Il vino degli altri
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Il vino degli altri

  1. 336 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Il vino degli altri

Informazioni su questo libro

Champagne e Metodo Classico, Chenin Blanc e Garganega: sono due dei dieci accostamenti, a volte anche audaci, tra vini italiani ed esteri proposti in questo libro. Lo scopo non è quello di stabilire graduatorie («il vino migliore non esiste» ammonisce l'autore), ma di conoscere meglio «i vini degli altri» attraverso il confronto con i nostri. «Come sono i vini degli altri? Di cosa sanno, cosa rappresentano, cosa comunicano? » È questo il quesito di fondo da cui parte il nuovo viaggio in «Enolandia» di Andrea Scanzi, dopo il successo di Elogio dell'invecchiamento.
Un viaggio che conduce idealmente il lettore dalla Franciacorta alle falde dell'Etna, dalla Toscana a Bordeaux, dalla Mosella all'Abruzzo, dalla Rioja spagnola all'Argentina, in una spettacolare varietà di paesaggi, profumi, colori, gusti, culture, tradizioni, alla scoperta di vini che hanno storie importanti da raccontare. Vini che parlano delle loro terre, ma anche degli uomini e delle donne che li producono, dei loro metodi, delle faticose sperimentazioni per giungere ai risultati migliori, delle contrapposizioni tra scuole di pensiero (con particolare riferimento alla querelle intorno ai vini «veri» o «naturali»). Persone autentiche, con caratteri a volte difficili, con le loro manie e le loro rivalità, ma accomunate da uno straordinario amore per il vino che diventa ragione di vita.
Non mancano escursioni in luoghi del cuore, come le affascinanti Langhe, vera e propria patria vinicola d'adozione dell'autore aretino. E non manca una citazione di vini poco conosciuti, che non hanno in realtà nulla da invidiare alle etichette più rinomate (e costose).
Un viaggio condotto da Scanzi con passione e competenza tecnica, ma anche con giocosità e ironia, e dove la battuta pungente e dissacrante - da buon toscano - è sempre in agguato. «Non riesco a concepire il vino senza la sua naturale connotazione conviviale » afferma l'autore. «Ridere non è illegittimo, leggere (e magari apprendere qualcosa) divertendosi non è reato.» Un itinerario pieno di sorprese, scandito da sottofondi musicali di pregio, arricchito da aneddoti curiosi, da un fuoco pirotecnico di citazioni, a volte surreali, che spaziano dal cinema alla tv, dalla letteratura alla politica. Un racconto intenso che finirà con l'appassionare anche quegli astemi che all'autore «fanno paura».

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
Print ISBN
9788804598329
eBook ISBN
9788852014420

Cento cose da sapere sul vino degli altri

Quello che state per leggere è un questionario. In piena regola. Ecco le cento domande sul vino degli altri.
Le prime cinquanta riguardano la Francia, rispecchiando i cinque capitoli su dieci che parlano di vini transalpini. L’altra metà tocca le altre zone viticole del mondo, comprese quelle – come Grecia, Svizzera, Romania, Sudafrica, Australia, Cile, Nuova Zelanda – a cui non ho dedicato capitoli.
Ogni tanto ci saranno interferenze.
Il tono tra intervistatore e intervistato sarà vibrante e teso, come una puntata mai andata in onda di «Che tempo che fa». Se non conoscete le risposte, siete nel posto giusto.
Se le conoscete, abbiate pietà per i miei neuroni scaduti.
Vamos.
1) Quante sono le regioni vitivinicole della Francia?
Dieci. Bordeaux, Borgogna, Valle della Loira, Valle del Rodano, Champagne (quelle particolarmente toccate in questo libro). Poi: Alsazia e Lorena, Jura e Savoia, Provenza e Corsica, Sudovest, Languedoc Roussillon.
2) Davvero c’è una regione che si chiama Sudovest?
