Per quale motivo intitolare un libro Dimagrire con i perché? Perché mi sono interrogata e chiesta da cosa dipenda la mia eterna battaglia con la bilancia. Dopo anni di studi, di esperienze, di osservazioni, di riflessioni e di analisi delle migliaia di donne e uomini che, come me, sono costantemente a dieta e alternano momenti di equilibrio ad altri di “trasgressione selvaggia”, sono arrivata alla conclusione che l’unico modo per imboccare il cammino giusto è individuare, oltre al regime alimentare più efficace, le ragioni delle nostre “infrazioni”.
Il segreto è rispondere a questi interrogativi con l’aiuto di qualcuno che ci insegni il metodo per arrivare, attraverso un percorso “guidato”, a conoscerci meglio e a dotarci delle armi necessarie per resistere ai momenti di cedimento. È una sorta di “dieta dell’anima” che ho ricercato a lungo e che oggi credo di essere riuscita a individuare. E come sempre, con tutta la semplicità di cui sono capace, tenterò di indicare questo percorso anche a voi.
Non è la prima volta che parlo di “dieta dell’anima”, ma solo ora ho avuto il coraggio di scrivere un libro su un tema così complesso, intimo, soggettivo e soprattutto impegnativo. Mi sono convinta che se fossi riuscita a mettere a nudo la mia anima, a rispondere agli interrogativi che mi ponevo, ai miei personali “perché”, avrei avuto buone possibilità di centrare l’obiettivo. Sono consapevole che quello che sto per intraprendere è un cammino faticoso: devo rispolverare i ricordi, a volte dolorosi e altre confusi, spesso troppo lontani nel tempo per non essere alterati dal legittimo tentativo di addomesticare la realtà a mio piacimento. Cosa ricordo dei miei primi anni di vita? Come mi imboccavano? Con dolcezza e pazienza o con fretta e insofferenza?
Ho scoperto che è importante ricordare i primi approcci con il cibo. Gli stati d’animo, i dolori, le preoccupazioni, la solitudine, le frustrazioni, le mortificazioni, gli insuccessi, le paure e l’ansia influenzano notevolmente il nostro tipo di alimentazione. Ma come si fa a eliminare dei sentimenti che costituiscono tanta parte della nostra vita quotidiana? È impossibile! Ed ecco perché ho cercato – prima di tutto per me stessa, lo confesso, e poi per le tante persone che si rivolgono a me con fiducia – di mettere in luce lo stretto legame esistente tra cibo ed emozioni.
Principalmente ho tentato di individuare gli alimenti, i condimenti, i metodi di cottura, le ricette (dopotutto anche il gusto vuole la sua parte!) e in special modo i rimedi provenienti dallo straordinario mondo degli integratori alimentari, della floriterapia e della fitoterapia che possono aiutarci a mantenere o a ritrovare il peso giusto e la forma fisica migliore.
Al giorno d’oggi, con gli alimenti possiamo rimodellare il corpo e attuare una vera e propria “lipoaspirazione alimentare”. Ormai non è più una novità che il cibo influenzi anche il carattere, basta osservare la natura: il bue mangia l’erba ed è un animale mansueto, mentre il leone, che si nutre di carne, è aggressivo. Non a caso l’uomo è onnivoro, infatti deve saper convivere pacificamente ma anche difendersi ed è dotato sia di forza fisica che di saggezza.
Convinta che la componente psicologica sia un aspetto da prendere seriamente in esame, ho deciso di iniziare raccontandovi le mie esperienze personali, a costo di spogliarmi di quella corazza che spesso viene scambiata per distacco.
Con l’aiuto di esperti, ho poi tracciato le caratteristiche dei dodici caratteri che hanno un rapporto difficile con il cibo dimostrando come le abitudini alimentari possano influenzare anche i comportamenti sessuali.
