Esche vive
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Esche vive

  1. 392 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Esche vive

Informazioni su questo libro

Fiorenzo vive a Muglione, profonda provincia toscana fatta di disoccupazione e fossi stagnanti, e non lo si può considerare un ragazzo fortunato: oltre al nome che gli hanno affibbiato, dei due genitori gli resta solo il padre, lunatico proprietario del negozio Magic Pesca ma soprattutto allenatore dell'Unione Ciclistica Muglionese, nel cui vivaio si ostina a cercare un grande campione del futuro. Ma soprattutto, a quattordici anni Fiorenzo ha perso la mano destra per colpa di un petardo, e nonostante abbia saputo reagire con intraprendenza e fantasia, dedicandosi alla musica heavy metal con il forsennato entusiasmo dell'adolescenza, ha dovuto scoprire presto che nella vita "quello che manca conta molto di più di quel che c'è". Tiziana invece ha trent'anni, e in comune con Fiorenzo ha solo di essere nata a Muglione. Da dove è scappata dopo il liceo, per laurearsi e frequentare un master all'estero che le ha aperto sfolgoranti possibilità di lavoro. Ma Tiziana ha preso una decisione improvvisa e coraggiosa: tornare a casa, mettere le proprie competenze al servizio della comunità. Il paese di Muglione, in segno di gratitudine, le affida la gestione del locale Informagiovani, che però diventa subito il ritrovo di un gruppo di anziani giocatori di carte, costringendo Tiziana a fare i conti con il proprio senso di inadeguatezza, mentre un amore complicato e dolcissimo arriva a stravolgerle la vita.
E poi c'è Mirko, il Campioncino, il ragazzino prodigio che il padre di Fiorenzo ha scovato per caso in Molise e si è portato a casa perché il suo assoluto talento ciclistico lascia sperare grandi cose. Mirko è un mistero totale, una contraddizione vivente: intelligentissimo ma ingenuo, potenza imbattibile in sella a una bici ma goffo e inerme nel quotidiano, idolo degli appassionati di ciclismo e insieme bersaglio perfetto dei crudeli compagni di scuola. Fiorenzo, Tiziana e il Campioncino, tre mondi lontanissimi che si incontrano per caso in un luogo desolato e improbabile, tre anime che intrecciando i loro destini danno vita a un corto circuito struggente e divertentissimo, amaro e poetico.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2011
Print ISBN
9788804606680

