
eBook - ePub
Shadowhunters: The Infernal Devices - 3. La principessa
- 564 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
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Shadowhunters: The Infernal Devices - 3. La principessa
Informazioni su questo libro
Una rete d'ombra si stringe sempre di più intorno agli Shadowhunter dell'Istituto di Londra. Mortmain progetta di usare un esercito di automi spietati per distruggerli una volta per tutte. Gli manca un solo elemento per completare l'opera: Tessa Gray. Quando Mortmain la rapisce, tutti coloro che tengono a lei si uniscono per salvarla. Tuttavia Tessa si rende conto che l'unica persona in grado di farlo è lei stessa. Ma come può una sola ragazza affrontare un intero esercito?
Amore e perdita si intrecciano mentre gli Shadowhunter vengono spinti sull'orlo del precipizio, in un finale che lascia senza fiato.
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Informazioni
Print ISBN
9788804633013eBook ISBN
97888520415011
Un vero diavolo a quattro
Il lunedì ci si sposa per salute e bellezza,
Il martedì per avere ricchezza,
Il mercoledì è il giorno migliore,
Il giovedì porta solo dolore,
Il venerdì privazioni e rimpianto,
Il sabato sfortuna soltanto.
POESIA POPOLARE
«Dicembre è un mese propizio alle nozze» disse la sarta, parlando con la bocca piena di spilli con la disinvoltura maturata in anni di pratica. «Come si dice: “Se l’amore vuoi far durare, a dicembre con la neve ti devi sposare”.» Infilò l’ultimo spillo nell’abito da sposa e fece un passo indietro. «Ecco fatto. Che ne pensate? È ispirato a un modello di Charles Frederick Worth.»
Tessa guardò il proprio riflesso nella specchiera della sua stanza. L’abito di seta era di un colore dorato cupo, com’era consuetudine degli Shadowhunter, che ritenevano il bianco il colore del lutto e non ci si sarebbero mai sposati (nonostante l’esempio della stessa regina Vittoria, che aveva lanciato quella moda). Merletti duchesse orlavano il corpetto aderente e ricadevano dalle maniche.
«È un amore!» Charlotte batté le mani e si sporse in avanti, con gli occhi scintillanti di contentezza. «Tessa, questo colore ti dona molto.»
La ragazza si rigirò davanti allo specchio. La tinta dorata dava alle sue guance un po’ del colore necessario; il corsetto a clessidra la modellava e metteva in evidenza le curve giuste. L’angelo meccanico intorno al collo la confortava con il suo ticchettio; sotto di esso era appeso il ciondolo di giada che le aveva regalato Jem. Tessa aveva allungato la catenella in modo da poterli portare insieme, non volendo separarsi da nessuno dei due. «Non credi che il merletto sia un po’ troppo ricco?»
«Niente affatto!» Charlotte si appoggiò allo schienale della sedia, portando inconsapevolmente una mano alla pancia con fare protettivo. Era sempre stata troppo magra – pelle e ossa, a dire la verità – per avere davvero bisogno di un corsetto, e da quando era incinta aveva cominciato a indossare abiti informali, che la facevano sembrare un uccellino. «È il giorno del tuo matrimonio. Se mai c’è un’occasione per un abito un po’ troppo ricco, è questa. Non credi?»
Tessa aveva passato molte notti cercando di fare proprio quello. Non era ancora sicura di dove lei e Jem si sarebbero sposati, perché il Consiglio stava ancora considerando la loro situazione. Ma, quando immaginava il matrimonio, era sempre in una chiesa, con lei che avanzava lungo il corridoio centrale, forse al braccio di Henry, e non guardava né a destra né a sinistra, ma dritta davanti a sé, al suo promesso, come ogni sposa che si rispetti. Jem avrebbe indossato una tenuta, non da combattimento ma disegnata appositamente per l’occasione, nella foggia di un’uniforme militare: nera con bande dorate ai polsi e rune dorate cucite lungo il colletto. Avrebbe avuto un’aria davvero giovane.
Erano entrambi giovani. Tessa sapeva che era inconsueto sposarsi a diciassette e diciotto anni, ma la loro era una corsa contro il tempo. Il tempo della vita di Jem, prima che si esaurisse.
Si portò la mano al collo e sentì la familiare vibrazione dell’angelo meccanico, le ali che le sfioravano il palmo.
La sarta alzò lo sguardo su di lei. Era una mondana, non una Nephilim, ma aveva la Vista, come tutti quelli che erano al servizio degli Shadowhunter. «Volete che tolga il merletto, signorina?»
Prima che la ragazza potesse rispondere, si sentì bussare alla porta e risuonò una voce familiare: «Sono Jem. Tessa, sei lì?».