Sì. Come suggerisce il nome non sta a nordest (lì c’è l’Alsazia). È poco nota e molto sfigata, racchiude vitigni diversissimi tra loro, messi insieme per ragioni commerciali. È divisa in tre zone: Bergeracois, prosieguo prescindibile di Bordeaux; Haut Pays, luogo del Cahors (il «vino nero», per via del colore profondo del Malbec); Pyrénées, ricco di uve autoctone come il Tannat (il più famoso è a Madiran) e il raro Jurançon da uva Petit Manseng. Meriterebbe più considerazione, soprattutto la parte non legata con Bordeaux. Consiglio anche i Gaillac Mousseux, spumanti fatti col metodo champenoise, senza troppe pretese ma di facile beva.
3) Qual è la caratteristica dell’Alsazia?
Se parli di vino, quella di privilegiare il vitigno. Anche nell’etichetta. Solo in Alsazia riporta l’uva che berrai, quasi sempre in purezza. In questo è come l’Alto Adige. Come vitigni è una succursale meridionale della Mosella, appena meno ispirata, sebbene esistano – in particolare – grandi Riesling e Gewürztraminer, secchi o vendemmia tardiva. Se poi parlavi in generale, dell’Alsazia amo Strasburgo, il locale in pieno centro (La Cloche à Fromage) dove vendono mille tipi di formaggio e la tarte flambée, una sorta di pizza bassissima e croccante, piena di crème fraîche (più o meno la panna), pancetta e cipolle. Con i bianchi del posto, va giù che è un piacere.
4) Nel libro non parli dei vini del Languedoc Roussillon. Perché?
Perché esiste il libero arbitrio e perché non potevo parlare di tutto (non sono Alessandro Meluzzi). La Languedoc Roussillon mi sta un po’ antipatica, perché ha inventato i Vins de Cépages, che inseguono il miraggio facile dei vini del Nuovo Mondo. È anche la patria dei Muscat: Blanc, D’Alexandre, Doré, Rosé. La meraviglia della regione sono i vini dolci naturali, su tutti i Muscat (per esempio di Frontignan e Rivesaltes) e il blasonato Banyuls. È un vino rosso dolce, semi dolce rosé o bianco, da uva Grenache minimo cinquanta per cento. Il Banyuls Rancio acquista il caratteristico profumo stando circa due anni in botti esposte al sole. È il più particolare. Per andare più sul sicuro, opterei sui Rimage (o Vintage) e sui Grand Cru. Il fratello minore del Banyuls è il Maury, comunque valido.
5) L’esclusione della Savoia è politica?
No, ma dopo aver visto Emanuele Filiberto a Sanremo, potrebbe anche esserlo.
6) E la Provenza dove la metti?
La lascio lì, sta bene dove sta ed è bellissima. Come vini, bisogna districarsi bene. I rosati fanno arredo, qualche Grenache come si deve non manca. Ammetto però di avere un debole, invero un po’ modaiolo, per il Bandol. È la patria d’elezione di un vitigno, la Mourvedre, usato praticamente in purezza. Nel Rodano meridionale serve invece solo in uvaggio, per dare colore e corpo alla Grenache di Châteauneuf-du-Pape.
7) Nella Corsica non c’è proprio niente?
Sì. Il mare.
8) Il vitigno più famoso di Borgogna è il Merlot.
Cos’è, uno scherzo? In Borgogna nascono i migliori Pinot Nero, Chardonnay e Gamay (Beaujolais) del mondo. Il Merlot lo usano, al massimo, come insetticida.
9) La Borgogna è la patria del terroir.
Ecco, così va meglio. C’è un concetto religioso di Cru, sono convinti che ogni vigneto dia vita a un vino immediatamente e chiaramente riconoscibile. Un po’ è vero, un po’ ci marciano.
10) La Valle del Rodano produce solo Syrah.
Ma anche no. Il Syrah è il vitigno principe del Rodano settentrionale, dove comunque coltivano anche uve bianche (Viognier, Roussanne e Marsanne). Nel Rodano meridionale cambia tutto e il vitigno rosso principe è la Grenache.
