
- 336 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Ci sono bambini a zig zag
Informazioni su questo libro
Per i suoi 13 anni, a Nono viene offerto un viaggio in treno da Gerusalemme ad Haifa. A organizzarlo sono il padre, un celebre detective, e la sua compagna. Ma il viaggio si trasforma in una serie di imprevisti e avventure orchestrate da clown, mangiatori di fuoco, e dall'elegantissimo Felix, un ladro internazionale che rapisce Nono e, su una favolosa Bugatti, lo porta a conoscere la grande diva Lola. Perchè quei due mostrano di sapere tante cose su sua madre? Nono ne è ovviamente affascinato e li seguirà in altre fantastiche avventure prima di scoprire che si tratta dei nonni che non ha mai conosciuto. Da loro verrà finalmente a sapere la vera storia dei suoi genitori.
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Informazioni
25
Zohara attraversa la luna e Cupido passa all’arma da fuoco
Viaggiammo tutta la notte sulla motocicletta con il sidecar. Io, Felix e Lola Ciperola. Il vento ci sferzava il viso e scompigliava i capelli, e per sentire quel che dicevamo bisognava urlare. Felix guidava, Lola era aggrappata ai suoi fianchi e io stavo nel sidecar come una fava nel suo baccello. Ogni tanto ci davamo il cambio: Felix alla guida, io seduto dietro di lui e Lola nel sidecar. Viaggiavamo nel buio della notte. Le luci della città sfavillavano sopra di noi, ci vedevamo riflessi negli occhiali scuri dei mendicanti e nelle vetrine lussuose. L’ombra della motocicletta lambiva i marciapiedi, i cartelloni pubblicitari, le panchine con gli amanti. Appiccicati uno all’altro, passavamo fulminei come un colpo di forbici davanti ai piccoli caffè notturni, lungo viali tenebrosi, di fianco agli spazzini e a strane bande di cani in spedizione notturna che ci abbaiavano a più non posso: un dalmata, un cane lupo e un barboncino bianco che faceva il capo; o una piccola e lunga bassotta, un enorme alano e un brutto mops. Come se i rappresentanti di tutta la popolazione canina di Tel Aviv ci fossero venuti incontro per farci da scorta nel nostro viaggio sulle orme di Zohara.
Ma forse dovrei cominciare con la descrizione del nostro incontro vicino al teatro. Dal mio incontro con il nonno e la nonna, questo duplice e stupefacente regalo che avevo avuto per il bar-mitzvah, senza lo scontrino per poterlo cambiare.
Andavo loro incontro dal fondo della strada, tutto tranquillo, come se niente fosse; ma dopo appena qualche passo, mi ero già messo a correre. Lola sventolava il fazzoletto. All’inizio si trattenne, come si conviene alla primadonna del Teatro Nazionale, ma quando fui più vicino mi venne incontro di corsa. Nessuno lì in strada (e nessuno al mondo) avrebbe potuto riconoscerla così, in jeans, con i capelli sciolti e senza trucco. Volavamo l’uno verso l’altra. Lei mi lesse in volto che sapevo. Ci incontrammo, ci scontrammo, ci abbracciamo. Affondai la testa nella sua spalla e le dissi: «Tu sei la mamma di Zohara». E lei: «Sì, sì, sono così contenta che tu l’abbia capito, non ce la facevo più a tacertelo» e il mio collo si ritrovò completamente bagnato in conseguenza di un’improvvisa depressione barometrica nel cielo del Teatro Nazionale.
Felix era rimasto in disparte e scuoteva il capo con le mani sui fianchi: «Insomma, la piantate? Chiedo scusa, ma dobbiamo muoverci! Ci sarà tempo più tardi per le smancerie e le lacrime!».
«Non fare il furbo!» gli disse Lola, soffiandosi il naso. «So bene perché ti sei messo il casco. Ma riesco comunque a vedere i tuoi occhi!»
