
- 266 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Viaggiare è il mio peccato
Informazioni su questo libro
Nel 1930 Aghata Christie, già celebre scrittrice, sposava in seconde nozze il giovane archeologo Max Mallowan, decisa a seguire il marito nelle sue spedizioni in Paesi come la Siria o l'Iraq. Nacque così questo libro di memorie, un resoconto di viaggi ironico e autoironico, candido e malizioso, discreto e sincero in cui l'autrice rievoca avventure e disavventure di una tranquilla signora della buona borghesia inglese.
Domande frequenti
Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
- Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
- Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Viaggiare è il mio peccato di Agatha Christie, Alessandro Ceni Tozzi in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Literature e Literary Biographies. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.
Informazioni
Argomento
LiteratureCategoria
Literary BiographiesII
Viaggio di sopralluogo
Beirut! Mare azzurro chiuso da una curva baia e il lungo profilo della costa di caliginose montagne azzurrine. Questo è il panorama che si gode dalla terrazza dell’albergo. La mia camera, che guarda verso l’interno, dà su un giardino di scarlatte poinsettie. La camera è alta, bianca, ricorda vagamente la cella di una prigione. Un moderno lavabo, completo di rubinetti e tubo di scarico, dona una nota vistosamente moderna all’ambiente. Sopra al lavandino e collegato ai rubinetti c’è un grande serbatoio quadrato con coperchio. L’interno è pieno di maleodorante acqua stagnante, che rifornisce soltanto il rubinetto dell’acqua fredda!
L’arrivo degli impianti idraulici in Oriente ha provocato una proliferazione di insidie. Quante volte dal rubinetto dell’acqua fredda esce la calda e da quello della calda la fredda! E come dimenticare quella volta che mi lavai in una stanza da bagno appena terminata e dotata di comfort all’“occidentale”, in cui un sistema di scaldacqua che incuteva timidezza erogava acqua bollente in quantità terrificanti, senza che fosse possibile, però, ottenere anche la fredda, e in cui il rubinetto dell’acqua calda non si richiudeva e il chiavistello della porta era rimasto bloccato!
Mentre osservo con vivo piacere le poinsettie e con astio le attrezzature idrauliche, bussano alla porta. Compare un armeno, basso e tarchiato, che mi sorride con aria suadente. Apre la bocca, si punta un dito alla gola e dice in tono incoraggiante: «Manger!».
Con questo elementare espediente fa capire anche alla più debole delle menti che nella sala da pranzo la seconda colazione è servita.
Ad attendermi ci sono già Max e il nostro nuovo architetto, Mac, che conosco appena. Nel giro di pochi giorni prepareremo una spedizione in tenda di tre mesi, durante la quale esamineremo la regione alla ricerca dei posti adatti. In qualità di guida, filosofo e amico, si unirà a noi Hamoudi, da anni caposquadra a Ur e vecchio amico di mio marito, che ci accompagnerà in questa campagna di scavi autunnale.
Mac si alza e mi saluta compitamente; ci sediamo per consumare un ottimo pranzo, anche se leggermente grasso. Tento qualche affabile motivo di conversazione con Mac, che lui blocca completamente con degli «Oh, sì?», «Sul serio?», «Davvero?».
Ho un senso di oppressione. Sono sopraffatta da uno spiacevole convincimento, che il nostro giovane architetto appartenga alla categoria di quelle persone che di tanto in tanto riescono a intimidirmi fino alla stupidità. Grazie al Cielo sono lontani i giorni in cui chiunque m’intimidiva. Con la mezza età ho conquistato una buona dose di calma e di savoir faire. E talvolta mi accade di congratularmi con me stessa per il fatto che tutta quella sciocca faccenda sia morta e sepolta! “L’ho superata” mi dico tutta contenta. E con la stessa sicurezza con cui lo penso, alcune persone mi riconducono nuovamente a uno stato di idiozia nervosa.
È inutile ripetermi che probabilmente anche il giovane Mac è timidissimo e proprio a causa della sua timidezza sfoggia quella armatura difensiva; di fatto, di fronte ai suoi modi freddamente superiori, al suo cortese levar di sopracciglia, alla sua misurata attenzione a discorsi che capisco immeritevoli di ascolto, perdo sempre più vigore e mi ritrovo a dire cose che, me ne rendo pienamente conto, non sono altro che complete sciocchezze. Verso la fine del pranzo Mac mi infligge un rimprovero.
«È certa» mi dice, cortese, di rimando a una mia disperata affermazione sul corno da caccia «che sia così?»
Ha, è naturale, perfettamente ragione. Non è così.
