
eBook - ePub
I romanzi della Tavola Rotonda
- 608 pagine
- Italian
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I romanzi della Tavola Rotonda
Informazioni su questo libro
Il mito del Graal e le mirabili avventure di Re Artù, del mago Merlino, di Lancillotto, Ginevra, Perceval e Galaad in una narrazione che si ispira fedelmente ai testi originali in francese antico del XII e XIII secolo.
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Informazioni
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9788804394150eBook ISBN
9788852053146MERLINO L’INCANTATORE
I
PARLAMENTO DEI NEMICI
Grande fu la collera del Nemico quando Gesù Nostro Signore scese nell’inferno e ne portò via Adamo ed Eva, e tutti quelli che volle.
«Chi è costui, ch’è tanto più grande di noi che la nostra forza non può nulla contro di lui?» si domandavano i demoni, stupefatti.
«Ricordatevi» disse uno d’essi «che i profeti avevano annunciato da tempo che il Figlio di Dio sarebbe disceso sulla terra per salvare i figli di Adamo ed Eva. E ora è venuto e ci ha strappato quel che avevamo conquistato. Ormai è sufficiente che gli uomini si bagnino in un’acqua nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo perché noi perdiamo ogni diritto su di essi, a meno che le loro opere non li riportino a noi. E ancora, il Figlio di Dio ha lasciato dei ministri che hanno il potere di salvarli da noi, quali che siano i loro peccati, purch’essi si pentano. E così, noi abbiamo perduto tutto.»
Allora uno dei Nemici disse:
«Se sulla terra vi fosse un uomo che ci fosse devoto come se appartenesse alle nostre schiere, e che fosse dotato della nostra scienza delle cose fatte, dette e passate, quell’uomo ci aiuterebbe molto a ingannare i figli di Adamo ed Eva. Non può uno di noi prendere sembianze d’uomo e fecondare una donna? Che lo faccia, e l’essere da lui generato, partecipando della nostra natura, ci assisterà grandemente.»
Così parlava il Nemico. Ma era ben folle a credere che Nostro Signore gli permettesse d’ingannare fino a quel punto l’uomo di Gesù Cristo.
II
LA PULZELLA INGANNATA DAL DIAVOLO
Ora, narra il racconto, in questo mondo v’era una pulzella che non aveva più né padre né madre; ma aveva un confessore e seguiva tutti i consigli che questo valent’uomo le dava: così ella percorreva il giusto cammino. Eppure fu proprio lei che il Nemico scelse. Le inviò una vecchia che obbediva sempre ai suoi ordini.
«Com’è triste pensare che nessuno renda gioia al vostro bel corpo generato!» diss’ella alla pulzella. «Ah! se sapeste che diletto proviamo quando siamo in compagnia dei nostri amici! Non avessimo da mangiare altro che pane, saremmo più ricche di voi anche se possedeste tutto l’oro del mondo. È da commiserare la donna che non ha commercio con gli uomini!»
Quando fu venuta la notte e la vecchia fu andata a dormire, la pulzella guardò il proprio bel corpo e pensò che forse la vecchia aveva ragione. Ma l’indomani raccontò tutto al valent’uomo, che le mostrò come il Nemico le fosse intorno. «Guardati soprattutto dall’adirarti e dal disperarti» le disse «fatti il segno della croce quando ti alzi e quando vai a letto, e assicurati d’avere sempre luce, alla notte, nella camera in cui dormi, ché il diavolo non va volentieri dove c’è chiarore.» E quando il Nemico conobbe i consigli che il valent’uomo dava alla pulzella, ebbe grande paura di perderla e rifletté su come avrebbe potuto conquistarla.