Charlotte fece un salto. «Non deve vederti con l’abito da sposa!»
Tessa era confusa. «E perché mai?»
«È un’usanza degli Shadowhunter… porta sfortuna!» Charlotte si alzò. «Svelta, nasconditi dietro l’armadio!»
«L’armadio? Ma…» Tessa fu afferrata per la vita da Charlotte e spinta dietro l’armadio, tenuta con le braccia dietro la schiena, come fanno i poliziotti con i criminali che oppongono una particolare resistenza. Una volta libera, si spolverò il vestito e fece una smorfia, quindi entrambe si sporsero da dietro il mobile mentre la sarta apriva la porta.
La testa argentea di Jem fece capolino nell’apertura. Sembrava un po’ scarmigliato, con la giacca storta. Si guardò intorno imbarazzato prima di scorgere Charlotte e Tessa, seminascoste dall’armadio. «Grazie al cielo» disse. «Non avevo idea di dove foste finite. Gabriel Lightwood è di sotto, e sta facendo il diavolo a quattro.»
«Scrivigli, Will» disse Cecily Herondale. «Ti prego. Solo una lettera.»
Will gettò indietro i capelli, zuppi di sudore, e la fulminò con lo sguardo. «Metti i piedi in posizione» fu tutto ciò che disse, indicando con la punta del pugnale il pavimento. «Là, e là.»
Cecily sospirò e spostò i piedi. Sapeva di non essere in posizione; lo aveva fatto apposta, per provocarlo. Era facile provocare suo fratello. Era ciò che ricordava di lui da quando aveva dodici anni. Anche allora sfidarlo a fare qualcosa, come arrampicarsi sul tetto ripido del loro maniero, sortiva lo stesso effetto: una fiamma azzurra d’ira negli occhi, la mascella contratta e alla fine, a volte, Will con una gamba o un braccio rotti.
Naturalmente questo fratello, questo Will quasi adulto, non era quello che rammentava dall’infanzia. Era diventato più impetuoso, ma anche più introverso. Aveva tutta la bellezza della madre e tutta la cocciutaggine del padre… e, temeva Cecily, l’inclinazione di quest’ultimo ai vizi, sebbene lo avesse supposto soltanto dai bisbigli orecchiati tra gli ospiti dell’Istituto.
«Alza la lama» disse Will. La sua voce era fredda e professionale, come quella dell’istitutrice di Cecily.
La ragazza obbedì.
Aveva impiegato un po’ ad abituarsi al tocco della tenuta da combattimento sulla pelle: la tunica larga e i pantaloni, la cintura intorno alla vita. Ormai vi si muoveva con lo stesso agio che nella sua più ampia camicia da notte. «Non capisco perché non prendi in considerazione l’idea di scrivere una lettera.»
«E io non capisco perché non prendi in considerazione l’idea di andare a casa» ribatté Will. «Se acconsentissi a tornartene nello Yorkshire, potresti smetterla di preoccuparti per i nostri genitori e io potrei dedicarmi…»
Cecily, che si era sorbita quel discorso almeno mille volte, lo interruppe. «E una scommessa la prenderesti in considerazione?» Fu compiaciuta, ma anche un po’ delusa, nel vedere gli occhi di Will brillare, proprio come accadeva sempre al padre ogniqualvolta veniva proposta una scommessa tra gentiluomini. Gli uomini, così prevedibili…
«Che genere di scommessa?» Will fece un passo avanti. Era anche lui in tenuta da combattimento.
Cecily scorgeva i Marchi tracciati intorno ai polsi, la runa mnemosyne sulla gola. Le ci era voluto un po’ per non vedere in quei Marchi solo degli sfregi, ma ormai vi si era abituata, così come si era abituata alle grandi sale echeggianti dell’Istituto e ai suoi strani ospiti. Indicò la parete di fronte a loro. Vi era dipinto un vecchio bersaglio nero: un centro racchiuso in un cerchio. «Se farò centro tre volte di seguito, dovrai scrivere una lettera a mamma e papà per dare tue notizie. Dovrai raccontare della maledizione e del perché te ne sei andato.»
Il viso di Will si chiuse come una porta, nel modo che gli era abituale quando lei gli faceva quella richiesta. «Non lo colpirai mai tre volte senza mancarlo, Cecy.»
«Be’, in tal caso non dovresti avere alcun problema ad accettare la scommessa, William.» Cecily usò di proposito il nome intero. Sapeva che Will si irritava quando era lei a usarlo, mentre quando lo faceva Jem, il suo migliore amico – anzi, il suo parabatai; da quando era arrivata all’Istituto aveva imparato che erano due cose completamente diverse – Will sembrava considerarlo un termine affettuoso. Forse perché si ricordava ancora di quando lei gli trotterellava dietro sulle gambette paffute chiamandolo “Will! Will!” e urlando ansimante in gallese. Non lo aveva mai chiamato “William”, solo e sempre “Will” o nella versione gallese del nome, Gwilym.