Dopo mangiato, Max mi chiede cosa penso di Mac. Gli rispondo cautamente che mi pare di poche parole. È una cosa eccellente, dice Max. Non ho idea, continua, di quanto sia intollerabile ritrovarsi nel deserto con uno che non smette di chiacchierare! «E l’ho scelto proprio perché mi è sembrato un tipo riservato.»
Ammetto che c’è del vero. Max prosegue dicendo che probabilmente è un timido, ma che presto si aprirà. «Con ogni probabilità sei tu che lo spaventi» aggiunge affabilmente.
Rifletto a questo pensiero incoraggiante; ma non mi convince.
A ogni modo, provo a impartirmi un piccolo trattamento mentale.
Prima di tutto, mi dico, sei abbastanza anziana da potergli essere madre. Inoltre, sei una scrittrice – una scrittrice ben nota. Diamine, il nome di uno dei tuoi personaggi era perfino la chiave della soluzione in una delle parole crociate del «Times» (Oh, apice della fama!). E, ancora di più, sei la moglie del Capo della Spedizione! Andiamo, se qualcuno deve snobbare qualcun altro, sei tu che snobberai il giovanotto, non lui te.
Più tardi, decidiamo di andare a prendere un tè; e sono io che vado alla camera di Mac per invitarlo a venire con noi. Sono decisa a comportarmi con naturalezza e amichevolmente.
La stanza è incredibilmente in ordine e trovo Mac seduto su una coperta da viaggio ripiegata intento a scrivere il diario. Mi guarda con aria cortesemente interrogativa.
«Le va di scendere per un tè?»
Mac si alza.
«Grazie!»
«E dopo, immagino le piacerebbe andare a dare un’occhiata alla città» suggerisco. «È divertente gironzolare in un posto nuovo.»
Mac inarca le sopracciglia e dice con freddezza: «Sì?».
Piuttosto avvilita, faccio strada verso la sala dove ci attende Max. Mac consuma un generoso tè in felice silenzio. Max prende il suo lì con noi ma con la testa grosso modo intorno al 4000 a.C.
Si risveglia dalle sue fantasticherie di colpo, non appena terminato di mangiare l’ultimo pezzo di torta, e propone di andare a vedere come procedono le cose col nostro camion.
Ed eccolo qua: telaio Ford sul quale viene montata una carrozzeria indigena. Abbiamo dovuto ripiegare su questa scelta perché non ci è stato possibile trovarne uno di seconda mano in buone condizioni.
La carrozzeria ha un aspetto decisamente ottimistico, tipo “Inshallah”, e tutto l’insieme si mostra grave e solenne, cioè sospetto, troppo buono per essere vero. Max è un po’ preoccupato dal ritardo di Hamoudi, che avremmo già dovuto trovare a Beirut.
Mac disdegna l’invito a andare a visitare la città e se ne torna in camera per risedersi sulla sua coperta da viaggio a scrivere nel diario. Da parte mia, interessate speculazioni in merito a ciò ch’egli verga nel suo diario.
Un risveglio mattiniero. Alle cinque del mattino si apre la porta della camera e una voce in arabo ci annuncia: «È arrivato il vostro caposquadra!».
Hamoudi e i suoi due figli irrompono nella stanza travolgendoci col magico calore che li contraddistingue. Ci afferrano le mani e se le premono sulla fronte. «Shlon kefek?» (“State bene?”) «Kullish zen.» (“Molto bene.”) «El hamdu lillah! Eh hamdu lillah!» (“Sia lodato il Signore!”)
Dissolte le nebbie del sonno, ordiniamo il tè mentre Hamoudi e i suoi figli si accovacciano comodamente sul pavimento e prendono a conversare con Max. La barriera linguistica mi esclude dalla conversazione. Ho già usato tutto l’arabo che conosco. Ho un gran desiderio di rimettermi a dormire e avrei preferito che la famiglia Hamoudi avesse posposto i suoi saluti fino a un’ora più opportuna. Tuttavia, comprendo che per loro questo modo di presentarsi è la cosa più naturale del mondo.
Il tè scaccia l’ultimo indugiare del sonno e Hamoudi mi rivolge più volte la parola e io gli rispondo, nell’un caso come nell’altro tramite la traduzione di Max. Tutti e tre sono raggianti di gioia e io mi rendo conto, una volta di più, che gente meravigliosa siano.
I preparativi fervono. Acquisto di scorte; ingaggio di un autista e di un cuoco; visite al Service des Antiquités; un pranzo delizioso con M. Seyring, il direttore, e la sua affascinante moglie. Nessuno potrebbe comportarsi altrettanto gentilmente e, sia detto incidentalmente, il pranzo è squisito.