Ella aveva una sorella minore che viveva male e si dava agli uomini. Un sabato sera, la pulzella vide entrare nel proprio alloggio questa fanciulla con un gruppo di ragazzi; si adirò e avrebbe voluto gettarla fuori dalla porta, ma la cadetta le rispose che si vedeva bene che il suo valent’uomo l’amava d’amore folle, e che del resto la casa apparteneva alla più giovane come alla maggiore, e che non sarebbe uscita. A queste parole, la pulzella prese la sorella per le spalle per spingerla fuori, ma i ragazzi la batterono crudelmente. Quando riuscì a sfuggir loro, si rifugiò nella propria camera e si mise a piangere nell’oscurità, con tutto il cuore. Allora il Nemico le ricordò la morte del padre e della madre, tanto che ella si disperò del tutto, e finì per addormentarsi dal dolore sul suo letto, al buio. Così il diavolo vide ch’ella aveva dimenticato tutti i consigli del valent’uomo, e ne fu ben contento. Prese forma umana, e, mentr’ella dormiva, si avvicinò e la conobbe carnalmente.
Quand’ella si svegliò, si segnò dicendo: «Santa Maria Nostra Signora, cosa m’è accaduto!». Poi si levò, ma non vide alcuno, e trovò la porta chiusa come l’aveva lasciata: così seppe che il diavolo l’aveva ingannata.
Allora andò a raccontare al valent’uomo come si fosse trovata disonorata. Egli dapprima non le volle assolutamente credere, giudicando che fosse meraviglia e che mai fanciulla fu spulzellata senza sapere da chi. Ma ella tanto pianse che egli finì per pensare che dicesse il vero; allora le diede per penitenza di mangiare una volta sola al venerdì e di astenersi per sempre dalla lussuria, salvo quella che ci coglie nel sonno, da cui non può guardarsi alcuno. Ed ella glielo promise. Così il diavolo comprese d’averla persa e ne fu molto adirato.
III
INFANZIA DI MERLINO: IL NEONATO CHE PARLA
Intanto venne il tempo in cui non le fu più possibile nascondere il proprio stato. E le altre donne le chiedevano chi fosse il padre del bambino.
«Che Iddio non mi permetta di essere assistita durante il parto se mai fui avvicinata da un uomo!»
«Bell’amica» dicevano le donne segnandosi «senza dubbio amate più di voi stessa l’uomo che vi ha fatto questo, poiché non lo volete accusare. Ma è un gran peccato per voi, ché, quando lo sapranno i giudici, dovrete morire.»
Infatti a quei tempi, quando una donna conduceva una vita dissoluta, se non consentiva a divenire prostituta, ne era fatta giustizia. Così fu presto chiamata davanti ai giudici. Ma, poich’essi pensarono che il bambino non aveva colpe e non doveva essere punito per il peccato della madre, decisero ch’ella non sarebbe stata giudicata prima che fosse nato.
Rinchiusero la damigella in una torre fortificata in compagnia di due donne, le più esperte che fu possibile trovare, perché l’aiutassero quando fosse venuto il momento, e tutte le aperture furono murate, salvo una finestrella in alto, attraverso la quale esse issavano per mezzo di una corda quello di cui v’era bisogno. E là nacque il bambino, quando piacque a Dio.
Allorché le comari lo presero, provarono grande paura, ch’egli era il più villoso neonato che mai vi sia stato. E quando la damigella lo vide, si segnò e ordinò loro di portarlo subito in chiesa a battezzarlo.
«E che nome volete dargli?»
«Quello del suo avo materno.»
Così egli fu chiamato Merlino. Dopo di che fu reso alla madre perché lo nutrisse, ché alcun’altra donna avrebbe osato allattare un bambino sì peloso e che, a nove mesi, sembrava già di due anni.
Ora, quando fu svezzato, le due donne dissero alla madre che non potevano restare più a lungo nella torre.
«Ahimè! appena sarete uscite, faranno di me giustizia!»
«Noi non ci possiamo nulla» risposero.
Al che la damigella si mise a piangere amaramente e a lamentarsi.
«Bel figliolo» diceva baciando il bambino «avrò la morte a causa vostra, eppure non l’ho meritata, ma chi potrebbe credere la verità?»
A tali parole, il bambinetto la guardò ridendo e le rispose:
«Tu non morrai a causa mia.»