La pioggia nel pineto

Sono le due. Anzi, le due e tre minuti, e il Campioncino è in ritardo. È vero che per ora può sempre essere una questione di orologi diversi, il suo magari segna le due e questo qua in negozio tre minuti in più, ma io sono qui e mi baso su quel che vedo, e io in questa storia delle lezioni sono il maestro e il capo, quindi la mia ora è quella ufficiale. Il Campioncino mi sta dando un altro motivo per essere spietato.
Devo ammettere che sono agitato, un po’. Anzi, senza un po’, sono agitato e basta. Sono cinque mesi che sento parlare di questo rompicazzo arrivato dal Molise: tutti lo salutano e lo ringraziano e lo abbracciano e io sono l’unico che non ci ha parlato mai. Il babbo praticamente non ha altri argomenti, ma anche i clienti qua in negozio, i giornali, la gente per la strada. Tutti a parlare del Campioncino e della grande opportunità per il nostro paese.
Perché a Muglione non sono nati personaggi importanti, non ci sono vissuti e nemmeno passati per sbaglio. Non abbiamo terme o marginette miracolose, nessun tesoro storico e nessuna risorsa che non abbiamo saputo sfruttare. A Muglione non c’è nulla, a parte i fossi, lo stradone e i campi piatti coltivati a stecchi. E noi, ecco, e noi. E allora il Campioncino è un regalo del cielo dopo tanti anni di bocconi amari e umiliazioni davanti agli altri paesi della piana.
Perignano la città del mobile, Casciana con le terme, Palaia che da sottoterra gli schizzano fuori reperti archeologici a tutto spiano. E Peccioli, Peccioli è la nemica numero uno. Una volta era un buco peggio di noi, poi hanno tirato su quell’inceneritore supermoderno e è diventata Hollywood. Teatri, festival, vip, niente tasse, niente bollette. E Muglione è rimasta a guardare.
Ecco perché la storia del supercampione di ciclismo li fa sognare un sacco, questi idioti. Adesso il nome di Muglione si può leggere sulle pagine sportive locali, e più il Campioncino cresce e più crescerà la fama del paese. Bisogna tenercelo stretto, costruire una società sportiva adeguata ogni volta che cambia categoria, su su fino al professionismo, al Giro, al Tour de France, al Mondiale.
Muglione campione del mondo!, ho sentito una volta il signor Bindi che lo diceva mentre alzava la serranda della macelleria. E il brutto è che non parlava a nessuno, era lì tutto solo che tirava su la serranda. Muglione campione del mon...
Ma eccolo qui, il futuro campione del mondo.
È davanti all’ingresso. C’è scritto CHIUSO e allora non apre, si accosta le mani agli occhi e guarda dentro. Gli faccio segno di entrare ma non sa come fare.
«Basta che spingi la porta!»
La studia, guarda di nuovo dentro, niente.
«Spingi!»
Finalmente allunga una mano e la porta si apre. Il campanello fa dlin e lo spaventa. Poi entra. La porta si richiude e siamo soli, io e lui.
Silenzio.
Dico: «Cinque minuti di ritardo. Non male come inizio». Preparo il braccio destro per la stretta di mano, e non riesco a frenare un ghigno satanico. Perché la stretta di mano è il momento più imbarazzante del mondo, quando uno dei due la mano non ce l’ha. L’altro ti sorride tranquillo e stende il braccio, non sente la stretta e allora abbassa gli occhi per vedere che succede, e scopre che tu non hai una mano da stringere. Non sa che fare, cosa può fare? Ormai la sua mano è lì tesa e pronta, ritirarla non si può, sarebbe troppo imbarazzante: l’unica cosa è restare con la mano tesa nel nulla e sperare di morire il prima possibile.
Insomma, un impiccio serio, ma per evitare il tutto basta allungare subito la mano sinistra come faccio io, e prendere al volo la destra di chi ti presentano. Lui lì per lì non capisce, ma la stringe uguale e tutto è risolto.
Stavolta però, col Campioncino, non voglio risolvere nulla. Anzi. Già me lo vedo che fa un passo in avanti e allunga il braccio e poi resta così, mortificato davanti a me.
«Piacere» dico, e mi sporgo da dietro il bancone. «Piacere.»
E lui nulla, viene un po’ avanti ma tiene le braccia dietro la schiena.
«Piacere, mi chiamo Fiorenzo», e muovo il braccio, però tenendolo ancora nascosto. Più di così non so che fare. Il problema è che lui non fa nulla, accenna un mezzo inchino con gli occhi bassi e resta così. Figlio di puttana.
«Dài, siediti», mi rimetto a sedere dietro al banco. C’è uno sgabello là nell’angolo, davanti alle sacche portacanna. Lui dopo un po’ lo vede, ci va e si siede.
«Ma non lì, portalo qua! Dài, veloce, che non ho tempo da perdere.»
Sposta lo sgabello strusciandolo per terra, lo scricchiolio mi fa male ai denti.
«Allora, so che a scuola vai male in tutte le materie, giusto?»
Lui fa di sì tutto attento, non apre bocca.
«Oh, ma sei muto? Ti ho chiesto se è giusto.»
«Sì Signore» dice. Mi ha chiamato Signore. Con una voce da uccellino caduto per terra dal nido, e intorno gatti e cani e falciatrici.
«Io però matematica e scienze non te le spiego, ok? Mi fanno schifo.»
«Con quelle non ho problemi Signore.»
«In che senso.»
«I professori sono tifosi, lascio i compiti in bianco e mi danno 6 lo stesso.»
«Ah. Ok. Ben per te bimbo. Ben per te.»