11) La Champagne è molto economica.
Solo se ti chiami Abramovic. La Champagne non è economica e le spese di trasporto peggiorano tutto, soprattutto per noi italiani. Però finiamola con questa idea che lo Champagne sia il vino più caro del mondo. I vini di Bordeaux, come molti (troppi) Borgogna, sono da ergastolo seduta stante.
12) Dei grandi vini francesi, qual è quello più conveniente?
Lo Chenin Blanc, altresì noto come Pinot della Loira. Un vitigno bianco autoctono che solo lungo la Loira dà il meglio di sé. I bianchi di Vouvray, anche spumanti, frizzanti, semi-dolci e dolci, se indovinate l’azienda rappresentano il non plus ultra della convenienza.
13) Il Bordeaux è famoso per la grande adesione al territorio.
Certo, e io sono Povia e faccio ooh. A Bordeaux cosa vuoi che gliene freghi del terroir. Loro hanno i migliori Cabernet e Merlot del mondo, o così dicono, e i buyers (venditori) stranieri li comprano a scatola chiusa: en primeur, in anteprima e senza sapere se poi quel vino sarà veramente buono.
14) Tu però ce l’hai con Bordeaux, si intuisce.
No, ce l’ho con quelli come Michel Rolland e Robert Parker, che hanno fatto carne da macello di una regione già tendente di suo a tirarsela. Non avendo miliardi, non posso permettermi così facilmente i Premier Grand Cru Classé di Château Haut-Brion. Se devo spendere 300 euro per un Bordeaux che sa di marmellata, piuttosto compro dieci Riesling (con la stessa cifra, magari mi avanza pure un giro sulla giostra, a cavallo del Minotauro).
15) Cos’hanno di particolare gli Chardonnay di Chablis?
Tante cose. Prima di tutto, nascono in Borgogna. Poi, nei casi migliori, godono di un terreno ricco di calcare (leggi finezza). Il calcare più vocato si chiama Kimmeridgian. La risultanza di clima, terreno e abili vignerons porta ai migliori Chardonnay del mondo. Due avvertenze, però. La prima è che esistono anche altri Chardonnay francesi lodevoli, per esempio nel Jura. La seconda è che, pure a Chablis, ci sono produttori che fanno il bagno nella vaniglia.
16) La Côte-d’Or produce solo vini rossi.
No. La Côte-d’Or, parte settentrionale della Borgogna, è a sua volta divisa in Côte-de-Nuits (più a nord) e Côte-de-Beaune (più a sud). La prima fa solo Pinot Noir, la seconda anche bianchi. Gli Chardonnay di Corton-Charlemagne, per dire, sono straordinari.
17) A me il Pinot Nero non piace, la devi smettere di dire che è il vitigno più buono del mondo.
Primo: stai calmo. Secondo: non l’ho mai detto (casomai ho scritto che è il più amato dagli appassionati). Terzo: nessuno ti obbliga ad amare il Pinot Nero. È un vitigno oggettivamente difficile. Ricorda però che c’è gente che non ama De André. Alla soggettività c’è un limite.
18) In più occasioni hai insultato gli astemi. Non ti vergogni? Spero tu abbia cambiato idea.
Che parolone, «insultato». Comunque, no, non mi vergogno e non ho cambiato idea. Gli astemi, se non costretti da motivi clinici, hanno qualcosa da nascondere e fanno parte della categoria dei «potenziali pericolosi». Ognuno ha la sua. La mia è composta da astemi, donne che indossano le Superga (o le Crocs, le infradito, le pianelle), uomini che indossano i sandali (peggio gli infradito), quelli che non sanno nuotare, quelli che hanno paura dei cani, le donne che hanno paura di guidare in autostrada, quelli che quando scrivono abbondano di punti esclamativi e puntini di sospensione, quelli che usano l’ombrello quando nevica e quelli che Maurizio Lupi.