Sentendolo così parlare, la madre fu tanto stupefatta che aprì le mani e lo lasciò cadere. Egli si mise a vagire e a urlare, e le comari accorsero, credendo ch’ella avesse voluto ucciderlo. Ma la damigella le trasse dall’errore spiegando loro la meraviglia. Allora esse lo presero e lo interrogarono, ma non poterono ricavare una sola parola. Alla fine, su consiglio della madre, finsero di bistrattarla e le dissero duramente:
«Che sventura che il vostro bel corpo debba essere arso per questa creatura! Sarebbe stato ben meglio che questo fanciullo non fosse mai nato!»
«Mentite» gridò d’improvviso il lattante «e dite quel che mia madre vi fa dire. Lasciatela in pace; siete più pazze e più peccatrici di lei. Nessuno, all’infuori di Dio, sarà tanto ardito, finch’io vivrò, di far di lei giustizia.»
Allora, le comari stupefatte a correre alla finestra e a urlare alla gente di fuori la notizia del lattante che parlava, tanto che la voce giunse presto alle orecchie del giudice che fece condurre la madre per giudicarla.
Stava per condannarla, quando il piccolo Merlino, ch’ella teneva fra le braccia, gridò sì che tutti potessero sentirlo:
«Non sarà arsa tanto presto! Se si condannassero al rogo tutti quelli che si sono abbandonati ad altri che alle loro mogli e ai loro mariti, qui non si salverebbero certo molte persone! Se volessi, ve lo mostrerei! Ed io conosco mio padre meglio di quanto voi conosciate il vostro, e vostra madre sa con chi vi ha concepito più di quanto la mia sappia chi mi ha generato.»
A tali parole, il giudice rimase stupefatto: mai aveva sentito parlare un bambino tanto piccolo.
Mandò immediatamente a interrogare la propria madre, dicendo che, se Merlino non avesse provato quello che osava insinuare, sarebbe stato bruciato al pari di sua madre.
«Se voi mi ascoltaste» disse il lattante «lascereste libera mia madre e non fareste indagini sulla vostra.»
«Non ti salverai tanto facilmente!… Madre» chiese il giudice quando la donna fu giunta «non sono forse figlio del vostro fedele sposo?»
«Per l’amor di Dio, bel figliolo, da chi sareste nato, se non dal mio signore ch’è morto?»
«Signora, signora» fece il bambino «bisogna confessare la verità!»
«Diavolo! Satana!» disse la dama segnandosi.
«Voi sapete bene che vostro figlio è nato da un prete, tanto è vero che, la prima volta che vi uniste a lui, gli diceste che molto temevate d’essere ingravidata, perché vostro marito era lontano. È vero?»
«Bel figliolo, crederai a quel che racconta questo diavolo?»
«Se ciò non basta» riprese il bambino «vi dirò anche questo. Quando foste gravida, il prete corse per tutto il paese alla ricerca del vostro sposo e tanto fece, e tanto bene, da convincerlo a dormire con voi. E grazie a questo il vostro signore non dubitò affatto che il fanciullo non fosse del suo sangue.»
Sentendo ciò, la dama fu tanto turbata che dovette sedere. Allora il figlio la guardò.
«Chiunque sia mio padre» le disse «io sono vostro figlio e vi tratterò come tale. Confessate dunque la verità.»
«Per l’amor di Dio, bel figliolo, grazia! Non posso nasconderlo: è stato come questo bambino ha detto.»
«Aveva dunque ragione di sostenere che sapeva meglio chi fosse suo padre di quanto sapessi io chi fosse il mio, e non sarebbe giusto ch’io condannassi sua madre quando non condanno la mia. Ma» disse il giudice a Merlino «nel nome di Dio e per il tuo onore, e al fine ch’io possa discolpare davanti al popolo colei da cui tu sei nato, dimmi chi ti ha generato.»
