L'uomo che metteva in ordine il mondo
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L'uomo che metteva in ordine il mondo

  1. 324 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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L'uomo che metteva in ordine il mondo

Informazioni su questo libro

Ove ha 59 anni. Guida una Saab. La gente lo chiama "un vicino amaro come una medicina" e in effetti lui ce l'ha un po' con tutti nel quartiere: con chi parcheggia l'auto fuori dagli spazi appositi, con chi sbaglia a fare la differenziata, con la tizia che gira con i tacchi alti e un ridicolo cagnolino al guinzaglio, con il gatto spelacchiato che continua a fare la pipì davanti a casa sua. Ogni mattina alle 6.30 Ove si alza e, dopo aver controllato che i termosifoni non stiano sprecando calore, va a fare la sua ispezione poliziesca nel quartiere. Ogni giorno si assicura che le regole siano rispettate. Eppure qualcosa nella sua vita sembra sfuggire all'ordine, non trovare il posto giusto. Il senso del mondo finisce per perdersi in una caotica imprevedibilità. Così Ove decide di farla finita. Ha preparato tutto nei minimi dettagli: ha chiuso l'acqua e la luce, ha pagato le bollette, ha sistemato lo sgabello... Ma... Ma anche in Svezia accadono gli imprevisti che mandano a monte i piani. In questo caso è l'arrivo di una nuova famiglia di vicini che piomba accanto a Ove e subito fa esplodere tutta la sua vita regolata. Tra cassette della posta divelte in retromarce maldestre, bambine che suonano il campanello offrendo piatti di couscous appena fatti, ragazzini che inopportunamente decidono di affezionarsi a lui, Ove deve riconsiderare tutti i suoi progetti. E forse questa vita imperfetta, caotica, ingiusta potrebbe iniziare a sembrargli non così male...

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
Print ISBN
9788804640677
eBook ISBN
9788852054235

