Ecco la storia di una metropoli invasa dallo smog; di un famoso botanico, socio della Lega dei Nemici dei Bambini, Cani, Gatti e Animali Affini; di due fratellini che hanno sbagliato indirizzo; di un'intraprendente portinaia; di una piccola extraterrestre vegetale che rischia di morire a causa dell'inquinamento terrestre.
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Anche se i draghi sono verdi, chi ne semina i denti non raccoglie frutti.
Ormai era chiaro che Clorofilla era in pericolo.
Non potevano sperare di farla franca tutte le volte, nonostante la presenza di spirito della signora Cesira. Erasmus poi era convinto che la contessa Serramonti non gli avrebbe perdonato così facilmente il suo tradimento ai principi della Lega.
Intanto Venanzio Costantini aveva chiamato un disegnatore della polizia esperto in identikit e gli aveva descritto così bene Clorofilla che l’edizione della sera del suo giornale poté pubblicare in prima pagina un ritratto quasi perfetto della bambina pianta.
Allora Erasmus e la signora Cesira capirono che ormai era solo questione di tempo. Non potevano più tenere Clorofilla nascosta all’opinione pubblica. Il professore cercava di consolarsi dicendo che in fondo la prospettiva non era poi così terribile, che non c’era motivo perché gli portassero via la piccina… Che diritto ne avevano? Suo padre non l’aveva forse affidata a lui?
Ma la portinaia era all’erta come una tigre a cui minaccino i tigrotti. Non sapeva bene perché, ma era certissima che Clorofilla era in pericolo.
Quella notte chiusero bene porta e finestre, tirarono le tende perché nessun fotoreporter appollaiato sui tetti vicini cercasse di riprendere la bambina pianta col teleobiettivo, e si rifugiarono tutti in cucina, vicino al tavolo su cui la signora Cesira stirava.
“Che strano!” pensava Erasmus. “Sono qui, chiuso quasi come in prigione in compagnia di tre, anzi di quattro bambini, e non è così terribile come pensavo soltanto un mese fa. Anzi, quasi quasi direi che mi sono simpatici… come gli adulti: alcuni più simpatici e altri meno” (non lo confessava nemmeno a se stesso, ma aveva una spiccata preferenza per Francesca) “ma il fatto di essere bambini non c’entra con questo…”
“Che strano!” pensava Lorenza. “Ho sempre immaginato che una serata trascorsa in compagnia del professor Erasmus sarebbe stata una esperienza spaventosa, come un brutto sogno… Avevo paura di lui anche quando lo incontravo per le scale. E invece siamo qui uniti nel pericolo come buoni amici… Quasi quasi direi che è simpatico…”
“Strano!” pensava Michele. “Lo zio non è così scorbutico come Lorenza lo aveva descritto. Eppure Lorenza non è una bugiarda. Cosa sarà mai capitato?”
“Strano!” pensava Francesca. “Mi sono fatta un bernoccolo, ho preso delle sgridate ingiuste per colpa di Clorofilla, eppure non sono arrabbiata con lei… Quasi quasi le voglio più bene che all’orso Giovanni… Forse è perché Clorofilla ha l’ombelico come me, e l’orso no.”
Poi smise di pensare e chiese a Erasmus con la sua vocetta squillante: «Zio, come nascono le piante?»
«Ignorante!» la sgridò Michele. «Le piante nascono dai semi. Non ti ricordi delle lenticchie e dei fagioli che abbiamo piantato nel cotone?»
«Sì che me lo ricordo!» ribatté Francesca. «Ma i semi, come nascono? Io li ho visti nelle mele e nei piselli. Ma le piante che non hanno frutti?»
Allora il professore si schiarì la gola, bevette un sorso di sciroppo e cominciò a raccontare.
«In un certo senso si può dire che tutto quello che ha vita sulla Terra trae la sua origine da un seme… Anche noi, anche gli uomini, voglio dire.»
