La casa degli ulivi
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La casa degli ulivi

  1. 238 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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La casa degli ulivi

Informazioni su questo libro

Anna, quarantenne milanese immalinconita da una vita solitaria e senza emozioni, decide di affittare per le vacanze estive la Casa degli Ulivi, un'antica masseria calabrese reclamiz zata su un quotidiano. E in una Calabria assolata e abbacinante, che la stordisce con i suoi profumi e i suoi colori, Anna conosce le due proprietarie della casa, le sorelle Famularo, assai diverse tra loro: Angela, bonaria ed estroversa, e Teresa, altera e distante, che vive tormentosamente nel ricordo del suo unico amore, scomparso nel nulla trent'anni prima. Anna si accorge presto che nell'aria vibra una tensione impercettibile, un segreto inconfessabile nascosto dalle due donne. E il suo destino, soprattutto dopo l' incontro con un giovane ed enigmatico pescatore, si lega imprevedibilmente a quello delle due sorelle. Misteri mai risolti, passioni che incendiano il cuore e la vita investono Anna come uragani e trasformano la sua vacanza in un viaggio interiore nel corso del quale perderà e ritroverà se stessa.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
Print ISBN
9788804569251
eBook ISBN
9788852014512

Viaggio in Sicilia

Quando Saro le chiese di accompagnarlo in Sicilia, Anna toccò il cielo con un dito. Stavano cenando all’aperto, in compagnia di Angela. Entrambi gradivano la sua pasta con le fave e lei la faceva ogni settimana, premurosa come sempre e felice di accontentare chi le era vicino. Per la terza volta almeno, Anna stava ascoltando la ricetta, che lei si accalorava a spiegarle, arricchita immancabilmente di un sapore in più. Saro sedeva silenzioso come sempre, un po’ distratto. Pareva lontano. Se non fosse stato per l’importanza che entrambe gli attribuivano, sarebbe stata una presenza irrilevante la sua. Per questo, quando parlò, si voltarono tutte e due verso di lui, sollecite come soldati in attesa di ordini.
«Vado a Ganzirri, domani. Ho questioni da sistemare. Ormai è molto che sono lontano» disse lui.
Nessuna delle due fiatò, temendo il peggio. Era una partenza improvvisa che non presupponeva ritorno? Il seguito le tranquillizzò.
«Chissà se una di voi ha voglia di accompagnarmi. Se vi fa piacere, s’intende.»
Si guardarono in faccia, Angela e Anna, ciascuna esprimendo con gli occhi i propri diritti innegabili e le ragioni che li sostenevano. Si vede che furono quelle di Anna le più convincenti, perché Angela si tirò indietro.
«Per me non se ne parla proprio. Mi hanno portato, già da tre giorni, una cassa di pomodori maturi. Devo farne conserva, altrimenti mi andranno tutti a male...»
Anna le fu grata fino in fondo all’anima. A lui però non disse subito di sì. «Dov’è Ganzirri?» Prese tempo.
«In Sicilia, appena al di là dello Stretto. È lì che ho vissuto con mio padre, tutti questi anni. Se ci andiamo con la vostra macchina, faremo in fretta.»
Prima che lui cambiasse idea, si autorizzò a consentire. «D’accordo» disse con la maggiore disinvoltura possibile. «Quando si parte?»
«Domani mattina. Presto, però.»
Lo fissò per qualche istante negli occhi. Chi mai avrebbe detto che sarebbe stata invitata a una gita? Che presupponeva un’intera giornata insieme, poi... Allora anche lui nutriva qualche interesse per lei... Allora non era completamente insignificante per Saro. Era vero che avevano avuto quella specie di incontro ravvicinato qualche settimana prima, ma nessuno di loro ne aveva mai più parlato, neanche lontanamente accennato e Anna, a distanza di tutti quei giorni fitti di eventi ed emozioni, cominciava a credere di esserselo sognato.
Com’era abile a nascondere i suoi sentimenti. Forse lei gli faceva paura con i suoi dieci anni di più, la provenienza da una grande città, il linguaggio corretto e il lavoro da impiegata. Doveva cercare di metterlo più a suo agio, se voleva comunicare. Soprattutto adesso che il primo passo era stato fatto. Avrebbe dato qualunque cosa per sapere ciò che gli attraversava la mente.
Ma lui, esaurita la fase organizzativa del viaggio, si era richiuso nel suo solito silenzio e forse, proprio per non essere nemmeno guardato in faccia, si era addirittura alzato da tavola ed era uscito sotto la pergola a prendere aria.
