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SECONDA PARTE
(quattro mesi dopo)
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27
Il territorio di Stoccolma era delimitato da linee di confine psicologiche. Kungsgatan era geograficamente divisa in tre zone. Giù verso Stureplan si trovavano le boutique eleganti, le caffetterie, i locali all’aperto, i cinema e i negozi di elettronica, il negozio Diesel, the Stadium, Wayne’s e McDonald’s, Blue Moon Bar e the Crib, Rigoletto, Saga e Royal, El-Giganten e Siba. Tutti si muovevano lungo questo percorso: gli svedesi medi, i fighetti di Stureplan, le bande dell’hinterland. La seconda parte, da Hötorget fino a Vasagatan, era considerata zona popolare. Vi si trovavano i locali malfamati e i ristoranti di quart’ordine. Era la zona delle risse frequentata da adolescenti immigrati e svedesi. Infine nella terza parte, dall’incrocio di Vasagatan fino al ponte, non c’erano i ristoranti, i soliti locali, i negozi e i bar. In quel tratto si trovavano solo posti dal profilo ben definito come il teatro Oscar, il locale jazz Fasching e il casinò Cosmopol, adatti a una clientela meno giovane, un misto di persone, lettori di periodici impegnati, appassionati di jazz e giocatori.
Kungsgatan: uno spaccato della Stoccolma by night con marciapiedi riscaldati, sempre senza neve, sempre pieni di gente in preda all’isteria da consumo. Erano tre mondi paralleli allineati lungo la stessa strada.
Mrado era seduto al Kickis Bar & Co., uno dei locali scadenti della zona popolare. Stava aspettando Ratko. Al banco la scelta era tra birre di forte e media gradazione alcolica e sidro.
Era terribilmente stanco.
Fissava sdegnato davanti a sé. Ventenni con i piumini d’oca firmati Canada Goose, senz’altro rubati, erano riuniti a grappoli nel locale. Si rifiutavano di togliersi le giacche: erano lo status symbol di un mondo al quale non avrebbero mai avuto accesso. Lo fissavano a debita distanza. Non sapevano chi fosse, però capivano: niente parole a vanvera con il gigante del bar. Se il guardaroba del locale fosse stato suo, quei ragazzi avrebbero appeso ai ganci le loro giacche voluminose già da parecchio tempo.
Alle pareti alcune lettere luminose rosse, blu e gialle alternate formavano la scritta KICKIS DRINKS.
Mrado e Ratko avevano deciso di prendersi una birra prima di andare al casinò Cosmopol, più avanti in Kungsgatan. Mrado aveva bisogno di soldi puliti. La videoteca, ovvero l’impresa di riciclaggio, non funzionava come avrebbe dovuto. Non regolava a sufficienza il flusso di denaro. Il casinò era sempre una soluzione di emergenza per procurarsi denaro pulito.
Erano le dieci e cinque. Di solito Ratko non era mai in ritardo. Il suo scontento era aumentato negli ultimi tempi. Non era ammissibile. Nella gerarchia degli slavi lui era superiore a Ratko, di conseguenza decise di aspettare soltanto altri dieci minuti.
Ordinò un’altra birra. Ripensò agli ultimi mesi.
La situazione di Jorge si era risolta. Erano passati quattro mesi e da allora il sudamericano non si era più fatto sentire. Era rimasto al suo posto, non aveva più tentato di alzare la testa. Mrado aveva ricevuto alcune segnalazioni: Jorge era ancora in città, continuava a camuffarsi da nero per poter vivere da latitante. Tirava avanti con l’unica attività che era in grado di svolgere: vendere coca per qualche spacciatore. Mrado se ne fregava, la cosa non gli dava problemi.
Aveva continuato a occuparsi delle solite faccende. Sentiva la nostalgia di Lovisa. Maledetta Annika. Il 23 febbraio il tribunale aveva comunicato la decisione ad interim, in due copie. Meno male che aveva mantenuto l’affido congiunto. Però poteva vederla solo un giorno ogni due settimane, dannazione. La Svezia tradiva di nuovo i serbi.
Mrado si svegliava tutte le notti tra le quattro e le cinque e non riusciva più a dormire, come i vecchi. Buttava giù un whisky corposo per potersi riaddormentare. Cosa cazzo gli stava succedendo?
Una volta era andato nella stanza di Lovisa per trovare un po’ di serenità. Quando si era seduto sul letto, aveva sentito uno scricchiolio. Quel rumore gli aveva fatto venire in mente qualcosa, ma non si ricordava cosa. Aveva aperto un cassetto della scrivania di sua figlia e aveva visto alcuni suoi disegni. A quel punto gli era venuto in mente a cosa aveva associato lo scricchiolio. Si era sentito fragile, angosciato: che cosa avrebbe pensato Lovisa di lui se fosse venuta a conoscenza di tutte le sue nefandezze? Poteva essere un buon padre e allo stesso tempo spezzare le dita alla gente? Doveva farla finita.