Interloquì Lorenza: «Sì, certo. Anche gli uomini…»
«Anche i draghi» aggiunse Michele. «Tu semini in un campo i denti di un drago e nascono tanti draghi nuovi.»
«Stai facendo una confusione terribile. Intanto dai denti del drago nascevano dei guerrieri, e poi si tratta di una antica leggenda greca, priva di alcun fondamento scientifico. I draghi non esistono, e quindi non possono nascere né da denti né da semi.»
«Però nella preistoria sì» insisté Francesca. «Ho visto la fotografia di un drago-lucertolone. C’era nel giornale che l’avevano trovato surgelato sotto il ghiaccio della Siberia e la mamma ha detto che magari abitava nelle grotte dove lei va a studiare.»
«Sciocchina! Quelli sono i dinosauri e con le piante non c’entrano niente» disse Lorenza.
«Però sono verdi» disse Francesca che non si voleva arrendere.
«Ma insomma!» esclamò Erasmus. «Volete raccontare favole di dinosauri o imparare scientificamente come nasce una pianta?»
«La pianta, la pianta!» gridarono in coro i tre bambini, e Lorenza aggiunse: «A scuola, quando ci spiegano come nascono i bambini, ci dicono sempre di fare il paragone con i fiori, le api e gli uccelli. Io come faccio a fare questo paragone se nessuno mi ha mai detto come si riproducono le piante, le api e gli uccelli?»
«Ma i bambini io lo so come nascono» disse Michele. «La mamma mi ha spiegato tutto quando è nata Francesca, e anche Francesca lo sa perché gliel’ho raccontato io come è nata.»
«Le piante vanno all’ospedale quando devono avere una piantina?» chiese Francesca.
«Sì! E le api alla maternità degli insetti!» la derise Lorenza. «Non hai mai visto quelle larve nelle stanzette degli alveari? È una cosa tutta diversa.»
«Be’, completamente diversa non direi» disse il professore con aria meditabonda. «Anzi, facciamo così. Visto che sapete come nascono i bambini, vi spiegherò la riproduzione delle piante partendo da questo esempio. Prima di tutto diciamo che certe piante si possono riprodurre staccando un pezzo da un arbusto già esistente. Lo avrete visto fare qualche volta con i gerani o con i garofani. Questa si chiama riproduzione “per taléa”.
«Al pezzo tagliato spuntano delle nuove radici, o in acqua, e poi bisogna trapiantarlo, o direttamente nella terra. Questo naturalmente non avviene né per gli uomini né per nessun altro animale, tranne che per certi vermi che, se li tagliate a pezzi, ogni pezzo cresce e diventa un verme nuovo. Ma è un caso unico fra gli animali.
«Generalmente anche le piante, come ha detto Michele, nascono dai semi. Ma non sempre le piante fanno i semi, come non tutte le uova delle galline hanno dentro il pulcino, come non tutte le donne e gli uomini hanno dei bambini.»
«Bisogna che prima si sposino!» disse Francesca.
«Come fanno le piante a sposarsi, se non si possono nemmeno muovere!» disse Lorenza incredula.
«E poi, per sposarsi, bisogna essere maschio e femmina!» aggiunse scettico Michele. «Mi sembra che ci stai raccontando delle storie, come quella della cicogna. Chi ha mai sentito dire che le piante si sposano?!»
«E invece sì! Abbi un po’ di pazienza. Prima di tutto non è vero che le piante non siano maschi o femmine. Le piante hanno un sesso, come tutte le cose viventi, come gli animali, come gli uomini… L’unica differenza è che sulla stessa pianta si possono trovare fiori monosessuali, cioè con organi solo maschili o solo femminili, e fiori bisessuali, cioè con entrambi gli organi.»
«Per questo si sposano anche se non si possono muovere» osservò Lorenza.
«No. È abbastanza raro che un fiore di una pianta si sposi con un altro fiore della stessa pianta» disse Erasmus.
«Come in certe tribù africane o australiane, dove è proibito sposarsi con uno dello stesso totem. L’ho letto in un libro» disse Michele.
