Grazie alla magia dell'anello ricevuto in dono da una fata, la piccola fiammiferaia Lavinia ha fatto fortuna. Ora vive al Grand Hotel, viaggia in Rolls Royce e frequenta una scuola esclusiva riservata ai figli dei miliardari. Ma è ancora capace di impietosirsi davanti ai mendicanti stranieri che chiedono l'elemosina ai semafori. Lavinia ha promesso che non ricorrerà piú al potere dell'anello. Ma quando la bambola prodigiosa del suo amico Teo - quella che a premere un bottoncino segreto si trasforma in un bebè in carne ed ossa - scompare, la piccola fiammiferaia non esiterà a infrangere la promessa. Molte cose verranno trasformate; a cominciare dalla scuola, per finire col destino dei piccoli mendicanti.
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Ricordate le avventure di Teo e di Lavinia? Avete già letto la storia della povera piccola fiammiferaia che aveva ricevuto in dono da una strana fata un anello magico il quale, usato nel modo giusto, poteva trasformare ogni cosa in cacca e, volendo, poteva farla ritornare come prima? E di come, grazie all’anello, Lavinia era diventata ricca e famosa ed era andata a vivere al Grand Hotel Excelsior Extralusso di Milano, dove aveva incontrato il bambino Teo, che era fuggito di casa per sottrarre all’antipatia della madre la sua bambola magica costruita centinaia di anni prima da un alchimista?
Questa bambola, Petra, aveva due caratteristiche. La prima era che, premendole un bottoncino che aveva dietro l’orecchio destro, diventava una bambina in carne e ossa, un’adorabile lattante di circa dieci mesi. Dietro l’orecchio sinistro aveva un altro bottoncino, premendo il quale la si faceva ritornare bambola.
La seconda caratteristica era che, se le davano da bere col biberon acqua, latte, camomilla o qualsiasi altro liquido commestibile, dopo qualche ora Petra invece di cacca faceva dei preziosi lingottini d’oro. Così anche Teo era diventato ricchissimo, aveva fatto la pace con i suoi genitori e li aveva invitati a vivere con lui e Petra al Grand Hotel. Aveva invitato a viverci anche la famiglia della sua antica bambinaia, Teodolinda Migliavacca, il cui padre lavorava già all’Hotel come portiere di notte, e il fratello Clodoveo come ragazzo addetto all’ascensore.
Le tre famiglie, quella di Teo, quella di Valentina e i Migliavacca, vivevano dunque al Grand Hotel Excelsior Extralusso, senza doversi preoccupare delle pulizie, del bucato e neppure del pranzo e della cena; non dovevano neppure rifarsi il letto visto che il personale dell’albergo gli forniva, sia pure a caro prezzo, tutti questi servizi. E loro per fortuna, grazie ai lingotti d’oro prodotti dalla bambola magica e alla generosità di Teo, potevano pagare alla fine di ogni mese i conti più stratosferici senza battere ciglio.
Di solito gli adulti, dopo cena, si riunivano nel salotto della suite occupata dai genitori di Teo per fare quattro chiacchiere o per guardare insieme la televisione.
Una sera, dopo aver visto un film particolarmente commovente sui bambini indiani sfruttati dai fabbricanti di tappeti, Teodolinda si batté la mano sulla fronte ed esclamò: «Dovremmo guardare in casa nostra, invece di piangere lacrime di coccodrillo sui paesi lontani. Il povero Clodoveo ha solo tredici anni e lavora in questo stesso albergo come addetto all’ascensore da quando ne aveva undici.»
«Perché eravamo poveri e avevamo bisogno del suo stipendio» sospirò sua madre, la signora Migliavacca.
«E Lavinia? Anche lei non ha mai messo piede a scuola» disse la madre di Valentina. «Prima vendeva fiammiferi all’angolo delle strade. E adesso lavora per quella associazione di agricoltori…»
«Non è che faccia tanta fatica, a dire il vero» osservò il padre di Teo. «L’amichetta di nostro figlio dà un’occhiata alla discarica, fa girare l’anello attorno al dito… Vorrei poterlo produrre io, dell’ottimo concime organico con così poco sforzo.»
«Comunque una bambina di nove anni non dovrebbe lavorare» insistette Teodolinda. «I vostri figli vanno a scuola, no? Anche Lavinia e Clodoveo hanno il diritto di andarci.»
Furono chiamati i quattro bambini. Teo, Valentina e Lavinia erano già in pigiama. Clodoveo era in divisa da lift, perché quel giorno aveva il turno di notte.
«A scuola? Con i ragazzi della nostra età? Ci annoieremmo a morte. Io so già tutto quello che si studia alla scuola dell’obbligo!» protestò Clodoveo. «E anche Lavinia. Sono stato io a insegnarglielo andando su e giù con l’ascensore.»
«Non mi pare che la vostra amica conosca bene l’inglese e neppure l’informatica» disse la madre di Teo. «Né l’economia aziendale. E neppure le buone maniere. Basta vedere come si comporta a tavola: una vera selvaggia! Non sa giocare a golf, non distingue gli abiti griffati da quelli del mercatino, e scommetto che non sa usare i telefonini dell’ultima generazione…»
«A scuola non s’imparano queste cose!» osservò ridendo Valentina. «A scuola ci insegnano la grammatica e la matematica, ci fanno leggere le poesie e ci fanno suonare il flauto.»
