Spudorati
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Spudorati

La grande beffa dei costi della politica: false promesse e verità nascoste

  1. 168 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Spudorati

La grande beffa dei costi della politica: false promesse e verità nascoste

Informazioni su questo libro

I tagli agli stipendi dei parlamentari? Non si fanno. L'abolizione dei vitalizi? A Montecitorio scatta la ribellione. Nessuno lascia, semmai qualcuno raddoppia, come i 200 superprivilegiati che prendono una pensione da ex parlamentare e una da ex consigliere regionale. Le auto blu? In Italia restano 72.000, mentre in tutta la Gran Bretagna sono 195. A uno degli ex giudici della Corte costituzionale hanno provato a toglierla. Risposta: «No, mi serve: viaggiare in treno è un problema». Si capisce. È un problema.
Dare meno soldi ai partiti? Non scherziamo. In dieci anni ne hanno ricevuti il 1000 per cento in più. Li chiamano «rimborsi elettorali », in realtà sono una truffa al contribuente. E se la Lega si è potuta permettere investimenti speculativi a Cipro e in Tanzania, la Margherita, anche se morta da almeno tre anni, ha preferito farsi rubare la metà del suo gruzzolo dall'ex tesoriere. Già, ma come faceva ad avere ancora 25 milioni di euro sul conto?
Diminuire le spese del Palazzo? Figuriamoci. Mentre gli italiani arrancano per colpa della crisi, gli stipendi dei dipendenti di Palazzo Chigi sono cresciuti del 15, 2 per cento in un anno. Eliminare le Province o almeno ridurne gli sprechi? Ma quando mai. La Provincia di Palermo paga 43 ore di straordinario agli spalatori di neve nel mese di luglio e quella di Treviso si è rifatta il look spendendo 500.000 euro solo per le poltrone. Il fatto è che sono spudorati, ma proprio tanto. Li avete sentiti parlare? «Andare in pensione a 50 anni è un mio diritto acquisito.» «15.000 euro al mese? Non mi bastano per sopravvivere. » Con i tagli ai costi della politica si riempiono solo la bocca o, al massimo, il portafoglio. Spudorati. E il risultato è sotto gli occhi di tutti: loro hanno le tasche piene; gli italiani, invece, ne hanno piene le tasche.
A questo punto, caro lettore, ti chiederai: perché, dopo Sanguisughe, devo leggere un altro libro che mi farà venire il mal di fegato? La risposta è semplice. Mal di fegato dopo mal di fegato, qualche piccolo risultato è stato ottenuto. E qui si racconta quale. Ma è ancora troppo poco. Ancora troppe persone sguazzano nei privilegi, ancora troppe persone usano i soldi nostri per farsi i comodi loro, ancora troppe persone fingono di fare riforme e, alla fine, ci fregano sempre. Dobbiamo smascherarli, questi spudorati. Perché, se noi smettiamo di crederci, vincono loro. E non possiamo permettercelo.

