Aiuto, Poirot!
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Aiuto, Poirot!

  1. 224 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Invitato a recarsi in Francia per proteggere un uomo minacciato da un pericolo sconosciuto, il celebre Poirot al suo arrivo ha una sconsolante sorpresa: il suo cliente è già stato assassinato da una coppia di misteriosi stranieri. Incaricato di investigare sul delitto, il detective belga scopre, insieme al fedele capitano Hastings, che il crimine è stato compiuto seguendo lo stesso metodo di un assassinio commesso molti anni prima e che la vittima, pur amando teneramente la moglie, era legata a una donna affascinante ed enigmatica. Nello strano caso risultano poi implicati il figlio dell'uomo assassinato, una coppia di ballerine acrobatiche e un aitante segretario. La polizia, rappresentata dall'arrogante e iperattivo ispettore Giraud, "il segugio umano", ha i suoi sospetti ma, come al solito, sarà Poirot a dire l¿ultima parola, scoprendo una verità rimasta a lungo sepolta. Pubblicato per la prima volta nel 1923, Aiuto, Poirot! è una libera rielaborazione di una causa che suscitò molto clamore in quegli anni in Francia.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
Print ISBN
9788804521723
eBook ISBN
9788852014833
1

Una compagna di viaggio

Mi pare che esista un famoso aneddoto in cui un giovane scrittore, deciso a iniziare un suo romanzo in maniera tanto efficace e originale da sbalordire il più blasé degli editori scrisse la frase: “‘Maledizione’, esclamò la duchessa”.
È strano, ma questa mia storia si apre più o meno nello stesso modo. Con un’unica differenza: la signora che sbotta con la medesima frase non è una duchessa.
Eravamo ai primi di giugno. Ero stato a Parigi per affari e stavo tornando, col treno del mattino, a Londra dove ancora dividevo l’appartamento col mio vecchio amico Hercule Poirot, ex funzionario della polizia belga.
Il rapido per Calais era stranamente vuoto; c’era una sola persona nel mio scompartimento. Avevo lasciato l’albergo in fretta e furia, e stavo ancora controllando se non avevo dimenticato qualche valigia quando il treno si mise in moto. Fino a quel momento avevo soltanto avuto una percezione di una presenza, ma quasi subito la presenza si materializzò in modo piuttosto brusco. Balzò dal sedile, abbassò in fretta il finestrino, sporse la testa, la ritirò, sospirò e disse: «Maledizione!».
Ammetto di essere un po’ all’antica. Secondo me, una donna deve essere “femminile”. Proprio non tollero le ragazze moderne, nevrotiche, che si stordiscono di musica fracassona dalla mattina alla sera, che fumano come camini e usano un linguaggio che farebbe arrossire un marinaio.La osservai, un po’ aggrottato: aveva una faccia bella e impertinente e portava un assurdo cappellino rosso dal quale spuntavano riccioli bruni. Non dimostrava più di diciassette anni, ma il suo viso era coperto da un denso strato di cipria e le labbra erano intollerabilmente scarlatte. Per nulla imbarazzata, sostenne il mio sguardo e sorrise maliziosa.
«Oh, povera me! Abbiamo scandalizzato questo gentile signore!» disse rivolta a un pubblico immaginario. «Chiedo umilmente scusa per il mio linguaggio. Non è degno di una signora, certo, ma quando ci vuole, ci vuole. Sapete che ho perso la mia unica sorella?»
«Davvero?» risposi. «Che disgrazia!»
«Il signore disapprova… disapprova me e mia sorella, il che è ingiusto, perché non l’hanno nemmeno vista.»
Stavo per rispondere, ma la ragazza si fermò.
«Non dite una parola di più! Nessuno mi aiuta! Sono proprio infelice e sfortunata!» E si nascose dietro un giornale a fumetti francese. Poco dopo la sorpresi a spiarmi da sopra il foglio. Non potei fare a meno di sorridere. Lei buttò il giornale sul sedile di fronte e scoppiò in una allegra risata. «Sapevo che non eravate così stupido come sembrate!»
La sua risata era molto comunicativa e anch’io scoppiai a ridere anche se, a dire il vero, non avevo digerito molto la parola “stupido”. La ragazza era il concentrato di tutto ciò che io odiavo, ma comunque non mi garbava di rendermi ridicolo ai suoi occhi. Mi rilassai. Dopo tutto, era molto carina…
«Ecco, ora che siamo amici» esclamò la sfacciata «dovete dire che vi dispiace per mia sorella.»
«Sono desolato.»
«Bravo ragazzo!»
«Fatemi finire. Volevo aggiungere che, pur essendo desolato, riesco benissimo a sopportarne l’assenza.» Accennai un inchino. Ma questa imprevedibile ragazza divenne seria e scosse il capo.
«Piantatela! Preferisco la vostra aria di dignitosa disapprovazione. Espressiva la vostra faccia! Dice: “Non è della mia razza!”. Avete ragione, anche se, attento, al giorno d’oggi è molto più difficile fare delle distinzioni tra una signora e una popolana. Ecco, vi ho sconvolto di nuovo. Ma voi da dove uscite, dalla foresta vergine? Non che mi importi. Anzi, quasi mi dispiace che di quelli come voi ne siano rimasti pochi. Odio la gente che si prende subito confidenza. Divento furiosa.»
«E come siete quando diventate furiosa?» domandai con un sorriso.
«Sono un demonio! Me ne infischio di quello che dico o che faccio. Un giorno per poco non buttavo uno da una finestrino… giuro che se lo meritava… Ho sangue italiano nelle vene! Prima o poi finirò nei guai.»
