Per via di una vecchia lite in famiglia, Diana non ha mai conosciuto il nonno paterno e lo incontrerà solo quando i suoi, perso tutto il patrimonio, dovranno chiedere aiuto e ospitalità al ricco parente, che è proprietario delle cinque sale cinematografiche cittadine. Ma è davvero così odioso, il vecchio Commendatore? Forse no, visto che alla sua età è ancora capace di innamorarsi... E Diana sarà subito dalla sua parte, contro i familiari furibondi e timorosi di perdere l'eredità. Il ritratto di un' infanzia anni ¿50, in un interno borghese rappresentato con straordinaria efficacia.
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Dove Teresa viene informata di molte cose che ignorava
Serrata, Villa Cammello
12 novembre
Cara Teresa,
scusami se ho lasciato passare una settimana senza rispondere alla tua lettera. Non devi assolutamente pensare che ti abbia dimenticato o che ti voglia meno bene di prima. Ma sono successe tante di quelle cose che proprio non riuscivo a trovare il tempo di sedermi tranquilla a scrivere. Oggi posso farlo perché è domenica e ho avuto tutta la mattina per fare i compiti.
Prima notizia: finalmente so cosa vuol dire “diventare signorina”. Me l’ha detto Elisa, e a lei lo ha spiegato la moglie di suo zio medico. Non so se nel frattempo lo hanno detto anche a te, ma credo di no. Altrimenti me lo avresti scritto. È una cosa abbastanza schifosa, ma non c’è modo di evitarla, altrimenti ti ammali, e tutte le donne si devono rassegnare. È collegata col fatto di avere bambini. È collegata anche con la luna e con l’alta marea, e infatti succede ogni ventotto giorni. Ti ricordi che ci chiedevamo, quando vedevamo quelle donne col pancione, come faceva il bambino a stare là dentro, se non si ingarbugliava con l’intestino, con lo stomaco, il fegato, tutti gli organi che ci avevano fatto vedere dentro la pancia dell’uomo apribile a lezione di scienze, e nessuno ce lo ha mai voluto spiegare perché eravamo ancora piccole e secondo loro dovevamo ancora credere alla cicogna?
La zia Ondina ha spiegato a Elisa che nella pancia delle donne c’è anche un altro organo, una specie di sacco elastico gonfiabile, e che il bambino prima di nascere sta lì dentro, separato da tutto il resto.
Quando una ragazza diventa abbastanza grande da poter avere bambini, questo sacco, che si chiama utero, tutti i mesi si prepara, nel caso lei rimanga incinta. All’interno si forma una specie di fodera morbida, piena di sangue, perché, finché non può mangiare, il bambino si nutre attraverso il sangue della madre. Se lei rimane incinta, va bene, è tutto pronto. Se lei non rimane incinta, tutto quel sangue deve essere eliminato fino al prossimo mese, quando se ne forma dell’altro nuovo e fresco, e perciò esce a poco a poco da un buco in mezzo alle gambe, vicinissimo a quello della pipì. Bisogna mettersi un pannolino perché il sangue non coli a terra, e cambiarselo ogni volta che è inzuppato. Questo dura per circa quattro giorni e il suo nome scientifico è “mestruazione”, anche se la gente si vergogna e lo chiama con tutti quei nomi strani, tipo “il marchese”. Non c’è nessun pericolo di morire dissanguate, perché in tutto di sangue ne usciranno due bicchieri, tre al massimo, e l’organismo ne riforma subito altrettanto.
La zia di Elisa dice che non duole, e che si può fare ginnastica, e andare in bicicletta, e lavarsi i piedi e tutto. Solo, bisogna farsi il bidè molte volte al giorno. Al massimo ti viene un po’ di mal di pancia, ma poco, come quando hai un po’ di diarrea.
A meno che non aspetti un bambino, dopo la prima volta ti succede tutti i mesi, fino a che diventi vecchia.
Ha detto anche che non capita all’improvviso, ma che si può capire con l’anticipo di qualche mese se una ragazza sta per avere la prima mestruazione. Può capirlo il pediatra che ti fa una visita di controllo, la professoressa di ginnastica, e anche la madre, se ci sta attenta. A Elisa ha detto di stare tranquilla, ché per quest’anno non le succederà niente, e che ci penserà lei ad avvertirla in tempo. Elisa, che è molto generosa, le ha chiesto se non può avvertire anche noi, me, Prisca, Rosalba… Ma la zia ha detto che non ci conosce abbastanza e che non dobbiamo preoccuparci, perché sicuramente ci avvertiranno le nostre mamme. Io non ne sono tanto sicura. Alla mia non piace parlare di queste cose, e se sapesse che ti sto scrivendo tutti questi dettagli si arrabbierebbe e mi direbbe che sono una svergognata. Può darsi. Però ce lo eravamo giurate, di dirci tutto, quando avessimo risolto questo mistero. Se a te hanno detto qualcosa di diverso, scrivimelo. Ma credo che di zia Ondina ci si possa fidare.
