Orfeo emerso
eBook - ePub

Orfeo emerso

  1. 126 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Scritto nel 1945, quando l'autore aveva solo ventitré anni e si firmava ancora "John Kerouac", e rimasto inedito fino al 2003, Orfeo emerso racconta in modo fortemente autobiografico le passioni, i sogni, gli amori, i conflitti di un gruppo di studenti bohémien, intellettuali e libertini, alla ricerca della propria libertà e della verità, di un'autenticità inseguita in tutti i campi: nella letteratura, nella musica, nell'arte, nella vita. È il primo romanzo di Kerouac, nato dall'incontro con Allen Ginsberg, William Burroughs e gli altri amici con cui avrebbe dato vita alla Beat Generation, uno straordinario "ritratto dell'artista da giovane" da cui emerge l'inconfondibile voce di uno scrittore capace di esprimere lo spirito di una generazione - e di intere generazioni a venire.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
Print ISBN
9788804532538
eBook ISBN
9788852016714

1

Paul era nella libreria, di fronte a uno scaffale di libri: ci veniva ogni giorno, alla stessa ora, trascinandosi nelle sue vecchie scarpe, per consultare ogni volta gli stessi volumi, circa una ventina, che rigirava tra le dita sporche. Ma nonostante l’aspetto trasandato – gli abiti malconci, i neri capelli che gli scendevano in riccioli arruffati fino a coprirgli il colletto della camicia – e il fatto che fumasse una sigaretta dopo l’altra, riempiendo cosí di fumo il piccolo e luminoso ambiente e coprendo di mozziconi il pavimento pulito, non infastidiva nessuno: le sue visite quotidiane erano diventate ormai un’abitudine.
Due dei commessi, però, commentavano regolarmente il suo vezzo di guardare sempre, ogni giorno, gli stessi libri; con fare impaziente concentrava la sua attenzione sulle opere complete di Nietzsche, un romanzo di Stendhal, L’idiota di Dostoevskij, l’Ulisse di Joyce, l’Oxford Book of English Verse, e su molti altri testi di quel genere per poi richiuderli, aggrottando la fronte preoccupato.
Era una bella giornata d’inizio primavera quando Paul, intento a consultare Il diario di Albion Moonlight di Kenneth Patchen, fu interrotto dall’arrivo di Leo, uno studente dell’università. Magro, scuro di capelli, con occhiali dalla montatura di corno, Leo era di una bruttezza adolescenziale. Attraversò di corsa il negozio e diede una pacca sulle spalle a Paul.
«Paul!» esclamò. «Mi hanno detto che sei stato licenziato. È vero?»
Paul, che aveva alzato lo sguardo per scoprire chi fosse il suo interlocutore, irritato da quella domanda si concentrò nuovamente sul libro.
«Allora è vero!» gridò Leo, avvicinandosi a lui con aria interessata.
Paul lo allontanò con un secco cenno della mano. «Non scocciarmi» sibilò con voce brusca. «Sono affari miei, non cominciare a chiedermi il perché e il percome e tieni la bocca chiusa.»
A quel punto Leo abbozzò un sorriso sardonico e, in segno di deferenza, fece un profondo inchino. Riusciva sempre a mascherare i propri sentimenti.
«Dov’è Arthur?» gli chiese poi Paul con voce scortese.
«A lezione. Vado a raggiungerlo adesso.»
«Vengo anch’io» disse Paul e ripose il libro, fissando per l’ultima volta lo scaffale con la fronte aggrottata prima di uscire in strada. Leo, che lo tallonava, alzò le spalle con fare dubbioso.
«Lo sai, vero» disse, «che il professore comincia a dare segni di insofferenza vedendo che tu assisti alle sue lezioni; dopotutto non sei regolarmente iscritto…»
«Lo so, lo so. Il peggio che può fare è sbattermi fuori dall’aula.»
«Be’, è vero.»
«E allora seguimi.» Paul attraversò di corsa la strada, trascinando Leo con sé, e s’incamminò sull’erba verde del campus. All’improvviso sbottò in un fiume di parole: «Quei libri! Se solo avessi tempo di leggerli tutti e di leggerne altri ancora! Questa mattina, dopo che ho perso il lavoro, sono andato dritto alla biblioteca universitaria e, sai, lí c’erano centinaia, migliaia di libri che io sentivo veramente di dover leggere! Non sai le idee che mi si affollano in testa, l’urgenza che avverto, il tempo che passa veloce come sabbia nella clessidra. Ah…» e liquidò l’argomento con un gesto della mano.
