Un regno che è stato grande
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Un regno che è stato grande

La storia negata dei Borboni di Napoli e Sicilia

  1. 288 pagine
  2. Italian
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Un regno che è stato grande

La storia negata dei Borboni di Napoli e Sicilia

Informazioni su questo libro

L'inaugurazione della pionieristica Napoli- Portici, la prima linea ferroviaria italiana; la costruzione a Caserta della "Versailles italiana " e a Napoli del teatro San Carlo, tempio della musica di Rossini; l'istituzione della prima cattedra universitaria di economia e commercio; le opere di pensatori illuministi come Antonio Genovesi e Gaetano Filangieri; la meraviglia delle nuove scoperte negli scavi di Ercolano e Pompei. Sono solo alcuni aspetti del fervore economico e culturale che anima il Sud mentre al potere s'alternano cinque generazioni di Borboni, re di Napoli e di Sicilia. Sovrani cancellati dalla memoria insieme a un regno che è stato grande e subito dimenticato: una "storia negata" dal Risorgimento, la cui storiografia ufficiale ha descritto il Mezzogiorno prima dell'unità come il regno dell'ignoranza, della paralisi economica, del parassitismo. Ma è stato davvero così? O non si tratta invece di un'immagine mistificata, costruita per celebrare la nascente epopea unitaria? Attraverso una ricostruzione puntuale e a tratti sorprendente, Gianni Oliva risponde a queste domande ripercorrendo un'esperienza politica che inizia nel 1734, quando Carlo di Borbone diviene re di Napoli e di Sicilia, e prosegue sino al 1861, quando l'ultimo re Francesco II, ormai sconfitto da Garibaldi, è costretto ad abbandonare Gaeta sotto le bombe piemontesi. Emerge così il profilo di una monarchia che, pur condizionata dai ritardi e dalle sopravvivenze feudali, è stata capace di esprimere apprezzabili tentativi di riforma e di ammodernamento. E di un Meridione per nulla ai margini dell'Europa, segnato dalle stesse fratture politiche e dalle stesse trasformazioni sociali che scuotono le altre nazioni fra Settecento e Ottocento: nel 1799 la Repubblica Partenopea di Vincenzo Cuoco e Luisa Sanfelice, nel 1820 i moti liberali guidati da Guglielmo Pepe, nel 1848 le barricate a Napoli e a Palermo, quando il ceto medio rivendica una maggiore partecipazione nella gestione del potere. Un racconto nel quale spiccano personaggi come Eleonora de Fonseca Pimentel, Luigi Settembrini, Carlo Pisacane, la cui eredità va rielaborata e inserita in una nuova prospettiva storica. Perché quella dei Borboni è un'epoca contraddittoria ma ricca, troppo frettolosamente archiviata come oscurantista; un'epoca che va restituita alla conoscenza nella sua integrità, guardando così al Mezzogiorno e al suo passato come risorsa e non come problema.

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Informazioni

NOTE

Introduzione

1 Federico De Roberto, I Viceré, edizione a cura di Sergio Campailla, 1994, Roma, Newton Compton, pp. 508-09.

I. L’alba di un nuovo regno

1 Harold Acton, I Borboni di Napoli (1734-1825), Milano, Aldo Martello, 1960, p. 24.
2 La lettera di Cesare Vignola al Senato veneziano, datata Napoli, 11 maggio 1734, è riportata in Giuseppe Galasso, Il Regno di Napoli. Il Mezzogiorno borbonico e napoleonico (1734-1815), Torino, Utet, 2007, p. 42.
3 Le osservazioni di Bartolomeo Intieri sono riportate in Harold Acton, I Borboni di Napoli (1734-1825), cit., p. 25.
4 Ibid.
5 La lettera dell’ambasciatore Marco Foscarini al Senato veneziano, datata Vienna, 13 maggio 1736, è riportata in Giuseppe Galasso, Il Regno di Napoli. Il Mezzogiorno borbonico e napoleonico (1734-1815), cit., p. 43.
6 Harold Acton, I Borboni di Napoli (1734-1825), cit., p. 29.
7 Il nome di re Carlo di Borbone venne generalmente mantenuto privo di indicazioni ordinali per l’incertezza dovuta ai conteggi. A Napoli avevano infatti regnato con il nome di Carlo tre sovrani angioini, due spagnoli e Carlo VI imperatore d’Austria, cui il regno era stato sottratto: in questo senso, don Carlos sarebbe stato Carlo VII. Per pochi mesi, nel 1495, la città era stata però occupata da Carlo VIII di Francia, che molti non volevano inserire nel computo per evitare un’inopportuna concessione alla tradizione angioina.
8 Guido Quazza, La decadenza italiana nella storia europea. Saggi sul Sei-Settecento, Torino, Einaudi, 1971, p. 238.
9 La monarchia francese attribuiva il termine «Delfino» al principe ereditario designato come successore al trono: la pratica risaliva al 1349, quando l’ultimo principe del Delfinato, Umberto II de la Tour-du-Pin, cedette i suoi diritti al re di Francia Filippo VI, pretendendo però che da allora in poi il primogenito del re francese ricevesse il titolo di «Delfino».
10 Giorgio Spini, Storia dell’età moderna, Torino, Einaudi, 1965, p. 894.
11 Per comprendere il significato delle guerre di successione, bisogna tenere presente che il termine «sconfitta» ha un significato relativo nelle crisi del Settecento: combattuti con eserciti di mestiere limitati nei numeri, i conflitti non potevano portare all’annientamento di uno dei contendenti ma solo alla definizione di nuovi equilibri internazionali.
12 Rientrato in Italia, il cardinale Giulio Alberoni (1664-1752) ebbe comunque modo di riprendere la propria attività politico-diplomatica nello Stato Pontificio: la Santa Sede gli affidò infatti prima la legazione di Romagna, quindi quella di Bologna. Negli ultimi anni della sua vita, il cardinale si dedicò alla cura del collegio di San Lazzaro a Piacenza, che egli stesso aveva fondato nel 1732.
13 L’insediamento di Francesco di Lorena a Firenze era ovviamente subordinato alla scomparsa dell’ultimo Medici, Gian Gastone, che avverrà nel 1737.
14 Benedetto Croce, Storia del Regno di Napoli, Milano, Adelphi, 1992, p. 244.
15 Antonio Genovesi, Lezioni di commercio o sia d’economia civile, Milano, Silvestri, 1820, vol. I, p. 22.