«E lui è mio nonno. So anche questo» dissi a Lola. Ero un po’ sconvolto, per come mi ero buttato su di lei.
«Se mi chiami nonno in presenza di estranei, ti denuncio subito alla polizia» brontolò Felix. «Sono ancora troppo giovane per farmi chiamare nonno!»
«Povero bambino» disse Lola sconsolata, «avere Felix Glick per nonno.»
«Perché povero?» protestò Felix. «Conosci un altro nonno che ti faccia dirottare un treno?»
Aveva ragione.
«Con me non c’è problema, chiamami pure nonna» disse Lola. «E col tempo anche Felix si abituerà.» Ancora una volta mi persi nel suo profumo. Ho una nonna. Una nonna vera, che abbraccia, non una nonna compasso.
«Allora ti sei sposata!» mi sfuggì. Avrà pur avuto i suoi principi.
«Se mi sono sposata?» mi guardò divertita. «Ti sembra la prima domanda che un nipote fa a sua nonna?»
«No, perché una volta hai detto che…»
Scoppiò a ridere: «Hai ragione, Nono. Ma ascolta bene la verità: io sono una donna che ama vivere da sola e fare quello che le piace. Sono sempre stata libera come una zingara e, se amavo qualcuno, non aspettavo che venisse a dichiararsi. Andavo e gli dicevo: “Caro mio, questo è quanto!”. E ho amato davvero questo vecchietto…» soggiunse accarezzando teneramente il casco di Felix. «Ma mai e poi mai gli avrei consegnato le chiavi della mia vita.»
«A me basta un cacciavite» disse Felix scoppiando a ridere. Ero orgoglioso di Lola, della mia nuova nonna, perché sapevo con certezza che sarebbe rimasta fedele a se stessa.
«Dove hai trovato una moto come questa?» chiesi a Felix. Lui sfoderò quel suo sorriso misterioso, si strinse nelle spalle, e farfugliò qualcosa a proposito del mago Felix che può tutto. Si vantò anche di altre cose, giusto per irritare Lola. Ma lei rideva e, dandogli un buffetto sul collo, sospirò: «Settant’anni, e sei ancora un bambino!».
«Heide!» nitrì Felix, e partimmo al galoppo.
Avevo un mucchio di domande per lei. E per lui. Perché in tutti quegli anni Lola non aveva cercato un contatto? Sapeva comunque di me? Mi aveva riconosciuto, quando io e Gabi l’avevamo incontrata vicino a casa?
Gabi. Gabi Gabi Gabi.
Come aveva fatto, in tutti quegli anni, a nascondermi la cosa più importante a proposito di Lola Ciperola, e cioè che era stata l’amante di Felix Glick? E che aveva avuto una figlia? E che sua figlia era morta? E che sua figlia, come dire, era stata una delinquente, e che solo per puro caso era anche mia madre? In tutti quegli anni Gabi aveva lasciato vagamente intendere che Lola e Felix erano molto importanti per me, per la mia vita, per il mio destino; aveva piantato in me piccoli semi di curiosità riguardo a Lola, e anche a Felix: le spighe d’oro, lo scialle viola, e le sue imitazioni, le canzoni, e le storie riguardanti la vita di Felix.
Tutto sembrava succedere al momento giusto, tre giorni prima del mio bar-mitzvah. L’uno all’insaputa dell’altra, Gabi e Felix mi avevano guidato con mosse accorte e segrete. Entrambi volevano intrappolarmi. E io volevo farmi intrappolare. Lo volevo proprio molto.
Con la coda dell’occhio continuavo a guardare Lola e Felix, cercando di abituarmi al fatto che erano i miei nonni. Mi pareva ancora strano, perché, nei modi in cui l’avevo conosciuta, Lola era stata una figura sempre lontana; ora invece, e di colpo, me la trovavo così vicina da entrare addirittura nella mia vita. Una differenza stratosferica, come quella fra Lola Ciperola e Lola Katz, mentre io non sapevo ancora cosa sarebbe successo da lì in avanti, quanto vicini saremmo stati, cosa vuol dire avere una vera nonna… All’improvviso il mio sguardo incontrò quello di Lola.