1

Un uomo che si chiama Ove
compra un computer che non è un computer

Ove ha cinquantanove anni. Guida una Saab. È il tipo di uomo che indica le persone che non gli piacciono un po’ come se fossero dei topi d’appartamento e il suo indice una torcia della polizia. È in piedi davanti al banco di uno di quei negozi frequentati da patiti d’informatica che guidano auto giapponesi. Ove osserva il commesso per un bel pezzo prima di agitargli davanti al naso una scatola bianca di medie dimensioni.
«Dunque, questo sarebbe un… aaiPadd?» vuol sapere.
Il commesso, un giovane dall’indice di massa corporea a una sola cifra, sembra a disagio. Sta evidentemente lottando contro l’impulso di strappare di mano la scatola a Ove.
«Sì, esatto. Un iPad. Ma sarebbe meglio che non lo scuotesse in quel modo…»
Ove osserva la scatola quasi fosse di un genere estremamente inaffidabile. Come se guidasse una Vespa con addosso una tuta da ginnastica fucsia, e avesse urlato a Ove: “Ciao, amico!” e poi avesse cercato di vendergli un orologio.
«Mm. Quindi è un computer?»
Il commesso annuisce. Poi tentenna un momento e fa un rapido cenno con il capo.
«Sì… cioè, è un iPad. C’è chi lo chiama “tablet”, chi “tavoletta per navigare su Internet”. Ci sono diversi modi di vederla…»
Ove guarda il commesso come se gli avesse appena parlato al contrario.
«Ah!»
Il commesso annuisce, esitante.
«Eh, sì.»
Ove sbatacchia di nuovo la scatola.
«E va bene?»
Il commesso si gratta la testa.
«Ma certo… Cioè, sarebbe a dire?»
Ove sospira e inizia a sillabare le parole lentamente, come se il commesso avesse problemi di udito.
«Va-be-ne? È un buon computer?»
Il commesso si gratta il mento.
«Be’… sì… è ottimo. Ma dipende dal tipo di computer che le serve.»
Ove gli lancia un’occhiata truce.
«Mi serve un computer! Un normale computer!»
Tra i due uomini cala un silenzio lungo alcuni istanti. Il commesso si schiarisce la voce.
«Vede, in realtà questo non è un normale computer. Forse per lei sarebbe meglio un…»
Fa una pausa, cercando un termine con cui immagina che l’uomo davanti a lui possa avere una qualche familiarità. Poi si schiarisce di nuovo la voce.
«Un laptop?»
Ove scuote il capo con foga e si sporge minaccioso sul banco.
«No, non voglio un CAVOLO di lapptopp. Voglio un computer!»
Il commesso fa un cenno di assenso.
«Un laptop è un computer.»
Ove lo fissa offeso e punta con ostentazione il suo indice-torcia sul banco.
«Lo so perfettamente!»
Il commesso annuisce di nuovo.
«Okay…»
Un altro silenzio, non del tutto diverso da quello che sarebbe potuto calare tra due pistoleri che di colpo si fossero resi conto di aver dimenticato a casa i revolver. Ove osserva la scatola a lungo, come se si aspettasse che dicesse qualcosa.
«Dov’è la porta per la tastiera?» borbotta alla fine.
Il commesso sfrega i palmi delle mani sul bordo del banco e sposta un po’ nervosamente il peso del corpo da un piede all’altro, come fanno i giovani commessi quando si rendono conto che ci vorrà molto più tempo di quanto avessero sperato all’inizio.
«Be’, vede, il collegamento con la tastiera non è previsto.»
Ove inarca le sopracciglia.
«Ah, certo! Perché bisogna comprarla separatamente, eh? Per un mucchio di DANNATI soldi!»
Il commesso sfrega di nuovo i palmi delle mani sul banco.
«No… cioè… Comunque, con questo computer la tastiera non serve. Si gestisce tutto direttamente dallo schermo.»
Ove scuote la testa flemmatico, come se avesse appena visto il commesso leccare il vetro di una gelateria.
«Ma dovrò pur averla, una tastiera. Lo capisce anche lei, no?»
Il commesso tira un lungo sospiro e mentalmente conta almeno fino a dieci.
«Okay. Capisco. Allora non credo che lei debba acquistare questo computer. Credo che dovrebbe comprare, per esempio, un MacBook.»
L’espressione di Ove lascia intendere che non ne è del tutto persuaso.
«Un Mec-buc
Il commesso annuisce entusiasta, come se fosse convinto di aver fatto un passo avanti decisivo nella trattativa.
«Esatto.»
Ove aggrotta la fronte con diffidenza.
«È uno di quegli stupidi “libri elettronici” di cui si parla tanto?»
Il commesso sospira con l’intensità di un poema epico.
«No. Un MacBook è… un laptop. Con la tastiera.»
«Ah!» esclama Ove.
Il commesso annuisce. Si gratta i palmi delle mani.
«Già.»
Ove si guarda intorno nel negozio e agita ancora un po’ la scatola che ha in mano.
«Ed è valido?»
Il commesso abbassa gli occhi sul banco, lottando contro l’impulso di conficcarsi le unghie nelle guance. Poi s’illumina e sorride, improvvisamente pieno di energia.
«Aspetti qui un secondo: vado a vedere se il mio collega ha finito con il suo cliente, così può venire a mostrarglielo! È lui l’esperto.»
Ove dà un’occhiata all’orologio e scuote la testa.
«La gente ha anche altre cose da fare, oltre a star qui tutto il giorno ad aspettare, sa?»
Il commesso annuisce in fretta. Poi si defila. Poco dopo, torna con un collega dall’aria allegra e rilassata, uno che chiaramente non ha ancora lavorato in un negozio abbastanza a lungo.
«Salve! Come posso aiutarla?»
Ove pianta l’indice-torcia sul banco con fare imperioso.
«Voglio un computer!»
Il collega non sembra più tanto allegro. Guarda il primo commesso con un’espressione che insinua che gliela farà pagare.
«Ookaay. Un “computer”, sì. Allora, per cominciare possiamo andare nel reparto dei portatili» dice il secondo commesso con fare non proprio entusiasta.
Ove lo fulmina con lo sguardo.
«Oh! Lo so cos’è un accidenti di lapptopp! Non c’è bisogno di chiamarlo “portatile”!»
Il secondo commesso annuisce rassicurante. Dietro di lui, nel frattempo, il primo commesso bofonchia: «Non ci sto dentro, adesso vado in pausa pranzo».
«Certo, la pausa pranzo è l’unica cosa a cui pensa la gente al giorno d’oggi» sbotta Ove.
«Come?» chiede il primo commesso, voltandosi.
«La PAU-SA-PRAN-ZO!» scandisce Ove.

2

(Tre settimane prima)

