A casa Madison, Gail stava preparando la cena. Un dolcissimo profumo di spezie arrivava fino nella stanza dove Sid e Hoon si erano rimesse a studiare dopo che Luce era uscita per raggiungere Dude (lasciando lì tutti i suoi trolley).
«Sai cosa detesterei vedere?» domandò Sid.
«Cosa?» chiese Hoon che aveva notato l’espressione serissima dell’amica.
«Mia madre che, per uscire con quell’untuoso di Boiler, si comporta come Luce con vestiti, trucchi… eccetera.»
Hoon si mise a ridere e Sid sgranò gli occhi.
«Guarda che parlo sul serio!»
«C’è una sola cosa che tua madre faccia come Luce?» chiese Hoon senza smettere di ridere.
«Effettivamente no» grugnì Sid.
Hoon notò che la tensione era scesa solo di mezzo grado, per cui fece appello a tutte le sue capacità di razionalizzare.
«Il fatto che tua madre abbia deciso di uscire con quel tizio, non significa che lui le interessi. Magari vuole solo passare una giornata rilassante.»
Sid le diede l’impressione di considerare l’ipotesi.
«Ragazze! È pronta la cena!» strillò Gail dalla cucina.
Hoon trascino Sid con sé. Di solito le Madison andavano d’amore e d’accordo, la loro casa era sempre allegra e accogliente, e i suoni che si sentivano più spesso al suo interno erano le risate intervallate dai guaiti di Daimon. Oltretutto era stata Gail a trasformare le loro pietre in gioielli e, a differenza dei signori Grimaldi, si era fatta dare quasi subito del tu. Luce che litigava con la madre era la normalità, ma una lite tra le Madison sembrava l’annuncio di una catastrofe imminente.
«Eccoci qua, Gail» disse Hoon appena entrata in cucina, che come sempre era tanto caotica quanto confortevole. Mobili gialli e arancione come il lampadario centrale e il camino acceso. Daimon le andò incontro per darle di nuovo il benvenuto ed estorcerle la dovuta quantità di coccole e grattini. La signora Madison, con i movimenti contorti di chi non ha il minimo talento per la cucina, le fece un cenno con il gomito, mentre rovesciava carne e verdure in una tajine di terracotta.
«Cosa ti metti domani, mamma?» chiese Sid con uno sguardo indagatore che non prometteva niente di buono. Hoon ringraziò mentalmente il cielo che Gail non avesse incrociato i suoi occhi, occupata com’era a non ustionarsi con la pentola rovente.
«Che razza di domanda è, Sid?» si stupì la signora Madison. «Quello che capita, come al solito. Perché dovrei pensarci adesso?»
Hoon puntò gli occhi su Sid con un’aria da “Te l’avevo detto”. L’amica le fece un cenno per darle ragione, ma non sembrava convinta fino in fondo.
«Sid è ancora traumatizzata dalla seduta/sfilata con Luce» rise Hoon, e la tensione di Sid sembrò sciogliersi. Almeno di un altro mezzo grado.
La serata proseguì come tutte le cene a casa Madison: Sid che si serviva in continuazione, Gail che scherzava con loro e Daimon che tendeva assalti improvvisi alle ginocchia dei commensali nella speranza di convincerli ad allungargli un pezzo di qualsiasi cosa. Come suo solito Gail aveva cucinato abbastanza per sfamare loro tre, tutti gli abitanti del quartiere e il settimo cavalleggeri.
«Chi ne vuole un altro piatto?» chiese.
«Se mangiassi una sola briciola di pane potrei esplodere» declinò Hoon.
In quel momento squillò il telefono. Sid andò a rispondere e poco dopo rientrò in cucina con aria lugubre e il cordless in mano.
«È il tuo spasimante» sibilò a voce bassissima porgendo il telefono alla madre.
«Ti ho già detto che Hugh non spasima» sussurrò Gail asciutta, poi rispose.
Hoon non sapeva dove guardare e per levarsi dall’imbarazzo cominciò a sparecchiare. Sid la imitò.
«Mi dispiace, Hugh! Non posso darti una risposta adesso. Domani devo consegnare i bozzetti di una collana. Sono a buon punto, ma non ho finito.»
«Visto com’è insistente? È pazzo di mia madre quel ramarro!» sussurrò Sid in un orecchio di Hoon, mentre caricavano insieme la lavastoviglie.
«Facciamo così. Se riesco a concludere il lavoro in tempo ti chiamo» disse Gail al telefono.
Sid strinse le mascelle mentre la madre ascoltava la risposta del suo interlocutore. Poi aggiunse: «Davvero, adesso non posso dirti nulla. Se vuoi organizzarti diversamente non ci sono problemi. Sarà per un’altra volta».
«Insistente e irritante» mormorò acida Sid.
Hoon non poté contraddirla e notò che Gail sbuffava sommessamente.
«D’accordo. Ci sentiamo domani mattina. Ti chiamo io» rispose la signora Madison, poi chiuse la comunicazione.
«Vedete un po’ di TV con Daimon, adesso?» chiese Gail, sorvolando apertamente sulla conversazione che si era appena conclusa.
«Purtroppo dobbiamo studiare ancora» le rispose Hoon, mentre Sid sistemava la tovaglia.
«Allora vi preparo la cioccolata della buonanotte per quando avrete finito. Poi vado a dormire, ma se vi servisse qualcosa, svegliatemi.»
Di punto in bianco Sid si voltò verso la madre e le schioccò un bacio sulla guancia. Lei le rispose scompigliandole i capelli.
