La caduta dei giganti
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La caduta dei giganti

  1. 1,008 pagine
  2. Italian
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La caduta dei giganti

Informazioni su questo libro

I destini di cinque famiglie si intrecciano inesorabilmente attraverso due continenti sullo sfondo dei drammatici eventi scatenati dallo scoppio della Prima guerra mondiale e dalla Rivoluzione russa.
Tutto ha inizio nel 1911, il giorno dell'incoronazione di Giorgio V nell'abbazia di Westminster a Londra. Quello stesso 22 giugno ad Aberowen, in Galles, Billy Williams compie tredici anni e inizia a lavorare in miniera. La sua vita sembrerebbe segnata. Amore e inimicizia legano la sua famiglia agli aristocratici Fitzherbert, proprietari della miniera e tra le famiglie più ricche d'Inghilterra. Lady Maud Fitzherbert, appassionata e battagliera sostenitrice del diritto di voto alle donne, si innamora dell'affascinante Walter von Ulrich, spia tedesca all'ambasciata di Londra. Le loro strade incrociano quella di Gus Dewar, giovane assistente del presidente americano Wilson. Ed è proprio in America che due orfani russi, i fratelli Grigorij e Lev Pe&kov, progettano di emigrare, ostacolati però dallo scoppio della guerra e della rivoluzione.
Dalle miniere di carbone ai candelabri scintillanti di palazzi sontuosi, dai corridoi della politica alle alcove dei potenti, da Washington a San Pietroburgo, da Londra a Parigi il racconto si muove incessantemente fra drammi nascosti e intrighi internazionali. Ne sono protagonisti ricchi aristocratici, poveri ambiziosi, donne coraggiose e volitive e sopra tutto e tutti le conseguenze della guerra per chi la fa e per chi resta a casa.
Primo grande romanzo di "The Century" - la nuova trilogia di Ken Follett incentrata sulla storia del ventesimo secolo - La caduta dei giganti è un'opera epica, uno straordinario affresco storico che, al pari de I pilastri della terra e Mondo senza fine, è destinato a diventare un classico.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2010
Print ISBN
9788804603177
eBook ISBN
9788852016844
Seconda parte