Un uomo che si chiama Ove
fa un’ispezione del quartiere

Mancavano cinque minuti alle sei, la mattina in cui Ove e il gatto si sono incontrati per la prima volta. Il gatto ha pensato subito molto male di Ove. E la cosa è stata del tutto reciproca.
Come al solito, Ove si è alzato dieci minuti prima. Non capisce la gente che si riaddormenta e poi dà la colpa alla sveglia che non ha suonato. Ove non ha mai avuto una sveglia in vita sua. Alle sei meno un quarto, ogni mattina, si sveglia e si alza.
Ha preparato la caffettiera con l’esatta quantità di caffè che lui e sua moglie hanno adoperato ogni mattina per i quasi quattro decenni vissuti in quel quartiere di villette a schiera. Un misurino per ogni tazza e uno per la caffettiera. Non uno di più e non uno di meno. La gente ormai non sa più come prepararlo, il vero caffè. Allo stesso modo, oggigiorno nessuno è più capace di scrivere a mano. Computer e macchinette per il caffè espresso: che fine può mai fare la società civile, se la gente non sa più scrivere a mano o preparare un caffè? Eh? Questo si chiede Ove.
Mentre il vero caffè bolliva, ha indossato i pantaloni e la giacca blu, si è infilato gli zoccoli di legno, si è cacciato le mani in tasca come fa un uomo di mezz’età che si aspetti continuamente che il mondo sempre più inetto intorno a lui lo deluda, ed è partito per la sua ispezione del quartiere. Come ogni mattina.
Quando è uscito, le altre villette erano immerse nel silenzio e nell’oscurità. C’era da aspettarselo. Cazzarola, lì attorno non abitava più nessuno che si degnasse di alzarsi prima del necessario, Ove lo sapeva. Ormai ci vivevano solo liberi professionisti e altri cani sciolti.
Il gatto sedeva con noncuranza al centro del vialetto pedonale tra le abitazioni. Gatto, poi. Aveva mezza coda e un solo orecchio, e qua e là chiazze senza pelo, come se qualcuno glielo avesse strappato a manciate. Un gatto davvero spelacchiato, letteralmente, ha pensato Ove, procedendo di un paio di passi nella sua direzione.
Il gatto si è alzato. Ove si è bloccato. I due si sono studiati per qualche istante, come dei potenziali rivali in una locanda di campagna a tarda sera. Ove ha meditato se lanciargli contro uno dei suoi zoccoli. Il gatto è sembrato maledire il fatto di non disporre di zoccoli da lanciare a sua volta.
«Sciò!» ha ruggito Ove, talmente all’improvviso che il gatto è trasalito.
L’animale è indietreggiato, ha scrutato il cinquantanovenne e i suoi zoccoli di legno, infine si è voltato con un piccolo balzo ed è trottato via. Se Ove non fosse stato una persona ragionevole, avrebbe potuto giurare che, prima di andarsene, il gatto aveva roteato gli occhi.
“Disgraziato” ha pensato, guardando l’orologio. Due minuti alle s...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. L’uomo che metteva in ordine il mondo
  3. 1. Un uomo che si chiama Ove compra un computer che non è un computer
  4. 2. (Tre settimane prima) Un uomo che si chiama Ove fa un’ispezione del quartiere
  5. 3. Un uomo che si chiama Ove fa retromarcia con un rimorchio
  6. 4. Un uomo che si chiama Ove si rifiuta di pagare una commissione di tre corone
  7. 5. Un uomo che si chiamava Ove
  8. 6. Un uomo che si chiama Ove e una bicicletta che deve stare al posto delle biciclette
  9. 7. Un uomo che si chiama Ove fissa un gancio con il trapano
  10. 8. Un uomo che si chiamava Ove e le orme di suo padre
  11. 9. Un uomo che si chiama Ove sfiata un termosifone
  12. 10. Un uomo che si chiamava Ove e la casa che si era costruito da sé
  13. 11. Un uomo che si chiama Ove e un imbranato che non sa aprire una finestra senza cadere da una scala
  14. 12. Un uomo che si chiamava Ove e il giorno che ne ha avuto abbastanza
  15. 13. Un uomo che si chiama Ove e un clown che si chiama Beppo
  16. 14. Un uomo che si chiamava Ove e una donna su un treno
  17. 15. Un uomo che si chiama Ove e un treno che sarà in ritardo
  18. 16. Un uomo che si chiamava Ove e un camion in un bosco
  19. 17. Un uomo che si chiama Ove e un gatto spelacchiato in un cumulo di neve
  20. 18. Un uomo che si chiamava Ove e un gatto che si chiamava Ernest
  21. 19. Un uomo che si chiama Ove e un gatto che, quando è arrivato, era già messo male
  22. 20. Un uomo che si chiama Ove e un’intrusa
  23. 21. Un uomo che si chiamava Ove e posti dove, nei ristoranti, suonano musica straniera
  24. 22. Un uomo che si chiama Ove e qualcuno in un garage
  25. 23. Un uomo che si chiamava Ove e un pullman che non è mai arrivato a destinazione
  26. 24. Un uomo che si chiama Ove e una piccola peste che disegna a colori
  27. 25. Un uomo che si chiama Ove e un pezzo di lamiera ondulata
  28. 26. Un uomo che si chiama Ove e una società in cui nessuno sa più riparare una bicicletta
  29. 27. Un uomo che si chiama Ove e un’esercitazione di guida
  30. 28. Un uomo che si chiamava Ove e un uomo che si chiamava Rune
  31. 29. Un uomo che si chiama Ove e un finocchio
  32. 30. Un uomo che si chiama Ove e una società senza di lui
  33. 31. Un uomo che si chiama Ove fa retromarcia con un rimorchio. Di nuovo
  34. 32. Un uomo che si chiama Ove non apre un cavolo di ostello
  35. 33. Un uomo che si chiama Ove e un giro d’ispezione diverso dal solito
  36. 34. Un uomo che si chiama Ove e il ragazzino della casa accanto
  37. 35. Un uomo che si chiama Ove e l’incompetenza sociale
  38. 36. Un uomo che si chiama Ove e un bicchiere di whisky
  39. 37. Un uomo che si chiama Ove e un mucchio di ficcanaso
  40. 38. Un uomo che si chiama Ove e la fine di una storia
  41. 39. Un uomo che si chiama Ove e la morte
  42. Epilogo. Un uomo che si chiama Ove e un epilogo
  43. Ringraziamenti
  44. Copyright