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I

Abbassare i propri stipendi? Macché: se li aumentano

Ci voleva una commissione speciale per salvare gli stipendi dei parlamentari. I professoroni, riuniti sotto la guida del presidente dell’Istat Enrico Giovannini, si sono insediati il 1° settembre 2011, nominati con tutti i timbri ufficiali delle gazzette nazionali. Gente tosta, prof., avv., ordinari emeriti, grandi ufficiali, bocconiani (non potevano mancare), cervelloni di statistica economica, diritto amministrativo, diritto costituzionale, economia delle aziende. Hanno lavorato duro (si fa per dire: cinque riunioni in tutto) fino al 31 dicembre 2011, hanno elaborato formule astruse, coefficienti, parametri, tabelle, allegati e alla fine, dopo quattro mesi di «impegno profuso», hanno sentenziato: niente da fare. I privilegi degli onorevoli non si toccano. «La commissione considera i dati contenuti nella presente relazione del tutto provvisori e insufficienti per una loro utilizzazione ai fini indicati dalla legge.» Proprio così: provvisori e insufficienti. La commissione perde la faccia, la casta salva il portafoglio.
Ma è possibile? Quattro mesi non bastano a cinque luminari per arrivare a dati un po’ meno provvisori e insufficienti? Alle beffe dovremmo esserci abituati, però bisogna dire che il manipolo di intelligentoni radunati da Giovannini ha superato ogni limite: prima d’ora nessuno mai ci aveva preso in giro in modo così spudorato. Ci si sono messi proprio d’impegno, a cominciare dalla scelta dei membri, tutti luminari con titoli onorifici da far invidia al Grand Uff Lupo Mannaro di Fantozzi: Prof. Avv. Alfonso Celotto, ordinario di diritto costituzionale nella facoltà di giurisprudenza dell’Università Roma Tre; Prof. Ugo Trivellato, ordinario emerito di statistica economica nella facoltà di scienze statistiche dell’Università di Padova; Prof. Giovanni Valotti, ordinario di economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche all’Università Bocconi di Milano; Prof. Avv. Alberto Zito, ordinario di diritto amministrativo nella facoltà di giurisprudenza dell’Università di Teramo.
Poffarbacco: mancano solo Archimede Pitagorico e Pico della Mirandola poi il concentrato di fosforo della commissione sarebbe in grado di sconfiggere l’Intelligenza Universale.
E allora io dico: è possibile che in quattro mesi questi professoroni non siano riusciti a studiare come ridurre gli stipendi degli onorevoli italiani a livello di quelli europei? Possibile che concludano che i dati sono «provvisori e insufficienti»? E perché diventino sufficienti quanto avrebbero bisogno di studiare? Quattro mesi, dico. Quattro mesi bastarono ai turchi per costruire una fortezza. Bastarono agli inglesi per costruire un Palazzo di Cristallo che ospitò l’Expo. Bastarono agli americani per costruire uno stadio di football. Per ridurre gli onorevoli stipendi, invece, non sono bastati. Che strano. In quattro giorni, per dire, riusciamo ad andare sulla Luna. Possibile che in quattro mesi non si riesca a eliminare un privilegio di un parlamentare?
L’unica cosa prodotta dal gruppo di lavoro è il rapporto finale, un inutile documento di 37 pagine. Comicità assoluta: se non fosse pericoloso per il fegato dei lettori, sarebbe da consigliare come lettura umoristica. Roba da sbellicarsi. I cervelloni stabiliscono che sì, è vero, gli onorevoli italiani guadagnano più di tutti i loro colleghi dell’Unione europea, ma che la legge che prevede la riduzione dello stipendio non si può applicare. E perché? Perché «nonostante l’impegno profuso la commissione non è in condizione di effettuare il calcolo di nessuna delle medie di riferimento con l’accuratezza richiesta dalla normativa».
Capito? Non sono in condizione di effettuare il calcolo. Insegnano statistica economica ma hanno problemi con le operazioni aritmetiche. L’unica che riesce bene, a quanto pare, è la sottrazione.
Sottrai di qua, sottrai di là, alla fine per la commissione finisce sempre con un’addizione (una poltrona in più). E per gli onorevoli con una moltiplicazione. Dei privilegi. Manca solo la prova del nove, ma sull’«impegno profuso» sia lecito almeno avanzare qualche dubbio: cinque riunioni in quattro mesi non è quel che si dice uno sforzo immane. In compenso cercano di mascherare la loro debolezza inzeppando il documento finale di astruse formule utili solo a confondere le idee: a pagina 7 spunta un