Gli occhi del ragazzo si socchiusero.
Quando la madre diceva con tenerezza che da grande il figlio avrebbe fatto strage di cuori, Cecily la guardava sempre con aria dubbiosa. A quel tempo il fratello era tutto braccia e gambe, magro come un chiodo, arruffato e perennemente sporco. Ormai, però, si rendeva conto che la madre aveva visto giusto; anzi, se n’era resa conto non appena aveva messo piede nella sala da pranzo dell’Istituto e lui era saltato su sbalordito. Si era detta: Non può essere Will.
Aveva spostato quegli occhi su di lei, gli occhi di sua madre, e Cecily vi aveva scorto l’ira. Non era stato contento di vederla, per niente. E se nei suoi ricordi c’era stato un ragazzino magro come un chiodo, con una zazzera di capelli neri arruffati come quelli di uno zingaro, e i vestiti pieni di foglie, adesso c’era invece un giovane uomo che incuteva timore. Le parole che si era proposta di dire le si erano dissolte sulla lingua, e lo aveva ripagato di eguale moneta, rivolgendogli a sua volta uno sguardo truce. E così era stato da allora, con Will che sopportava appena la sua presenza, quasi fosse un sassolino nella scarpa, un fastidio costante ma di scarsa entità.
Cecily fece un respiro profondo, sollevò il mento e si preparò al primo lancio. Will non sapeva, non avrebbe mai saputo delle ore che aveva trascorso in quella stanza, da sola, ad allenarsi, a imparare a bilanciare il peso del coltello nella mano, a scoprire che un buon lancio cominciava già dietro il corpo. Tenne le braccia abbassate e poi spinse il braccio destro indietro, oltre la testa, prima di spostarlo in avanti con tutto il peso del corpo: la punta del coltello era in linea con il bersaglio. Lanciò l’arma e ritrasse la mano di scatto, trattenendo il respiro.
Il coltello si conficcò nella parete, esattamente nel centro del bersaglio.
«Uno» disse la ragazza, rivolgendo un sorriso di superiorità al fratello.
Will la guardò impassibile, sfilò il coltello dalla parete e glielo porse di nuovo.
Cecily lo lanciò. Anche questa volta, come la prima, l’arma filò direttamente verso il bersaglio e vi si conficcò, ondeggiando come un dito beffardo.
«Due» disse Cecily, in tono sepolcrale.
La mascella di Will si irrigidì mentre lui riprendeva il coltello e glielo porgeva.
La sicurezza in se stessa affluiva nelle vene di Cecily come sangue nuovo. Sapeva di potercela fare. Era sempre stata capace di arrampicarsi in alto quanto Will, di correre altrettanto veloce, di trattenere il fiato altrettanto a lungo…
Lanciò il coltello. Quando quello colpì il bersaglio, nell’euforia della vittoria Cecily saltò in aria battendo le mani, perdendo per un attimo il controllo. I capelli si sfilarono dalle forcine e le ricaddero sul viso; li spinse indietro e fece un largo sorriso a Will. «Devi scrivere quella lettera. Hai accettato la scommessa!»
Con sua sorpresa, il fratello le restituì il sorriso. «Oh, la scriverò. La scriverò… e poi la getterò nel fuoco» disse, alzando una mano per contenere il suo scoppio di indigna...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- La Principessa
- Prologo
- 1. Un vero diavolo a quattro
- 2. Il verme conquistatore
- 3. Fino all’ultima ora
- 4. Essere saggi e innamorati
- 5. Un cuore diviso
- 6. Che l’oscurità…
- 7. L’ardire del desiderio
- 8. Questo fuoco tra i fuochi
- 9. Scolpito nel metallo
- 10. Come acqua sulla sabbia
- 11. Paura della notte
- 12. Spettri lungo la strada
- 13. La mente ha montagne
- 14. Parabatai
- 15. Stelle, nascondete i vostri fuochi
- 16. La principessa meccanica
- 17. L’unica nobiltà è essere virtuosi
- 18. Solo per questo
- 19. Giacere e bruciare
- 20. I congegni infernali
- 21. Oro ardente
- 22. Tuoneranno le trombe
- 23. Più forti di qualsiasi male
- 24. La misura dell’amore
- Epilogo
- CONTENUTI EXTRA
- Nota sulla Gran Bretagna di Tessa
- Ringraziamenti
- Copyright