Non esiste nulla che assomigli a qualcos’altro, è sempre un Tutt’Uno.»
«L’uomo è Dio?» chiesi.
«Così è un concetto un po’ panteista... È un’apparente emanazione del Tutto. La ragione ci dice che siamo separati, ma ogni cosa è interrelata...»
«Diamo troppa importanza alla razionalità?»
«No, a noi stessi. Non siamo così fondamentali. Ci è stata data un’opportunità, non la stiamo usando. La ragione è un’opportunità, poter sintetizzare un’idea è un’opportunità. Ti sembra che ne stiamo facendo buon uso?»
«No, la utilizziamo per distruggere, non per unificare.»
«Non è stato sempre così, ma le tracce sono perdute... Non è poi tanto importante scavare troppo... Una parte è nascosta. Tante persone hanno perduto la testa cercandole. È più un sentimento quello che va trovato che un luogo oggettivo.»
«È l’Amore?» domandai.
«Prima occorre un equilibrio... Attenzione, non c’è nulla di risolutivo. Tu parli di Amore, ma secondo un pensiero unitario non può esistere senza l’odio, il bene senza il male. Se trascendiamo ciò, possiamo andare al di là della dialettica degli opposti. Pensa ai cicli delle dodici ore, dei mesi... È bellissimo se uno riesce a percepirli non passivamente, ma attivamente. È una danza. Quante rappresentazioni ci sono! Śiva... Secondo te, le molteplici braccia nelle statue che lo rappresentano cosa indicano?»
Avevo lungamente studiato la figura del dio induista, simbolo della conservazione e distruzione dell’universo. Quindi risposi sicuro: «È l’aspetto di māyā, l’illusione dell’esistenza individuale quando invece tutto è Uno».
«Bravo! Il mondo degli opposti, la luce, il buio, l’amore, l’odio appartengono alla dualità. Śiva danza sul demone dell’ignoranza, ma il suo volto resta sereno... Trascende il più e il meno, il Bene e il Male, lo spazio e il tempo.»
«E qual è la natura del Tutto?»
«L’origine» rispose lapidario Giuseppe.
«Il sorriso di Śiva è oltre l’amore e l’odio?»
«Tu cerchi di separare. Non si deve farlo. C’è qualcosa di orrendo nel tentare di scegliere un’unica via. Non ne esiste mai una sola. La mente deve essere aperta alle molteplici rappresentazioni del reale. La tua vita è un fenomeno, non la realtà; è una delle eventualità. Non so se puoi capire...»
«Ce ne sono infinite e tra esse una si è realizzata?»
«No, tu credi che sia questa, ma è una delle non solo possibili, ma anche eventuali... Ne esistono anche di parallele.»
«Nel bene e nel male?»
«Certo. Non le puoi vedere... Non possiamo vederle.»
«Ed è una fortuna?»
«Sì, è meglio così. C’è chi guarda tutto da un livello superiore. Puoi trovarne uno ancora più alto che io non conosco, ma intuisco. In esso non c’è differenziazione e tutto diventa un’Unica cosa nel suo insieme.»
«Diventa Uno?»
«Sì, ma non immediatamente: per gradi. Io sono in un punto dove posso vedere molteplici aspetti. È interessante, sai, quello che osservo, ma devo ancora capire» rise.
«Cosa vedi?»
«Nella mia dimensione, le differenti eventualità, il passato e il presente arrivano quasi a sovrapporsi, almeno così li posso descrivere. Nella tua realtà terrena, puoi distinguere un prima e un dopo; qui tutto è praticamente contemporaneo.»
«Quindi secondo la tua visione non ci sono il passato e il futuro?»
«Tendono ad aggregarsi» rispose Giuseppe.
«È un tempo... atemporale?» chiesi.
«Non completamente, ma quasi.»
«È diverso dal mio?»
«Credo esistano dimensioni dove scompare del tutto.»
«Spiegami meglio.»
«Io vivo paradossalmente in una dilatazione temporale... Ich ain na fircht.»
«Hai parlato in tedesco?»
«No... Oddio, anche il linguaggio è relativo.»
«Riesci a dirmi qualcosa del momento storico della terra?»
«Posso ragionare su un ciclo. C’è in atto uno scambio verso l’esterno... Scusa se dico una cosa cattiva.»
«Di’ quello che ti pare.»
«Siamo in troppi... perché in un certo senso sono anch’io qui... troppi, veramente troppi» disse risoluto Giuseppe.
«Occorre un ridimensionamento numerico?»
«Mi auguro che non accada perché ora il processo involutivo di questo eccesso è in atto, come c’è stato in passato. Ma dopo quel laboratorio orrendo che è stata la Seconda guerra mondiale – veramente un laboratorio di demenza – cosa potrebbe avvenire? È inimmaginabile, meglio non pensarci. Solo un atto di coscienza potrebbe arrestare l’ignoranza... Chissà.»
«La terra sta andando verso l’autodistruzione?»
«No, molto peggio secondo me... verso u...