Quando infine tornai a casa, si stava facendo buio. Lucille mi aspettava sulla veranda con la testa inclinata da un lato, come se fosse curiosa di vedere cosa avrei fatto. Quando aprii la porta e mi diressi lungo il corridoio verso la stanza di Amma, finalmente me ne resi conto. Non ero pronto ad affrontarla, ma avevo bisogno del suo aiuto. La Diciottesima Luna di John Breed era una cosa troppo grande per me a cui fare fronte da solo, e se c’era qualcuno che avrebbe saputo cosa fare, era Amma.
La porta della camera era chiusa, ma sentivo che lei era lì dentro che rovistava tra le sue cose. E borbottava pure, ma la voce era troppo bassa per capire cosa stesse dicendo.
Bussai con delicatezza, tenendo la testa premuta contro il legno freddo.
Ti prego, fa’ che stia bene. Solo per stasera.
Aprii la porta quel tanto che bastava per sbirciare attraverso la fessura. Aveva il grembiule ancora addosso e teneva in mano un ago con del filo. Osservai la stanza dietro di lei, illuminata da una luce fioca. Il letto era ricoperto di scampoli di stoffa, rocchetti di filo ed erbe. Stava costruendo delle bambole, non c’era dubbio. Ma c’era qualcosa di strano. Era quel puzzo – la combinazione pestilenziale di benzina e liquirizia che avevo già sentito nel negozio del Bokor.
— Amma, che succede qui?
— Niente di cui ti debba preoccupare. Perché non vai di sopra a fare i compiti? — Non mi guardò negli occhi e non mi chiese dov’ero stato.
— Cos’è questa puzza? — Scandagliai la stanza in cerca della fonte. C’era una grossa candela nera sul comò. Assomigliava moltissimo a quella che il Bokor aveva acceso. Dei minuscoli fagottini cuciti a mano erano impilati attorno alla candela. — Che stai facendo lì dentro?
Per un attimo mi sembrò agitata, poi riprese il controllo della situazione e mi lasciò entrare, richiudendosi la porta alle spalle. — Amuleti, come al solito. Ora fila di sopra e preoccupati di quel macello che chiami stanza.
Prima d’ora Amma non aveva mai bruciato in casa nostra delle sostanze che puzzavano di prodotti tossici, non mentre costruiva le sue bamboline o qualunque altro amuleto. Ma non potevo dirle che sapevo da dove veniva quella candela. Mi avrebbe scuoiato vivo, se avesse saputo che ero stato nella bottega del Bokor e io avevo bisogno di credere che ci fosse una spiegazione logica a tutto questo, qualcosa che semplicemente non capivo. Perché per me Amma era la persona che si avvicinava di più a una madre e, proprio come mia madre, mi aveva sempre protetto.
Eppure, volevo che sapesse che me n’ero accorto, e sapevo che c’era qualcosa che non andava. — E da quando in qua bruci delle candele che sembrano uscite da un laboratorio chimico, mentre costruisci le bambole? C’è puzza di crine di cavallo e…
Ebbi un vuoto totale.
Non ricordavo con cos’altro imbottisse le bambole – cosa ci fosse dentro i barattoli allineati sulle mensole. Avevo ben presente il barattolo che conteneva il crine di cavallo. Ma cosa c’era negli altri?
Amma mi guardava. Non volevo si rendesse conto che non riuscivo a ricordare. — Lascia perdere. Se non vuoi dirmi cosa stai combinando davvero qui dentro, va bene.
Mi fiondai in corridoio e uscii dalla porta di casa. Mi appoggiai a una colonna del portico e mi misi ad ascoltare il suono delle locuste che divoravano la città – allo stesso modo in cui qualcosa stava divorando la mia memoria.
Là fuori, il buio che avanzava era tanto caldo quanto triste. Sentivo il fracasso delle pentole che sbattevano e le assi del pavimento che si lamentavano, mentre Amma sottometteva la cucina al proprio volere. Doveva aver finito con gli amuleti, per quella notte. Eppure, il ritmo familiare di quei rumori non mi tirò su il morale, come succedeva di solito. Anzi, mi fece sentire ancora più in colpa, il che accelerò il battito del mio cuore, il che mi fece camminare avanti e indietro sempre più veloce, finché le assi del pavimento del portico non cominciarono a gemere tanto quanto quelle della cucina.