Contrariamente all’opinione dei doganieri turchi, che ho troppe paia di scarpe, procedo ad acquistarne ancora! È una bellezza comprare scarpe a Beirut. Se la tua misura non è disponibile, te le fanno in un paio di giorni, di buona pelle e perfettamente calzanti. Devo confessare che comprare scarpe è una mia debolezza. Non so come farò a tornarmene a casa riattraversando la Turchia!
Vagabondiamo per i quartieri arabi e acquistiamo diversi metri di un interessante tessuto: una specie di grossa seta bianca, ricamata con filo dorato o azzurro scuro. Acquistiamo degli abas di seta che spediremo a casa per regalo. Max è affascinato dalla varietà delle forme e dei tipi di pane. Chiunque abbia sangue francese nelle vene ama il buon pane. Per un francese il pane ha più significato di qualsiasi altro genere di alimento. Ho sentito dire, con profonda e accorata pietà, da un ufficiale dei Services Spéciaux di un collega in uno sperduto posto di frontiera: «Ce pauvre garçon! Il n’a même pas de pain là-bas, seulement la galette kurde!».
Intratteniamo anche lunghi e complicati rapporti con la banca. Sono impressionata, come mi accade sempre in Oriente, dalla riluttanza delle banche a compiere qualsivoglia operazione. Tutti sono cortesi, affabili ma ansiosi di evitare ogni reale transazione. «Oui, oui!» mormorano con comprensione. «Écrivez une lettre!» E ritornano nella loro calma con un sospiro di sollievo al pensiero di aver ancora rimandato una qualsiasi azione.
E quando, riluttanti, vi sono costretti, si vendicano col complesso sistema dei timbres. Ogni documento, ogni assegno, ogni e qualsiasi operazione bancaria, subisce ritardi e complicazioni con la richiesta di «les timbres». Si assiste al continuato stillicidio di piccole somme. E quando pensate che ogni cosa sia finalmente a posto, ecco un ulteriore ritardo!
«Et deux francs cinquante centimes pour les timbres, s’il vous plaît.»
Ciò nonostante, alla fine le operazioni vanno in porto, tra innumerevoli lettere e un incredibile numero di bolli. Con un sospiro di sollievo, l’impiegato della banca vede finalmente la possibilità di sbarazzarsi definitivamente di noi. Mentre usciamo dalla banca, lo udiamo dire con fermezza a un altro importuno cliente: «Écrivez une lettre, s’il vous plaît».
Restano ancora da assumere l’autista e il cuoco.
Il problema dell’autista è risolto per primo. Giunge Hamoudi raggiante per informarci che siamo fortunati: ci ha procurato un eccellente autista.
E come è riuscito Hamoudi, chiede Max, a scovare questo tesoro?
Molto semplicemente. Se ne stava sul lungomare. E poiché era da un po’ senza lavoro e in stato di assoluto bisogno, ha accettato una paga molto conveniente. E così, per giunta, ci abbiamo anche risparmiato!
Ma come facciamo a sapere se si tratta di un buon autista? Hamoudi respinge una simile questione. Un fornaio è un uomo che mette il pane dentro il forno e lo cuoce. Un autista è un uomo che tira fuori l’auto e la guida!
Max, senza eccessivo entusiasmo, è d’accordo, in mancanza di meglio, nell’assumere Abdullah, che viene convocato per un colloquio. Rassomiglia in modo impressionante a un cammello; Max sospirando dice che, in ogni caso, gli pare stupido, il che è sempre una garanzia. Gli chiedo perché e Max mi spiega che per essere disonesto non è sufficientemente intelligente.
Il nostro ultimo pomeriggio a Beirut lo passiamo nella zona del Fiume del Cane, il Nahr el Kelb. Là, in una gola boscosa dell’interno, c’è un posticino dove puoi ristorarti con un caffè e quindi piacevolmente andartene a zonzo per un ombroso sentiero.
Ma l’autentica attrattiva del Nahr el Kelb risiede nelle iscrizioni incise nella roccia lungo un viottolo che conduce a un valico col Libano. Qui, durante innumerevoli guerre, gli eserciti hanno marciato e lascia...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- VIAGGIARE È IL MIO PECCATO
- I. Partant pour la Syrie
- II. Viaggio di sopralluogo
- III. L’Habur e lo Jaghjagha
- IV. Prima campagna a Chagar Bazar
- V. Fin de saison
- VI. Fine del viaggio
- VII. Vita a Chagar Bazar
- VIII. Chagar e Brak
- IX. L’arrivo di Mac
- X. La pista per Raqqa
- XI. Arrivederci a Brak
- XII. ’Ain el ’Arus
- Epilogo
- Copyright