Successivamente ho preso in esame due profili, distinti in base alla costituzione fisica: il profilo A – che ha la tendenza ad accumulare grasso su fianchi, addome, cosce e glutei e ha un carattere tendenzialmente dinamico e ottimista – e il profilo B – che tende invece ad accumulare grasso nella parte superiore del corpo (torace, collo, braccia, spalle e zona lombare) e ha un temperamento flemmatico e riflessivo. Con l’ausilio di un test comportamentale potrete individuare il profilo al quale appartenete per capire quali sono le vostre inclinazioni.
E, per finire, ho fornito una dieta nutrigenomica (corredata di un ricettario che troverete nella seconda parte del libro), comune a entrambi i profili, che differisce solo nella tipologia di integratori utilizzati.
A questo punto non mi resta che augurarvi buon lavoro e vedrete che con un po’ d’impegno riuscirete a “dimagrire con i perché”.
Purtroppo io non ricordo di essere mai stata imboccata da mia madre, troppo impegnata nel lavoro insieme a mio padre nell’azienda alimentare di famiglia, produttrice fra l’altro del famoso “scrocchiarello” Lambertucci, un’invenzione di cui mia mamma Vitaliana andava molto fiera perché non era facile rendere un prodotto gustoso e fragrante senza l’aggiunta di grassi. Il grissino era sostanzialmente un’anticipazione delle nuove tendenze alimentari!
Nonostante fossi piccolissima, ricordo con molta chiarezza che un giorno la persona che si occupava di me m’infilò nervosamente in bocca un pezzo di parmigiano e io rischiai di soffocare. È un episodio che non ho mai dimenticato e credo che abbia determinato una latente insofferenza nei riguardi del cibo, una sorta di tensione. Dico“latente” perché in realtà io sono una buona forchetta e amo cucinare.
Allo stesso modo non ho dimenticato le vacanze estive nella nostra casa di campagna, che ancora adoro. Mi piaceva intrufolarmi nel pollaio e rubare le uova appena deposte: non avevo difficoltà a berne sei o sette di fila! Ho ricordi ancora vividi delle arrampicate sugli alberi di fico, dove facevo manbassa di tutti i frutti che riuscivo ad afferrare. Sento ancora forte il profumo della pizza con l’olio e il rosmarino che aspettavo con ansia il giovedì, giorno in cui si cuoceva il pane nel forno a legna sull’aia. Con la pasta avanzata si preparava la pizza, un sapore che non ho mai più ritrovato e che ancora oggi mi fa venire l’acquolina in bocca. Erano gli anni dell’infanzia, quando ero uno “stecchino”, come soleva dire mia madre. Ero perennemente in movimento e non avevo il tempo di assimilare tutto quello che mangiavo: oggi so che è fondamentale il rapporto tra ciò che si mangia e quanto ci si muove. Allora era tutto automatico: non sapevo nulla di diete e neanche dell’esistenza del famoso metabolismo, che permette di bruciare ciò che mangiamo e che, a un certo punto della vita, diventa molto pigro e non ha più voglia di lavorare.
Il ricordo che ha maggiormente influenzato il mio rapporto con il cibo è legato a mio padre. Avevo undici anni e quel 22 luglio mi trovavo ai giardinetti con Pina, la mia tata, quando intorno alle due del pomeriggio ho sentito una fitta al petto che mi ha tolto il respiro. Le ho chiesto di riportarmi a casa perché sentivo che era accaduto qualcosa di grave, infatti la sera ci è stata comunicata la notizia che mio padre era uscito di strada con la macchina nei pressi di Latina. Proprio alle due di quel pomeriggio. È morto il giorno dopo all’Ospedale Santa Maria Goretti e da allora, per parecchi anni, ho avvertito un malessere alla bocca dello stomaco intorno all’ora di pranzo, subito dopo aver mangiato. E ancora oggi il mio pasto di mezzoggiorno dev’essere particolarmente leggero e digeribile.
E poi ci sono state le prime “cotte”, che avevano il ...