Seconda notizia: ho litigato con Gavinuccia. Anzi, a essere precisi, è lei che è arrabbiata con me, perché ho cambiato idea a proposito dei capelli. Mi ha detto che sono una stupida e che non so approfittare delle occasioni, dopo tutto quello che c’era voluto per convincere mamma a darmi il permesso. E che lei è stufa di pettinarmi. Che ormai sono grande, e se voglio le trecce, devo imparare a farmele da sola. Io ho provato, ma non riesco mai a farmi la riga dritta, soprattutto dietro, e mamma si arrabbia: «Così non puoi uscire.» Adesso, quando mi pettina, Gavinuccia è così di malumore che mi dà sempre certi strattoni, mi strappa i nodi invece di sciogliermeli, e anche lei mi minaccia: «Entrerò di notte mentre dormi, e vedrai se non ti svegli rapata come un fico d’India.»
Terza notizia: la signora Munafò è ammalata e abbiamo una supplente giovane, che però ci riempie di compiti a casa.
Ma di questo ti parlerò un’altra volta.
La notizia più importante di tutte resta sempre quella del fidanzamento del Commendatore. Ci pensi, che se non è uno scherzo e se si sposa davvero come ha minacciato domenica scorsa, questa astuta sarta, questa Messalina, diventerà mia nonna? E non solo. Io non l’ho mai vista, ma se è vedova e ha quarant’anni deve essere anziana. La zia Ofelia però ha detto che a quell’età c’è ancora il pericolo che le nasca un figlio, che sarebbe mio zio. A me sembra impossibile. Quarant’anni sono troppi. E poi sarebbe molto buffo avere uno zio neonato, ma perché dovrebbe essere pericoloso? A chi potrebbe fare del male un bambino piccolo?
Eppure la zia Ofelia ha detto proprio così: «C’è il pericolo», ed era molto preoccupata. Allora ho pensato che forse aveva fatto un sogno come il re Priamo, ti ricordi, quando doveva nascere Paride, e il sogno diceva che il bambino sarebbe stato la rovina della città, e perciò lo hanno abbandonato perché morisse, e lui invece è andato a fare il pastore sul monte Ida.
Forse la zia Ofelia ha dei motivi seri per preoccuparsi, ma se non me li dice, io come faccio a indovinare?
Non posso parlare con nessuno di queste cose. Solo con Zelia, che però è troppo piccola e non mi dà soddisfazione.
Mamma avant’ieri ci ha convocate solennemente in camera sua, me e Zelia, e ci ha proibito di parlare con chicchessia del fidanzamento del Commendatore. Soprattutto fuori di casa, e se qualcuno ci chiede, dobbiamo rispondere che non è vero niente e che sono tutti pettegolezzi. Non dobbiamo parlarne neppure con Gavinuccia e con le altre domestiche. Ce lo ha fatto giurare. E non dobbiamo parlarne a tavola, neppure se è LUI a tirare in ballo l’argomento.
Però loro, i grandi, di nascosto non parlano d’altro. Adesso mamma è diventata amicissima delle zie e sta sempre a confabulare al piano di sotto o al pianterreno. Le ho chiesto se qualcuno di casa la conosce, questa vedova, se l’hanno mai vista. Anche se è vecchia, dev’essere molto bella, molto affascinante, se ha fatto perdere la testa al Commendatore che di solito non si lascia influenzare da nessuno. Mamma però mi ha risposto: «Figurati cosa ce ne importa!»
Ma secondo me sono curiosissimi di sapere com’è fatta, anche lo zio Tullio. È strano che non siano ancora andati a spiarla nella sartoria del teatro. Gavinuccia dice che non lo fanno per orgoglio, perché significherebbe darle troppa importanza.
L’altro giorno poi ci siamo tutti spaventati perché per il dispiacere di questo fidanzamento la zia Liliana si è sentita male: prima ha vomitato, poi è svenuta, e abbiamo dovuto chiamare il dottore che le ha dato un calmante.
Anche Silvana l’altro giorno ha avuto un attacco di nervi, però senza svenire. Ha gridato piangendo che si vergogna di uscire per la strada, e che lo zio Tullio deve assolutamente fare qualcosa per impedire questo matrimonio, altrimenti lei morirà. Io ero giù a casa loro, e le ho detto che mi sembrava un’esagerazione: in fondo non è lei che si sposa con la sarta, ma il Commendatore, e se lui è contento così…
Ma Silvana mi ha strillato che non capisco niente e mi ha anche dato uno schiaffo (che non le ho restituito solo perché era ammalata, o fingeva di esserlo).
A dirti la verità, ancora non ho capito perché fanno tutte queste storie. Cosa gliene importa a loro? Cosa c’entrano?