VRt = [(VGt*PILGt) + (VFt*PILFt) + (VSt*PILSt) + (VBt*PILBt) + (VOt*PILOt) + (VAt*PILAt)] / PILGt + PILFt + PILSt + PILBt + PILO + PILAt
e a pagina 11 un
ROCt = RLt + (Osi*pOSLlt) = CLi – (Osi*pOSDlt).
Dev’essere roba forte, sicuramente bocconiana, molto intelligente. Infatti ci hanno messo quattro mesi di «impegno profuso», ben cinque riunioni di cervelloni per produrle. Ma se quelle formule non sono sufficienti per fare ciò che qualsiasi salumiere di buon senso avrebbe saputo fare, cioè tagliare gli stipendi dei parlamentari, be’, a che serve ’sto VRt asterisco? Non ho mai fatto la Bocconi, non sono Prof. Avv. e di scienza statistica ho dato solo un paio di esami. Ma per trovare la soluzione di quelle equazioni bastano quattro secondi, altro che quattro mesi: VRt = ChpDnpiC. Semplice: Ci hanno preso Di nuovo per il C.
Scusate l’espressione oxfordiana, ma è inevitabile. A sfogliare il documento della commissione Giovannini (riassunto nelle due tabelle presentate a fine capitolo), infatti, si trova la conferma ufficiale di tutto quello che denunciavamo da tempo: i parlamentari italiani, con i loro 16.000 euro lordia al mese, guadagnano più di tutti i loro colleghi europei. Al secondo posto si classificano i francesi (13.500), poi i tedeschi (12.600), gli olandesi (10.300), i belgi (9200), gli austriaci (8650) e infine gli spagnoli (appena 4630). In altre parole: gli eletti nostrani costano da un minimo del 20 a un massimo del 400 per cento in più rispetto ai loro colleghi. Non è un po’ troppo? Ci chiedono sempre di adeguarci all’Europa e poi proprio loro sforano in modo così clamoroso i parametri di Maastricht della vergogna? Possibile che non si possa intervenire?
Macché. La storia è sempre quella. Si parla, si parla, ma al dunque s’insabbia sempre tutto. L’ultima illusione comincia a fine agosto 2011, quando il governo (Berlusconi) annuncia: dobbiamo intervenire sugli stipendi dei parlamentari. Il 1° settembre 2011 viene nominata la commissione (come è noto: nominare una commissione è il modo migliore per affossare ogni riforma). La commissione lavora (si fa sempre per dire) quattro mesi e a fine dicembre produce quel documento pieno di formule astruse, che di fatto rimette la palla nelle mani del governo. Il 5 gennaio 2012 il governo (Monti) prende la palla (avvelenata) e la rimanda nel campo del Parlamento: «La competenza sui trattamenti economici dei senatori e dei deputati appartiene alle Camere e non esistono poteri sostitutivi in materia» dichiara con una nota ufficiale Palazzo Chigi. Oh bella: ma se la competenza appartiene alle Camere e non esistono poteri sostitutivi, che avete nominato a fare la commissione Giovannini? Perché avete chiamato a raccolta cotanti professoroni? A che serviva? Solo a perdere tempo? A far passare qualche mese nella speranza che la bufera si calmasse?
Che poi è naturale che i membri delle Camere non decideranno mai di tagliare gli stipendi dei membri delle Camere. Sono mica masochisti. Avete mai visto una lepre eccitarsi alla vista del salmì? Avete mai visto una zanzara che si candida a diventare rappresentante dell’Autan? Ecco, appunto, è lo stesso motivo per cui i tagli alla politica faticano a perdere lo status di blablabla e a tramutarsi in realtà: chi deve approvare il sacrificio, nella fattispecie, è lo stesso soggetto che lo deve subire. Fra l’altro, i parlamentari non sono per nulla convinti di essere dei superprivilegiati: «Conosco colleghi costretti a fare il conto della serva» piagnucola l’ex ministro Gianfranco Rotondi. «Molti parlamentari dovranno rinunciare non al “superfluo” ma all’“essenziale della vita”» s’aggrega Rosy Bindi. «Fuori di qui guadagnerei di più» si lamenta Giorgio Stracquadanio. «Quei soldi sono pochi per campare a Roma» si lagna Ma...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Spudorati
  4. Premessa (e promessa)
  5. I. Abbassare i propri stipendi? Macché: se li aumentano
  6. II. Eliminare le pensioni d’oro? Macché: se le salvano
  7. III. Eliminare le poltrone? Macché: le moltiplicano
  8. IV. Diminuire i costi del Palazzo? Macché: li fanno crescere
  9. V. Abolire le Province? Macché: ne vogliono di nuove
  10. VI. Eliminare gli sprechi? Macché: li raddoppiano
  11. VII. Far pagare gli evasori? Macché: pagano sempre gli stessi
  12. Grazie
  13. Bibliografia
  14. Copyright