Per il resto, la vita era andata avanti come al solito. I settori commerciali erano in crescita, i soldi giravano. Negli ultimi tempi le questioni più importanti erano state aprire le videoteche e pensare a come fronteggiare i poliziotti dell’Operazione Nova. Radovan aveva convocato una riunione riguardo l’Operazione Nova. Lo stesso Mrado, Goran, Nenad e Stefanovic avrebbero discusso delle strategie che i piedipiatti avevano messo in atto per fermarli.
La videoteca era stata aperta dopo accurate ricerche sul prestanome, Christer Lindberg. Mrado non voleva avere qualcuno che insospettisse la Camera di Commercio, il Fisco e altri. Aveva controllato il registro dell’anagrafe per vedere se il tipo era residente in Svezia, il registro della motorizzazione per verificare che nessuna equivoca BMW di importazione destasse attenzione, il conto fiscale per essere sicuro che non avesse debiti con lo Stato e tutti gli organismi preposti per scoprire se non avesse fatture ancora da pagare. Alla fine aveva controllato anche le liste interne della polizia: tutto doveva sembrare pulito. Mrado aveva ringraziato il suo contatto all’interno della polizia, Rolf, per l’accesso ai suddetti elenchi.
Christer Lindberg era, perlomeno in apparenza, un cittadino scrupoloso e onesto. Avrebbe funzionato.
Mrado non aveva voluto incontrare Lindberg personalmente, si era tenuto a distanza. Goran era riuscito a sbrigare la maggior parte della faccenda. Mrado si era limitato a parlare al telefono con il tipo solamente una volta. Gli aveva detto di essere un amico di Goran, il quale aveva predisposto una bella somma in cambio della firma sui documenti e su eventuali richieste del fisco.
Secondo Mrado, Lindberg era la caricatura del lavoratore. Parlava uno svedese di forte impatto, pieno di metafore basate su conoscenze e luoghi comuni colti solo in apparenza e che inseriva in ogni frase. Mrado pensava alla loro unica conversazione e non riusciva a trattenersi dal ridere da solo.
«Salve, sono un conoscente di Goran. La chiamo per quell’idea della videoteca. Le ha già accennato qualcosa Goran, vero?»
«Diciamo di sì.»
«Sa di che cosa si tratta?»
«Certo, non credo mica di essere nato sotto un cavolo, se vogliamo dire così. Ho capito il concetto.»
«Posso farle una domanda? Cosa ha fatto prima di iniziare a lavorare per Goran?»
«Il sottoscritto ha lavorato per un corriere, Östman Åkeri, di Haninge.»
«Come andava?»
«Come il giorno e la notte, se vogliamo dire così.»
«Cosa intende?»
«Lo sa bene. Östman non era proprio uno che teneva il becco chiuso. Un giorno è saltato fuori Göran. È subentrato in tutto quanto. Un colpo grosso, se vogliamo dire così.»
«Si chiama Goran.»
«Ah, sì. È vero, Goran. Faccio fatica a ricordarmi tutti questi nomi.»
Era stato sufficiente. Mrado non voleva avere rapporti con tipi come Lindberg.
Gli aveva spedito i documenti. Lo aveva pregato di firmarli. Gli aveva spiegato ancora una volta di cosa si trattava, che un amico di Mrado e Goran avrebbe aperto una videoteca. Aveva bisogno di qualcuno che fosse residente in Svezia disposto ad assumerne la direzione. Lindberg avrebbe ricevuto la somma di dodicimila corone al momento della firma. Dopodiché gli avrebbero dato diecimila corone ogni sei mesi per la durata dell’attività. Mrado lo aveva istruito su cosa fare nel caso in cui il fisco o altre autorità si fossero fatte sentire.
La faccenda era succosa, come diceva Lindberg.
Mrado aveva contattato una società che vendeva licenze per aziende già costituite. Ne aveva comprate due. Centomila corone a testa. Aveva inviato tutti i documenti firmati da Lindberg e aveva cambiato ragione sociale: Videospecialisten i Stockholm AB e Videokamraten AB. Aveva aperto un conto bancario, cambiato revisore, trovato i locali.
Uno dei negozi si trovava in Karlavägen. Mrado aveva rilevato un precedente locale di videonoleggio, Karlaplans Video. Poveretti i turchi a cui apparteneva. Mrado aveva mandato Ratko e Bobban a spaventarli un po’. Si erano recati lì dieci minuti prima della chiusura, una sera di ottobre, e avevano chiarito la situazione. I due turchi si erano rifiutati. Così due giorni dopo, quando avevano aperto la custodia del film Batman Begins, che era stato infilato nella fessura per la restituzione: bum, bum. Uno dei turchi aveva perso quattro dita e l’occhio sinistro.
Mrado aveva acquistato il locale un mese dopo per trentamila corone. Tutto facile.
L’altro videonoleggio si trovava all’interno del centro commerciale di Södertälje. In precedenza il locale era stato una lavanderia automatica. Gli affari non erano andati bene al primo proprietario, anche lui turco. Il caso gli aveva giocato un brutto tiro: slavi contro turchi. Avevano avuto gioco facile, gli slavi. Il vecchietto della lavanderia a secco aveva venduto di sua volontà per ventimila corone. Era bastato un cenno con la mano.