LA GUERRA DEI GIGANTI

12

INIZIO-FINE AGOSTO 1914

Katerina era sconvolta. Quando San Pietroburgo si era riempita di manifesti per la mobilitazione militare, lei era rimasta seduta a piangere nella stanza di Grigorij alla pensione, passandosi nervosamente le dita fra i lunghi capelli biondi e ripetendo: «Che cosa farò? Che cosa farò?».
Vederla così gli faceva venire voglia di abbracciarla, baciarle via le lacrime e prometterle di non abbandonarla mai. Ma Grigorij non poteva farle una promessa del genere e, in ogni caso, lei amava suo fratello.
Grigorij aveva fatto il servizio militare ed era quindi un riservista, in teoria pronto per andare in battaglia. In effetti, però, gran parte del suo addestramento era consistito in lunghe marce e nella costruzione di strade. Malgrado ciò si aspettava che sarebbe stato fra i primi richiamati alle armi.
Quel pensiero lo faceva fumare di rabbia. La guerra era stupida e inutile come qualsiasi altra cosa facesse lo zar Nicola. C’era stato un assassinio in Bosnia, e un mese dopo la Russia era in guerra con la Germania! Migliaia di operai e di contadini sarebbero stati uccisi in entrambi gli schieramenti, senza alcun risultato. Ciò dimostrava, secondo Grigorij e tutti quelli che lui conosceva, che l’aristocrazia russa era troppo stupida per governare.
Anche se lui fosse sopravvissuto, la guerra avrebbe rovinato tutti i suoi piani. Stava infatti risparmiando per comprarsi un altro biglietto per l’America. Con il suo salario alle officine Putilov, avrebbe potuto farcela nel giro di due o tre anni, ma con la paga dell’esercito ci sarebbe voluta una vita. Per quanti anni ancora avrebbe dovuto subire le ingiustizie e le brutalità del dominio zarista?
Era ancora più preoccupato per Katerina. Che cosa avrebbe fatto se lui fosse dovuto partire per la guerra? Lei divideva la stanza con altre tre ragazze, alla pensione, e lavorava alle officine Putilov impacchettando cartucce di fucile in scatole di cartone, ma sarebbe stata costretta a smettere di lavorare, almeno per un po’, quando fosse nato il bambino. Senza Grigorij come avrebbe fatto a mantenere se stessa e il figlio? Si sarebbe ritrovata in una situazione miserabile, e lui sapeva bene che cosa facevano a San Pietroburgo le ragazze di campagna quando avevano un disperato bisogno di soldi. Dio non volesse che lei fosse costretta a vendere il proprio corpo sulla strada.
Comunque, Grigorij non venne richiamato il primo giorno né la prima settimana. Secondo i giornali, due milioni e mezzo di riservisti erano stati mobilitati il 31 luglio, ma era una fandonia. Era impossibile che in un giorno solo così tanti uomini fossero stati convocati, forniti di uniformi e caricati su un treno diretto al fronte. Non sarebbe bastato neppure un mese. Venivano chiamati a contingenti, alcuni prima, altri dopo.
A mano a mano che passavano i primi torridi giorni di agosto, Grigorij cominciò a pensare di essere stato escluso dalle liste. Era una possibilità allettante. L’esercito era una delle istituzioni peggio gestite di un paese irrimediabilmente disorganizzato, e con ogni probabilità migliaia di uomini erano sfuggiti alla chiamata per semplice incompetenza.
Katerina aveva preso l’abitudine di andare nella stanza di Grigorij di mattina presto, per colazione. Era il momento più bello della giornata per lui. A quell’ora si era già lavato e vestito, invece lei si presentava sbadigliando con ancora indosso la camicia da notte e i capelli arruffati, che le davano un’aria seducente. La camicia le era diventata piccola, ora che stava mettendo su peso. Grigorij aveva calcolato che doveva essere incinta di quattro mesi e mezzo. I seni si erano ingrossati e i fianchi allargati, e sulla pancia si notava già un rigonfiamento, per quanto piccolo. La sua sensualità era una deliziosa tortura. Grigorij cercava di non fissarle il corpo.
Una mattina Katerina entrò mentre lui stava preparando due uova strapazzate in padella. Non si accontentava più della farinata d’avena per colazione: il figlio non ancora nato di suo fratello aveva bisogno di cibo sostanzioso per crescere sano e forte, così quasi tutti i giorni Grigorij si procurava qualcosa di nutriente da spartire con Katerina: prosciutto, aringhe o salsicce, le sue preferite.
Katerina aveva sempre fame. Si sedette a tavola, tagliò una spessa fetta di pane nero e cominciò a mangiare, troppo impaziente per aspettare. «Quando un soldato viene ucciso, chi riceve la sua paga arretrata?» gli chiese con la bocca piena.
Grigorij rammentò di avere dato il nome e l’indirizzo del suo parente più prossimo. «Nel mio caso, Lev» rispose.
«Mi domando se sia già arrivato in America.»
«Dovrebbe. Ci vogliono meno di otto settimane di viaggio.»
«Spero che abbia trovato un lavoro.»
«Non c’è bisogno che ti preoccupi. Starà bene. Lui piace a tutti.» Grigorij provò una fitta di risentimento astioso nei confronti del fratello. Avrebbe dovuto esserci Lev lì in Russia a prendersi cura di Katerina e del suo bambino, e a preoccuparsi della chiamata alle armi, mentre Grigorij sarebbe stato sul punto di cominciare la nuova vita per la quale aveva risparmiato e fatto progetti. Invece Lev gli aveva rubato quell’opportunità. Eppure Katerina continuava a preoccuparsi per l’uomo che l’aveva abbandonata, non per quello che le era rimasto accanto.
«Sono sicura che se la sta cavando bene in America» disse lei. «Ma mi piacerebbe comunque ricevere una sua lettera.»