La notte, Anna dormì poco e male per l’agitazione. Che cosa sarebbe successo l’indomani? Qualche cosa sarebbe accaduta tra loro, volutamente insieme e da soli? Pregustò ogni parola che immaginava le avrebbe detto, contemplò ogni espressione che avrebbe preso forma sul suo volto. E ancora s’interrogò sull’opportunità o no di lasciarsi andare, di consegnarsi alle sensazioni che le si agitavano dentro, di farsi questo regalo che aspettava da una vita e che sapeva di meritarsi fino in fondo.
La mattina s’infilarono in auto di buon’ora, accompagnati dalle raccomandazioni e dai saluti di Angela, tanto prolungati e calorosi da far pensare a un’assenza ben più prolungata di una sola giornata. Era Anna a guidare. Chissà se lui si vergognava di farsi portare in giro da una donna.
Dopo un’ora di viaggio in totale silenzio, lei cercò di romperlo impostando la conversazione su temi personali.
«Sono contenta di venire a vedere dove sei cresciuto, Saro.» Le era venuto spontaneo dargli del tu. Chissà come l’avrebbe presa.
«Sono contento anch’io» le rispose asciutto come sempre. «Anche perché vorrei farti vedere qualche cosa. Qualche cosa a cui tengo molto.»
Finalmente. Le avrebbe mostrato qualche cosa di suo. Le permetteva di entrare nella sua vita. La invitava. La chiamava. La voleva. Finalmente.
«Di che cosa si tratta?» azzardò, speranzosa di prolungare il dialogo e di ottenere un altro piccolo segno di avvicinamento.
«Niente. Vedrai quando arriviamo.»
Per lui il colloquio era finito. Perché non voleva parlare? Non aveva proprio niente da dirle? Quante cose avrebbe voluto conoscere di lui... tutto, anche il più insignificante dettaglio, le sarebbe parso interessante. Lo avrebbe conservato dentro di sé come un tesoro.
Ma a lui non interessava affatto parlare.
Oppure era lei a non interessargli affatto.
Perché l’aveva invitata allora?
Perché aveva bisogno di un passaggio in macchina.
Ma no. Forse non sapeva parlare.
Non aveva imparato a comunicare quando era piccolo, solo, senza mamma, né quando aveva vissuto in collegio, con suore troppo distratte per far caso a lui. Avrebbe potuto imparare, però, e lei era lì, pronta ad accompagnarlo, passo dopo passo, nel viaggio alla scoperta di se stesso e a condurlo per mano nel percorso che parte dal proprio cuore per arrivare a quello degli altri.
Non voleva sentirsi delusa. Non quel giorno, almeno, che doveva essere la sua festa. E allora Anna si disse che certi silenzi sono più eloquenti di molte parole. E che lui sapeva saturarli di emozione. Era lei, probabilmente, che non li comprendeva. Perché era troppo abituata alle parole, ai ragionamenti complicati, al rumore. Non era meglio un silenzio vibrante, rispetto ai lunghi discorsi un po’ vuoti che spesso aveva sentito intorno a sé?
Qualcosa, però, avrebbe voluto dire e ascoltare, perché se chiacchierare era inutile, era bello invece parlare, raccontare, condividere. Ma lui continuava a restare immerso nel suo silenzio e sembrava completamente isolato. Era concentrato sui suoi pensieri. O sul paesaggio. O sul programma della giornata. Non aveva voglia di parlare, in ogni caso.
La strada, per fortuna, scorreva veloce. Arrivarono in fretta al traghetto che li avrebbe portati in Sicilia.
Il braccio di mare tra il continente e l’isola fu una breve raffica di vento sul volto e nei capelli. Poi l’approdo. Messina li accolse azzurra e assolata con le strade gremite di ragazzi. Molti dovevano essere studenti. Non avevano, però, l’aria opaca e sofferente che Anna ricordava incollata al proprio volto per quattro anni di seguito, tutta l’università.
Si lasciarono subito alle spalle i visi della gente nel sole e gli ampi viali della città. In poco tempo furono a Ganzirri. L’acqua ferma dello stagno li accolse in un silenzioso abbraccio. Immediatamente si diressero alla spiaggia, una lingua di sabbia bianca fine, dov’era stata tirata in secco una fila di pescherecci colorati.