Mrado aveva fatto ristrutturare i locali nel mese di novembre. Si era servito della ditta Rivningspecialisterna i Nälsta AB, specializzata in demolizioni: era la ditta di Rado. Comodo per avere una prima voce di spesa da scaricare e per una fattura pulita per la ditta del capo.
Mrado aveva eliminato le cassette porno del Karlaplans Video. Aveva acquistato invece molti film per bambini: il paradiso Disney al quadrato. Aveva riservato un intero scaffale a cestini di dolci. Aveva rifatto il bancone della cassa, di modo che si potessero comprare biglietti della lotteria, giornali e abbonamenti. Aveva dipinto le pareti, sistemato le locandine degli ultimi DVD per ragazzi, rinnovato tutto insomma, e iniziato a vendere libri tascabili in un angolo. Risultato: la videoteca più carina e ospitale di tutto il quartiere di Östermalm.
Bella impressione.
Quanto al negozio di Södertälje, Mrado aveva venduto le lavatrici a certi siriani, vecchie conoscenze. Södertälje era la loro Gerusalemme. Mrado li conosceva, era cresciuto in mezzo a loro durante l’adolescenza. Era stato persino invitato a qualcuno dei loro matrimoni. I siriani avevano una rete tra le più organizzate di Stoccolma. Dominavano le lavanderie e i parrucchieri di serie B: erano imprenditori. Mrado aveva coltivato le sue conoscenze. Lavanderie e parrucchieri: attività buone per il riciclaggio del denaro sporco così come le videoteche. Potevano tornare utili.
Nel giro di due mesi le videoteche avevano iniziato a funzionare a pieno regime. L’idea di base era semplice: Mrado aveva quattrocentomila corone in contanti. Duecentomila corone erano andate per l’acquisto delle società. I restanti centomila per ogni attività, suddivisi in depositi più piccoli, erano stati versati sul conto societario di ciascuna. I soldi erano stati sufficienti a pagare i locali, le ristrutturazioni e l’acquisto di videocassette e dvd. I ragazzi della palestra stavano nei negozi dalle quattro alle dieci di sera. Pagamenti in nero: SIT (Subito In Tasca). Sulla carta Radovan era impiegato e azionista. Mrado part-time. Lui depositava i contanti sul conto di ogni società ogni due giorni. Quando tutto girava bene ogni negozio guadagnava in realtà cinquantamila corone al mese. Invece nei libri contabili sgualciti di Mrado ne risultavano trecentomila. A parte lo stipendio di Radovan di venticinquemila e quello di Mrado di ventimila corone al mese, dedotte altre spese, tasse e contributi sociali, rimanevano circa centocinquantamila corone pulite per ogni negozio. Per riassumere: gli stipendi e le entrate che restavano nella società erano puliti come neve.
I soldi provenienti dagli incassi dei guardaroba, fatti passare nel mondo dei documenti delle videoteche, uscivano puliti dopo il pagamento delle tasse. E soprattutto: se fosse andata di merda sarebbe stato Lindberg a subire il colpo. Mrado e Radovan non erano nel consiglio di amministrazione e neanche nei registri.
Mrado continuava ad avere problemi, malgrado i riciclaggi. Non bastavano a tranquillizzarlo. Negli ultimi mesi l’insonnia era peggiorata e la situazione con Rado era più sgradevole che mai. Dipendeva dalla sua richiesta di una quota maggiore sui guardaroba? Il capo degli slavi faceva il prepotente. Aveva assegnato nuove mansioni a Goran e agli altri, ma non a lui. R stava orchestrando qualcosa alle sue spalle. I segnali trapelavano attraverso Ratko e Bobban. Domanda numero uno: R aveva assegnato a Mrado il lavoro delle videoteche solo per tenerlo occupato? Domanda numero due: chi era Mrado senza Radovan? Domanda numero tre: cosa avrebbe potuto fare Mrado nella sua vita a parte questo? Sarebbe esistito?
Prima andava tutto meglio.
Ratko non si fece vivo. Mrado si alzò. Pagò. Si avviò da solo verso il casinò.
Casinò Cosmopol: il quartiere del gioco d’azzardo di Stato per eccellenza, la filosofia dell’ipocrisia nella sua perfezione. Giocare è un peccato, per i luterani. Giocare significa: dissipazione, stupidità, rovina sociale. Giocare conduce al vizio, ma allo stesso tempo il Ministro delle Finanze ci guadagna sopra bei soldi. La gente ha bisogno di svaghi, pane e spettacoli. Ben venga un po’ di gioco, è solo emozione; Triss, Lången, Keno, Tian, V75, Oddset, Tipset, Internetpoker, Jack Vegas eccetera. Le macchinette automatiche Jack e Miss Vegas incassavano per il Grande Fratello cinque miliardi all’anno, mandando la gente in fallimento. Avevano affondato molte famiglie, infranto i loro sogni. Il vizio del gioco era la nuova malattia...