Leo rise. «Lo sai» disse «che è la cinquantesima volta che sento questo discorso. Non fai altro che parlare di libri e di tutte le cose che bisogna imparare, come se fossi l’immagine speculare di Faust. Svegliati, Paul! Attraversa i campi illuminati dalla luna e cerca l’Albero d’Oro della Conoscenza!»
Paul abbozzò un ghigno. Camminava spedito, con le mani in tasca, e benché andasse di fretta poteva facilmente essere scambiato per un perdigiorno perché vestiva come un vagabondo, con le suole delle scarpe che sbattevano ritmicamente a ogni passo. Le mani grandi e rosse, da contadino, le teneva sempre in tasca, accrescendo cosí l’impressione di essere un perdigiorno e un buono a nulla. Ma ormai nel campus non faceva piú scalpore.
Era arrivato due mesi prima, in febbraio, «dalla strada» e dal Nord, e aveva preso alloggio nel campus, in quello che era stato un deposito di carbone nello scantinato di un condominio in M Street. Aveva immediatamente fatto amicizia con molti studenti da cui si era sentito attratto perché pensava potessero essergli utili, introducendolo nelle varie istituzioni culturali sparse attorno al campus, come la biblioteca, la discoteca, il laboratorio artistico, e offrendogli una possibilità di assistere alle lezioni ogni volta che se ne presentava l’occasione. In realtà era circondato da un alone di mistero: c’era chi sosteneva che era soltanto uno zotico campagnolo approdato nella grande città e nella grande università senza i fondi necessari per iscriversi ai corsi, e chi, riconoscendo in lui una certa ricercatezza e una buona dose di cultura, liquidava la faccenda sostenendo che si atteggiava a psicopatico.
Rivolgendosi a Michael, un altro perdigiorno che viveva nel campus con la sua amante, Arthur aveva detto a proposito di Paul: «C’è qualcosa nel suo passato che non gli dà tregua, che lo fa impazzire. È la personificazione stessa del demonio. Chissà quale segreto nasconde».
Al che il laconico Michael si era limitato a rispondere: «Sí, forse è cosí. Vedo che la cosa suscita il tuo interesse ma io non lo sopporto proprio».
«Solo perché è molto simile a te» era stata la pronta replica di Arthur.
«Peut-être» aveva concluso Michael, accennando un sorriso e girandosi per terminare il pasto che Maureen, la sua amante, gli aveva servito al tavolo da lavoro.
Leo guidò Paul nell’aula come aveva fatto molte altre volte negli ultimi due mesi. Gli altri studenti, ignorando che non era regolarmente iscritto, non gli badavano piú di tanto; solo Arthur, che lo sapeva, si alzò per salutare i nuovi arrivati.
«Paul» disse. «Spero che oggi andrà tutto liscio come la scorsa settimana, anche se penso che il nostro emerito professore stia per perdere le staffe. La lezione di oggi, nel caso ti interessi, è incentrata sullo Zarathustra di Nietzsche.»
«È strano che non ti abbia ancora sbattuto fuori» commentò Leo. «Forse è un tipo schivo.»
«Ti sei fatto un’idea precisa sulla lezione odierna?» chiese Paul ad Arthur.
«Sí, e vedrai in che bel modo la esporrò. Ho qui i miei appunti.»
«Ma come al solito lui ti degnerà soltanto di uno sguardo» commentò Leo, ridendo.
«Io invece non ho avuto tempo di formulare una teoria specifica» disse cupamente Paul. Cominciò a pulirsi le unghie di una mano con le unghie dell’altra. «E naturalmente, anche se l’avessi, non sarebbe corretto prendere la parola. Devo restare in silenzio e ascoltare. C’è un limite…»
«Hai visto Michael?» chiese Arthur a Paul.
«Ieri sera, a casa sua. Stava scrivendo una poesia e non ha voluto farmela leggere; non mi ha preso minimamente in considerazione!» Paul sorrise furbescamente. «Ma non c’è da stupirsi, è tipico da parte sua: ha paura di me.»
«Vi conoscevate già, voi due?» chiese Leo.
«Oh, sí.»
«Eppure Michael sostiene il contrario.»
«E allora?» Paul sorrise in modo angelico mentre un vago rossore gli tingeva le guance. «È tipico da parte sua.»