«Nella scuola dove fino a oggi siete andati tu e Teo è così» convenne la signora. «Ma all’Istituto Prestigio & Successo frequentato dai rampolli delle più ricche famiglie di Milano si impara prima di tutto a comportarsi da VIP, Very Important Person. Mi sono informata: è una scuola molto costosa, ma adesso, grazie ai lingotti d’oro di Petra, vi ci potrete iscrivere tutti e quattro.»
«Io veramente preferisco restare dove sono» disse Teo. «Le nostre maestre sono molto brave e gentili, vero Valentina?»
«Verissimo. Neppure io voglio cambiare scuola.»
«Anche noi siamo più che soddisfatti dell’istruzione che riceve nostra figlia» aggiunsero i genitori di Valentina. «E non abbiamo nessuna intenzione di trasferirla in quell’istituto per figli di ricconi.»
«La cosa migliore sarebbe che Lavinia venisse a scuola insieme a noi» concluse Teo.
CAPITOLO SECONDO
Quella frequentata da Teo e da Valentina era la scuola pubblica del loro quartiere, e purtroppo per iscriversi bisognava avere tutti i documenti a posto: il certificato di nascita, quelli di residenza e di vaccinazione, lo stato di famiglia, la nazionalità italiana… Lavinia da quel punto di vista era come un fantasma, cioè la sua esistenza non risultava negli archivi dell’anagrafe milanese, e neppure da nessun’altra parte. Succede spesso che le piccole fiammiferaie, come molti altri bambini mendicanti, senza casa e senza famiglia, vivano in un paese e girino tra le sue strade senza che le autorità si accorgano della loro presenza.
«Per fortuna!» commentava Lavinia. «Altrimenti mi avrebbero acchiappata e rinchiusa in un tristissimo orfanotrofio! E non avrei mai avuto l’occasione di incontrare la fata che mi ha regalato l’anello magico.»
Per iscriversi all’Istituto Prestigio & Successo, fece osservare la madre di Teo, non occorrevano documenti. Nessuno ti chiedeva di dimostrare che esistevi davvero, ma solo che avevi abbastanza soldi per pagare la retta, che era molto, molto costosa.
«E mio figlio i soldi per pagare la retta della sua amica ce li ha, eccome!» concluse la signora.
Così, cedendo alle insistenze di tutti gli adulti, Lavinia lasciò il lavoro presso l’associazione di agricoltori (dopo aver prodotto per loro una abbondantissima scorta di concime biologico) e fu iscritta al prestigioso istituto. Era molto preoccupata e timorosa di quella nuova esperienza, perché in tutti i suoi nove anni di vita non aveva mai messo piede in una scuola.
Per non lasciare che l’amica affrontasse da sola quella nuova esperienza, anche Clodoveo accettò di iscriversi al Prestigio & Successo, dove naturalmente, avendo già tredici anni e il diploma di terza media, avrebbe frequentato una classe superiore.
«Preferirei stare al suo fianco per tutto l’orario delle lezioni» confidò a Teo e a Valentina. «Sapete com’è fatta Lavinia. Non è cattiva, ma fino a oggi non ha mai dovuto obbedire a nessuno. Ha un carattere indipendente e ribelle, e temo che non si adatterà facilmente alla disciplina scolastica.»
«Se la fanno arrabbiare, magari è capace di…» cominciò Valentina ridacchiando.
«No, no, per carità!» la interruppe Teo. «Bisogna farle promettere solennemente che non userà mai, per nessun motivo, la magia dell’anello.»
«Ve l’ho già promesso» disse Lavinia un po’ offesa, quando gli amici le fecero quella richiesta. «Ma se insistete, lo prometto di nuovo. Cosa devo fare, per farvi stare tranquilli? Togliermi l’anello dal dito e lasciarlo a casa? Lo sapete che non è possibile. Dovete fidarvi della mia parola.»
CAPITOLO TERZO
L’Istituto Prestigio & Successo si trovava in campagna, in mezzo a un grande parco, a pochi chilometri di distanza dal centro di Milano. Tutte le mattine un autobus con lo stemma della scuola sulla fiancata passava a prendere gli allievi al loro domicilio, e al pomeriggio li riaccompagnava. Era un autobus piuttosto grande, perché oltre agli allievi salivano a bordo le loro guardie del corpo, armate fino ai denti, che li accompagnavano e stavano ad aspettare, annoiati a morte, in una speciale saletta della scuola, che finissero le lezioni per riaccompagnarli a casa.
Quando il primo giorno Lavinia e Clodoveo salirono a bordo senza essere accompagnati dai rispettivi gorilla, gli altri ragazzi li guardarono con un certo stupore. Ma poiché l’autobus si era fermato a prenderli davanti al più lussuoso albergo di Milano, nessuno dubitò che i due nuovi studenti non avessero il denaro per pagarsi la guardia del corpo. Così come nessuno si meravigliò che i due fossero vestiti con abiti poco appariscenti comprati in un negozio costoso, ma tradizionale. Lavinia e Clodoveo furono giudicati semplicemente due tipi originali e stravaganti.
Quel giorno, attraversando la periferia della grande città, i due amici si resero conto con meraviglia che ai semafori c’erano molte persone, maschi e femmine, di tutte le età, italiani e stranieri, che cercavano di vendere qualcosa agli automobilisti, si offrivano di lavare i vetri, o più semplicemente chiedevano l’elemosina.
«Che strano!» osservò Lavinia. «Da dove è arrivata tutta questa gente? Due anni fa, quand...