
eBook - ePub
Arte e menzogne
Composizione per tre voci e una mezzana
- 252 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro
La storia dell'incontro fra tre strani personaggi: Handel, un ex sacerdote divenuto chirurgo, un uomo che ha sacrificato tutto all'intelletto, Picasso, una giovane pittrice scacciata dalla famiglia e Saffo, la poetessa dell'antichità. Un racconto a più voci, simbolico, visionario e appassionato con un finale imprevedibile. Un libro innovativo e coraggioso, che parla di desiderio, amore e perdita, dalla più originale scrittrice inglese dell'ultima generazione.
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Informazioni
Print ISBN
9788804468677eBook ISBN
9788852054112
L’uomo era sdraiato con la testa appoggiata al libro. Si sentiva la nuca in fiamme, non accaldata e appiccicaticcia al pari della fronte, ma come se gli avessero riempito la testa di brace. In bocca aveva cenere.
Aprì gli occhi e vide il tetto opaco del treno. Respirò a fondo, detestando l’aria immota, e gli parve che ogni cosa morta della sua vita stendesse le ali su di lui, sottraendogli l’aria.
Si alzò all’improvviso, troppo in fretta, e vide il treno ruotare vorticosamente fuori dagli oblò dei suoi bulbi oculari. Giravano, giravano quei sedili arabescati, giravano, giravano quei tavolini di finto legno, ruotava il treno immobile.
Volti distorti fluttuavano davanti a lui, intrappolato in un caleidoscopio di braccia. Tutto ruotava senza posa, il suo stomaco era in subbuglio nella roulette del treno. Cadde.
Cadde contro il finestrino, le mani sul vetro di sicurezza, impossibile aprirlo. Nel suo terrore allucinato vide il martello, o forse era un’ascia, appeso al sicuro in un contenitore rosso posto in alto. Infilò la mano nella plastica che andò in frantumi e sentì da qualche parte, in una perduta lontananza, la monotona e odiosa campanella che gli intimava di ritornare in classe, in sala operatoria, che lo avvertiva della carenza di ossigeno, dell’arrivo di qualcuno alla porta di casa. La porta. Trovò la porta, sigillata nella sua gomma protettiva e isolante, e con tutta la sua forza, prese l’ascia per spaccare la giuntura.
Il vuoto pneumatico venne meno. Le porte si aprirono di scatto, appena in tempo perché gli fosse possibile infilare il manico dell’ascia tra di esse; poi gli parve che due angeli si materializzassero ai due lati delle sue braccia ferite, e riaprissero la porta facendola scorrere.
Lasciò cadere l’ascia e scese quel largo predellino d’acciaio atterrando sulla banchina di cemento del porto. Più oltre, le rocce, il mare, la spiaggia bianca deserta e la luce.
Aveva con sé il libro.
Anni fa aveva avuto un incidente stradale. Viaggiava a una velocità costante, su una bella strada, sgombra, e tutto era sotto controllo; poi, mentre si apprestava a girare il volante, la macchina aveva disobbedito. La servile scatola di cuoio e acciaio si era rivoltata contro di lui, ribaltandosi più volte, mentre l’asfalto s’impennava staccandosi da terra e schizzandogli in faccia attraverso il parabrezza. Stava ascoltando la Turandot e il compact disc si era inceppato senza però rompersi; La Speranza, La speranza, La speranza, perché non era morto? Ci pensava spesso e si chiedeva perché aveva avuto la grazia di salvarsi e perché non aveva mai riconosciuto di essere stato graziato. Una seconda vita. A che pro? Solo per rifare quello che aveva già fatto ma questa volta smussato dalla ripetizione? Quando era uscito a carponi dalle lamiere accartocciate della macchina, aveva camminato di proposito per due miglia, prima che una volante della polizia lo soccorresse. «Non ci sono problemi, agente. Sono un medico.» Aveva mostrato loro la sua patente ridotta a brandelli.
In seguito, molto tempo dopo, di nuovo ristabilito, aveva scherzato sul fatto di avere sperimentato su di sé le conseguenze dello choc, proprio lui che, in tanti anni di pratica ospedaliera, aveva soccorso molti pazienti in quelle condizioni. «Sapete» diceva, «la cosa strana è che credevo veramente di stare bene e di essere illeso. Avevo un braccio rotto, una caviglia fratturata, bruciature ovunque e per di più perdevo sangue. E nonostante tutto ero convinto di stare bene.»
Sapeva che era un fatto fisiologico, certo che lo sapeva, eppure ne era rimasto turbato. In quali altri modi ingannava se stesso dentro quella sua vita lacerata?