«Ti guardo» mi disse, sporgendosi verso di me, «e penso: che scema sono stata a non oppormi a tuo padre per tutti questi anni, a non cercare di incontrarti nemmeno una volta.»
«Lui non voleva?» urlai, non solo a causa del vento.
«Perché dopo la morte di Zohara, non voleva che ci fosse più alcun legame fra te e la sua vita! Temeva che qualcosa di Zohara si trasmettesse a te, e così decise di cancellare anche me. Sì, sì!» Si legò i capelli sopra la testa, perché potessi sentirla nonostante il frastuono. «Ma ora basta! Ora mi metto d’accordo con te, non con lui, e voglio essere la tua nonna a tempo pieno. Mi vuoi?»
Scoppiai a ridere. Le donne vogliono sempre farmi da mamma o da nonna a tempo pieno. Ci stringemmo la mano. Certo che la volevo.
«Il palazzo dei diamanti!» urlò Felix. All’incrocio girò, uscì dalla strada asfaltata e imboccò un sentiero di terra battuta che attraversava un campo incolto vicino all’edificio.
Si fermò.
Il vento si calmò. Lola e io respirammo sollevati. Felix saltellava vicino a noi, cercando di estrarre la testa dal fastidioso casco di pelle, simile a quello dei piloti della seconda guerra mondiale. Nell’aria c’era un intenso aroma di cioccolato. Riconobbi subito il luogo. Era l’oggetto del dolce segreto fra me e Gabi, la fabbrica di cioccolato, che per merito mio e di Gabi negli ultimi cinque anni si era notevolmente ampliata.
«Come fate a sapere che mi piace venire qui?» dissi ridendo. «Non ve l’ho mica raccontato.»
«Che cosa non hai raccontato?» domandò Lola, aggiungendo indispettita: «Su, dài Felix, vieni fuori da questo stupido coso!».
«Che Gabi e io… veniamo qui una volta al mese. Alla fabbrica. A vedere come si fa il cioccolato.»
«Ti porta qui una volta al mese?» chiese Lola stupefatta.
«Sì. Sempre. Già da alcuni anni. Poi veniamo sotto casa tua ad aspettarti.»
Lola guardò me, poi Felix e scosse la testa meravigliata: «Devo proprio conoscerla, questa Gabi. È semplicemente magnifica!».
Non capivo quell’entusiasmo. Le nonne dovrebbero, fra le altre cose, preoccuparsi dei denti dei nipotini, e non esaltarsi così per delle visite a una fabbrica di cioccolato.
«Dimentica un momento il cioccolato!» strillò Felix. Con uno sforzo supremo era riuscito a sfilarsi quello strano copricapo e guardava Lola con aria desolata, quasi a chiedere umilmente scusa: «È colpa del naso. Era il naso che non passava, ecco!».
Lola fece un gesto crudele, mimando le cesoie con due dita. Felix si contrasse come per proteggersi. Avevo la sensazione che Lola lo mettesse un po’ in soggezione.
«Dimentica il cioccolato!» mi ripeté. «Ora guarda solo da questa parte. La parte dei diamanti! Qui comincia la tua storia.»
«Mia?»
«Yes, sir! Molti anni fa questo era il centro nazionale dei diamanti! L’edificio era pieno di diamanti. E di sorveglianti, di telecamere che riprendevano ogni mosca che volava, e di allarmi fra i più moderni. In breve, io e Zohara un giorno passiamo per questa strada, e Zohara vede, scoppia a ridere e dice: “Cosa ne pensi, paparino – mi chiamava così –, potrei entrarci di notte, salire fino al tetto, e poi uscirne fuori senza farmi beccare?”.»