19) Preferisci i vini italiani o francesi?
Me lo sono chiesto in un capitolo intero, senza peraltro darmi risposta.
20) Che differenza c’è tra un Pouilly-Fumé e un Pouilly-Fuissé?
Classica domanda trabocchetto, genere Ais adesso ti boccio. Il Pouilly-Fumé è un bianco della parte orientale della Loira, fatto con Sauvignon Blanc. È quello che, quando invecchia, può sapere di pipì di gatto. Il Pouilly-Fuissé è un bianco di Borgogna, fatto nel distretto di Maconnais con uve Chardonnay.
21) Il Beaujolais è il novello più famoso del mondo.
Sì, anche se per l’esattezza si chiama Beaujolais Nouveau o Primeur. Il Beaujolais può anche essere fermo e invecchiare (non è una battuta). Viene fatto con uva Gamay. C’è stato un tempo in cui, secoli fa, si coltivava in Borgogna più Gamay che Pinot Nero. Era più facile, cresceva di più e ancora non c’erano quelli di «Porthos» a scomunicarti. Poi, per fortuna, si sono rinsaviti (quelli di Borgogna, non quelli di «Porthos»).
22) Sto bevendo un Pauillac.
Sei fortunato. Il Pauillac è la zona più vocata di Bordeaux, vantando tre dei cinque Premier Cru Grand Classé bordolesi: Château Latour, Château Lafite-Rotschild, Mouton-Rothschild. Vini – questi sì – straordinari, ma carissimi.
23) Sto bevendo un Nuits-St Georges.
Sei ancora fortunato. È una zona felice della Côte-de-Nuits, ricca di Premier Cru (come Les Vaucrains). Dà vita a Pinot Neri particolarmente duri e tannici, che chiedono pazienza.
24) Sto bevendo un Jasnières. Dove sono?
E io che ne so? A casa, al ristorante, a un concorso. Non è mica che uno beve i vini solo dove si producono. Posso dirti che stai bevendo uno Chenin Blanc della Loira, da una Aoc molto piccola (appena 48 ettari), oscurata dalle più note Vouvray e Savennieres. I vini secchi di questa zona possono allappare, da qui la tendenza negli ultimi anni a fare vini secchi con uve parzialmente botritizzate, attaccate dalla muffa nobile.
25) Un vigneron francese, mentre ero lì, ha detto ouiller. Mi ha offeso?
No, ti ha spiegato che lui lavora con botti colme e non scolme. Prassi normale, tranne che per particolari tipologie di vino, come Sherry o il Vin Jaune dello Jura. In questa zona le botti si lasciano scolme perché si sviluppi un piccolo velo sopra il vino e la materia acquisisca il tipico sentore ossidato. Così facendo i vini del Giurassico si sono fatti conoscere al mondo, finendo però col caratterizzare i vini di ossidato mettendo in secondo piano il terroir. Per questo, oggi, molti produttori producono bianchi di Jura, Vin Jaune e no, con botti colme. Se non amate i trip lisergici o i Vin Santi secchi travestiti da bianchi francesi, scegliete la tipologia non ossidata. Sono buonissimi ed esaltano l’uva autoctona locale, il Savagnin, ritenuto un parente del Gewürztraminer.
26) Cos’è l’etanale?
Questa è difficile. L’etanale è un aldeide facilmente ossidabile, altresì noto come acetaldeide o aldeide acetica. È ciò che determina, per esempio, il sentore ossidato dei Vin Jaune o certi Sherry e Banyuls.
27) Il miglior Sauvignon Blanc del mondo nasce a Bordeaux.
Probabile, anche se nella zona più nota, Graves, non è mai prodotto in purezza ma abbinato a Sémillon con eventuali aggiunte di Muscadelle. Lo stesso taglio che dà vita al muffato Sauternes. Io, in media, preferisco il Sauvignon Blanc della Loira.
28) In Alsazia il basso Reno è a nord di Strasburgo e l’alto Reno a sud.