Continuava a camminare, mentre nella testa gli esplodevano secchi fuochi d’artificio, e i polmoni pompavano strenuamente aria nel loro involucro coriaceo. Armeggiò nelle tasche e inghiottì una pillola. Si sarebbe sentito subito meglio, si sentiva già meglio, fuori da quell’obitorio di lamiera dove erano accatastati i corpi. Continuò a camminare avanzando lungo i bordi accidentati e irti di vegetazione del molo di cemento dove l’erba, alla faccia del progresso, riusciva ancora a crescere insinuandosi attraverso una crepa. Si lasciò alle spalle gli odori di pesce e di petrolio del porto di navi container e raggiunse le rocce vere dove trovò un aussichtspunkt da cui poteva godere di una bella vista e che gli offriva al contempo un riparo dal vento. Aprì il libro e si mise a leggere.
Io, Handel, amante, buffone, prete, pazzo, medico e boia, ho solo il tempo di raccontare quello che resta prima della fine.
Nella città da incubo dove ho proseguito i miei giorni, mi era stato dato l’incarico di sovrintendere alla costruzione di un nuovo centro oncologico. Privato, naturalmente, con una piccola ala destinata ai non abbienti da costruirsi sopra il vecchio macello.
L’ubicazione era perfetta: un recinto per il bestiame di dieci acri con annessa una casa Queen Anne, che sarebbe stata preservata come fiore all’occhiello del progetto. Il complesso era situato in una zona povera della città. Lo spartiacque tra il passabile e il degradato. Nessun comitato in questo caso si sarebbe opposto ai permessi di costruzione: la gente con il cuore devastato non apre la bocca. Questa era la città dell’inesprimibile.
Approvai la scelta. La proprietà apparteneva a un uomo di mia conoscenza: avevo curato sua moglie che soffriva di mal di testa, di depressioni, di tutta la gamma dei disturbi femminili. Non mi stupii quando le venne un cancro alla gola.
Quest’uomo, Jack, un Pari a vita grazie alla sua attività nel campo dei prodotti sintetici e delle conserve, aveva comprato la proprietà per fini speculativi quando era ancora giovane. Aveva venduto le azioni di sua moglie per poterla acquistare, così la sua presunzione di essere un self made man non era vera alla lettera, a meno che lui non considerasse la moglie alla stregua di una sua costola, cosa che lui faceva.
Il giorno in cui avevo deciso di lasciare la città, decisione che avevo accarezzato molte, molte volte, ricevetti una telefonata da Jack che mi convocava con urgenza a casa sua. Non mi diede spiegazioni ma dal modo brusco con cui troncò la comunicazione pensai che fosse stato interrotto. Avevo già preparato i bagagli e chiuso la casa. Non potevo indugiare e le condizioni atmosferiche stavano peggiorando. Decisi di affidarlo a un collega, ma mentre stavo componendo il numero a me familiare mi venne in mente che in quel giorno, in quel particolare giorno, non potevo dirottare la chiamata. E comunque Jack si era rivolto a me per i rapporti di amicizia che ci legavano. Tutti quelli che pagava diventavano suoi amici: era un modo per ottenere gratis la prossima prestazione. “La rete dei vecchi ragazzi” la chiamava lui, e non si sbagliava: eravamo ragazzi invecchiati incapaci di crescere, caduti nella stessa rete, prigionieri per sempre.
Attraversai le strade incorporee, nell’aria inquinata, ascoltando Parsifal. Perché Wagner non aveva previsto un castrato per il ruolo di Klingsor come sulle prime aveva meditato di fare? Un mago ha la sua bacchetta, non gli servono le palle. Colui che trasforma può essere trasformato? Narra la leggenda, è così, vero?, che Lucifero fosse privo di genitali fino al momento in cui si ribellò contro Dio; solo a quel punto gli crebbero quelle sacche mostruose e quell’asta voluminosa che suscitarono l’invidia e la riverenza popolare. Tagliategliele e un uomo non grugnirà mai con le bestie. Tagliategliele e un uomo canterà di nuovo con gli angeli.
C’è una registrazione su un cilindro di cera dell’ultimo castrato al mondo. Acuta, celestiale, non bella, seduttiva, una voce né maschile, né femminile. Klingsor, un mago, colui che trasforma i ruoli.
Io ho sentito cantare un castrato, sì, con le mie stesse orecchie, a Roma. Non esiste una registrazione ma posso imitare la sua voce se restate con me per un po’.
Dopo le strade la casa, plumbea contro il cielo plumbeo.