«In un certo senso sì» rise Erasmus. «Dunque voi sapete che il sesso degli uomini e degli animali si riconosce perché gli organi della riproduzione sono diversi. Gli organi dei maschi producono i semi e gli organi delle femmine gli ovuli.
«Così nei fiori, che sono l’apparato riproduttore delle piante, si trovano gli stami, che sono gli organi maschili, e i pistilli, che sono gli organi femminili.
«Una parte dello stame, chiamata “antéra”, produce il seme, cioè il polline. I pistilli, invece, nella loro parte inferiore hanno gli ovuli.
«Ma come si possono sposare questi poveri fiori che stanno su piante lontane fra di loro? Il colore dei loro petali, il loro dolce nettare e il profumo attirano gli insetti che vi si posano e, sfiorando gli stami, trattengono su di sé il polline.
«Poi volano su un altro fiore e lasciano cadere questo polline sui pistilli.
«Il polline scende fino all’ovario e feconda i piccoli ovuli da cui nasceranno i semi.
«Qualche volta, ma più raramente, è il vento che trasporta il polline dagli stami di un fiore ai pistilli di un altro.»
«E così dopo nove mesi nasce una piantina nuova!» concluse soddisfatta Francesca.
«No. La storia non è ancora finita. Adesso bisogna che il frutto, cioè l’involucro che contiene i semi, che può essere una mela, ma anche una pigna, una nocciola o una piccola bacca, maturi e che i semi cadano sul terreno. Anche qui, siccome i vegetali non camminano, se qualcuno non interviene, i semi cadono ai piedi della “pianta-madre” e basta. Invece se gli uccelli o altri animali mangiano i frutti, portano i semi lontano e così possono nascere foreste molto estese, grandi prati, e lo stesso tipo di arbusto si può diffondere per spazi molto grandi.
«I semi dunque cadono sul terreno, germogliano, mettono radici e foglie e così spuntano le nuove piantine.»
«E se gli insetti non vanno su quei fiori?» chiese Francesca. «E se in quel posto non c’è vento?»
«In questo caso le piante non si possono riprodurre. Se gli uomini uccidono tutti gli insetti che volano sui fiori, le piante vecchie moriranno senza che ne nascano delle nuove, non ci saranno più fiori e frutti e in breve quel terreno sarà spoglio. E se i cacciatori uccidono tutti gli uccelli, i semi non andranno lontano e non crescerà niente spontaneamente. La sorte delle piante e degli animali di un paese è strettamente legata. Non si possono avere gli uni se non si rispettano gli altri.»
«Mamma mia, però, che riproduzione complicata!» commentò Michele. «Per fortuna noi nasciamo in modo molto più semplice, senza bisogno che intervenga tanta gente: insetti, vento, uccelli, animali viaggiatori…»
«È vero» disse Lorenza. «Per questo io non avevo capito niente quando mi dicevano “i bambini nascono come i fiori e le api”. Invece quando mi hanno spiegato che i bambini nascono dalla pancia della mamma, ho capito subito.»
«Meno male!» commentò la signora Cesira riponendo una pila di asciugamani stirati. «Ci mancava che ti confondessero le idee con la “impollinazione anemofila”!»
«Ma Clorofilla…» insisté Francesca «Clorofilla, che ha l’ombelico come noi, è nata dalla pancia della sua mamma o da un frutto impollinato?»
«È proprio quello che vorrei riuscire a scoprire!» sospirò sconsolato il professor Erasmus.
CAPITOLO DICIANNOVESIMO
Zii ottimisti, padri fiduciosi e madri speleologhe rischiano di smarrire i propri eredi.
Intanto dalle parti di Genova, nella sua grotta a centocinquanta metri sotto terra, la speleologa signora Rossi, che era poi la mamma di Michele e Francesca, era molto preoccupata.
Da più di dieci giorni continuava a ricevere da Michele lettere che la rimproveravano per il suo silenzio e che non prendevano a...