«Sappi ch’io sono il figlio d’un Nemico che ingannò mia madre. E sappi che quei Nemici hanno nome incubi e abitano nell’aria. Dio ha permesso ch’io avessi la loro scienza infusa e la loro memoria, e io conosco come loro le cose fatte e dette e passate; ma, in più, a causa della bontà di mia madre, del suo pentimento e della sua penitenza, Nostro Signore ha permesso ch’io conoscessi anche le cose a venire. Così posso rivelarti che tua madre, andandosene, racconterà quel che t’ho detto al prete che ti generò. Ed egli ne avrà tale paura che fuggirà, e il diavolo lo condurrà a uno stagno in cui egli s’annegherà.»
E così fu. Intanto la madre di Merlino si ritirò in un monastero lontano in cui visse in grande santità, e sappiate che il fanciullo crebbe in pace accanto a lei fino all’età di sette anni.
IV
INFANZIA DI MERLINO: LA TORRE CHE CROLLAVA
A quel tempo c’era in Bretagna un re di nome Costante, che aveva due bambini, chiamati Moine e Uter Pendragon. Quand’egli morì, il suo siniscalco, che aveva nome Vortigern, fece uccidere a tradimento il piccolo Moine e si fece incoronare re al suo posto. Ma governava con tale malvagità che il popolo lo odiava e, poiché un valent’uomo aveva condotto Uter Pendragon in una città straniera, che si chiamava Bourges nel Berry, aveva gran timore che un giorno il fanciullo tornasse a detronizzarlo. Così volle far costruire una torre tanto alta e forte che non potesse mai essere conquistata. Si misero all’opera, ma non appena la torre cominciava ad innalzarsi tre o quattro tese al di sopra del suolo, crollava. Vortigern mandò a chiamare i suoi mastri muratori e raccomandò loro di usare la migliore calce e il migliore cemento che potessero trovare. Così fecero, ma la torre cadde una seconda volta; poi una terza e una quarta: tanto che tutti erano stupefatti e il re molto irato.
Chiamò i chierici e gli astronomi più sapienti della sua terra e, dopo aver deliberato per undici giorni, essi dissero che la torre non sarebbe mai stata in piedi se non si fosse mescolato alla malta il sangue d’un fanciullo di sette anni nato senza padre. Allora il re inviò per il mondo dodici messaggeri alla ricerca di tale fanciullo.
Un giorno, due di essi passarono per un vasto campo sul limitare d’una città, dove dei ragazzi giocavano a lippa. Tra di essi era Merlino che, sapendo ogni cosa, ben conosceva quel che i messaggeri erano venuti a cercare. Non appena li vide, si avvicinò al figlio di uno degli uomini più ricchi della città e lo colpì sì rudemente con la mazza a una gamba che il fanciullo si mise a piangere e a ingiuriarlo chiamandolo “nato senza padre”. Allora i messaggeri si avvicinarono per interrogarlo. Ma, senza lasciar loro il tempo, Merlino s’accostò ridendo e disse:
«Io sono colui che cercate e di cui dovete portare il sangue a re Vortigern.»
«Chi te l’ha detto?» domandarono i messaggeri stupefatti.
«Se mi giurate sulla vostra fede che non mi farete alcun male, verrò con voi e vi dirò perché la torre non sta in piedi. Ma, prima, vi mostrerò che so molte altre cose.»
E raccontò loro senza sbagliare una parola come re Vortigern avesse voluto costruire una torre, e com’essa crollas...
Indice dei contenuti
- Copertina
- I romanzi della Tavola Rotonda
- Introduzione
- Bibliografia della materia di Bretagna
- Jacques Boulenger e i romanzi della Tavola Rotonda
- I romanzi della Tavola Rotonda
- INFANZIA DI LANCILLOTTO DEL LAGO
- MERLINO L’INCANTATORE
- GLI AMORI DI LANCILLOTTO DEL LAGO
- GALEOTTO SIGNORE DELLE ISOLE LONTANE
- IL CAVALIERE DELLA CARRETTA
- IL CASTELLO AVVENTUROSO
- RICERCA DEL SANTO GRAAL
- LA MORTE DI ARTÙ
- APPENDICE
- Dizionario dei nomi
- Glossario
- Copyright