La porta d’ingresso era aperta. Nell’atrio spazioso e su per l’ampia scalinata di legno c’erano sferzate di colore. Macchie giallo ocra erano state sbattute dentro le righe discrete della carta da parati come se il sole cercasse a tutti i costi di aprirsi un varco. Il tappeto, color senape, era stato usato come un’aia per la trebbiatura della luce. Di quel che era stata la casa non rimanevano che strisce dolenti e in ogni dove, sopra, sotto, più oltre, trionfavano enfatiche le tonalità dell’ocra e della terra bruciata di una rivoluzione colorista.
Guardai tutte quelle gradazioni di giallo e mi venne voglia di ridere. In quel giorno terribile mi venne voglia di ridere. Assurda appariva la casa sobria in quel rivestimento da luna park.
«È pazza,» Sir Jack venne verso di me. «È stata lei. È stata Sofia a fare questo disastro. E non solo questo. Il salotto è verde. La cucina è arancione. Il mio studio, dico il mio studio, è rosso sangue.»
«Dov’è tua figlia?»
«In soffitta. Voglio che tu la faccia rinchiudere in manicomio. Adesso, subito.» Tirò fuori il suo portafoglio nero pieno di banconote marroni.
«Mi serve il parere di un altro medico per il ricovero.»
«E allora compralo, questo parere, dannazione, qui c’è il telefono.»
Alzò la cornetta dal tavolino d’ingresso di legno lucido. Si ritrovò la mano appiccicosa e macchiata di colore. Scagliò il telefono per terra e con un calcio lo buttò in un angolo. Suo figlio arrivò trafelato nell’ingresso con ai piedi degli stivali di gomma e addosso un accappatoio con la scritta di un albergo. Aveva i capelli striati di blu. Tremava.
«Tutti i miei vestiti.» sussurrò. «Tutti i miei vestiti. Calce. Ha versato della calce su tutti i miei vestiti.»
Li guardai. Sir Jack, con le scarpe che affondavano nello spesso strato di vernice sullo spesso tappeto, mentre il telefono trillava debolmente vicino alla porta d’ingresso aperta. Il figlio, avvolto nella spugna bianca e con gli stivali di gomma, i capelli neri spruzzati di riflessi violacei. Sulla soglia la madre, aggrappata allo stipite della porta imbrattato di vernice, simile a una devota nella celebrazione della Pasqua ebraica. Gli occhi si erano come ritirati dentro la testa. Non poteva vederci. Li guardai. Uno dopo l’altro si incamminarono su per la scala e io li seguii.
«È pazza. È pazza. È stata lei. È pazza.»
In soffitta la porta era sprangata con un catenaccio dall’esterno ma chiusa a chiave dall’interno. Jack cercò di abbatterla con una spallata ma desistette subito allontanandosi con un urlo di dolore. Era una porta antica con uno spessore di almeno quindici centimetri.
«Troia» sbraitò. «Troia, troia, ti ammazzo.»
Poi Matthew ripeté a sua volta quel grido e togliendosi l’accappatoio di spugna bianca ma non gli stivali di gomma, si scagliò contro la porta con tutto il corpo fino a quando non si incurvò sotto il suo peso e cadde dritta al suolo, con lui che, ansimante, vi era disteso sopra come su una zattera in mezzo al mare. Si tirò su a fatica e io vidi che aveva eiaculato sopra la maniglia.
«Dov’è? Dov’è?»
Se ne era andata.
Salii in macchina e guidai per qualche chilometro. La pioggia si era appesantita fino a diventare neve e mentre io mi accostavo al bordo della strada per evitare una brutta sbandata vidi una giovane donna che camminava spedita e determinata. Abbassai il finestrino per offrirle un passaggio e cercai di rassicurarla dicendole che ero un medico. Non la vidi in volto ma sentii la sua voce che risplendeva di giallo.
Perché dovrebbe fidarsi di me? Chi sono mai io, dopotutto?
Chi sono. Cosa identifica un uomo? Il suo lavoro? I suoi figli? La sua religione? Il suo calco dentale? Era semplice con il camice bianco. Più semplice ancora con il collare da prete. “Quest’uomo appartiene a Dio. Per favore restituiteglielo.”
Sono stato restituito. Mi hanno dichiarato innocente.
Lasciai il banco degli imputati avvolto in un bozzolo di simpatia. Quell’uomo gentile dal viso gentile, la voce musicale e le lunghe dita guardinghe, che tremav...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Arte e menzogne
- Handel
- Picasso
- Saffo
- Picasso
- Handel
- Saffo
- Picasso
- Le Confessioni Sincere di una Mezzana
- Handel
- Copyright