«Be’, cercate di non arrabbiarvi con me.»
«Non lo farò. Voi mi piacete… ho provato simpatia per voi non appena vi ho visto. Ma avevate quell’aria così sostenuta che pensavo fosse impossibile diventare amici.»
«Be’, ora lo siamo. Parlatemi di voi.»
«Sono un’attrice… no, non di quelle a cui pensate, quelle che fanno colazione al Savoy tutte ingioiellate, quelle con le fotografie sulle prime pagine dei giornali per reclamizzare la crema X o il tonico Y. Io ho calcato il palcoscenico da quando avevo sei anni… sono un’acrobata.»
«Come?»
«Non avete mai visto i bambini acrobati?»
«Sì, sì. Capisco…»
«Sono nata in America, ma ho passato quasi tutta la vita in Inghilterra. Adesso abbiamo uno spettacolo…»
«Abbiamo?»
«Sì, mia sorella e io. Cantiamo, balliamo, recitiamo… insomma, uno spettacolo con dentro vari generi. È un’idea nuova e ha molto successo. Guadagneremo un sacco di soldi…»
La mia nuova conoscenza si chinò in avanti e mi tenne una sorta di conferenza sul teatro, usando termini gergali per me assolutamente incomprensibili. Eppure, sentivo che dentro di me stava crescendo l’interesse per quella ragazza. Era una strana mescolanza di infantilismo e maturità, a volte era bambina, a volte donna. Aveva il giusto senso della realtà e della vita pratica e sembrava perfettamente in grado di badare a se stessa. Eppure c’era qualcosa di molto ingenuo nel suo atteggiamento verso la vita e nella sua determinata certezza di sfondare. Subivo il fascino di un baluginante mondo per me sconosciuto e del suo viso che andava a mano a mano illuminandosi mentre parlava.
Attraversammo Amiens, e quel nome mi risvegliò antiche memorie. La mia compagna intuì ciò che mi passava per la mente.
«Pensate alla guerra?»
Annuii.
«Vi avete partecipato, no?»
«Sì, e una volta sono stato anche ferito. Dopo la battaglia della Somme mi hanno congedato. Per un po’ ho avuto un tranquillo impiego nell’esercito e ora sono segretario di un deputato.»
«Accidenti! Che lavoro impegnativo!»
«No, non è così. Non c’è gran che da fare. Un paio d’ore al giorno e basta. È un lavoro molto noioso. Sarei disperato se non avessi un hobby che mi appassiona.»
«Non ditemi che fate la collezione di farfalle!»
«No. Divido l’appartamento con un uomo molto interessante. È un belga… un ex funzionario di polizia. Si è stabilito a Londra e fa il detective privato, e si sta facendo una grande fama. È un omino meraviglioso. Più di una volta ha risolto dei casi quando ancora la polizia ufficiale annaspava nel buio.»
La mia compagna spalancò gli occhi.
«Che cosa interessante! Io adoro i delitti. Vado a vedere tutti i film gialli. E quando capita un delitto vero divoro i giornali.»
«Ricordate il caso di Styles Court?» domandai.
«Aspettate… una vecchia signora che era stata avvelenata? È successo nell’Essex?»
Annuii. «È stata la prima grande impresa di Poirot. Se non ci fosse stato lui, l’assassino l’avrebbe fatta franca. Ha fatto un lavoro d’indagine a dir poco perfetto.» E riassunsi tutto il caso, passo per passo, fino alla sconcertante soluzione finale. La ragazza mi ascoltava rapita. Eravamo tanto assorti nella conversazione che ci trovammo a Calais senza che ce ne rendessimo conto.
«Oh, mio Dio!» gridò la mia compagna. «Dov’è il mio portacipria?»
Frugò nella borsetta, estrasse il portacipria e si ritoccò il trucco. Poi passò una bella dose di rossetto sulla bocca, osservandone l’effetto in uno specchietto, con l’aria più naturale del mondo.
«Sentite» esitai. «So che non sono affari miei, ma perché usate tutta quella roba?»
La ragazza interruppe le sue operazioni e mi guardò sorpresa.
«Siete abbastanza carina per poterne fare a meno» aggiunsi.
«Ma devo farlo! Tutte le ragazze lo fanno. O pensate che voglia passare per una goffa ragazza di campagna?» Un ultimo sguardo allo specchio, un sorriso di autoapprovazione.
«Così va meglio. È una fatica mantenersi sempre in forma, ve lo garantisco, ma se una donna ha rispetto per se stessa non deve lasciarsi andare.»
Mi arresi a questo imperativo. Ognuno ha i suoi punti di vista.
Chiamai un paio di facchini e scendemmo dal treno. La ragazza mi porse la mano.
«Arrivederci e la prossima volta misurerò le parole.»
«Oh, ma posso aiutarvi a salire sul traghetto…»
«Non sono sicura di prendere il traghetto. Prima di tutto devo appurare se mia sorella è salita sul treno. Comunque, grazie lo stesso.»
«Ci rivedremo, spero. Io…» esitai. «Io… mi piacerebbe conoscere vostra sorella.»
Entrambi scoppiammo a ridere.
«Siete gentile. Glielo dirò. Ma non credo che ci incontreremo ancora. Siete stato una compagnia deliziosa durante il viaggio… ma la prima impressione è quella che conta. Non faccio per voi, non sono della vostra razza. E questo provoca guai… lo so fin troppo bene…» La sua espressione cambiò e si fece improvvisamente triste. Poi adirata… poi cattiva…
«…e quindi, addio» concluse brusca.
«Non mi avete nemmeno detto il vostro nome» gridai mentre si allontanava.
Si voltò. Aveva le fossette sulle guance. «Cenerentola» gridò, e scoppiò a ridere.
In quel momento non potevo certo immaginare quando e come avrei incontrato di nuovo Cenerentola.
2