II. Carlo di Borbone re di Napoli e di Sicilia

1 Harold Acton, I Borboni di Napoli (1734-1825), Milano, Aldo Martello, 1960, p. 56.
2 Ibid., p. 81.
3 Ibid., p. 73.
4 Ibid., p. 47.
5 Giuseppe Galasso, Il Regno di Napoli. Il Mezzogiorno borbonico e napoleonico (1734-1815), Torino, Utet, 2007, p. 31.
6 Nei lunghi negoziati che portarono alla pace di Aquisgrana del 1748, il ruolo del regno di Napoli fu pressoché nullo, così come marginale (escludendo l’episodio di Velletri) fu la sua partecipazione militare. Dopo otto anni di guerra, d’altronde, le modifiche territoriali furono minime: in Italia si ebbe solo l’assegnazione del piccolo ducato di Parma e Piacenza al fratello di Carlo, Filippo, che se da un lato aveva perso peso politico a causa dell’emarginazione della madre Elisabetta Farnese, dall’altro ne aveva acquistato sposando Elisabetta, la primogenita del re di Francia Luigi XV. Il ducato che gli veniva assegnato aveva valore simbolico, ma non incideva sugli equilibri della penisola. Il primo ministro di Carlo di Borbone, Bernardo Tanucci, poteva a buon diritto affermare che «la pace è utile, anzi, qualunque fusse, è buona per noi». Il riconoscimento dello status quo territoriale e la contemporanea emancipazione dalla Spagna aprivano infatti al regno di Napoli la possibilità di rilanciare il proprio ruolo internazionale.
7 È sintomatico in tal senso che la Repubblica di Genova sino ad allora avesse sempre incaricato dei suoi affari a Napoli il proprio ambasciatore a Madrid, ricevendo la disponibilità spagnola a intervenire presso il re e i ministri di Napoli a favore delle petizioni genovesi.
8 «A Napoli il Metastasio incontrò un ambiente congeniale alla sua nativa vocazione, trovò il favore di gentiluomini e gentildonne della più alta nobiltà, fece conoscenza di un nuovo mondo di gente di teatro, ricevendo dagli uni e dagli altri stimolo e incentivo a una rinnovata attività poetica» (Mario Fubini, Introduzione a Metastasio, in Pietro Metastasio, Opere, Milano-Napoli, Ricciardi, 1968, p. 5).
9 L’originario teatro San Carlo verrà distrutto da un incendio nel 1816. Gli interni saranno rifatti da Antonio Niccolini, lo stesso architetto che nel 1810-12 realizzerà la nuova facciata. Le descrizioni disponibili sono quelle dei contemporanei, come l’inglese Samuel Sharp, autore delle note del 1765 (riportate in Harold Acton, I Borboni di Napoli (1734-1825), cit., p. 40).
10 Dal balcone di palazzo Doria d’Angri, il 7 settembre 1860 Giusep...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Un regno che è stato grande
  3. Introduzione
  4. I. L’alba di un nuovo regno
  5. II. Carlo di Borbone re di Napoli e di Sicilia
  6. III. La stagione delle riforme
  7. IV. Il «re Nasone»
  8. V. Il vento della Rivoluzione
  9. VI. Dal sogno di Murat alla restaurazione
  10. VII. La leggenda del «re Bomba»
  11. VIII. Epilogo di un regno che è stato grande
  12. Post scriptum
  13. Appendice. Quadri genealogici
  14. Note
  15. Indice dei nomi
  16. Dello stesso autore
  17. Copyright