Sì. I francesi ci godono, nel metterti casino in testa. Anche nei disciplinari. C’è un produttore che fa un bianco importato da Triple A di Velier, si chiama Pierre Overnoy. Produce un Arbois Pupillin, Aoc del Jura. Dici: dentro c’è il Savagnin. No: un anno lo fa solo con Savagnin, quello dopo solo con Chardonnay. Senza preavviso, senza dirtelo. A tradimento. Ci godono davvero, nel metterti casino.
29) La Côte-des-Blancs è la zona della Champagne dove vengono meglio le uve rosse.
Ho detto che i francesi ci godono nel metterti casino, non che sono scemi. Nella Côte-des-Blancs si coltiva il miglior Chardonnay spumantizzato del mondo. Soprattutto ad Avize, Vertus, Oger e Mesnil-sur-Oger. Le uve rosse, Pinot Noir e Pinot Meunier, trovano massima espressione rispettivamente sulla Montagna di Reims e nella Valle della Marna.
30) Un Grand Cru è sempre più buono di un Premier Cru.
Magari fosse vero. Vorrebbe dire che l’etichetta, da sola, basta a dare garanzie. Nella realtà, più di tutto, conta il nome del produttore. Un Grand Cru può essere peggiore di un Village. Di sicuro, e sfortunatamente, un Grand Cru costerà sempre come un Grand Cru.
31) Saumur-Champigny è un’appellation della Loira celebre per dei Cabernet Franc da favola.
Bravissimo.
32) Gli Champagne Pas Dosé sono dolci.
Ti sei già rimangiato tutto il bonus. I Pas Dosé sono gli Champagne più secchi, senza aggiunta di sciroppo di dosaggio. Gli Champagne duri per uomini duri (ma anche i più difficili da fare).
33) Il Pétillant che vino è?
Un frizzante. Per dire: il Lambrusco e la Bonarda, sono (sarebbero) Pétillant. La sovrapressione atmosferica deve stare tra 1 e 2,5.
34) E i...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Colophon
  3. Dedica
  4. Indice
  5. Apollo, chuck, Bob e altre annate
  6. Le dieci cose che pensavo sul vino prima di questo libro
  7. Apocalisse e rettitudine (Champagne)
  8. Plenitude in Franciacorta (Cavalleri)
  9. Cento cose da sapere sul vino degli altri
  10. Cronaca di un amore mai nato (Bordeaux)
  11. Persistenza infinita per ricchi bevitori (Bolgheri)
  12. Povera Toscana (mia)
  13. Miraggio dell’unicità (Borgogna)
  14. L’uomo autoctono (Etna)
  15. Uomo o terroir?
  16. Eremiti e coste arrostite (Rodano Nord)
  17. Arte a ogni costo (Syrah Cortona)
  18. Italia-Francia 4-3 (più o meno)
  19. Ombra e luce (Loira)
  20. Un piccolo mondo di persone oneste (Garganega)
  21. Quelli che lo fanno strano
  22. L’uva unplugged che viene dal freddo (Riesling renano)
  23. Il cantiniere Zen e la maieutica socratica (Trebbiano d’Abruzzo)
  24. Il vino outtake
  25. Tra vecchio e nuovo, esagerando (Rioja)
  26. Propoli, tè verde e journal intime (Sagrantino di Montefalco)
  27. Il Bignami del Consumatore Iconoclasta
  28. Essenza dorata (Tokaj ungherese)
  29. Il grande vino vive di squilibri (Sciacchetrà)
  30. Le sacre tavole del Vino Nuntereggaepiù
  31. California Dreamin’ (Stati Uniti)
  32. Vini sexy e sogni che continuano (Bolgheri Reprise)
  33. Come funziona un concorso?
  34. Quella Croce del Sud nel cielo terso (Argentina)
  35. Pietre rosse che rotolano
  36. Test di fine corso: sei Bordolese o Borgognotto?
  37. Le dieci cose che penso sul vino dopo questo libro
  38. Backstage