Una richiesta di aiuto

Alle nove e cinque del mattino successivo entrai nel salott...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Aiuto, Poirot!
  4. 1. Una compagna di viaggio
  5. 2. Una richiesta di aiuto
  6. 3. Villa Geneviève
  7. 4. La lettera firmata “Bella”
  8. 5. La storia della signora Renauld
  9. 6. La scena del delitto
  10. 7. La misteriosa signora Daubreuil
  11. 8. Un incontro inaspettato
  12. 9. Giraud scopre alcuni indizi
  13. 10. Gabriel Stonor
  14. 11. Jack Renauld
  15. 12. Poirot chiarisce alcuni particolari
  16. 13. La ragazza dagli occhi inquieti
  17. 14. Il secondo cadavere
  18. 15. Una fotografia
  19. 16. Il caso Beroldy
  20. 17. Ulteriori indagini
  21. 18. Giraud agisce
  22. 19. Cellule grigie in funzione
  23. 20. Una dichiarazione sconcertante
  24. 21. Hercule Poirot spiega
  25. 22. Mi innamoro
  26. 23. Le difficoltà non sono finite
  27. 24. «Salvatelo!»
  28. 25. Una soluzione inaspettata
  29. 26. Ricevo una lettera
  30. 27. La storia di Jack Renauld
  31. 28. La fine del viaggio
  32. Copyright