Ma che schifo. Paese di merda. Un professore manda a puttane la sua serietà perché uno va veloce in bicicletta. Come i vigili, che da quando è arrivato questo Campioncino maledetto il babbo non ha più preso una multa. Prima era tutto un eccesso di velocità un passaggio col rosso una sosta in zona chiusa al traffico. Ora gli basta dire che andava a prendere una cosa per Mirko e la strada non ha più leggi.
«E il prof di italiano invece?»
«È una donna Signore. E lei no.»
«Non gli garba il ciclismo?»
«Dice che lo sport è l’oppio dei popoli.»
Il Campioncino mentre parla intreccia le dita e respira male, e non gli riesce di stare sullo sgabello. L’ho sempre evitato come la lebbra e così da vicino non l’avevo visto mai. Ha la pelle bianca con certe macchie rosse pallide, questa testa enorme piena di riccioli scuri che sembrano moquette da buttare via, gli occhi piccoli e il naso lungo a punta e una bocca minuscola piazzata un po’ troppo a destra sul muso. Insomma, al di là del fatto che lo odio e sto parlando del mio nemico numero uno... madonna che schifezza.
Continuo a fissarlo e lui butta gli occhi al pavimento. Si aggiusta un’altra volta col culo sul sedile, ha un sacchetto di plastica che gli pende dal braccio e gli sta segando la carne. Mi sento scomodo per lui.
«Ma che c’hai lì dentro?»
«Dove.»
«Nel sacchetto.»
«Ah. Il libro.»
«E penna e quaderno non ce l’hai?»
«Sì, libro e penna e quaderno.»
«E allora tirali fuori, che aspetti? Veloce!»
Gli ci vuole un minuto per togliersi il sacchetto dal braccio, poi gli cade la penna, cerca di raccoglierla e quasi cade dallo sgabello. È proprio un demonio: a vederlo così, uno ci cascherebbe al volo. Ma io no, io lo so che è tutta una recita, fatta benissimo ma falsa. Questo è lo stesso bastardo che mi ha fregato il babbo e mi ha mandato via di casa, lo stesso bastardo che ha riportato alla luce il bicchiere di Gatto Silvestro e me l’ha sbattuto in faccia in uno dei giorni più neri della mia vita. A me non mi freghi, merda secca, tutti gli altri magari sì, ma a me non mi freghi.
«Allora bimbo, qual è il tuo punto debole.»
«...»
«Dài, dov’è che vai peggio, poesia, grammatica, ricerche...»
«I temi.»
«Ahia, i temi sono importanti. Io in quelli sono bravissimo, però ti posso spiegare poco. È tutta questione di talento, o ci nasci o nulla. E lezione?»
«Come scusi?»
«Lezione, per domani, per i prossimi giorni, ne hai?»
«Sì, La pioggia nel pineto
«Oh, ecco. Sveglia però, ti devo chiedere tutto io? Allora per oggi facciamo quello. La pioggia nel pineto. D’Annunzio» dico. «Bella stronzata.»
E gli occhi del Campioncino schizzano sui miei, poi tutto intorno. È spaventato. Come se D’Annunzio fosse qui in negozio, magari a scegliere una pastura per i pesci gatto, e potesse sentirci.
«Be’, che c’è? Dài, vai alla pagina, la trovi o no? Facciamo di corsa che è veramente una poesia schifosa. Perché vi fanno studiare questa merda non lo so.»
Che cazzata La pioggia nel pineto. Il mio piano era insegnare...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Esche vive
  5. Galileo era uno scemo. (estate 2005)
  6. Metal Devastation
  7. Albertina
  8. I cani del destino. (Ripabottoni, Molise, quasi Natale)
  9. Gattini
  10. Le tigri sono tutte lesbiche
  11. Buon compleanno Campione
  12. Informavecchi
  13. Il terzo squillo
  14. Pertica
  15. Vibrodream
  16. Iževsk
  17. Britney all’Autogrill
  18. Maledette schede
  19. PA, PA, PA-PA-PA
  20. Il mugnaio e il signore
  21. Una specie di anniversario
  22. PontedeRock
  23. Gatto Silvestro
  24. Il lunedì della cronaca locale
  25. Il superparere
  26. La pioggia nel pineto
  27. Legerti
  28. Lingue nel niente
  29. E adesso cosa succede?
  30. Scema, scema, SCEMA
  31. La Maledizione
  32. Excalibur
  33. D’Annunzio Dreaming
  34. La misteriosa estinzione dei dinosauri
  35. L’osso assassino
  36. Il mio sogno è fare schifo
  37. Dimmi una cosa imbarazzante
  38. Io ci metterei un uncino
  39. PescaComodo Ultra Fish
  40. Il trucchetto dei fratellini
  41. “Cronaca italiana”
  42. Un materassino per le carpe
  43. Il negozio che grondava sangue
  44. Riso freddo
  45. La terrificante notte del demonio
  46. La fine del riccio
  47. Il bastone è un diritto
  48. I campioni che ne sanno?
  49. Ma adesso con che coraggio parli
  50. Roba da camionisti
  51. I piccoli amici dei filosofi
  52. La piaga del rock italiano
  53. Strappamutanda
  54. E subito i fuochi d’artificio
  55. Tiziana allo specchio
  56. La vittoria della sconfitta
  57. Pesca senza esca
  58. Un piccione per sbaglio
  59. Tirannosauro
  60. Come bengalini alla fiera
  61. Mammina cara
  62. No persone fisicamente troppo belle
  63. La buia notte dei bastoni
  64. La favola di Vladimiro
  65. Una famiglia di svedesi
  66. Passano tre mesi
  67. Il treno passa solo due volte
  68. Ma a Berlino c’è freddissimo
  69. La ragazza mora e la ragazza bionda
  70. Il caffè no, l’amore sì
  71. Come vorrei essere una rana
  72. E poi non si vede più
  73. Trent’anni, pazzesco
  74. Ringraziamenti