Come un uccello libero, al quale inaspettatamente sia stata aperta la gabbia, Saro corse in riva al mare, raccolse due ciottoli dalla battigia e li lanciò in acqua. Un gesto consueto per lui, le confidò poi, perché dove cade una pietra in mare si fa sempre ritorno. Si incamminarono sull’arenile, in mezzo alle barche. Di ciascuna lui sapeva vita, morte e miracoli. Le chiamava per nome, come vecchie conoscenze, perse di vista da un po’ ma mai dimenticate. Già da lontano le identificava, capiva chi fossero: glielo dicevano la sagoma, il colore, un particolare di prua o di poppa che vedeva solo lui. Aveva cominciato a parlare, lui così laconico. Lo si sarebbe detto addirittura loquace. Anna era divertita da quel cicaleccio improbabile. Aveva mai detto così tante parole di seguito?
A un tratto s’interruppe. A pochi passi da loro, separato dalle altre barche da qualche metro di spiaggia, c’era il relitto di un peschereccio, vecchio almeno una cinquantina d’anni. Il fasciame, in pregiato legno di quercia, aveva resistito dignitosamente agli attacchi del tempo. Si era mantenuto in buone condizioni, quasi intatto, al di sotto di una vernice tanto screpolata che non lasciava indovinare quale fosse stato il suo colore originario.
«È la barca di mio padre» disse Saro commosso. «L’unico bene che portò via con sé quando fuggì dalla Calabria con me neonato. Era di suo padre, prima. Poi la ereditò lui... Potrebbe ancora navigare, sai, non è ridotta così male... Se solo, se solo potessi... Saprei io come rimetterla in sesto... e vedresti, tutti vedrebbero come sarebbe bella a mare... Bella e mia... di Saro Pollace, figlio di Rocco, il miglior pescatore di tutto lo Stretto.»
Con tutto l’impegno che seppe chiamare a raccolta, Anna cercò di vedere in quel fantasma di barca ciò che vedeva lui. Senza le sue emozioni, però, senza i ricordi, senza quella voce che vibrava, quasi cattiva, nel dire “se solo potessi”, non avrebbe visto che una vecchia carcassa, condannata a morire sulla spiaggia e ad ascoltare da riva la voce del mare. Saro, invece, la guidò a vedere in quei legni mutili e rosi il lavoro che aveva garantito il pane quotidiano alla sua infanzia, il banco di prova di un’adolescenza tutta ombre e spigoli, il sogno della sua povera vita di adulto, ricca soltanto di sole, di vento e di bellezza. Allora sì che Anna vide quella barca mentre lui la portava, ragazzo, nelle prime uscite da solo in mare aperto e riconobbe il bambino che accompagnava suo padre a pescare. Le parve quasi di sentire le raccomandazioni di Rocco, che lo avrebbe voluto al riparo, sottocoperta, quando fuori c’era tempesta. Era certa che Saro, ragazzino ribelle e adoratore di quel padre invincibile in mare, non gli avesse mai obbedito. Non voleva stare al chiuso lui. Voleva fare il pescatore. Non era un gioco, in fondo: quello era il suo sogno.
«Mio padre non è mai stato d’accordo» disse Saro, scuotendo la testa. «Per me voleva un avvenire diverso. Forse l’avrebbe voluta per sé una vita diversa...»
«E non si è mai reso conto che la tua vita era qui, proprio come la sua?» gli mormorò Anna.
Non le diede risposta. «Non riuscirò mai a rimettere questa barca in mare» riprese. «Ci vogliono troppi quattrini...»
La sua interlocutrice perse il filo del discorso. La mente era volata via. Saro diceva tutto questo a lei perché in quel momento non c’era nessun altro a cui raccontarlo; chissà quante volte ne aveva parlato con gli uomini del paese, lì, di fronte al mare. Lui, intanto, andava precisando che ci sarebbero voluti cinque milioni per rinnovare la carena, due per la verniciatura, uno per le paratie. E ancora continuava, parlando di ingrandire la tuga per far posto a due comode cabine e di ombreggiare lo spazio a poppa. Anche se non prestava particolare attenzione a quel che diceva, Anna si gustava quel calore inaspettato in lui, sempre così restio a concedere l’anima. Certo non erano queste le parole che avrebbe voluto sentire nel loro primo giorno insieme, ma le davano allegria il tono vivace, la sollecitudine e l’ansia che ci metteva nello spiegarle tutti i dettagli. Velocemente diede a questa volontà di coinvolgerla l’altisonante nome di complicità e lasciò che la sua passione per la Piccola Stella di suo padre e di suo nonno sollevasse da terra la sua anima delusa.
