Estratto dal diario di Artemis Fowl. Dischetto 2. In codice.
Oggi a mio padre hanno preso le misure per la protesi. Durante l’intero procedimento ha continuato a scherzare come se gli stessero prendendo le misure per un abito nuovo. Devo ammettere che il suo buonumore era contagioso, e mi sono scoperto a cercare scuse per entrare nella sua stanza d’ospedale e starmene seduto in un angolo ad ascoltarlo e godermi la sua presenza.
Non è sempre stato così. In passato, per essere ammesso nel suo studio avevo bisogno di un motivo valido. Di solito non era disponibile; e quando lo era, aveva poco tempo. Ma ora mi fa sentire il benvenuto. È una sensazione gradevole.
A mio padre è sempre piaciuto spargere perle di saggezza, ma adesso si tratta più di saggezza filosofica che finanziaria. Ai vecchi tempi avrebbe richiamato la mia attenzione sulle ultime quotazioni dei titoli di Borsa comparsi sul “Financial Times”.
“Guarda, Artemis” avrebbe detto. “Tutto crolla, ma l’oro resta stabile. Perché non è mai abbastanza. E mai lo sarà. Compra oro, ragazzo, e tienilo al sicuro.”
Mi piace ancora ascoltarlo, però mi riesce più difficile capirlo.
Il terzo giorno dopo che aveva ripreso conoscenza, mi sono appisolato sul suo letto d’ospedale mentre lui si esercitava a camminare. Al mio risveglio, l’ho trovato che mi fissava pensoso.
«Posso dirti una cosa, Arty?»
Annuii, perplesso.
«Mentre ero prigioniero ho riflettuto su come ho sprecato la mia vita accumulando ricchezze, senza curarmi delle sofferenze che procuravo alla mia famiglia o a chi mi circondava. Nella vita, un uomo ha poche possibilità di cambiare le cose. Di agire nel modo giusto. Di essere un eroe, se vuole. E io lo voglio.»
Non era il genere di massime che ero abituato a sentire da lui. Era la sua personalità originaria, o l’effetto della magia? O una combinazione di entrambe?
«Finora ho sempre evitato di farmi coinvolgere. Avevo sempre ritenuto impossibile cambiare il mondo.»
Vidi ardere una nuova passione nel suo sguardo intenso.
«Ma ora è tutto diverso. Le mie priorità sono diverse. Intendo approfittare di quest’occasione per diventare l’eroe che ogni padre dovrebbe essere.»
Si sedette sul letto accanto a me.
«E tu, Arty? Sarai al mio fianco in questo viaggio? Quando verrà il momento, saprai cogliere l’occasione e comportarti da eroe?»
Non seppi cosa rispondergli. Non conoscevo la risposta. Ancora non la conosco.
Casa Fowl
Per oltre due ore Artemis rimase chiuso nel suo studio, seduto a gambe incrociate su una stuoia. Di tanto in tanto esponeva un’idea a voce alta, in modo che un registratore digitale accanto a lui potesse prenderne nota.
Leale e Juliet sapevano che non era il caso di disturbarlo. Quello era un momento cruciale per la loro missione: Artemis aveva la capacità di visualizzare un qualsiasi scenario e calcolarne i probabili esiti. Era uno stato quasi onirico, e ogni distrazione avrebbe potuto disperdere le sue idee come fumo.
Finalmente riemerse dalla stanza, esausto ma soddisfatto, con tre CD in mano.
«Studiateli» disse. «Contengono tutti i dettagli del vostro compito. Imparatene a memoria il contenuto e distruggeteli.»
Spinella si rigirò il suo fra le mani. «Un CD. Com’è pittoresco. Noi li teniamo nei musei.»
«Nello studio ci sono diversi computer» proseguì Artemis, ignorandola. «Usate quelli che preferite.»
«Niente per me?» chiese Leale, l’unico rimasto a mani vuote.
Artemis aspettò che gli altri si fossero allontanati.
«Preferisco darti le mie istruzioni a voce» cominciò. «Non voglio correre il rischio che Polledro le recuperi dal computer.»
Con un sospiro, Leale si sedette su una poltrona di pelle accanto al camino. «Non verrò con voi, vero?»
Artemis si sedette sul bracciolo accanto a lui. «No, vecchio amico, non questa volta. Ma ho per te un compito importante.»
«Lascia perdere, Artemis. Ho saltato a piè pari la crisi della mezza età. Non c’è bisogno d’inventare un lavoro solo per farmi sentire utile.»
«No, Leale. È realmente un compito d’importanza vitale. Riguarda lo spazzamente. Se il mio piano avrà successo, dovremo subirlo tutti e tre. E dato che non vedo modo di evitarlo, devo assicurarmi che qualcosa sopravviva ai controlli di Polledro. Qualcosa capace di risvegliare i nostri ricordi del Popolo. Una volta Polledro mi ha detto che uno stimolo abbastanza forte può riuscirci.»