Da un lato e dall’altro della stessa parete, eravamo entrambi pieni di segreti e bugie.
Mi chiesi se il pavimento di legno consunto di Wate’s Landing fosse l’unico posto a Gatlin che fosse a conoscenza di tutti gli scheletri nell’armadio della mia famiglia. Avrei chiesto a zia Del di dare un’occhiata in giro, se i suoi poteri avessero ripreso a funzionare.
Ormai era diventato buio e avevo bisogno di parlare con qualcuno. Amma non era più un’opzione da prendere in considerazione. Presi il telefono e premetti il tasto tre per la composizione veloce. Non volevo ammettere di non ricordare il numero che avevo chiamato centinaia di volte.
Ormai mi scordavo le cose di continuo e non capivo perché. Ma sapevo che non era un buon segno.
Sentii sollevare la cornetta. — Zia Marian?
— Ethan? Stai bene? — Sembrava sorpresa di sentire la mia voce all’altro capo del filo.
Non sto bene. Sono spaventato e confuso. E sono piuttosto convinto che nessuno di noi starà bene.
Allontanai quei pensieri e abbassai la voce. — Sì. Sto bene. E tu tieni botta?
Aveva un tono di voce stanco. — Sai, Ethan, tua mamma sarebbe fiera della gente di Gatlin. Si sono fatte vive più persone per dare una mano a ricostruire la biblioteca di quante ne siano mai venute quando era ancora in piedi.
— Sì, be’. Immagino sia così che funzioni, quando si ha a che fare con dei libri bruciati. Dipende tutto da chi li brucia.
Marian abbassò la voce. — Ci sono novità al riguardo? Chi li ha bruciati? — A giudicare da come lo disse, intuii che lei non aveva pensato ad altro, e stavolta sapeva che la signora Lincoln non c’entrava niente.
— Chiamo proprio per questo. Puoi farmi un favore?
Puoi far tornare tutto com’era, quando la mia preoccupazione più grande era il fatto di rimanere incastrato a sfogliare riviste di motori allo Stop&Scippa con i ragazzi?
— Qualsiasi cosa.
Qualsiasi cosa che non mi coinvolga più di quanto io possa lasciarmi coinvolgere. Ecco cosa voleva dire.
— Possiamo incontrarci a Ravenwood? Ho bisogno di parlare con te e Macon… e tutti gli altri, suppongo.
Silenzio. Il suono di quando Marian rifletteva. — Di questa cosa?
— Su per giù.
Di nuovo il silenzio.
— Questo non è un buon momento per me, EW. Se il Consiglio dell’Antica Custodia dovesse pensare che sto violando un’altra volta le regole…
— Ma andresti solo a trovare un amico a casa sua. Non può andare contro le regole. — O no? — Non te lo chiederei se non fosse importante. Non riguarda soltanto la biblioteca, il caldo… e quello che sta succedendo in paese. Riguarda la Diciottesima Luna.
Per favore. Tu e Amma siete tutto quello che ho e lei è sprofondata nelle Tenebre più di quanto non abbia mai fatto. E non posso parlarne con la mamma. Per cui devi essere tu.
Sapevo già cosa avrebbe detto, prima ancora che rispondesse. Se c’era una cosa che adoravo di Marian, era il modo in cui ascoltava sempre quello che veniva detto, anche se nessuno lo diceva. — Dammi qualche minuto.
Riagganciai di colpo e appoggiai il telefono sul gradino accanto a me. Era giunta l’ora di fare un’altra chiamata, ma non c’era bisogno del telefono. Alzai lo sguardo verso il cielo. Le stelle iniziavano a spuntare, mentre la luna era già alta, in attesa.
L? Ci sei?
Ci fu una lunga pausa e sentii Lena che cominciava con calma a rilassare la mente e scivolare nella mia, finché non fummo di nuovo connessi.
Sono qui, Ethan.