Di slancio Anna decise di non aspettarsi nulla, da allora in avanti, dei consueti rituali di avvicinamento tra un uomo e una donna, fatti di sguardi, di intese sentite e non dichiarate, di lunghe chiacchierate nelle quali ci si rivolta l’anima come un guanto per offrire all’altro il più completo e inedito racconto di se stessi. Tanto lui non avrebbe fatto niente di tutto questo. Mai si sarebbe piegato alle schermaglie tenere e buffe del corteggiamento: tanto valeva non desiderarle nemmeno. Erano inutili, desuete, persino fastidiose e anche un po’ ipocrite. In questa circostanza, poi, avrebbero assunto addirittura toni grotteschi: che cosa le avrebbe dovuto dire lui, più giovane e bello di lei? Se c’era qualcuno che doveva parlare e agire, ebbene, quel qualcuno era lei.
Fu forse per questa presa di posizione interiore che, tra incoscienza e spavalderia, lo prese improvvisamente per mano e gli disse: «Vorrei vedere dove sei vissuto... La casa, il cortile, la strada... E magari anche tutte le tue barchette di legno, sai quelle di cui mi hai parlato alla spiaggia, la prima volta che ci siamo incontrati...».
Non volle avere dubbi, Anna, che anche lui ricordasse ogni dettaglio della loro piccola storia comune. Soprattutto, sperò che non avesse già perso la memoria di quelle sensazioni sottili, sospese a mezz’aria, che stanno in ogni debutto tra due persone e che ciascuno gira e rigira tra le proprie mani, osservandole da ogni prospettiva e chiedendosi se ha inteso bene le intenzioni dell’altro o se piuttosto si illude nell’attribuire speciali risonanze a gesti e parole ordinari. Voleva fortemente ottenere qualcosa da quella gita in Sicilia e non le sembrò fuori luogo cercare di documentare il passato dell’uomo con il quale sperava di vivere l’amore. Peccò di superficialità, probabilmente, perché lui si mostrò sorpreso da quella richiesta e apparve decisamente riluttante ad assecondarla. Ritirò immediatamente la mano e rifiutò, spiegandole che non c’era proprio nulla di bello da vedere.
Anna insistette. «Sai, pensavo prima a quanti negozi, a Milano, vendono modellini di barche. E molto meno belli dei tuoi. Se mi facessi vedere la tua collezione, potrei darti un’idea di quanto vale, e magari, una volta ritornata a casa, potrei anche aiutarti a piazzarla.»
Non prese in considerazione nessun’altra ipotesi, lei, che spiegasse la sua resistenza, se non quella nobilitante di una certa cautela nell’esporla alla curiosità e alle chiacchiere dei vicini. Perché in quel Sud ben più lontano dei mille chilometri che fisicamente lo separano dal Nord del Paese doveva avere ancora un senso il tentativo di non compromettere la reputazione di una donna alla quale si tiene davvero. A lei, però, non importava nulla che le finestre avessero occhi e i muri orecchie. Al contrario, desiderava essere vista con lui, perché sarebbero stati proprio gli sguardi e le chiacchiere a ufficializzare un qualche tipo di relazione tra di loro. Al di là delle esitazioni, dei timori e delle timidezze di entrambi.
Determinata, ostinata come sapeva essere anche per una causa molto meno importante di questa, decise che avrebbe superato qualunque resistenza da parte di quest’uomo che, evidentemente, non aveva ancora capito niente di lei. Era tempo di rompere gli indugi. Anna si mise a camminare. Lentamente ma inesorabilmente, percorse la spiaggia a ritroso e tornò, con lui dietro, al punto da dove erano partiti. Poi all’auto. Saro non poté fare altro che seguirla. Gli lasciò il posto di guida; dovette sedercisi, mettere in moto e partire. Inutilmente si sforzò di farle cambiare idea. Arrivarono presto a casa sua.
Se l’aspettava modesta, ma non così squallida. Era in fondo a una strada, un vicolo cieco con una fetta sottile di cielo sopra, non lontano dal mare. Il profumo forte della salsedine si percepiva nitidamente anche in questa miseria. L’edificio era vecchio e maltenuto. Stava in piedi per miracolo. Mentre saliva le scale, Anna riconobbe con se stessa che aveva fatto male a insistere tanto. Si sentiva a disagio, come se stesse varcando la soglia di un albergo a ore. Era troppo tardi per avere ripensamenti, però.
Lui, intanto, andava avanti. Saliva i gradini a quattro a quattro. Le faceva piacere quella fretta, la gratificava, perché le dava conferma che aveva fame di lei. Si sarebbero abbracciati e poi avrebbero cercato un vecchio letto sgangherato dove finalmente si sarebbero toccati, a occhi chiusi, riconoscendosi l’un l’altra come naufraghi sopravvissuti a una lunga burrasca. Saro sospinse un uscio e si precipitò dentro, mentre lei non era ancora arrivata sul pianerottolo. Lo sentì parlare in una lingua che le suonò straniera. Non intese alcuna risposta.