«Non capisco…» cominciò Leo, ma a quel punto il Professore, un tipo dalle sopracciglia folte, aveva fatto il suo ingresso in classe con una valigetta sotto il braccio. Dalla sua bocca pendeva un bocchino vuoto: fermandosi alla cattedra, di fronte ai banchi degli studenti, vi inserí una sigaretta con fare melodrammatico e l’accese con un accendino esageratamente grande e variopinto.
«Signori…» esordí, mentre l’occhio gli cadeva sullo scarmigliato Paul. «Buongiorno» concluse, rivolgendosi direttamente a lui, che gli rispose con un impercettibile cenno del capo.
«La lezione di oggi» continuò il Professore, sempre guardando Paul e parlando in un tono di voce scopertamente ironico «è incentrata su Cosí parlò Zarathustra, il grande poema filosofico di Nietzsche.»
La porta dell’aula si aprí e fece capolino la testa di un altro professore, che chiamò con un cenno il collega. «William, solo un attimo.»
Mentre il loro Professore era trattenuto nel corridoio, Leo, tutto eccitato, si voltò verso Paul. «Allora, raccontami tutto! Hai detto che conoscevi Michael già da prima? Dove vi siete conosciuti? Quando?»
«Un po’ di tempo fa. Lui naturalmente nega di conoscermi.»
«Ma perché?» esclamò Leo, divorato dalla curiosità.
Paul sorrise. «È una faccenda molto complicata e oscura. L’ho conosciuto quando non era l’uomo che è adesso.»
«Be’, racconta!»
«Un giorno o l’altro lo farò. Lo scoprirete da soli, comunque…»
Al suo ritorno il Professore si sedette sul bordo della cattedra, di fronte agli studenti, e cominciò a tirar boccate dalla sua sigaretta con aria pensosa.
«“E ora vi ordino di perdermi”» attaccò senza preavviso «“e di trovarvi. E solo quando mi avrete tutti rinnegato, io tornerò tra voi.” C’è qualcuno dei presenti che si ricorda di aver letto queste parole? Dovrebbero esservi già note.» Nel formulare la domanda, con ironia accentuata, il Professore aggrottò paurosamente le folte sopracciglia.
Arthur, sorvolando con lo sguardo gli appunti presi in classe, alzò la mano.
«Bene!» esclamò il Professore. «Lei se ne ricorda? Davvero?»
«Ne ho un ricordo vago.»
«Un ricordo vago!» gridò il Professore con voce ferocemente trionfante. «E cosa significano secondo lei?»
Arthur sorrise in modo canzonatorio al Professore. «Devo essere sincero?»
«Sincero?» Il Professore aspirò un’altra boccata dalla sua sigaretta. «Sí, la prego.»
«Be’, Zarathustra dà voce alla società ultima e alla società nel suo complesso. Dice: Vi ordino di perdermi – di lasciar perdere la società, questa società pre-ultima – e di ritrovare voi stessi; solo quando voi tutti mi avrete rinnegato, avrete rinnegato cioè questa civiltà fasulla, pre-ultima e compromessa, potrete finalmente trovare Zarathustra, ovvero la società ultima, artistica.»
«È la sua interpretazione, suppongo.»
«Precisamente» fu la pronta risposta di Arthur. Paul, che sedeva accanto a lui, aveva aggrottato la fronte con aria quasi corrucciata.
Il Professore camminava su e giú davanti agli studenti. «Pensa forse» tuonò «che Nietzsche possa incarnare le sue aspirazioni personali? Davvero lo pensa?» Silenzio. «Verrà mai il giorno in cui tutti smetteranno di immedesimarsi in quell’uomo?»
Gli altri studenti rivolsero ad Arthur sguardi sconsolati come se si fosse macchiato di una colpa. Alcuni alzarono timidamente la mano per dire la loro quando Paul, che non riusciva piú a controllare la sua eccitazione, balzò in piedi e disse: «Sono assolutamente d’accordo con lei, Professore, nel condannare l’uso liberale che Arthur fa del pensiero di Nietzsche. Ma naturalmente questa di per sé non è una grave colpa. Ora, col suo permesso, le mostrerò dove Arthur commette un errore molto piú rilevante». Paul fece una pausa per prendere fiato. Il Professore lo guardava con un’espressione a metà tra l’indignato e l’offeso, ma lui lo ignorò.
«Ogni forma di ascetismo» disse Paul in tono concitato, sottolineando le parole con i movimenti de...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Orfeo emerso
  4. 1
  5. 2
  6. 3
  7. 4
  8. 5
  9. 6
  10. 7
  11. 8
  12. 9
  13. 10
  14. Copyright