Grigorij grattugiò una crosta di formaggio duro sopra le uova e aggiunse un po’ di sale. Si chiese, avvilito, se avrebbero mai ricevuto notizie dall’America. Lev non era mai stato un tipo sentimentale e avrebbe potuto decidere di scrollarsi di dosso il passato, come una lucertola che sgusci fuori dalla sua vecchia pelle. Grigorij, però, non diede voce ai suoi pensieri per rispetto di Katerina, ancora speranzosa che Lev le chiedesse di raggiungerlo.
«Pensi che dovrai combattere?» gli domandò.
«No, se posso farne a meno. Per cosa combattiamo?»
«Per la Serbia, dicono.»
Grigorij distribuì le uova su due piatti e si sedette a tavola. «La questione è se la Serbia verrà tiranneggiata dall’imperatore d’Austria o dallo zar di Russia. Dubito che ai serbi importi quale dei due vincerà, e di certo non importa a me.» Cominciò a mangiare.
«Per lo zar, allora.»
«Io combatterei per te, per Lev, per me stesso o per il tuo bambino... ma per lo zar... no.»
Katerina divorò le uova e pulì il piatto con un’altra fetta di pane. «Che nome ti piacerebbe per un maschio?»
«Mio padre si chiamava Sergej, e suo padre Tichon.»
«A me piace Michail» disse lei. «Il nome dell’arcangelo.»
«Come alla maggior parte della gente. Ecco perché è un nome così comune.»
«Forse dovrei chiamarlo Lev. O anche Grigorij.»
Grigorij fu commosso da quel pensiero. Si rese conto che gli sarebbe piaciuto avere un nipote che si chiamasse come lui, ma non voleva farle pressioni. «Lev sarebbe carino.»
In quel momento risuonò il fischio della fabbrica – un segnale che si poteva udire in tutto il quartiere di Narva – e Grigorij si alzò per andarsene.
«Laverò io i piatti» disse Katerina. Lei non cominciava a lavorare prima delle sette, un’ora dopo Grigorij.
Porse la guancia a Grigorij, che la baciò. Fu solo un bacio fugace, e lui non lasciò che le sue labbra indugiassero, ma fece in tempo comunque ad apprezzare la liscia morbidezza della sua pelle e l’odore tiepido di sonno del suo collo.
Poi si mise il berretto e uscì.
Il clima estivo era caldo e umido, nonostante l’ora mattutina. Grigorij cominciò a sudare mentre percorreva di buon passo le strade che portavano alla fabbrica.
Nei due mesi da quando Lev era partito, Grigorij e Katerina avevano stabilito un’amicizia inquieta. Lei faceva affidamento su di lui, e lui si prendeva cura di lei, ma non era certo ciò che entrambi volevano. Grigorij desiderava amore, non amicizia. Katerina desiderava Lev, non Grigorij. Tuttavia lui provava una specie di appagamento nell’assicurarsi che lei mangiasse bene: era l’unico modo che aveva per esprimerle il suo amore. Non era certo un compromesso che potesse durare per sempre, ma al momento era difficile fare progetti a lungo termine. Lui aveva ancora in mente di fuggire dalla Russia e trovare la propria strada nella terra promessa americana.
Davanti ai cancelli della fabbrica erano stati affissi nuovi manifesti per la mobilitazione; gli uomini vi si erano riuniti intorno e quelli che non sapevano leggere chiedevano agli altri di farlo ad alta voce. Grigorij si ritrovò di fianco a Isaac, il capitano della squadra di calcio. Avevano la stessa età ed erano stati riservisti insieme. Grigorij scorse le liste di coscrizione alla ricerca del nome della sua unità.
Quel giorno c’era.
Controllò meglio, ma non c’era possibilità di errore: reggimento di Narva.
Lesse l’elenco di nomi e trovò il suo.
Non aveva davvero creduto che potesse accadere, ma aveva solo preso in giro se stesso. Aveva venticinque anni, era forte e abile, requisiti perfetti per un soldato. Ovvio che sarebbe andato in guerra.
Che fine avrebbe fatto Katerina? E il suo bambino?
Isaac imprecò a voce alta. Sulla lista c’era anche il suo nome.
«Non c’è bisogno di preoccuparsi» disse una voce dietro di loro.
Si voltarono e videro la sagoma alta e magra di Kanin, l’affabile supervisore del reparto fonderia, un ingegnere sui trent’anni. «Non c’è bisogno di preoccuparsi?» ripeté Grigorij con aria scettica. «Katerina aspetta un figlio da Lev e non c’è nessuno che si prenda cura di lei. Cosa devo fare?»
«Sono andato a parlare con la persona responsabile delle coscrizioni per questo quartiere» spiegò Kanin. «Mi ha promesso l’esonero per tutti i miei operai. Solo i piantagrane verranno richiamati.»
Grigorij in cuor suo ricominciò a sperare, ma sembrava troppo bello per essere vero.
«Che cosa dobbiamo fare?» chiese Isaac.
«Basta che non andiate in caserma. Non finirete nei guai: è già tutto sistemato.»
Isaac aveva un carattere battagliero – senza dubbio era quello che lo rendeva un ottimo sportivo – e non fu soddisfatto della risposta di Kanin. «Sistemato come?» domandò.
«L’esercito consegna alla polizia l’elenco degli uomini che non si sono presentati, e la polizia deve arrestarli. Il vostro nome semplicemente non comparirà su quella lista.»
Isaac espresse con un borbottio la propria insoddisfazione. Grigorij provava la stessa avversione per quegli accordi semiufficiali, che lasciavano grande spazio a imprevisti, ma quando si aveva a che fare con le autorità andava sempre a finire così. Kanin doveva aver corrotto un funzionario oppure dispensato qualche altro favore. Era inutile fare gli schizzinosi. «Magnifico» disse Grigorij a Kanin. «Grazie.»
«Non devi ringraziarmi» rispose Kanin in tono pacato. «L’ho fatto per...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. La caduta dei giganti
  4. Personaggi
  5. Prologo. Iniziazione
  6. Prima parte. Il cielo si oscura
  7. Seconda parte. La guerra dei giganti
  8. Terza parte. Il mondo rinnovato
  9. Personaggi storici
  10. Ringraziamenti
  11. Copyright