Quando arrivò alla porta e l’aprì, credette di avere sbagliato casa. Di fronte a lei, nel buio corridoio d’ingresso, c’era una figuretta esile di ragazzina con un bambino in braccio. Che fossero madre e figlio, glielo dissero gli occhi, vividi e neri, assolutamente identici, puntati su di lei da entrambi. La ragazza non aprì bocca neppure quando le fu presentata. La voce di Saro disse che si chiamava Maria ed era lì per fare i lavori intanto che lui non c’era. Le aveva permesso di portare con sé il figlio. A chi avrebbe potuto lasciarlo, sennò? La congedò in fretta, spingendola addirittura fuori di casa. Poi, in un lampo, mostrò ad Anna una cucina di formica gialla, con quattro sedie sgangherate e armadietti sguarniti. In una credenza con il vetro rotto e tutta tarlata le indicò una ventina di barchette, tutta la sua produzione. Tenne aperte le antine una manciata di secondi, rimandando senz’altro la stima e l’ipotesi di commercializzazione dei suoi lavori a dopo, fuori di lì. Le risparmiò il bagno e non accennò nemmeno alla camera dove dormiva. Si scusò per non avere in casa nulla da offrirle, ma mancava da molto e comunque non teneva granché. Non si avvicinò minimamente a lei, non sembrò neppure per un istante sul punto di farlo. La sua voce non si svestì mai del tono ingessato e aspro che era quasi sempre stato suo. Nessuna vicinanza, nessuna intimità. Aveva visto tutto. Il giro era finito. Anna fu accompagnata alla porta, poi giù per le scale e infine fuori, sulla strada allagata dalle secchiate d’acqua che la gente buttava per rinfrescare un po’.
Credette di avere perso l’uso della parola. Non solo non riusciva ad articolarne neanche una, ma le sembrava di avere perduto persino quelle mentali, che danno corpo e consistenza al pensiero. Si limitava a guardare la punta delle sue scarpe, belle e di marca, così fuori posto tra le pozzanghere schiumanti di detersivo in quella strada sporca. Non ebbe il coraggio di sollevare gli occhi per fissare l’ultima volta l’immagine di quella casa cadente né di guardare in faccia lui che aveva alzato un muro di silenzio attorno a sé. E mentre cento e mille volte si dava della stupida, notò con la coda dell’occhio qualcosa. Anzi, qualcuno. La ragazzina con il bambino in braccio, ferma, solo pochi passi più in là. Probabilmente abitava nei paraggi. Adesso, però, stava rientrando a casa di Saro. Forse non aveva ancora finito i lavori. In effetti, appena era uscita lei, era tornata su.

Col cuore in mano

Il ritorno fu un interminabile incubo. Sei ore di viaggio e nessuna parola uscì dalle loro labbra serrate. Entrambi soffocavano per la vergogna. Soffriva, in Saro, l’uomo e il suo orgoglio smisurato per aver dovuto mostrare la mi...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Una Vacanza Al Sud
  5. La Casa Degli Ulivi
  6. Colazione In Cucina
  7. Pomodori E Reti Al Sole
  8. I Pensieri E I Giorni
  9. L’Uomo Che Costruiva Velieri
  10. I Segni Del Tempo
  11. La Scogliera
  12. Muri Colore Del Cielo
  13. Il Coraggio Di Chiedere
  14. Passato Presente
  15. Il Senso Della Parola Amore
  16. Il Tempo Di Un Abbraccio
  17. Post Mortem
  18. I Chiodi Di Un’Antica Croce
  19. Il Crocevia Delle Solitudini
  20. Storia Di Un Bambino Né Triste Né Felice
  21. Tra Luce E Ombra
  22. Guardando Indietro
  23. A Esequie Avvenute
  24. Tempesta
  25. La Quiete Di Angela
  26. Convalescenza: / Stancarsi Gli Occhi / Contemplando Le Rose
  27. Una Passione Per Gli Aquiloni
  28. Viaggio In Sicilia
  29. Col Cuore In Mano
  30. La Nebbia Dentro
  31. A Luci Spente
  32. I Pensieri Di Anna
  33. I Pensieri Di Saro
  34. Il Trampolino Di Lancio
  35. Un Tuffo Nel Vuoto
  36. Il Risveglio
  37. Epilogo
  38. Sommario