Un momento, più piano. Stavo quasi per tapparmi le orecchie. Mi sembrava impossibile che mia madre dicesse cose del genere, come al cinema. Dove a dirle, comunque, è sempre qualcuno che non ha figli.
«Allora io cerco di farla ragionare: “Zohara, bambola mia, perché dovresti? Se vuoi del denaro, ti dò io ciò di cui hai bisogno. Molto denaro, come una volta, se necessario. Se invece vuoi giocare andiamo all’estero, in un posto dove ancora non ci conoscono, e troviamo qualcosa da fare!”.»
Lola si avvicinò, cingendomi le spalle.
«Quando per te è troppo, dillo pure» sussurrò. «Lui adora impressionare, e a volte esagera.»
«Come, esagera?» brontolò Felix. «Io sto solo raccontando la sua vera storia! Lo porterò dappertutto, gli farò vedere quel che è stato, come è andata veramente!»
Cominciavo a capire come mai quei due non erano riusciti a vivere insieme.
«Continua» dissi, «voglio sapere.»
«Ah!» Felix era tutto inorgoglito. «Tuo nipote vuole sapere! Ottimo! È un suo diritto, questa è la sua storia! Per farla breve, Zohara mi dice: “Paparino, non voglio più denaro sporco, non voglio più prendermi gioco degli imbecilli, voglio solo giocare ancora un po’, sentire il mio cuore che batte forte, perché da quando siamo tornati a casa facciamo una vita normale noiosissima, e di noia si può anche morire; allora mettiamo che io salga sul tetto e incominci a suonare col flauto una canzone, una breve melodia, poi scenda, e nessuno mi becchi, cosa ne pensi, paparino?”.»
Guardai in su, rovesciando completamente la testa all’indietro – cosa non facile, perché mi veniva anche da ridere. «Solo per suonare sul tetto?» Una breve melodia s’insinuò nella mia mente.
«Era davvero un’imprudenza» continuò Felix. «Certo, se si fosse trattato di prendere un po’ di merce buona, l’avrei anche capito. Lavoro. Ma solo per fare sfoggio di abilità? Il guaio è che Zohara era fatta così. Quando le dicevo di non fare qualcosa, lei la faceva subito. Quando le dicevo: “Zohara, tesoro mio, fa’ attenzione!”, lei rispondeva: “Insomma, papà, è sempre e solo no!”.»
Lo guardai. Proprio così dovevano essere state le discussioni fra loro.
«Era come parlare ai muri» sospirò Felix, «io le dicevo no e lei diceva sì. Alla fine smettevamo di discutere e io pensavo che avesse rinun...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Capitolo primo
- Capitolo secondo
- Anche gli elefanti sono delicati di sentimento
- La mia prima apparizione in un monocolo
- Un momento, ma è dei buoni o dei cattivi?
- Sento qualcosa che mi sovrasta
- Alcune impressioni personali in merito alla guida delle locomotive. E parimenti sulla difficoltà ad astenersene
- Fregature nel ramo giocattoli
- Latitanza
- Capitolo al quale non ho voglia di dare un titolo, e soprattutto non un titolo buffo
- In nome della legge: alt!
- Svelo la sua identità: spiga d’oro e sciarpa viola
- È possibile toccare i sentimenti?
- Cercasi Dulcinea
- La corrida
- Un attimo di luce fra una tenebra e l’altra
- L’incolmabile distanza fra i loro corpi
- Come un animale notturno
- Una pariglia di destrieri delle sabbie
- Esiste la reincarnazione? E inoltre: sono sul giornale. Titoli di testa
- Rieccoci alla pistola sguainata. Si parla d’amore
- La cinciallegra e l’inverno
- Proprio come al cinema
- Il figlio dell’ispettore
- Zohara attraversa la luna e Cupido passa all’arma da fuoco
- Mai viste due persone così poco fatte l’una per l’altra
- La casa vuota
- Questo è troppo
- Vediamo se a questo mondo esistono ancora i miracoli
- Copyright