Lo sai che il Commendatore non mi è simpatico. Ma questa volta devo per forza parteggiare per lui: ha ragione a essere così arrabbiato. Io, se qualcuno mi volesse separare da Cocise, diventerei una tigre. A proposito, martedì scorso ho appeso in camera mia il manifesto del film, proprio ai piedi del letto. Così è la prima cosa che vedo appena sveglia e l’ultima prima di addormentarmi. E se allungo le gambe posso anche accarezzare Cocise con i piedi. È bellissimo, nel cartellone, con la faccia sorridente e un po’ ironica, come quando nel film dice a Tom: «Ti ho fatto uno scherzo.»
L’indomani, a scuola, Toniolo Carlotta, che è la compagna di banco di Prisca Puntoni, mi ha dato una figurina dell’album degli attori, con la fotografia di Jeff Chandler. Non me l’ha data gratis. Ne ha voluto in cambio tre che le mancavano: Russ Tamblin, quello con i capelli rossi, June Allyson e Tab Hunter. Ma tanto le avevo doppie.
Con questa foto piccola ho fatto una specie di altarino dentro il banco. Ci ho messo dei fiori microscopici, di quelli che si trovano nell’erba, con la stessa forma identica degli altri fiori, ma piccolissimi, e Marcella Osio con la carta stagnola dei cioccolatini mi ha fatto una cornice d’argento per la foto e un candelabro.
Naturalmente è segreto, perché se me lo vedono i maschi o qualche pettegola come Sveva Lopez o Luciana Calvisi, mi prendono in giro e possono anche fare la spia ai professori.
Tu mi dirai che è un bel rischio, visto che sto nel banco proprio con un maschio. Ma Palombo Lorenzo è sempre con la testa fra le nuvole e non si accorge di niente. E poi, ci tengo sopra un fazzoletto spiegazzato, così se qualcuno solleva per sbaglio la ribalta, non può capire.
Voi a scuola li fate gli altarini? Prisca ne ha uno con un disegno bellissimo (fatto da Rosalba) di Achille e Patroclo morti, con i capelli d’oro fatti di stagnola e in fronte una corona di viole secche, e ogni giorno gli recita il “Requiem aeternam”.
Non potresti farmi tu un disegno di Cocise, così come te l’ho descritto, piccolo, da ritagliare? Magari trovi su un giornale la foto di Jeff Chandler e la ricopi. Mi piacerebbe usarlo come segnalibro.
Che tardi! È già l’ora di cena. E avrei ancora tante cose da raccontarti… Pazienza. Sarà per un’altra volta. Questa la imbucherò domani andando a scuola.
Buona notte, Teresa. Un bacione grande grande dalla tua
Diana
CAPITOLO SECONDO
Dove la nostra eroina affronta minacce e pettegolezzi
L’indomani mattina, mentre scendeva le scale di corsa perché come al solito Gavinuccia si era fatta pregare per pettinarla e l’aveva trattenuta in bagno fino all’ultimo momento, Diana andò a sbattere contro Silvana, che usciva anche lei imbronciata e assonnata per andare a scuola.
— Scusa — borbottò di fretta.
— E sta’ attenta, Quattrocchi! — rispose sgarbata la cugina, bloccandola nell’atrio. — Non ci vedi neppure con quei due fanali sul naso? — Poi si accorse che Diana, nella mano libera dalla cartella, stringeva la busta già affrancata. — Non fate che scrivere lettere, voi dell’ultimo piano — commentò beffarda. — Dev’essere un vizio ereditario. Finirete per ricevere un premio di fedeltà dalle Poste.
Diana non rispose. Non aveva né la voglia né il tempo di attaccare briga con la cugina, anche se quel “voi dell’ultimo piano” aveva risvegliato la sua curiosità. “Voi” chi? Per quanto ne sapeva lei, nessuna delle domestiche intratteneva una corrispondenza regolare con qualcuno, e neppure Zelia. La mamma scriveva ai fratelli e alle amiche di Lossai solo in occasione delle feste. Il Commendatore, allora? Ma che bisogno aveva di scrivere, se la Circe dei vicoli lavorava nei locali del teatro e potevano vedersi tutti i giorni? (E poi la zia Ofelia aveva detto che “quell’intrigante” era una persona rozza e primitiva, un’ignorante, un’analfabeta.)
Ma anche se non fosse stata così in ritardo, non avrebbe dato alla cugina la soddisfazione di chiederle a chi si riferiva.
Silvana però non aveva finito. Ridendo le strappò la busta di mano.
— A chi hai scritto questa volta?
— A una mia amica di Lossai.
— Chi è? Come si chiama?
— Teresa. Non la conosci.
— E cosa le hai scritto, Quattrocchi?
Indignata Diana cercò di riprendersi la lettera, che l’altra sventolava in alto tendendo il braccio verso il lampadario.
— Questo non ti riguarda. Dammela! — Con un salto riuscì a strappargliela di mano. Ma Silvana si piazzò sul portone bloccandole l’uscita.
— Sta’ a sentire, pettegola. Non le avrai raccontato i nostri affari di famiglia?