Leale cambiò posizione sulla poltrona e fece una smorfia. Il petto continuava a dargli problemi. Normale, in fondo. Dopotutto era resuscitato da appena due giorni.
«Qualche idea?»
«Dobbiamo preparare diverse false tracce. Polledro si aspetterà di trovare qualcosa.»
«Naturalmente. Un file nascosto nel server. E potrei spedirti una e-mail. Così appena controlli la posta, scarichi tutte le informazioni del caso.»
Artemis gli tese un foglio. «Senza dubbio saremo affascinati e interrogati. In passato, ce la siamo cavata usando occhiali a specchio, ma stavolta non sarà così facile. Dobbiamo ricorrere a un altro metodo. Eccoti le istruzioni.»
«È possibile» commentò Leale dopo averle lette con attenzione. «Ho un contatto a Limerick. Il migliore del paese per questo tipo di lavoro.»
«Eccellente. Metteremo su disco tutto quanto sappiamo del Popolo. Documenti, filmati, mappe. Ogni cosa, compreso il mio diario. Ho scritto l’intera storia.»
«E dove nasconderemo il disco?»
Artemis sollevò la moneta bucata che portava al collo appesa a una striscia di cuoio.
«Direi che è quasi della stessa misura di un microdisco, ti pare?»
Leale prese la moneta e se l’infilò in tasca. «Di sicuro lo sarà tra breve.»
Fu Leale a preparare il pranzo. Niente di speciale. Involtini primavera vegetariani, seguiti da risotto ai funghi, e crème caramel per finire.
Bombarda optò per una zuppiera di vermi e scarafaggi sminuzzati e marinati in vinaigrette di acqua piovana e muschio.
«Avete preso visione dei vostri file?» chiese Artemis quando si riunirono in biblioteca.
«Sì» rispose Spinella. «Però mi sembra che manchino alcuni pezzi cruciali.»
«Nessuno di voi conosce l’intero piano, ma soltanto le parti che lo riguardano. È più sicuro così. Abbiamo tutto quello che ci serve?»
Spinella versò sul tappeto il contenuto dello zaino.
«Un equipaggiamento LEP completo, incluso telo mimetico, minimicrofoni e iricam, e cassetta del pronto soccorso.»
«Abbiamo anche due elmetti LEP intatti e tre laser… ricordi dell’assedio» aggiunse Leale. «E naturalmente un prototipo del Cubo.»
Artemis passò il cellulare a Bombarda.
«Molto bene. In tal caso, tanto vale cominciare.»
La Guglia
Jon Spiro era seduto nel suo lussuoso ufficio e fissava depresso il Cubo sulla scrivania.
Tanti credevano che fosse facile, essere al suo posto. Il che dimostrava quanto poco capissero. Più soldi hai, più sei sotto pressione. Solo in quel palazzo c’erano ottocento impiegati, e tutti si aspettavano che li pagasse. Volevano aumenti salariali, assistenza medica, asilo nido, pausa caffè, paga doppia per gli straordinari, e perfino una percentuale sui dividendi, santi numi!
A volte sentiva la mancanza dei bei tempi, quando gli impiegati rompiscatole venivano gettati fuori dalla finestra e festa finita. Di questi tempi, se gettavi qualcuno fuori da una finestra, niente niente telefonava al suo avvocato durante la caduta.
Il Cubo era la risposta alle sue preghiere. Un affare da una-volta-nella-vita, la bacchetta magica. Se fosse riuscito a metterlo in funzione, il suo solo limite sarebbe stato il cielo. Letteralmente. Avrebbe avuto ai suoi ordini tutti i satelliti del mondo. Il completo controllo di satelliti spia, laser militari, telecomunicazioni e, soprattutto, stazioni televisive. Avrebbe potuto dominare il mondo.
L’interfono ronzò. «Il signor Tozz, signore» annunciò la segretaria.
Spiro schiacciò un pulsante. «Bene, Marlene, fallo entrare. E digli che farà meglio ad avere la coda fra le gambe.»
In effetti, quando Tozz spinse le doppie porte ed entrò, sembrava piuttosto a disagio. Bastavano le porte a mettere soggezione. Spiro le aveva recuperate dalla sala da ballo del Titanic, ed erano un esempio perfetto dell’assurdità del potere.
Arno Tozz appariva molto meno spavaldo che a Londra. Del resto, è difficile fare gli spavaldi quando hai la faccia piena di lividi e la bocca piena soltanto di gengive.
Spiro trasalì alla vista delle sue guance incavate. «Quanti denti hai perso?»
Tozz si toccò cauto la mascella. «Sciusci canni. Il densciscia disce che sci sciono fannumae le ghenghive.»
«Ben ti sta. Insomma, Arno! Ti consegno Artemis Fowl su un vassoio d’argento, e tu combini un pasticcio. Dimmi com’è andata. E lascia perdere i terremoti. Voglio la verità.»
Tozz si asciugò la saliva all’angolo della bocca.
«Nollo sciò. ...