***
Era quasi sera e aveva smesso di piovere. Nell’aria c’era un intenso profumo di primavera. Luce era emozionata. Anzi, forse qualcosa di più. Non era la prima volta che usciva da sola con un ragazzo, ma era la prima volta che incontrava da sola un ragazzo che le piaceva così tanto. Se avesse tirato dritto verso Piazza Camille, dove aveva appuntamento con Dude, si sarebbe presentata in anticipo. Sarebbe stato un errore imperdonabile. Poteva dare l’impressione di aver atteso quel momento per giorni. Ovviamente era così, ma non poteva certo ammetterlo, almeno non subito!
Se avesse dato retta ai suoi piedi si sarebbe messa a correre fino alla sua meta, così per tenerli a freno si sedette su una panchina sulle rive del Potamok, l’azzurrissimo stretto che spezzava in due la città di Rainbow Hill e che congiungeva i due mari che la circondavano. Il sole stava per sparire dietro il Monte Pumkal, che si ergeva dietro i palazzi della riva ovest della città.
Luce controllò l’orologio e stabilì che non si sarebbe alzata fino a tramonto avvenuto. Aprì la borsa per cercare lo specchio, ma ci trovò un foglio colorato. C’era disegnato un quadrupede, un misto tra una mucca, un porcello e un orso, con lo stile inconfondibile di quell’impiastro artistico che era Sid. Sotto c’era una dedica.
Siamo con te. Stendilo!
Hoon e Sid
Luce sorrise. Le ragazze dovevano averglielo infilato nella borsa, mentre lei era in bagno a controllarsi il trucco. Quando l’ultimo raggio di sole brillò oltre il monte, Luce si alzò e si avviò verso la sua meta.
Di nuovo i suoi piedi le suggerirono di mettersi a correre, il problema era che quello destro le diceva di precipitarsi verso il luogo in cui Dude l’aspettava, il sinistro invece le diceva di filarsela dalla parte opposta nel timore che la serata si rivelasse un fiasco. Tra i due suggerimenti contrari, Luce riuscì a mantenere un’andatura rispettabile. Appena sbucò in piazza Camille, si accesero i lampioni. Sentì il cuore martellarle il petto a ipervelocità, mentre con lo sguardo cercava l’insegna dell’Art Bar. La vide e si accorse che Dude era già lì.
Ma non era solo.
Vicino a lui c’erano due orride bertucce: una ragazza bruna con il naso a punta, l’aria da faina e dei leggings beige, e un’altra castana con un completino leopardato che sembrava appena scappata da uno zoo.
Cosa ci facevano lì quelle due? Insomma, Dude aveva dato appuntamento a lei! E quando aveva sbattuto le ciglia, non gli aveva certo suggerito di estendere l’invito ad altre! Luce si avvicinò al gruppetto con tutte le migliori intenzioni di fare piazza pulita della concorrenza.
«Ciao, Dude» esordì con nonchalance. «Scusa il ritardo!»
«Così è lei che stavamo aspettando» s’intromise subito la Faina.
Dude non le rispose, ma si rivolse a Luce con un’aria imbarazzatissima.
«Ehm. Scusa tu. È che non mi ricordavo di aver dato appuntamento ad altr…»
«Comunque io sono Kesse» intervenne la Leoparda.
«E io Elise» aggiunse la Faina con una vocetta fastidiosamente stridula.
Luce si era accorta dello sguardo d’intesa che le due si erano scambiate al suo arrivo. Ricordò di aver già visto Elise la Faina all’uscita della palestra insieme a Dude.
«Vogliamo entrare?» chiese la Leoparda prendendola sottobraccio e trascinandola verso l’entrata dell’Art Bar.
Così questa era la loro strategia. Kesse doveva distrarla, per fare in modo che Elise facesse coppia con Dude. Luce non aveva la benché minima intenzione di lasciare che le rovinassero la serata.
Appena furono nel locale, si accorse che l’ultimo tavolino libero aveva attorno un divanetto e due seggiole. Non poteva permettere che la Faina si appropriasse del posto vicino a quello di Dude.
«Ragazze, chi è quel fantabiondone che vi sta salutando?» chiese con tono da angioletto, indicando un tavolo con una compagnia di almeno trenta ragazzi alle spalle delle intruse.
«Dove?» domandarono loro all’unisono voltandosi indietro.
«Vicino al ricciolino» inventò Luce, tenendo d’occhio Dude che si sedeva sul divanetto e fiondandosi al suo fianco.
«Io non vedo nessun biondone» si lamentò Elise.
«Forse mi sono sbagliata!» cantilenò Luce porgendo un menu a Dude e spostando l’altro di fronte alle due seggiole.
Avrebbe voluto fare una foto alle espressioni inferocite delle due bertucce quando si voltarono e si accorsero che lei e Dude erano seduti vicini e stavano consultando insieme un solo menu. Ma a quei volti sconfitti poté dare solo un’occhiatina, perché tutta la sua attenzione era dedicata a lui.
«Superburger con triplo tutto! E gigabibitone» si ingolosì Dude.
«Per me lo stesso!» trillò Luce. «E patatine.»
«Ci sto anch’io» ribatté lui. «Non credevo che riuscissi a mangiare quanto Sid!»
«Non siamo amiche per caso. E comunque dubito che riusciresti a reggere il ritmo dei nostri snack party!» infierì Luce. Sapeva bene che i ragazzi non possono resistere alle sfide.
«Sono pronto a dimostrarti il contrario. Quando li organizzate?»
Dude aveva abboccato.
«Praticamente ogni volta che ci vediamo. Potremmo invitare anche te, se davvero te la senti» sorrise Luce provocatoria.
«Ci sto!» accettò Dude. «Ma ricordati che dovrete organizzare quadruple porzioni di tutto.»
«Perché non ordiniamo tutti la stessa cosa?» propose la Faina con l’...