Dobbiamo capirci qualcosa. Dopo quello che è successo al County Care, non possiamo perdere altro tempo. Trova tuo zio. Io ho già chiamato Marian e ora passo a prendere Link mentre vengo in là.
E Amma?
Avrei voluto dirle cos’era successo quella sera, ma era troppo doloroso.
Per lei ora è un brutto momento. Puoi dirlo anche a tua nonna?
Non è in casa. Ma zia Del sì. E sarà dura lasciarne fuori Ridley.
Questo non avrebbe facilitato le cose, ma se fosse venuto anche Link, sarebbe stato impossibile tenerla alla larga.
Non si sa mai, potrebbe andarci liscia. Magari Rid è troppo impegnata a infilzare gli spilli nelle bamboline vudù a forma di cheerleader.
Lena rise, ma io no. Non riuscivo a immaginarmi delle bambole che non puzzassero di quel veleno che bruciava nella stanza di Amma. Mi sentii schioccare un bacio sulla guancia, anche se ero da solo sulla veranda.
Vado.
Non tirai fuori il nome dell’altra persona che sarebbe stata presente. Ma, d’altra parte, neanche Lena disse niente.
Rientrai in casa mentre zia Grace e zia Mercy stavano guardando Jeopardy, il programma a quiz che speravo le avrebbe tenute impegnate per bene, visto che Amma conosceva tutte le risposte ma faceva finta di non saperle, mentre le Sorelle non ne sapevano neanche una, ma sostenevano il contrario.
— Dorme per tre anni? Be’, conciascima, Grace. Questa la so, com’è vero Iddio, e non ti dico la risposta manco per niente. — “Conciascima” era una parolaccia che aveva inventato zia Mercy e che riservava per quando voleva proprio far imbestialire una delle sorelle, dato che si rifiutava di svelarne il significato. Ero piuttosto convinto che non lo sapesse nemmeno lei.
Zia Grace tirò su con il naso. — Conciascima a te, Mercy. “Cosa facevano tutti i mariti di Mercy invece che guadagnarsi da vivere?” È questa la risposta che stanno cercando.
— A dire il vero, Grace Ann, credo che in realtà stiano chiedendo per quanto tempo hai dormito durante il sermone la domenica di Pasqua. Mentre sbavavi sotto il mio bel cappellino con le rose.
— Hanno risposto tre anni, non tre ore. E se al nostro caro reverendo non piacesse così tanto ascoltare la propria voce, magari sarebbe più facile per tutti quanti noi starlo a sentire. E comunque lo sai che non riesco a vedere nient’altro che piume e fiori quando me ne sto seduta dietro a Dot Jessup, con quel suo gran cappello pasquale.
— Le lumache. — Guardarono Amma sconcertate. Lei si tolse il grembiule. — “Quanto dorme una lumaca?” Tre anni. E quanto ancora mi farete aspettare prima di cenare, ragazze? E dove piffero credi di andartene, Ethan Wate?
Rimasi impietrito sulla soglia. Non c’era verso di distrarre Amma, mai.
Com’era prevedibile, non aveva la minima intenzione di farmi uscire da solo di notte, non dopo Abraham e l’incendio e zia Prue. Mi trascinò in cucina in men che non si dica, neanche le avessi mancato di rispetto.
— Non credere che io non capisca quando stai tramando qualcosa. — Si guardò intorno in cerca del Ciclope, ma io avevo giocato d’anticipo e me l’ero nascosto nella tasca posteriore dei jeans. Non aveva neanche una matita, per cui era disarmata.
Ora toccava a me. — Amma, non sto tramando un bel niente. Ho detto a Lena che avrei cenato con loro. — Avrei voluto dirle la verità, ma non potevo. Non finché non avessi capito cosa stesse combinando con quel Bokor di New Orleans.
Si mise una mano sul fianco e me le cantò di santa ragione. — Proprio stasera che c’è l’arrosto di maiale? Ho fatto anche la mia salsina Carolina Gold, quella che ha vinto tre volte il primo premio, e tu ti aspetti che io mi beva le tue fandonie? — Tirò su c...